15. L'ANNO BIBLICO
Meditazione alla Comunità delle Pie Discepole del Divin Maestro.
Roma, Via Portuense 739, 17 giugno 19601
Dal 30 giugno corrente 1960 al 30 giugno 1961, faremo l'Anno Biblico, cioè, un anno per lo studio, la meditazione e soprattutto per la diffusione della Bibbia, della Bibbia in generale e della Bibbia in particolare, cioè del Vangelo. Questo per commemorare l'anno in cui san Paolo è venuto a Roma. E, d'altra parte, per commemorare tale arrivo a Roma di san Paolo, faremo anche l'altare nel santuario, l'altare a san Paolo e al Divino Maestro, di fronte al primo.
Allora, ricordare quel che dice il Maestro Divino: «Leggete le Scritture, confrontatele, vi parlano di me»2. E ricordare che Maria ascoltava le parole che venivano dette di Gesù e le meditava nel suo cuore3. San Paolo che dice al suo discepolo Timoteo: Leggi, ... attende tibi et lectioni4. E la lettura era, quello che san Paolo aveva già insegnato a Timoteo, la lettura della Bibbia. Perciò, l'anno che dedichiamo anche allo studio della Bibbia e alle meditazioni.
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Quando si è iniziata la Famiglia Paolina, la piccola comunità mi diceva:
"E noi, sotto la protezione di chi, siamo messi? chi sarà il nostro Protettore?".
"Eh, indovinate".
"L'Immacolata? San Giuseppe? Il Cuore di Gesù?".
"No, san Paolo"
"San Paolo? E perché?"
Si faceva una certa meraviglia particolarmente da quelli che erano estranei. Ma vi sono delle ragioni, non è a caso, questo.
Primo, perché san Paolo è stato il più grande formatore di vocazioni nel collegio apostolico, fra gli Apostoli. Quindi, siccome la parte delle vocazioni: cercarle e, nello stesso tempo, e ancor più diligentemente, formarle, occorre che venga considerata in quello spirito con cui Gesù Maestro ha cercato e formato i suoi Apostoli e con cui san Paolo, discepolo fedele, ha formato le sue vocazioni. San Paolo nomina 60 dei suoi discepoli e collaboratori che erano poi vocazioni, in gran parte. Li nomina nelle sue lettere, nelle 14 Lettere sue. Alcuni erano cooperatori. E poi ne sono nominati altri 20 negli Atti degli Apostoli. Così: 80. Egli quando stringeva un'amicizia era fedelissimo, ma particolarmente, quando egli aveva formato una vocazione, la seguiva, l'aiutava, la sosteneva.
Ecco, allora abbiamo cercato di recitare costantemente la coroncina a san Paolo. A quella coroncina è legata, fin dall'inizio, l'intenzione: la ricerca, [il] reclutamento, la formazione di buone vocazioni. E nell'anno biblico lavoreremo per la Bibbia, ma con questa intenzione di ottenere la grazia delle vocazioni belle, ben formate.
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Secondo fine per cui noi abbiamo scelto san Paolo, protettore della Famiglia Paolina, per questa ragione: che egli era deciso nelle sue cose, era un uomo di carattere. E quando credeva che la legge mosaica fosse l'unica e che Gesù non fosse il Messia, allora era tutto per la legge mosaica, ma quando la luce di Dio lo fermò sopra la via di Damasco, allora diventò tutto per Gesù: tutta la mente, tutto il cuore, tutte le forze; a tendere decisamente alla sua santità, vivere il Vangelo quale era, non a metà; quindi tutte le virtù che Gesù nel Vangelo ha insegnato e di cui ha dato esempio; quindi tutto per la sua santificazione nella mente, nel cuore, nella volontà, cominciando dal ritiro, in Arabia, di tre anni e mezzo circa.
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Oh, non delle religiose, dei religiosi a metà, che hanno mezzo il cuore in Congregazione e mezzo fuori; che hanno il voto di povertà e poi lo interpretano un po' a loro modo; che professano l'obbedienza e la fanno quando è gradita, l'obbedienza, e quando non è gradita... quando c'è l'entusiasmo della Professione, ma poi, a un certo punto: e la vita mi viene a noia, a nausea, ecco. E allora, rallentamenti, tiepidezza per cui poi si strascina la vita religiosa e non lascia contento né chi si comporta così e né chi, invece, è attorno e deve convivere. Quindi non è una vita che porti a santità e neppure che porti frutti di apostolato vero.
