XVI. GRADI DI ORAZIONE (I) (1)Perfezionare la vita religiosa, perfezionare l'apostolato. Ma il perfezionare la vita religiosa e perfezionare l'apostolato dipende dal perfezionare una altra cosa più intima, cioè lo spirito di orazione. Quanto è profondo lo spirito di orazione, tanto più sarà profonda la vita spirituale e più efficace l'apostolato.
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Occorre che l'anima senta Gesù, che l'anima non si inaridisca, si senta come in un deserto perché è religiosa. Sì. Questo sarebbe un grande errore! Occorre arrivare, perché si voglia vivere pienamente la vita religiosa in gioia, in felicità, che si viva di amore a Gesù. Oh!
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La vita religiosa non porta <un> una /solitudine/ (a), uno stato <di sot> solitario del cuore, no. Il cuore è più che mai contento, soddisfatto perché il suo amore è pieno. Il suo affetto non soltanto è superiore a qualunque affetto umano, ma è divino. E non soltanto è spirituale, ma è anche proprio sensibile, gaudioso. E' un amore che trasforma.
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E' un amore di unione con Gesù, di un amore eterno. Voi lo sapete studiando i gradi di perfezione: il matrimonio spirituale, che, secondo gli autori di ascetica e mistica, è il settimo grado di preghiera.
Suore che non capiscono questo e suore che capiscono questo. E quando arrivano a questo, vivono talmente del loro sposo divino che la loro vita è felice, sebbene passi anche attraverso a prove e difficoltà.
Almeno comprenderlo e poi con la grazia di Dio tendervi.
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Quali sono i gradi di orazione, i quali corrispondono ai gradi di santità? Perché orazione e santità di vita e apostolato insieme - anzi la vita si unisce <al alla> all'apostolato - allora orazione e santità si accompagnano, e si accompagna anche la gioia della vita religiosa.
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Quante obiezioni, quante osservazioni, quanti scoraggiamenti, quanti deviamenti appunto per questa ragione: che manca alle volte quel salire, quel progredire della preghiera.
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Oh, i gradi di preghiera sono /nove/ (a):
1) orazione vocale,
2) meditazione, cioè orazione mentale,
3) orazione affettiva,
4) orazione di semplicità,
5) raccoglimento infuso,
6) orazione di quiete,
7) unione semplice,
8) unione estatica,
9) unione trasformante.
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I tre primi gradi: orazione vocale, orazione mentale e orazione affettiva <si> appartengono alla vita ascetica. E gli altri gradi appartengono piuttosto alla vita contemplativa, e ci sta in mezzo l'orazione di semplicità.
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Oh, l'orazione vocale è quella che si dice e che avete detto poco fa, e cioè la coroncina all'angelo custode, la preghiera per la buona morte, e così le preghiere del mattino e della sera, i rosari, i canti sacri, ecc., sono orazione vocale.
Non che si dicano solamente quelle parole o si facciano quegli atti soltanto con il corpo. E' orazione vocale che viene dal cuore quindi e suppone già il raccoglimento interno. Tuttavia l'orazione vocale ha una parte più esterna.
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Secondo: vi è l'orazione mentale. L'orazione mentale è la meditazione. Questa orazione mentale generalmente si fa leggendo un tratto di libro o rappresentandoci una parabola, un detto della Scrittura, uno dei comandamenti, una delle virtù, ecc.
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Questa orazione mentale: leggendo o rappresentandoci uno di questi misteri o di questi tratti della vita di Gesù, ecc., si passa da un punto all'altro. E per esempio, dopo avere considerato la morte, e allora aver meditato che tutti dobbiam passare all'eternità e che tutto quel che lasciamo di qua <è> è quello che interessa i mondani, mentre che quello che cerchiamo di là interessa la religiosa, il religioso che ha aspirato solo a quello.
Eh, ha cercato il mondo e deve uscirne dal mondo. O che si esce per far la professione religiosa o che si uscirà per la porta della morte. Oh. Si ragiona. Orazione mentale per venire a dei propositi.
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Poi vi è una terza orazione che si chiama affettiva. Rassomiglia tanto all'orazione mentale, ma abbonda, la persona che preferisce l'orazione affettiva, la persona abbonda in sentimenti. Per esempio: in atti di amore a Gesù se medita il crocifisso, in atti di pentimento se medita il peccato, in atti di desiderio, se ha considerato il paradiso, del paradiso, in atti di speranza, di fiducia. In sostanza è la preghiera mentale, ma in cui abbonda l'affetto. E più facilmente la donna è inclinata a questo.
