Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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XVII. IL SERPENTE E LA COLOMBA (1)
Segno fondamentale della vocazione è l'amore all'istituto. E' segno fondamentale perché risulta da tutti gli elementi che costituiscono la vocazione. E cioè: si considera l'istituto come l'anticamera del paradiso, cioè la strada diretta al cielo, la strada che avvicina al cielo e quindi farsi santi, sempre più santi, presto santi. E secondo l'apostolato.
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Vi sono poi tante difficoltà, tante obiezioni, sì. Ma non bisogna cambiarle, queste obiezioni, con delle ragioni.
Le ragioni sono cose che hanno dei motivi, che si fondano sopra dei fatti o dei principi.
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E invece le obiezioni riguardano quelle cose che sono superabili. Sì, vi è questo, questa difficoltà dentro lo spirito, nel cuore, o vi è quell'altra difficoltà esterna, sì, che può venire o dalle persone o dagli uffici o dalle cose, dalla salute, ecc. Ma queste sono obiezioni tutte superabili. Eh, si dirà anche che vi saran delle malattie che non son superabili, ma quelle tutte e in tutta la vita si incontrano.
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L'amore all'istituto è il riassunto di tutti i motivi che inducono l'anima ad abbracciarlo, a seguirlo. Oh, sempre più ritenere questo: che l'istituzione vostra, la vostra congregazione piace tanto al Signore. Sì. E siete in quella via di cui non si potrebbe immaginare la migliore, anche adesso.
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Non che sia frequente quell'espressione: siamo da principio. Ma da principio si han più grazie. Quasi che quell'espressione siamo da principio volesse dire: non possiamo aver ancor tutto. Oh! Se volesse dir quello: non possiamo aver ancor tutto, può essere che si prende in due sensi.
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Avete di più in principio, spiritualmente. Avete di più l'affezione, l'amore vicendevole, avete <di> più facilmente l'entusiasmo. Chi guida l'istituto ha più modo di avvicinare tutte le suore. Quando sarete qualche migliaio, ci vuol difficoltà ad avvicinare tutte, [a] sentire una per una. Quindi, essere da principio vuol dire essere in una condizione felice, dove vi sono maggiori grazie e maggiori meriti, e si prepara l'avvenire dell'istituto. Sì! E vi sarà anche da esercitare meglio la fede e meglio la carità. Ma allora di nuovo: maggiori meriti.
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Ricordare sempre, passando ad altra cosa, che chi ama l'istituto, lo mostra fra tanti altri segni con questo segno: cercare vocazioni e aiutarle, le vocazioni, in quanto è possibile nella formazione. Quando si arriva in una parrocchia, <un po' e> un po' conoscere quelle figliuole che in qualche maniera danno già segni di una futura chiamata.
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Vi sono persone che hanno come l'occhio clinico, cioè scoprono.
Eh, un'ammalata aveva già subito varie visite dai medici, diversi medici, e intanto il male continuava e nessuno riusciva a porre qualche rimedio. Ecco, fu accompagnata da un dottore il quale appena la vide, la osservò, così anche superficialmente; poco dopo mi disse: «Quella suora ha la tal malattia. Eh, non so se potremo salvarla!». «Ma dottore, la visiti un po' meglio!» «Eh, vedrà, farò meglio gli esami, ma sarà quella». Fu così.
Oh. Vi è chi ha l'occhio clinico della vocazione. Quando poi una suora aiuta le vocazioni, corrisponderà più facilmente alla propria.
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Due cose ha espresso il Signore in una frase quasi, frase unica si può anche dire, frase composta di due parti: «/Siate semplici come le colombe e siate prudenti come i serpenti/» (a) [Mt 10,16]. Unire la semplicità alla prudenza è grande cosa per voi.
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Semplicità: Est, est; non, non [Mt 5,37]. Sincerità! Semplicità nel parlare, semplicità nel mostrarsi. Non avere soggezione delle persone. Noi operiamo davanti a Dio. Sì, siamo sempre alla sua presenza. Che qualcheduno che incontriamo approvi o qualchedun altro disapprovi, quello non ci tocca. Noi operiamo davanti a Dio, che approva sempre quando c'è il bene; quando l'animo è in pace, quando la coscienza è retta, quando si opera per Dio. Sì! Allora, con semplicità, anche davanti a persone di dignità o superiori, sì.
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Persone che sono come di una semplicità ingenua, e intanto in quella loro semplicità sanno correggere, sanno aiutare, sanno dire anche quello che non va bene, magari a persona <che a> a cui si deve un certo riguardo. Semplicità!