Allora ci vogliono delle persone decise, o decise oppure altra via; perché non basta mai, per ammettere alla Professione, che non ci sia del male: "non è cattivo e non fa del male grosso". No! I segni negativi non bastano per ammettere alla Professione, occorrono i segni positivi; e positivi vuol dire che ci sia veramente lo spirito religioso, che ci si impegni per lo studio delle cose sacre, che l'apostolato si abbracci con entusiasmo, che ci sia già una preparazione abbastanza lunga che ha formato delle abitudini religiose. I segni positivi, per cui san Pio X ha scritto alcune cose molto importanti che fanno anche per le religiose e i religiosi1. Segni positivi. Non soltanto che manchino i segni negativi, cioè: "e non fa del male, non è cattivo, ecc.".
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[Terzo,] inoltre, abbiamo scelto san Paolo a nostro protettore, perché egli è come l'esempio, il modello degli scrittori, della redazione, in generale, la quale redazione non si riduce allo scrivere. La redazione è un disegno che vien fatto per un altare; la redazione è una preparazione per l'arte; la redazione comprende tutto quello che è insegnamento, quando si prepara la lezione, la conferenza, ecc. La redazione ha un senso larghissimo, anche quando si prepara la persona per far bene gli abiti, gli abiti ecclesiastici o le tovaglie dell'altare, quando è inventiva o, almeno, è precisa, cercando di istruirsi, di migliorare, di progredire, sì.
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Vi sono nel Nuovo Testamento 27 libri. Fra i 27 libri che hanno vari autori, l'autore più abbondante del Nuovo Testamento è san Paolo, il maggiore scrittore del Nuovo Testamento è san Paolo. E nel Vangelo, che io porto sempre con me, vi sono i 4 testi del Vangelo: san Matteo, san Marco, san Luca, san Giovanni, e tengono 234 pagine (sono in quattro evangelisti); le Lettere di san. Paolo, da sole, comprendono 234 pagine ugualmente, egli da solo. E oltre a questo, vi sono negli Atti degli Apostoli, vi sono parecchi discorsi di san Paolo, parecchie cose che egli ha detto, per cui è il principale scrittore del Nuovo Testamento.
Allora abbiamo da chiedere a san Paolo lo spirito. La Scrittura, per noi, è il modello della redazione e contiene quello che si deve fare nella redazione, cioè quel che si deve dire.
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Certamente la liturgia del Nuovo Testamento ha preso molto dalla liturgia dell'Antico Testamento. Ma è tutta una liturgia, però, sostanzialmente nuova, perché, se allora vi erano i sacrifici degli agnelli, dei vitelli, ecc., oggi il sacrificio è uno solo ed è il sacrificio del Figlio di Dio incarnato. Quindi la liturgia, mentre che prende delle forme esteriori, prende dal Nuovo Testamento tutto quello che è la sostanza, poiché i sacramenti, non solo sono parole che si riferiscono, ma contengono e producono la grazia, massime, poi, il sacramento dell'Eucaristia.
E poi, d'altra parte, san Paolo nelle sue Lettere incominciò appunto a commentare il Vangelo, nelle sue Lettere, e applicarlo alla vita pratica e quindi è come il capo della teologia, della teologia dogmatica, della teologia morale, della sacra liturgia, egli che [ha] organizzato quelle Chiese ed organizzava anche la sacra liturgia: «Quando verrò dirò il resto»1, come scriveva.
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Oh, san Paolo ci insegna, poi, come noi dobbiamo parlare. Egli sempre, nel suo spirito soprannaturale, ogni parola che diceva rifletteva la sua fede interiore, il suo amore a Gesù Cristo.
È il santo del "tutto", non il santo a metà. È il santo che ha corso il mondo, non si dava requie e non cessò di parlare se non quando aveva chinato il capo e il carnefice lo decapitava.
