Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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5. IL TEMPO DI QUARESIMA

Meditazione alla Comunità delle Pie Discepole del Divin Maestro.
Alba, Casa Madre, 17 marzo 19601

La Quaresima si divide in due parti: la prima va dalle Ceneri fino alla domenica di Passione. E poi segue il tempo di Passione, cioè, da quella domenica al Sabato Santo, alla domenica di risurrezione. In questa seconda parte, dalla domenica di passione avanti, due settimane, specialmente si considera Gesù paziente, Gesù redentore. Nella prima parte, dalle Ceneri alla domenica di Passione, si considera Gesù specialmente come Maestro e si onora il suo magistero divino e particolarmente... perché ogni giorno vi è la Messa della Feria con un Vangelo proprio, con Epistola propria.
E in modo speciale va bene per voi in questo tempo onorare il Maestro: «Io sono la Via, la Verità e la Vita»2.
Onorare il Maestro, in che modo?
Leggendo e meditando il suo Vangelo, il suo insegnamento, i suoi esempi (...) che vanno dal presepio fino a quando è spirato sulla croce. E poi, dopo la meditazione, l'imitazione del Maestro nelle sue virtù e nell'apostolato. E poi la domanda delle grazie perché noi possiamo, da una parte, imparare i suoi insegnamenti, capire i suoi esempi e, dall'altra parte, seguirli. Quindi va molto bene, in questo tempo, considerare quello che la Chiesa ci fa leggere ogni giorno nel Vangelo della Messa, sì.
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Quest'oggi ci fa leggere il tratto in cui è narrata la parabola: Vi era un ricco il quale vien chiamato Epulone, adesso, che vestiva porpora e bisso e ogni giorno banchettava sontuosamente. Sì, in sostanza godeva la vita abusando delle ricchezze. E intanto alla porta del suo palazzo c'era un povero vecchio, Lazzaro, piagato, il quale chiedeva che almeno qualcheduno gli portasse le briciole che cadevano dalla mensa del ricco, ma nessuno gliele dava; e i cani stessi avevano pietà di lui, gli leccavano le piaghe. Passò un certo tempo e morì Lazzaro e fu portato nel seno di Abramo, cioè fu salvo. Salvezza eterna. E poi morì anche il ricco il quale «sepultus est in inferno», fu sepolto nell'inferno, cioè, vuol dire sepolto nelle fiamme, nei tormenti. Oh, allora quell'infelice, alzando gli occhi e guardando su Abramo e Lazzaro nel suo seno, felice, prega: «Padre Abramo, manda Lazzaro a intingere il suo dito nell'acqua e poi venga a far cadere una goccia sopra questa lingua perché io sono arso in queste fiamme». Ma Abramo risponde: «Ricordati che tu te la sei goduta la vita e invece Lazzaro ha sofferto. Ora, ecco, adesso tu soffri e Lazzaro gode l'eterna felicità, voleva dire, in sostanza. E non è possibile che qualcheduno di noi discenda fino a voi né a voi è possibile che qualcheduno venga su fino a noi». Allora, eh! il povero infelice, il ricco Epulone dice: «Ma almeno manda qualcheduno alla casa dei miei fratelli che ancor vivono per avvertirli affinché non vengano a cadere in questo luogo di tormenti». Ma Abramo risponde: «Hanno Mosè e i profeti: li ascoltino». «E se, però, dice il ricco Epulone, andasse un morto ad avvertirli...». «Oh, se non ascoltano né Mosè, né i Profeti, non ascolteranno neppure un morto che risuscitasse»1. E così: chi è felice, felice per sempre; chi è infelice, infelice per sempre, ecco.
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Il Vangelo, quindi, ci insegna parecchie verità che sono anche ricordate nell'Epistola che adesso non è il caso che le ripeta, per stamattina. E cioè, che al di là, al di là del confine della vita vi sono due stati: quello dei salvati e quello dei perduti. Vi sono anche le anime purganti, ma quelle son salve e le loro pene son temporanee. Ma propriamente eterne sono due le condizioni: quella dei salvati, felici in cielo, e quella dei perduti, infelici nell'inferno. Due condizioni.