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E se vi è abbondanza di affetto che viene, che nasce in noi dall'aver letto un fatto, supponiamo la crocifissione di Gesù o <un, un> una stazione della via crucis, allora abbondare in sentimenti di amore, di dolore, di desiderio di amare il Signore, ecc. Abbandonarsi un po'. E questo è forse alle volte più facile per voi e tuttavia si può <tante> alle volte preferire l'una, cioè l'orazione mentale, o preferire l'altra, orazione affettiva, che in fondo non si distinguono poi. Portano poi sempre a delle buone risoluzioni e a pregare.
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Vi sono persone che van soggette a distrazioni numerose nella meditazione, chissà per quali motivi: ce ne son tanti, si spiegano. Ora ecco: abbondare in sentimenti espressi con parole quando l'anima si mette lì a discorrere con Gesù, oppure tocca con la sua mano il crocifisso e mette il suo dito sul costato di Gesù. Oppure l'anima si <abb> dà piuttosto a preghiera e quindi dà una parte notevole alla preghiera.
Se l'orazione, cioè la meditazione è di mezz'ora, occuperà una parte notevole, metà [o] anche di più in pregare perché, se no, [sopravviene] o la divagazione o l'aridità, per cui la mezz'ora sembra molto lunga e non si viene alle volte a risoluzioni pratiche. Abbondanza di affetto perciò: terza maniera di pregare, terzo grado di orazione.
Orazione affettiva.
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Viene il quarto grado: è l'orazione di semplicità. L'orazione di semplicità si capisce subito <da una par> per alcune anime, per altre quasi è incomprensibile. Dipende molto <dalla po> dalla situazione, dalle disposizioni spirituali.
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Faccio l'esempio. Quando il curato d'Ars è andato parroco in quella borgata, Ars, cittadina o meglio borgo di Francia, <ha> trovava la chiesa che era molto abbandonata. Intanto allora, per ottenere la grazia e il fervore in quella parrocchia, faceva delle lunghe adorazioni. Stando lungamente in chiesa, vedeva quasi ogni giorno un uomo, un contadino il quale andava ai suoi campi, al suo lavoro. Passando davanti alla chiesa o ritornando, deponeva lì i suoi strumenti: il badile, la falce, ecc., ciò che aveva; entrava in chiesa e si metteva al fondo e stava in ginocchio, con gli occhi fissi al tabernacolo, lungamente. Lungamente. E allora, dopo averlo veduto molti giorni, lo avvicinò e gli domandò: cosa fate? Cosa dite al Signore?
«Io, non so quasi cosa dire, io guardo là, il tabernacolo, guardo Gesù, so che lui guarda me e io mi trovo a passare un'ora di dolcezza, di compagnia santa dell'amico dell'anima mia. Ci comprendiamo: io credo che lui comprende me e mi comprende sicuro - voleva dire - ed io cerco di capire, comprendere il suo cuore».
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Quindi l'orazione di semplicità è fissarsi sopra un oggetto, sopra un mistero forse della vita di Gesù, sopra una verità: contemplarla senza pretendere di passare a ragionamenti, <a> a propositi, a domande, magari neppure <a propo> a propositi. Ma nella sua anima resta un'impressione di incoraggiamento, un'impressione di intimità con Dio. Sa che è amata dal Signore, dal Padre celeste che è il buon Padre. Sa che è amata da Gesù che è il più caro amico. Ecco, per quest'anima <il Padre cel> Dio non è solamente il creatore e colui che ci giudicherà, ma è il Padre! Un'intimità! Lo considera come: «Padre nostro che sei nei cieli».
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Per lui, per chi entra in questa <preghi> qualità di preghiera, è Gesù: non solamente è l'amico, ma è l'intimo, lo sposo dell'anima. E come si sta bene! «Si sta bene qui» [cf. Mt 17,4], diceva san Pietro quando fu sul Tabor e il Signore si era manifestato a lui, Pietro, <Giacomo> e insieme Giacomo e Giovanni. Semplicità!
