Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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VI. DESIDERI (1)
Dalla liturgia si comprende bene come Gesù amava il titolo di buon Pastore; come ha insistito nel tratto di Vangelo, che abbiamo letto nella messa, su questa parola, su questo titolo suo proprio: buon Pastore. «Io sono il buon Pastore» [Gv 10,11] e lo ripete e vuole che come buon Pastore si faccia un solo ovile sotto un unico pastore. Dovete essere molto liete per il vostro bel titolo: Suore di Gesù buon Pastore.
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Il Signore Gesù incarnandosi, nascendo nel presepio, come primi suoi adoratori, dopo la Vergine e san Giuseppe, volle chiamare i pastori e chiamarli in modo straordinario a mezzo dell'angelo.
E quando Gesù cessò di mostrarsi agli apostoli, diede il potere universale a Pietro e cioè di guidare i vescovi e di guidare i fedeli: «Pasci le mie pecorelle» [Gv 21,17], «Pasci i miei agnelli» [Gv 21,15].
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E cioè, egli insiste su questo pensiero: che tutta la Chiesa è come un ovile, un gregge. Un gregge in cui vi è il Pastore eterno che guida. «Avete ricevuto - dice san Pietro - ora il Pastore, il quale perché eravate pecore erranti vi ha raccolte, e ora avete il Pastore e il vescovo delle vostre anime» [cf. 1Pt 2,25].
La parola vescovo lì vien tradotta custode, «pastore e custode delle anime».
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Ed è quindi così glorioso anche il vostro nome di Suore di Gesù buon Pastore, di Suore Pastorelle. Non cambiatelo mai con un altro termine. E lo so che lo capite bene, lo amate e volete seguire questa denominazione, perché è un programma di vita. Cioè è lui il Pastore e voi le pastorelle.
Pastorelle da una parte come agnelline, e dall'altra parte <come pastore> come devote del buon Pastore, imitatrici del buon Pastore, collaboratrici del buon Pastore.
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Anche la parola agnello egli volle che gliela attribuissero. Quando cominciò il ministero pubblico Gesù, venne indicato chi egli era. Nessuno lo conosceva ancora come messia, ma san Giovanni Battista, vedendo attorno a sé alcuni discepoli e in quel momento passando di là Gesù: Ecce agnus Dei [Gv 1,29], ecco l'agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati dal mondo. E queste parole sono nella liturgia.
Quando il sacerdote si volge indietro per dar la comunione, dice le parole stesse: «Ecco l'agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati dal mondo». Ecco allora, da una parte egli agnello e voi siete agnelline, dall'altra parte, ecco: «Io sono il buon Pastore». E conoscerlo.
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Cognoscunt me meae [Gv 10,14]. Le suore si distinguono in quanto conoscono, amano, seguono, collaborano al buon Pastore. Le suore di Gesù buon Pastore. E cioè cognoscunt me meae [Gv 10,14]. Insistere su questo pensiero: conoscere sempre meglio Gesù.
Se si perdessero le costituzioni, per impossibile, vi rimarrebbe sempre il programma e cioè: di suore pastorelle. E quindi che cosa occorre dire?
L'imitazione del buon Pastore, la collaborazione al buon Pastore.
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Come vi ha predilette, volendovi assumere a collaborare con lui! Quanto si è degnato! Quindi quanta riconoscenza sentirete sempre nel vostro cuore a Gesù, che volle così onorarvi e volle così darvi un apostolato di collaborazione alla sua missione!
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Conoscere Gesù buon Pastore. Lo conoscerete in fractione panis [Lc 24,35] in primo luogo. Lo conoscerete a misura che fate bene la comunione e fate bene la visita al santissimo Sacramento. Cognoverunt eum in fractione panis [Lc 24,35], sì. Quei due discepoli non l'avevano conosciuto ancora chi era colui che si era messo accanto a loro nel cammino verso Emmaus; ma quando Gesù, seduto a tavola con loro, si alzò, prese il pane, lo benedisse e: «Prendete e mangiate» [cf. Lc 24,30] disse, cognoverunt eum in fractione panis [Lc 24,35].
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La prima vostra conoscenza, quella conoscenza che possiamo dire in qualche maniera sembrerebbe meno teologica, ma che è più spirituale, è una conoscenza intima. Ed è una conoscenza non solo intima, ma vitale, e cioè conoscere e nello stesso tempo vivere il buon Pastore. Conoscerlo e amarlo.
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Sì, ci saranno dei grandi trattati di teologia, dei bei libri, ma ancorché siate meno istruite, ancorché voi non abbiate appreso trattati e non partecipiate a discussioni di dottrina: conoscenza che è luce sì, ma conoscenza che è vita. Et [vita] /lux erat/ (a) [Gv 1,4], la luce era la vita.