Queste due condizioni rispondono a due condizioni di uomini sulla terra, e cioè: quelli che fanno il male e quelli che fanno il bene. Non si può con certezza sempre dire: questo vive male; quello, invece, è un santo, no! Questo non si può dire sempre con certezza, perché noi non vediamo cosa c'è in un'anima, in un cuore, ma Dio lo vede. E ognuno si porta all'eternità quello che fa. Vi sono le persone che cercano solo di star bene quaggiù, quello che le rende più contente, soddisfatte, lo stato in cui credono di trovare più piaceri o più onore, oppure credono di evitare le prove della vita e quindi pensano solo al mondo presente. Condizione di uomini che prendono la strada larga e non badano dove vanno a finire. E condizione di uomini che, invece, prendono la strada stretta e guardano dove vanno a finire, cioè, guardano il cielo. Sono i saggi, questi. Vivono osservando i comandamenti. E tanto più i religiosi, le religiose, vivono osservando ancora i consigli evangelici.
Ora, quelli che pensano solo alla vita presente, al mondo presente, si chiamano i mondani. E alle volte può essere che anche sotto l'abito sacro ci stia un cuore mondano perché, poco amore a Dio e orrore delle mortificazioni e facili a pensieri e sentimenti che non son buoni. E poi perché, sotto il povero abito di una vecchia, di una mendicante, magari, di una contadina, di un'operaia ci sia un cuore retto, un cuore che cerca Dio e che vuole il paradiso e ami davvero il Signore e la sua speranza è tutta nel Signore. Ecco il cuore santo, sì.
Ora, ho detto, non possiamo quaggiù capire e sapere con certezza chi è su una via, chi è su un'altra, ma un poco, sì. E quelli che sono sulla via buona, perseverino; e quelli che son sulla via cattiva, non si ostinino, si confessino e si mettano sulla via buona, quella che conduce al cielo; perché, quando uno a un certo punto, camminando, si accorge di aver sbagliato strada, eh! volta strada, e quella che ha preso non conduce dove vuole andare, rimedia rimettendosi su una strada per cui può arrivare dove ha intenzione di arrivare.
Ecco la grande distinzione: quelli che cercano solo di stare quaggiù bene, evitando cioè, quanto possono di pene e di sacrifici e cercando di godere quanto più possono, di soddisfazioni. E vi sono, invece, quelli che si adattano anche alle mortificazioni, si adattano a compiere la volontà di Dio osservando i comandamenti e, se hanno vocazione, osservando anche i consigli. Questi sono i saggi.
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+ Al di là, le due condizioni di vita, di eternità (...). Ma che tremenda parola è l'eternità. Perché Abramo risponde al ricco Epulone che era avvolto nelle fiamme e che era arso: «Non è più lecito che uno di voi venga su». Perché quando è finita la vita, ciò che è fatto è fatto, voleva dire, segue l'eternità, che è uno stato immutabile. E quando, invece, si è fatto bene si porta al tribunale di Dio quel bene che si è fatto. Oh, felicità eterna! Ma eterna! La vita è breve, ma nella vita ci guadagniamo ciò che è eterno, se facciamo bene. Oppure (...). Ecco, la scelta la facciamo noi, ciascheduno deve pensare a se stesso +.
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Vi sono persone che son dure di cuore e non vale né la parola del confessore, né la parola del Vangelo, né la parola della Chiesa. E vi sono persone, invece, che son sensibili alle parole del confessore, del predicatore e del Vangelo, della Chiesa e seguono, e seguono. Si mettono nello stato in cui si trovano le anime giuste.
Ora, ecco, secondo l'Epistola di oggi, bisognerebbe discendere al cuore e interrogarci: come è il mio cuore? Cerca Dio? o cerca, invece, qualcosa altro, come sarebbero le soddisfazioni, la stima degli uomini e attaccamento a qualche cosa che si può dire avarizia? Cosa cerchi, tu, nel tuo cuore? Oppure, che cosa cerchi nel tuo cuore: Dio, il suo paradiso? Gesù, amarlo sempre di più. Donarti generosamente e l'avrai, e l'avrai eternamente.
È stato per poco tempo felice, diciamo così, quanto si possa essere felice su questa terra, il ricco Epulone, ma ciò che è seguito, è eterno, ed è un fuoco eterno.
È stato poco tempo Lazzaro, pochi anni a soffrire, ma ciò che è seguito è eterno, ed è la felicità che non finisce, eterna quanto è eterno Dio. Oh, quanto è eterno Dio!