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San Francesco d'Assisi amava molto di mettersi in questa semplicità. Poi passava avanti. Ma contemplava il crocifisso e prima ancora la scena del presepio. Ed è lui che ha inventato il presepio, cioè queste rappresentazioni del presepio che noi abbiamo nelle nostre chiese, parrocchie, istituti, ecc.
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Guardare Gesù: Gesù amore, Gesù umile bambino, Gesù caro. Le più belle cose, i più bei sentimenti intimi nell'anima! Orazione di semplicità. Ma e dopo? Non si è detto niente, non si è proposto niente? E' la disposizione, è il coraggio, è la voglia di essere con Dio. E' un prolungamento allora la giornata: che l'anima parte, ma è accompagnata da una santa letizia, da un santo incoraggiamento. Orazione di semplicità. E potrebbe essere contemplare il paradiso, per esempio. E potrebbe essere invece considerare <con> così con sentimenti di compassione e di amore il purgatorio, di amore e di compassione verso quelle anime.
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Si viene poi all'altro grado <di perfez> di orazione, che è chiamato il grado: raccoglimento infuso. Faccio anche qui l'esempio, perché è più facile comprendere. Ricordiamo <il fat> un episodio della vita del canonico Chiesa (a) di cui ora è uscita la vita, e, siccome egli fu anche parroco, va bene che si legga la sua vita dalle suore pastorelle.
Dice dunque in uno dei suoi quaderni - egli notava abbondantemente le sue cose - in uno dei suoi quaderni intimi, taccuini, che quando era ancora chierico si era arrivati (b) alla festa della sacra famiglia. Allora in quel tempo si incominciava a celebrarla in maniera un po' distinta la festa della Sacra Famiglia istituita da Leone XIII. Dice che aveva sentito la predica del vescovo. Il vescovo era solito celebrare la domenica la messa ai chierici e poi faceva la spiegazione del Vangelo e aveva parlato della sacra famiglia.
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Si trovò come preso dal desiderio di entrare in quella famiglia santissima: Gesù, Giuseppe e Maria. E come preso da qualche cosa interno, domandò alla sacra famiglia, a Gesù, a Giuseppe e Maria, di diventare il quarto membro della famiglia, che sembrerebbe... Ma le anime capiscono delle cose quando sono abituate al raccoglimento infuso! - parliamo del raccoglimento infuso adesso, questo grado di orazione -. E domandò quella grazia!
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E dice: ebbi la risposta <che ero> che ero accettato ad essere il quarto membro <della sa> della sacra famiglia. E poi esprime le belle cose che disse allora a Gesù: fratello lo chiamava; a Maria: mamma; a san Giuseppe: padre della famiglia, egli come quarto membro: padre a san Giuseppe.
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Poi gli venne il dubbio: ma tutta questa dolcezza che sento, questo incoraggiamento... Dice: «Mi è venuto il dubbio che durasse o no. E allora gliel'ho detto, l'ho detto a Gesù, a Maria, a Giuseppe, specialmente a Maria. E Maria mi ha assicurato che quell'amore e quella consolazione, quell'intimità con le tre persone santissime, Gesù, Giuseppe e Maria, sarebbe durato. E aggiunge: «Ed ebbi la risposta di sì», che sarebbe perseverato. Puntini...
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Questa maniera di rispondere del Signore non la conosciamo; non la scrisse. Però, continuando: questa memoria gli rimase così impressa e così si considerò. E dopo tanti anni la festa della sacra famiglia la celebrava sempre con solennità, anche quando era parroco. E poi quando era parroco istituì un lascito perché ogni anno con gli interessi di quella somma si celebrasse solennemente la sacra famiglia nel giorno della sua festa in perpetuo nella parrocchia. E così continua la celebrazione.
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Ecco: raccoglimento infuso, in certe ore, in certe occasioni. Vi sono festività: forse sarà la festa del buon Pastore, forse sarà la festa dell'Immacolata: raccoglimento infuso! Allora il Signore possiede l'anima. La sacra famiglia possedeva il chierico Chiesa, e quindi avanti quando diventò sacerdote e poi canonico, parroco, ecc. Ma mentre che avviene questo raccoglimento infuso, vi è anche una elargizione dello Spirito Santo, cioè i tre doni: scienza, poi consiglio e poi intelletto.
Si aggiunge poi anche il dono della sapienza. Ma adesso parliamo di questi tre.