E sebbene bisogna in generale moderare il carattere, tuttavia il carattere non si deve distruggere nei suoi fondamenti buoni. E si manifesta la persona com'è, sì.
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Quindi semplicità in confessionale, semplicità nelle comunicazioni con le sorelle, semplicità con le persone esterne e anche con le persone le quali hanno una certa posizione. Non <impacciarci> impacciate! Semplici, schiette, fino a una specie di ingenuità, non quella ingenuità che è bonomìa, ma quella semplicità che procede dal buon spirito, sì.
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Prudenza poi: <Pruden> «Siate prudenti come i serpenti» [Mt 10,16].
Prudenza. Questo è molto largo, parlando della prudenza sì, perché la prudenza ha tre elementi, e cioè: quando si pesano i motivi, le ragioni per una cosa da farsi o non farsi; quando si sa <deli> deliberare, deliberare rettamente, dopo aver <pes> /pesato/ (a) i motivi e le ragioni per una parte o per l'altra, deliberare finalmente; e quindi /quando si è/ (b) ferme nelle risoluzioni.
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Chi è prudente non cambia tutti i giorni i propositi perché <cambia> cambia confessore, no. Chi è prudente si fissa il proposito e lo porta fino a un altr'anno. E tutti i buoni consigli che riceve, valgono se l'aiutano appunto a osservare i suoi propositi.
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E volevo dire anche: perché si sente una predica speciale o perché vi è stato forse una persona che con la sua parola ha destato un certo entusiasmo <per una por> per una parte... La suora pastorella ha le sue costituzioni, eh! C'è tutto! E i suoi propositi li ha fatti nel tempo più adatto, dopo giorni di esercizi che son giorni di preghiera, di riflessione, di luce di Dio, di grazia. Basta! fin alla fin dell'anno!
Come se si prende <le m> quel che si deve studiare in una classe: si prendono le materie e si sviluppano e si studiano fino alla fin dell'anno, in maniera poi /da/ (a) avere una promozione. Sì. Così alla fine dell'anno si sarà progredito in quella virtù su cui si è fatto il proposito.
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Prudenti poi /nelle/ (a) relazioni vicendevoli e prudenti nelle relazioni con esterni: o che stiano sopra, o che stiano d'accanto o che siano inferiori. La prudenza sia come la luce, la lucerna, la quale ci serve di guida. Prudenza.
Questo poi per quel che riguarda la custodia degli occhi, della lingua, dell'udito, dell'uso del tempo libero, delle relazioni.
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Prudenza nel ricorrere ai consigli quando c'è bisogno. E ricorrere a Gesù quando abbiamo bisogna di forza! Non mutare, no! Ma fortificarsi al calore del tabernacolo, nella visita specialmente.
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La prudenza vuole che quell'ora di adorazione sia tutta per voi, per ciaschedun'anima. Ecco, lascio da parte tutte le altre preoccupazioni, ciò che ho fatto prima, ciò che devo far dopo: l'ora di intimità con Gesù, in serenità, Allora: questa è grande prudenza! Perché la luce di Dio viene a illuminar l'anima. Perché si vedono le cose sotto un altro aspetto forse /diverso da/ (a) prima. Si vede la strada da prendere. Si detesta ciò che non è stato buono: <Se> «Perdonatemi i peccati che ho commessi e se qualche bene ho compiuto, Signore, accettatelo», in pace. Si viene fuori dalla visita come irradiati dalla luce di Dio. Si parla diversamente, si opera in rettitudine. Eh, sì!
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Prudenza: usar bene dalla visita al santissimo Sacramento. Quell'ora per voi sia sacra: nessuno possa toccarvela, sì. E se dovesse una suora dividerla anche in due parti perché vi sono orari e occupazioni che impediscono che sia intiera - se è intiera è sempre meglio - ma se si deve anche dividere in due parti, quella mezz'ora e quell'altra mezz'ora: totalmente per voi, come il tesoro della vostra giornata.
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Altra cosa che volevo ricordare è questa; ci sia sempre carità serena e letizia caritatevole, che fa lo stesso. E per essere caritatevole, <la ca> bisogna che sia anche lieta, in generale, e paziente e benigna la carità: paziente e benigna.