Ciascheduno di noi ha da guardar se stesso. Veda un poco come sta di cuore, cosa cerca nell'intimo del cuore. Perché si possono anche dir delle preghiere e il cuore non essere unito a Dio; e si può anche, alle volte, non dir delle preghiere perché non si sta bene, ma intanto il cuore è unito a Dio, il cuore è già di Dio. Oh, sì vedere come è il cuore.
E l'Epistola dice: Maledetto chi ha il cuore che non è retto e benedetto chi ha il cuore retto, perché è come una pianta che sta presso la corrente delle acque, la quale pianta fa i suoi frutti e anche che succeda la siccità, siccome le radici di questa pianta sono verso le acque, verso il corso delle acque, questa pianta non soffre1.
Se siete ben piantate verso la corrente dell'acqua della grazia, che è il tabernacolo, avrete sempre frutti di vita eterna. Se invece non fossimo piantati proprio presso la corrente della grazia e allora quali sarebbero i nostri frutti? I frutti non ci sarebbero e morirebbe la stessa pianta, perché si finirebbe col commettere il peccato, che è la morte dell'anima. Vedere come attingiamo a quella fonte di grazia, a quell'acqua che viene, che scaturisce dal tabernacolo, dalla Messa, in particolare. E vedere che cosa cerchiamo.
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Allora, in questa Quaresima, pensiamo più seriamente. La Quaresima è come il corso di Esercizi dell'umanità, della Chiesa, della cristianità. Un corso di Esercizi. La Chiesa ci invita a riflettere sulle verità eterne che ha predicato Gesù e sopra la passione stessa di Gesù e sopra il termine, il fine della vita, per risorgere dai nostri difetti, dai nostri peccati, risorgere nel giorno pasquale in santa letizia. Risorgere. Guardare bene al Crocifisso e riflettendo sopra di noi: "sono io che ho piantato quelle spine nel cuore di Gesù". E allora il nostro dolore e poi la nostra penitenza.
Vi sono delle mortificazioni che sono obbligatorie e vi sono delle mortificazioni che son solo di consiglio. Ma dal modo di mortificarsi di una persona, tante volte si conosce se ha spirito buono, se è di vita interiore, se davvero ama il Signore, se davvero vuole crescere in merito, in santità, ogni giorno, sì.
Guardare al Crocifisso e sperare nella sua misericordia, sperare nell'aiuto della sua grazia perché è morto per darci la grazia affinché noi evitiamo di camminare sulla via della perdizione.
Vi siete messe sulla via della salvezza? Perseverate. Ma che sia veramente, interiormente il cuore volto verso Dio... o i sentimenti di attaccamento o i sentimenti di venialità, o i sentimenti di ambizione, ecc. potrebbero deviare un po' il cuore. Orientare il cuore tutto, sempre e solo verso Dio, sempre.
Al mattino ci si può affacciare all'eternità con uno sguardo. E nell'eternità prima volgere gli occhi lassù ai beati che ci aspettano1, felici. Felici sono. E volgere uno sguardo giù, verso i perduti: vi è Giuda che si perdette per un niente, si perdette disperato, perché il peccato non lascia mai la pace. E allora, con questi due sguardi: uno al cielo e l'altro all'inferno e incominciam bene la nostra giornata. In omnibus operibus tuis, memorare novissima tua2: in tutte le tue opere, prima delle opere, pensa se queste opere son per il cielo, oppure se quelle opere servono per l'inferno. E avanti, con questi due sguardi, la giornata passerà molto meglio.
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Onorare, dunque, il magistero di Gesù, in questo tempo, specialmente voi che siete le Pie Discepole di Gesù Maestro. Questo è il tempo di meditar più la sua Parola, i suoi esempi, e di sperare di più la sua grazia. Vi benedica, dunque, il Signore. Andate avanti serenamente. Però volgerlo tutto il cuore a Dio, eh? tutto e solo e sempre.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro 99/b (= cassetta 69/b). - Per la datazione, cf PM: «Quest'oggi [la Chiesa] ci fa leggere il tratto in cui è narrata la parabola del ricco Epulone...». (Questo Vangelo si leggeva al giovedì dopo la II Domenica di Quaresima che nel 1960 cadeva al 17 marzo). - dAS (cf c24). La registrazione di questa meditazione è particolarmente difettosa per cui il testo presenta lacune qua e là.

2 Gv 14,6.

1 Cf Lc 16,19-31 (Giovedì dopo la II Domenica di Quaresima).

1 Cf Ger 17,5-10.

1 Cf Sal 141,8.

2 Sir 7,36.