I. CONVERSIONE DI SAN PAOLO (1)L'unica festa di una conversione che si celebri nella Chiesa è questa che celebreremo mercoledì, e cioè la conversione di san Paolo, perché è stata una conversione strepitosa. E' stata una conversione che ha portato il massimo bene alla Chiesa. Ed è stata una conversione che fu piena dal profondo dell'anima.
1
Conversione vuol dire: lasciare una strada non buona per prenderne una buona. Anche alle volte, quando partiamo per andare in qualche posto, sbagliamo la via e a un certo punto magari ci accorgiamo, e allora si torna indietro. Si ritorna indietro per trovare la strada buona. Ecco.
Così nella vita: alle volte sbagliamo un po' la strada. E allora a un certo punto, accorgendoci per la grazia di Dio, ecco: il desiderio di rimetterci sulla via che piace al Signore, che è la via della perfezione, della santità, dell'apostolato.
2
Vi sono difficoltà per una conversione. La prima è di conoscere che non siamo sulla buona strada. Se noi, facendo l'esame di coscienza, troviamo che la nostra condotta non è tanto buona, se troviamo che si vive ancor nell'indifferenza, se troviamo che ci manca il fervore, ecc. ecco: riconoscere.
3
Persone che si conoscono e si riconoscono. Alcune conoscon da sé i propri difetti. Altre persone invece non li conoscono, ma se vengono avvertite, queste persone, <le> li riconoscono, e cioè ammettono lo sbaglio. Ammettono lo sbaglio, e quindi l'atto di umiltà attira la grazia. Agli umili il Signore dà sempre la grazia.
4
Gli orgogliosi né conoscono, né si riconoscono. Non conoscono se stessi perché poco esame di coscienza fanno e non riconoscono gli sbagli quando altri usa la carità di avvertirli. Si scusano, si difendono. Allora niente conversione perché non si parte neppure. La partenza è sempre di conoscerci o riconoscerci, per arrivare a una vera conversione.
5
Secondo: supponiamo che ci sia la grazia e l'umiltà o di conoscere o di riconoscere i nostri sbagli. Allora, in secondo luogo, cosa si richiede? Si richiede <l'umi> la buona volontà: «Io cerco Dio, io voglio arrivare alla santità. Io riconosco che questo stato non piace al Signore, che il Signore invece si aspetta da me molto di più».
6
Riconoscere noi stessi o conoscer noi stessi.
Vedi un po' lo studio come va. Vedi un po' il comportamento come va. Vedi un po' l'andamento e l'osservanza della vita religiosa come va. Vedi un po' lo spirito di fede o di carità o di umiltà o di obbedienza. Ecco.
Allora, se vi è la buona volontà, subito si ricorre alla preghiera e ci si confessa: si condanna la vita trascorsa e si vuole riguadagnare il tempo perduto. La buona volontà!
7
San Paolo aveva preso una strada sbagliata, ma la credeva giusta e credeva di fare il suo dovere. Ma il Signore lo fermò: «Perché mi perseguiti?» [At 9,4]. E allora aprì gli occhi - non gli occhi del corpo perché era rimasto abbagliato dalla luce, è rimasto cieco, oh - ma aprì il suo spirito alla luce. Capì: «Chi sei /tu/ (a), o Signore?» [At 9,5]. Eh, son Gesù che perseguiti tu [cf. At 9,5]. E' cosa dura resistere alla grazia, ecco. E allora si arrese subito: «Cosa vuoi che faccia?». E il Signore gli diede l'ordine di andare a Damasco e là avrebbe trovato chi gli avrebbe parlato a nome di Dio. Ora, mostrò subito la sua buona volontà: «Cosa devo fare?».
8
Invece vi sono persone che cominciano a compatir se stesse e a scusare se stesse. Allora la volontà buona manca. Quindi cosa si deve fare? Avere il gran dono della buona volontà. Sì è un dono di Dio questo! Sì.
Qui dat posse et velle (a) [cf. Fil 2,13]. Il Signore dà il potere di riuscire e il volere. Il volere è dono di Dio. Dà il potere e il volere, cioè: la grazia - il potere - per migliorare, per convertirci; e poi la volontà, perché il potere dipende dalla preghiera e il volere dipende da noi; ma lo stesso volere dev'essere eccitato in noi e ottenuto per mezzo della preghiera.