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Ecco, la casa centrale, la casa madre vostra riflette abbastanza bene quest'ambiente di serena convivenza, di letizia caritatevole, di gioia, che mostra come ognuna si trovi a posto, si trovi nel suo luogo. Anche se dovesse soffrire, è lieta di soffrire, perché nella vita dobbiam ben far molti rinnegamenti. Non c'è mica nessuna vita in cui non ci sia da rinnegarsi e da soffrire, ecc. No! Dunque, <la> le case poi siano anche così.
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Oh, tanta bontà da parte di chi guida. E tanta fiducia in chi è guidato. Tanta confidenza e tanta letizia vicendevole. Sì, in quella prudenza anche lì che bisogna sempre usare, questo è chiaro; però che si sappiano superare quelle diversità di carattere.
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Il carattere ideale qual è? Me l'hanno domandato i sacerdoti che hanno fatto qui il corso di esercizi dal dodici di questo mese al venti, prima di voi, Qual è il carattere ideale? E subito ho risposto: quello di Giovanni XXIII (a). Ecco, questo per indicare che il nostro Papa ha un carattere felicissimo, eh! E tante volte <si sente di> si sente dire: quella suora ha un bel carattere. Qualche volta - non adesso, ma in tempi che son già passati da molto -: che caratteraccio quella suora!
Siate di buon carattere nèh!
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Il buon carattere è composto di tre cose poi nèh?
[Primo]: chiarezza di idee. Anche che uno non sappia molte cose, le cose che ha: chiare, perché ha una mente serena. Non ha sconvolgimenti, travolgimenti di pensieri. Non era trascinato dalla passione, dall'invidia, ecc. Serenità di mente: primo elemento.
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Secondo: <si> la bontà del cuore. Aver buon cuore. Aver buon cuore, cioè una certa propensione, inclinazione ad amare le persone che soffrono, amare le persone specialmente che son più vicine, amare tutte le anime: bontà di cuore. Vi è chi ha un cuore così sensibile per Gesù. Per Gesù cuore buono. Cuore così sensibile per l'amore alla madre celeste, Maria, ai santi apostoli, alle anime del purgatorio, per i peccatori. Buon cuore!
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E terzo: fermezza. Terzo elemento <del buon cuor del buon idea> del buon carattere. Quindi, fermezza, fortezza. Cioè tre elementi ho detto; serenità di idee, di pensieri anche nelle cose spirituali. Anche se non si sa tanto di catechismo, ma quello che si sa lo si ritiene bene, lo si capisce almeno alquanto e si espone con semplicità [e] chiarezza. Serenità di pensiero quindi, poi bontà di cuore, e quindi fermezza, quando cioè una ha abbracciato una strada.
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Quando una ha abbracciato una strada, che sia ferma! Perché? Perché quando si è decisa la vocazione a suo tempo con il confessore e una è stata ammessa alla professione, ecco ci sono i due elementi per cui la vocazione è certa:
[Primo:] quello che è stato fra te e il confessore che ti ha detto di entrare e che magari ti ha consigliato a far la professione.
E secondo; l'altra voce che /ti ha/ (a) chiamata alla vestizione, al noviziato, alla professione. Con questi due elementi la vocazione è certa. Allora: seguirla! Fermezza sì! Perché si sentiranno sempre delle difficoltà, saperle superare!
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Ho ancora da dire una cosa: diventare sempre più soprannaturali. Oh! Sempre più soprannaturali vuol dire che cosa? Vuol dire:
[Primo:] pensieri di fede. Pensare secondo la fede e non guardare solamente i vantaggi terreni o le difficoltà terrene. Chi ha fede sa sicuro che avrà le grazie. <S> Pensa secondo la fede e cioè giudica secondo la fede anche una croce: Gesù l'ha portata, la porto anch'io. La porto con lui e lui con me; è per maggior merito.
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Ragionare delle cose con fede.
Vede nei superiori rappresentato il Signore.
Vede nell'eguale, persone con cui si fa il viaggio sulla terra per il paradiso. Il viaggio sulla terra per il paradiso: considerarle così le sorelle.
/E vede in/ (a) quelle [sorelle] che possono essere inferiori - in quanto sono in formazione ecc. - persone da aiutare! Capire e aiutare. Essere soprannaturali vuol dunque dire primo: fede viva.
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Secondo vuol dire: fiducia delle grazie. Il Signore è con me, vado avanti. E se camminassi anche fra i leoni e i dragoni, dice il salmo; Tu mecum es [Sal 22,4], Signore sei con me e vado avanti.
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Terzo: occorre poi amore. Amar Dio veramente, con tutto il cuore, sopra ogni cosa, e cercar Dio. Alla ricerca di Dio quest'anima! Che va tutto il giorno alla ricerca di Dio. E nella vita cosa vuole? E' in cerca di Dio.