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Oh, perciò, la dedizione, il "tutto" e ciò che non appartiene a noi, lasciarlo da parte. Cosa ne facciamo di certe notizie, di certi discorsi; e cosa ne facciamo di certi pensieri che distraggono; che cosa ne facciamo noi di quelle cose che abbiam lasciato nel mondo, cosa ne facciamo ancora? E se ti sei data a Dio, tutta di Dio, fino al fondo, in maniera che rifletti sempre in te stessa quello che sei: religiosa, cioè una persona che sente la religione profondamente e la vive e non può fare altro in tutti i suoi atti, in tutti i suoi atteggiamenti, in tutta la sua vita che riflettere quello che è nella sua anima, nel suo cuore: lo spirito religioso.
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Allora, ecco, vedete che cosa potrete fare per l'anno biblico.
Certamente potete contribuire alla diffusione, sì, e in tutte le maniere contribuire alla diffusione. E non avete propriamente la propaganda, ma vi sono delle eccezioni e vi sono anche dei mezzi che si possono adoperare senza quella propaganda di cui si parla per le Figlie di San Paolo. Altro modo.
Poi, pregare perché l'anno biblico abbia da portare molti frutti1.
E buon numero di vescovi hanno già risposto; parroci che han già risposto e invocano l'aiuto della Famiglia Paolina perché vorrebbero che il Libro sacro entrasse in ogni famiglia e venisse letto; specialmente entrasse il santo Vangelo. Con la preghiera potete aiutare, sì.
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Ma, nello stesso tempo, approfondire il Libro sacro. Il Papa1 ha detto parecchie volte: Guardate all'altare: calice e libro. Che vuol dire: Eucaristia e Scrittura. E come insiste qui sopra! Anzi, nel programma suo, del Pontificato, dice: Tutte le iniziative, tutto quel che deve fare il Papa, mi è caro, ma soprattutto, che il libro sacro sia conosciuto, sia amato, sia letto, sia meditato e porti nelle famiglie e negli individui quei vantaggi...
La Parola di Dio, chi la capisce di più? Chi dice meno parole umane e vane. Allora il Signore si fa luce alla sua anima e dirige il cuore. E non è meglio che parliamo col nostro Padre celeste? E che lo sentiamo il Padre celeste e leggiamo ciò che egli ha voluto che fosse scritto che non chiacchiere del mondo? che non persone le quali, sovente, non ci portano all'unione con Dio, non ci preparano al paradiso, perché non ci danno quei pensieri santi, quei sentimenti di amore a Dio e quella volontà generosa di osservare la vita religiosa e cioè, di vivere i voti e le Costituzioni. Sì. Parlare molto con Dio. Sentir molto Dio. Leggere bene quel che Dio ci ha fatto scrivere.
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Oh, dunque, in questo mese ravvivare il nostro culto, il nostro amore a san Paolo. Egli ha una grande potenza in paradiso.
E quando, dunque, si è trattato di eleggere san Paolo come nostro Protettore, della Famiglia Paolina, chi era più pensoso mi disse: "Finalmente! Leggiamo tante volte il nome di san Paolo nei trattati di teologia, vediamo le sue Lettere, ecc., ma non è diventata popolare la divozione a san Paolo. Toccherà a voi farla diventare popolare".
Una gran fiducia nella sua protezione. E poi ricordare che egli era un amico fedele agli impegni che aveva contratti e quindi orientarci sempre di più verso questa divozione, e recitare sempre più con cuore le preghiere che abbiamo nel libro delle orazioni. Vedrete, anche in questo, infervorarsi il vostro spirito.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro 29/e (= cassetta 74/b). - Per la datazione, Cf PM: «Dal 30 giugno corrente 1960 al 30 giugno '61 faremo l'anno biblico... » (Cf anche c85, c107, c180 in PM). - dAS, 17/6/1960 (venerdì): «Meditazione alle PD di via Portuense».
2 Cf Gv 5,39.
3 Cf Lc 2,19.
4 1Tm 4,13.16.
1 Si può confrontare la Lettera enciclica «Pieni l'animo», del 28 luglio 1906, in Acta Sanctae Sedis, vol. 39, pp. 321-330.
1 Cf 1Cor 11,34.
1 Dell'Anno Biblico si parla sul San Paolo, n. 5 del 1960, e sul San Paolo, n. 6 dello stesso anno 1960.
1 GIOVANNI XXIII, Cf Omelia del 25 novembre 1958 in occasione della presa di possesso dell'arcibasilica lateranense, in Encicliche e Discorsi di Giovanni XXIII, EP, 2a edizione, Vol. I, p. 38.