9
San Paolo si è convertito da persecutore in grande apostolo. Il più grande apostolo quanto a opere, quanto al bene che ha fatto, alle chiese che ha fondato e /alle/ (a) anime che ha guadagnato a Gesù Cristo. Una conversione quindi di massima <van> utilità per la Chiesa.
E certo nessuno di noi è persecutore, ma quanti difetti abbiamo! E quello è il punto su cui fermarsi: sopra i difetti. Vedere che cosa c'è ancora in noi da convertire, cioè da migliorare.
10
La Chiesa fa a noi ripetere ogni giorno: «Signore convertici». Vuol dire che tutti abbiamo un po' bisogno di conversione o da un difetto o da un altro. Abbiam bisogno di conversione!
E allora con l'occasione della festa della conversione di san Paolo esaminarsi più a fondo. Ma non diventar malinconici perché si trovan dei difetti, no. Umiliarci, pregare e volontà seria!
11
Il combattere i nostri difetti, il combattere è quello che ci arricchisce di meriti. Valgono più tante volte - e per lo più si può dire il massimo delle volte - le lotte interne. Chi ha più amore a lottare contro se stesso, contro l'amor proprio, ecc., che non a cullarsi nell'idea di essere già santo, chi ha più amore alla lotta, ecco, guadagna molti più meriti.
Una vittoria sopra di noi che grande merito è! Alle volte è più che un rosario, alle volte è certamente ancor più <di una pre> di una comunione, dico: non sempre, ma alle volte sì.
Vincere noi stessi! Vincere noi stessi.
12
Il libro che ci facevano sempre leggere da chierici era: Il combattimento spirituale dello Scrufoli La lotta contro i difetti. Togliere i difetti per poter metterci le virtù opposte. E chi è superbo mettere l'umiltà, e chi invece è inclinato all'invidia mettere la carità, e chi /è/ (a) inclinato alla pigrizia mettere il fervore. E chi è fiacco, chi è fiacco domandare al Signore la fortezza che è virtù cardinale ed è anche dono dello Spirito Santo, sì.
13
Allora con questa occasione domandare a san Paolo la grazia di una vera conversione. «Oggi voglio far meglio. Sì. Ieri forse si è fatto bene o è mancato qualche cosa, ma oggi meglio». Tutte le mattine: «Comincio. Sì. E comincio e mi rifornisco di forza con la comunione ben fatta, con la messa ben ascoltata, con la meditazione ben conclusa, conclusa con dei buoni propositi». Avanti, sì.
14
E la vostra volontà è buona in tutte. Sì. Però qualcheduna scambia la buona volontà col sentimento vuoto, qualche volta. Sentimento vuoto: il vorrei.
«Dei vorrei o dei voglio di quel genere lì - diceva san Teresa - è lastricato l'inferno».
Ecco: vorrei: vago, incerto, debole. Un vorrei o un voglio di quel genere: nessuno si fa santo così. Si fan /sante/ (a) le persone ostinate: voglio. E se non son riuscito adesso, tento di nuovo.
Come la formica che vuole forse salire <e> sopra un muro e sale un po' poi cade; poi ricomincia, riprende e poi di nuovo magari ricade; e finché, finalmente, dopo molti tentativi arriva. Arriva, ecco. Eh, così!...
15
Prendi esempi <dalla> dalla <pi> formica.
Stamattina abbiamo fatto quella meditazione sul libro della Scrittura: «Va' a imparare dalla formica, o pigro che sei!» [cf. Pr 6,6]. Eh, piger, va' a imparar dalla formica! Tentare e ritentare. E il tentare e [ritentare] (a) è sempre meritorio: è sempre atto di amor di Dio. E anche quando non si riesce, c'è già stato l'atto di amor di Dio e finalmente il Signore ti darà la vittoria, sì. <Nèh>. Sante nèh? Non scherzare nella via di Dio, eh!
16
Voglio! O come diceva l'Alfieri: «Volli, sempre volli, fortissimamente volli». Ed è riuscito a vincere il suo carattere, vincere se stesso. Così son tutti i santi. Non si nasce santo, ci si fa santi, se vogliamo.
Vi do la benedizione perché entri in tutte la buona volontà.
Albano Laziale (Roma)
23 gennaio 1961
17
(1) Albano Laziale (Roma), 23 gennaio 1961.
8 (a) V: omette.
9 (a) V: Deus est enim, qui operatur in vobis, et velle et perficere pro bona voluntate.
10 (a) R: le.
13 (a) Così T, Omette R.
15 (a) R: santo.
16 (a) R: parola poco comprensibile.