Questa conoscenza però è propria delle anime umili che fan delle belle comunioni, sentono bene la messa. E specialmente per voi, quello che vi orienta sempre nella vita: l'adorazione al buon Pastore Gesù.
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Conoscerlo. «Io le conosco - dice Gesù - e loro conoscono me» [cf. Gv 10,14]: lo direte sempre di più. E tuttavia, in quanto potete studiare anche, o catechismi o teologia: conoscerlo sempre meglio il divin Pastore Gesù.
Conoscerlo.
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Secondo: amarlo Gesù buon Pastore come ci ha amati. «Io dò la vita per le pecorelle» [cf. Gv 10,11], e sono cioè molto diverso io dal mercenario, cioè da colui che è pagato perché custodisca il gregge.
Perché chi è mercenario cioè è un semplice operaio, poco gli importa delle pecorelle; ciò che gli importa è lo stipendio e la paga. Ma il padrone invece delle pecorelle, le difende.
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Fugge il mercenario. Ma Gesù buon Pastore piuttosto muore per le pecorelle. Muore ed è morto: «Io do la mia vita per le mie pecorelle» [cf. Gv 10,15]. Quindi una legge di amore, amore nel sacrificio. Vedete come disse: come si ama? Non si ama con dei segni esteriori vuoti o di proteste di affetto o di baci o di sensibilità esteriori che sono poi vuoti e qualche volta sono anche meno che vuoti, anche cattivi possono essere. Ma l'amore si prova col sacrificio: «Do la mia vita per le pecorelle» [cf. Gv 10,15].
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Il sacrificio alimenta l'amore, mentre che viene dall'amore stesso. Oh, certamente nell'istituto ci vogliono molti sacrifici. Il primo è quello di voi stesse, quando avete detto al mondo no, a Gesù sì: voglio amarlo direttamente.
E allora si lascia ogni cosa, specialmente si lascia la propria volontà, l'egoismo e si vive di amore a Gesù. Cioè tutto, solo, sempre di Gesù.
Tutto: fino al fondo dell'essere.
Solo: niente in mezzo.
Nessun amore che non sia quello di Gesù.
Sempre: fino alla morte.
E la morte poi è il sigillo dell'amore, come il sigillo che Gesù Cristo ha messo al suo amore fra lui e gli uomini è proprio stato: «Padre, nelle tue mani /rimetto il mio spirito/ (a) [Lc 23,46], Et inclinato capite /emisit/ (b) spiritum [Gv 19,30], piegata la testa, spirò.
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Oh, l'amore nasce ed alimenta lo spirito di mortificazione. Non grosse grosse mortificazioni, ma quelle che ogni giorno la vita ci presenta: piccoli rinnegamenti di gusti, di desideri, piccoli adattamenti, continui adattamenti alla vita comune, accettazione degli uffici, impegno a farli bene gli uffici, sì.
Ecco, non solo conoscere, ma la conoscenza che divenga amore.
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E poi il seguire il buon Pastore, perché il buon Pastore non ci dice solamente una parte del viaggio che abbiam da fare. Il buon Pastore ci invita a seguirlo in terra, ma in cielo, l'ultima stazione nostra che è definitiva.
Sempre con lui: «E voi che avete lasciato tutto e mi avete seguito, ecco, riceverete il centuplo sulla terra» [cf. Mt 19,27-29]. Sì, per seguirlo sulla terra cento volte di grazia! Ma poi è il paradiso che è vostro. Sì. E così viene promesso a voi nella professione e così è ciò che sempre si deve pensare.
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Sempre abbiam da pensare: Centuplum /accipietis/ (a), [et] vitam aeternam /possidebitis/ (b) [Mt 19,29]. Lassù col buon Pastore. E' fra il suo gregge Gesù lassù. Eh, vi saranno tanti agnelli, vi saranno tante pecorelle. E non pensate che Gesù chiamerà le sue pastorelle vicino a sé? Certo! Se avete compito bene la vostra missione cioè di santità e la vostra missione di comunicare alle anime nella vostra maniera, secondo la vostra condizione la luce, la grazia, allora ecco: Vitam aeternam, possederete la vita eterna. Vi vorrà vicine vicine, il buon Pastore.
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Amarlo dunque questo titolo, ma considerarlo non come una bella espressione, ma considerarlo come un programma di vita terrena, di vita celeste. Perché quando cesseranno le forze e non potete più lavorare, voi lavorerete di più. E cioè si sarà vecchi e le forze verranno meno, le malattie e gli acciacchi impediranno di fare certi compiti, ma allora: Cum [enim] infirmor, tunc potens sum [2Cor 12,10], come malato io divengo potente. E cioè quando non si può dare più altro a Gesù, si da la vita.
Si accetta la morte.