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E' il Signore che si diletta in coloro che lo amano! E <le me> mette un po' a parte, l'anima, della beatitudine; ma qualche volta è una beatitudine che è accompagnata da pene anche, dolore come quando Gesù era nel Getsemani. Ma la beatitudine rimane e la stessa pena è quella che rende dolce la vita: la persuasione. E quindi l'anima diviene felice di soffrire. Oh, quando quella santa diceva: io non posso più soffrire, perché tutte le volte che ho una croce, ne ho piena dolcezza e consolazione, quindi non posso trovarmi nella sofferenza.
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Vi è poi l'orazione di quiete. L'orazione di quiete assorbe la volontà e riempie l'anima e anche il corpo di soavità e diletto veramente ineffabili.
Questo è stato un altro dei gradi raggiunti, dei gradi di orazione del canonico Chiesa.
Esempio: in Alba avevo dei chierici. Il canonico Chiesa scriveva libri per la società san Paolo. Poi si stampavano e si mandavano a lui le copie, le bozze per essere corrette. Mando un chierico che era abbastanza vivo, vivace. E allora va in chiesa [a] san Damiano. E sapeva già che quella era l'ora della visita del parroco, che, dopo le undici, quando [non] c'era nessuno, parlava da solo e si trovava più raccolto, tanto che egli il breviario detto coi canonici non lo considerava quasi come parte della sua orazione, no. La propria, la sua orazione era la messa, erano le due ore di visita al santissimo Sacramento.
Oh, dunque il chierico va, lo trova là inginocchiato, ritto nella persona, con gli occhi semichiusi, ma immobile. Si avvicina e dice con rispetto, porgendo le bozze: «Signor canonico, le ho portato le bozze da correggere». E l'altro non si dà per inteso, non volta neppure la faccia. Ripete un po' più forte: niente. Allora si fa coraggio, era un po' vivace, lo tocca un po' energicamente al braccio: Canonico, le ho portato le bozze! (a)
Allora rinviene in sé, con un gesto come di sorpresa e anche un po' di disgusto di essere sorpreso in questo atteggiamento, in questa intimità; fa semplicemente il segno di sì e ritorna nel suo intimo raccoglimento.
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L'orazione di quiete cosa fa? Assorbe la volontà; assorbe anche <le il i> i sensi, tanta parte dei sensi in maniera che la presenza di Dio <è così> è così forte che non può guardare, non può mettere attenzione ad altro.
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Eh, quante volte io son andato a confessarmi, l'ora era le undici. Egli poi più tardi nella vita faceva l'adorazione dall'orchestra, l'organo, per esser più tranquillo perché altrimenti lo cercavano. E io lo cercavo là. E metteva fatica a lasciare quella, quello stato; e poi ritornava come se avesse continuato l'unione col Signore.
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Oh, abbiamo da dire così: che quest'orazione finisce con l'assorbire le potenze interne, che sono come prigioniere: la mente è lì, anche i sensi son presi.
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E invece <l'oraz> l'altra orazione più prende la volontà e cioè porta a delle risoluzioni energiche: risoluzioni di vivere una vita di sincerità, una vita intiera, non mezza suora ad esempio. Non mezzi propositi. Ma suora intiera, se si fa suora. Mezzi propositi no. Tutti! Ci sono i voti: sì, non mezzo sì e mezzo no. No! E se c'è il silenzio, c'è il silenzio, non c'è l'interruzione di parole, ecc. La volontà è presa e dominata da Dio: è Dio che la guida.
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Abbiamo poi <la il> /l'ottavo/ (a) grado di orazione <contempl> che è già l'orazione contemplativa. E' costituita dall'unione estatica, nella quale si verifica il fidanzamento spirituale. Che cos'è il fidanzamento? Il fidanzamento è la promessa di unione totale fra l'uomo e la donna. E qui è la promessa di darsi definitivamente: Dio all'anima e l'anima a Dio. E già si appartengono in qualche misura, non hanno però ancor tutto lo scambio dei beni. Ma già si è arrivato ad un grado in cui l'anima già sente la dolcezza <della vi> di vivere con Gesù. Non siamo ancora al matrimonio spirituale, che poi si compie nel nono grado che è poi preghiera trasformante o matrimonio spirituale.
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Quando l'anima può dire: «Non son più io che vivo, ma vive Gesù Cristo in me», quello è il grado che dovrebbe raggiungere ogni religioso, ogni religiosa. Vivit vero in me Christus [Gal 2,20]. Allora la vita religiosa è vissuta pienamente.