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Voi [volete] Dio sommo bene, eterna felicità. E lo troverete spingendo la porta della morte: di là vi è Gesù. Vi è Dio che risplenderà. Vi è il buon Pastore il quale vi ricorderà tutte le pecorelle che avete aiutato nella vita a salvarsi e tutte le agnelline o gli agnellini che avete guidato, e i bambini: «/Lasciate che vengano a me/» (a) [Mt 19,14] Ecco, li abbracciava, li benediceva. Oh, Gesù, i bambini!
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Poi, ecco, quando invece gli sforzi fatti non hanno avuto buon esito, il premio sarà grande quasi ancor di più, perché non ci sarà neppure stata la soddisfazione di aver veduto frutti al nostro zelo, al nostro lavoro.
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Tante volte si lavora... Povere pastorelle, qualche volta. Portano su quei bambini, quelle fanciulle fino a <die> dodici anni, tredici anni e poi se le vedono allontanare. Vi sono suore che soffrono proprio per questo. Che dolore intimo! Dolore nobile e santo! Questo però! Perché altre soffrirebbero <di> di non aver quelle soddisfazioni naturali che vorrebbero. Ma queste son sofferenze intime, quelle del cuore di Gesù. Quelle del cuore di Gesù, sì! Il cuore di Gesù che chiama tutti a sé, e quanti sono sordi alle sue chiamate!
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Oh, allora, il Signore benedica i vostri propositi tutti, benedica ciascheduna di voi tanto tanto. Benedica sempre più la congregazione. Benedica i vostri apostolati nelle varie parrocchie, la vita quotidiana, perché sia sempre <in cari> in letizia caritatevole. Benedica le parrocchie dove andate, i parroci dove dovete lavorare, /coi/ (a) quali dovrete collaborare.
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E benedica anche i desideri di santità, i desideri che, eh non sempre son soddisfatti, perché vorremmo tante cose sante. Vorremmo vedere il Signore tanto amato, vorremmo vedere la balàustra circondata da uomini, il pulpito circondato da uomini, da tutti i bambini del catechismo.
/Benedica/ (a) i vostri santi desideri, che son meritori anche se non hanno esito, perché voi fate quel che dovete [fare], e se gli altri non corrispondono non dipende da voi.
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Il santo Cottolengo diceva: «Io l'elemosina la faccio; quello è mio dovere. Se poi l'usano in male, <che> io non perdo il merito. Io ho fatto la mia parte. Se anche prendon l'elemosina e poi vanno all'osteria e la consumano nell'ubriacarsi, il merito mio resta mio.
Quindi consolarvi.
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D'altra parte sempre guardare questo Gesù buon Pastore. E vedete come egli fu trattato. Come fu trattato?
Ebbene, non aspettatevi molto dal mondo; voi avete preferito il paradiso. «E chi rinunzia a tutto e mi segue, avrà il centuplo, possederà, possederà il paradiso» (cf. Mt 19,29).
Quella frase lì è un po' di tutti e quattro gli evangelisti; ma san Marco aggiunge una parola che gli altri evangelisti non hanno. E' questa: «Avrete il centuplo anche in questo mondo» [Mc 10,30], e di beni naturali, oh! per chi lascia tutto!
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Perché avete lasciato una casa? Adesso quante case avete? Almeno sessanta! Ah, così! Avevate una madre, quante madri avete? Quante son le case! <Ave> Avevate <de> delle persone care, e non ne avete di più? Quante migliaia di fanciulli ci son nelle vostre parrocchie, quante anime di giovanette, ecc.! Avete anche dei beni quindi che son già un premio.
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Avrete sempre di più e <ciò> il vostro cuore sarà dilatato e avrete sempre di più di quello che aveste preferito su un'altra strada.
Jesu bone Pastor, miserere nobis. Mater divini Pastoris, ora pro nobis. Sancti Apostoli Petre et Paule, orate pro nobis. Benedictio Dei onnipotentis Patris, et Fili, et Spiritus Sancti descendat super vos et maneat semper (a). E se recitate sei Pater, Ave, Gloria, avete l'indulgenza plenaria.

Ariccia (Roma)
30 luglio 1961

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(1) Ariccia (Roma), 30 luglio 1961.

456 (a) V: Siate adunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe.

460 (a) R: peso.
(b) R: essere.

462 (a) R: di.

463 (a) R: delle.

465 (a) R: che non.

470 (a) Tono lieto ricambiato dall'approvazione delle uditrici che rispondono con una contenuta risata.

474 (a) R: l'ha.

476 (a) R: E terzo per.

479 (a) V: non impediteli di venire a me.

482 (a) R: verso dei.

483 (a) R: benedire.

487 (a) Risposta: Amen. Chiusura del I corso di esercizi spirituali.