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Si vuole accompagnare Gesù quando accetta la croce per portarla al calvario, quando si sale verso il calvario, quando si è crocifissi, quando si muore, si spira, ecco. Allora è il più grosso contributo, il più grande contributo alle anime, alla missione che Gesù vi ha assegnato, cioè il sacrificio.
Sì, il sacrificio definitivo. Allora il merito più grande sia per dar gloria e onorare Gesù buon Pastore e sia per contribuire al vantaggio delle anime.
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Oggi dunque non un bel nome ma un programma. E non un programma teorico, ma vitale. E non un programma di azione esteriore, ma di spirito interiore. E non soltanto, ma poi dare agli altri quello che Gesù ha dato a voi, e cioè quella conoscenza, quella luce, quello spirito di fede. Dare agli altri una attività, una condotta insegnando come vivere e guidando e cercando di allontanar dal peccato e cercando di infondere nelle anime, custodirle le anime quanto è possibile dal male, particolarmente i ragazzi, i giovani, i fanciulli.
Amarli come Gesù li ha amati.
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Ma, del resto che cosa dire? Quando si dice pastorelle
si dice tutto un programma
si dice tutta una luce
si dice tutto un conforto
si dice tutta una vita
si dice tutta una missione
si dice tutta una gloria, e gloria eterna.
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Oh, allora oggi alcune intenzioni.
Primo: ricordare il Papa, il sommo Pastore e superiore generale di tutti i religiosi, di tutte le religiose.
Secondo: pregare per i vescovi e per i parroci a cui collaborate.
Terzo: le vocazioni che si moltiplichino. Che si moltiplichino, perché l'umanità va crescendo di numero e bisogna anche [che] crescano in proporzione i pastori, le suore che collaborano coi pastori.
/Quarto/ (a): che i pastori siano tutti santi e che possiate partecipare alla loro attività santamente, delicatamente.
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Intendere che cosa voglia dire [la] vostra missione. E però se la vostra missione qualche volta è anche dura, difficile - lo è, è una delle missioni più difficili però eh, mentre che è una delle missioni più alte e più degne - allora ecco: ricordarsi sempre che il vostro rifugio è il tabernacolo, che il Pastore è ancora lì, quel Gesù buon Pastore che adesso onorate qui nella vostra bella chiesetta e sarà ancora là a illuminare, a consolare e anche un poco a richiamare qualche volta, a richiamare sulla via e a dare una nuova luce, e dare una comunicazione di forza maggiore, sì.
Non vi lascerà Gesù buon Pastore sole. Sarà sempre con voi. E voi sarete sempre con lui?
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Un'ultima intenzione che è conforme ai desideri del Papa, il Pastore universale, rappresentante del Pastore Gesù [è] questa: /Ut fiat/ (a) unum ovile et unus pastor [Gv 10,16]. Il Concilio Ecumenico abbia frutti larghissimi e [a] poco a poco anche quelli che avevano un poco lasciata la via maestra, vi ritornino. Perché, se sono entrati e camminano per sentieri un po' storti, la luce che vien da Roma li richiami sulla via maestra tutti. Quindi, l'unità delle chiese. E certamente voi sentite questo, sì!
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Raccogliete ancora nelle vostre intenzioni tutte le suore pastorelle che sono sparse <nelle va> nelle varie case o in Italia o all'estero.
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Poi mettete un'intenzione anche per questo: Signore, che entrino tutte, fra le pastorelle, quelle bambine che hai destinato alle suore pastorelle. Comincia a guidarle, o Gesù, verso l'istituto delle pastorelle quando fan la prima comunione, quando ricevono la cresima, quando vanno ai catechismi e cominciano ad affezionarsi a Gesù eucaristico, al buon Pastore.
Sì, pregare per quelle che son destinate a voi: perché si conservino e crescano in bontà, sentano la voce del buon Pastore e vengano! E poi, ricevano quei permessi ed abbiano quella libertà di corrispondere alla loro vocazione e un giorno entrino.
Le accoglierete come le piccole agnelline, le custodirete, le coltiverete, le santificherete e un giorno saranno collaboratrici vostre. E crediamo che col progresso possano compiere opere sempre più utili per la Chiesa.
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Che cosa vi ha dato il Signore! Che meraviglie di grazia! Che ricchezze nel vostro istituto! Amatelo! Amatelo tanto!

Albano Laziale (Roma)
16 aprile 1961

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(1) Albano Laziale (Roma), 16 aprile 1961.

128 (a) V: erat luce.

132 (a) V: raccomando lo spirito mio.
(b) Combinazione di Gv 19,30 con Mt 27,50 della v. latina.

135 (a) V: accipiet.
(b) V: possidebit.

140 (a) R: Terzo.

142 (a) V: et fiet.