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Notate che si tratta del nono grado e che tutte le persone che han la vocazione, han la vocazione anche a questo grado. E non è una cosa eccezionale, straordinaria quindi. Non parliamo di cose straordinarie come sarebbe una visione e come sarebbe operare un miracolo, come sarebbe parlare una lingua ignota, come sarebbe fare una predizione, una profezia, no. Quello è di Dio che lo fa per mezzo della creatura. Fa - supponiamo - predire un avvenimento quando vi è una profezia, profezia supponiamo di Isaia, il quale annuncia: «Vi sarà una vergine che avrà un figlio, il quale sarà l'Emmanuele, il re pacifico» ecc. [cf. Is 7,14; 9,5]. Quella è una profezia, ma qui non si parla di doni straordinari, ma di arrivare a quello che è la vocazione religiosa pienamente vissuta.
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Se la preghiera arriva a questo, allora sì, si è trasformati. Gesù guida l'anima. Gesù fa come la parte dell'autista <nel> nella macchina. L'autista eh, ferma la macchina, la fa partire, volta a sinistra, volta a destra, la rallenta, l'accelera, ecc. Gesù è lui che opera. La personalità <della> dell'uomo, della creatura c'è ancora, ma c'è sopra la seconda Persona della santissima Trinità che lascia e fa operare la persona umana.
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E' uno scambio totale di beni: Gesù che si dona tutto all'anima per fare lui la guida. Dux eis fuit, la guida dell'anima, l'autista. E l'anima la quale si cede, lo lascia fare, Gesù, e lo asseconda. E Gesù <stando> per mezzo dello Spirito Santo illustra, insegna, spiega. Illustra le verità, opera sull'intelletto, opera sulla memoria, opera sopra il cuore. E' poi il cuore che ama in Gesù Cristo e Gesù Cristo che ama il Padre nell'anima.
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E così la vita di Gesù viene seguita, imitata in sostanza. E' ancora umana, ma divina: consortes divinae naturae. Mistero di amore. Anche - bisogna dire - difficile per le anime, così, che sono un po' materialone ancora: un po' troppo attaccate a se stesse, all'egoismo, abituate alle distrazioni, sempre più interessate di ciò che vuole il senso, la curiosità, e l'ambizione, le preferenze. Sì, tutto questo impedisce. Sì. Sì, i gradi eh sarà difficile a salirli, se resta una scala che si ammira, ma che poi forse non si fa.
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Cosa devo dirvi? Che già tutte siete chiamate! Secondo: che tra di voi vi sono anime che fanno già questa scala! Chi è arrivato, eh, non è mica ancor molto avanti, ma intanto sale. E che Gesù tiene pronte le grazie, perché <vi dove> vi siete immedesimate, se avete presa bene la vostra vocazione, nel divin Pastore, nella divina Pastora.
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Che cosa si può dire allora? *** (a) Chi si impegna per questa strada conosce tutto e non ha bisogno di chi lo spieghi, perché il Signore stesso si fa la luce.
Lui è la luce dell'anima.
Lui è la forza dell'anima.
Lui è il gaudio continuato dell'anima.
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Lì, non si farà più purgatorio per quest'anima. E' tutto un ripulirsi da quel che è umano e tutto rivestirsi dell'abito che portano gli angeli al cielo. Sì. L'abito di una grazia eletta, elevata! Eh, quanti doni! Ma, spiegandoli, possono lasciare indifferenti qualcheduno: quando uno è un po' troppo egoista, vive un po' per sé, <e guarda> ed è divoto di sé.
E invece le anime che rinnegano se stesse e seguono Gesù, queste cose le provano e, se anche non ne sapessero parlare, ne godono. Quante sante! Quanti santi! San Paolo con quelle parole:
Vivit vero in me Christus [Gal 2,20] dice tutto.
Domandiamo: Signore insegnaci a pregare.
Domine doce nos orare [Lc 11,1], sempre meglio.
Ariccia (Roma)
29 luglio 1961
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(1) Ariccia (Roma), 29 luglio 1961.
409 (a) R: solidarietà.
413 (a) R: sette.
427 (a) Cf. n. 301 (a).
(b) R: arrivato.
434 (a) In tono allegro.
439 (a) R: il settimo.
446 (a) R: sembra dica: di lì e là.