Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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4. IL MAGISTERO DI GESÙ (quaresima)

Meditazione alla Comunità delle Pie Discepole del Divin Maestro.
Roma, Via Portuense 739, 4 marzo 19601

La Quaresima si divide in due parti: prima quella che propriamente è detta Quaresima, che va dal giorno delle Ceneri fino alla domenica di Passione. E la seconda parte che si chiama tempo di Passione, cioè, dalla domenica di Passione fino alla domenica di Pasqua.
Nella prima parte, cioè dalle Ceneri alla domenica di Passione, in particolare fermiamo il nostro pensiero, la nostra fede, sopra il magistero di Gesù Cristo. E dalla domenica di Passione alla Pasqua, sopra la sua passione e morte di croce, per lasciare poi, il posto alla letizia pasquale.
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Perciò, in queste quattro settimane: la nostra divozione a Gesù Maestro, onorando il suo magistero pubblico, il suo insegnamento per il quale egli si era preparato, per il quale era venuto dal cielo ad ammaestrare gli uomini nelle verità soprannaturali, nella dottrina morale di perfezionamento, dottrina di amore, e nello stabilire il nuovo culto, cioè, sostituire alla Sinagoga, la liturgia cristiana, quando istituì i sacramenti.
Gesù impiegò quei tre anni nell'andare da regione a regione, nella terra santa, Palestina, predicando, ritornando dove già prima era restato per confermare la dottrina già predicata, instancabilmente.
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Il suo magistero si componeva di tre parti. E cioè: dare al mondo quello che voleva il Padre e cioè: rivelare, far conoscere il Padre celeste; far conoscere i misteri della redenzione. Gesù fece conoscere particolarmente la strada di perfezionamento. Confermò, sì, i comandamenti, ma diede anche i consigli evangelici, per chi vuole ascoltare l'invito: «Se vuoi essere perfetto...»1.
Ora, il magistero di Gesù Cristo è stato mirabile e noi abbiamo l'obbligo di esser riconoscenti a Gesù Maestro il quale è Maestro in quanto è Via, Verità e Vita2. Un Maestro singolare, diverso da tutti gli altri, un Maestro che è tale per natura. Quindi: «Il vostro Maestro è uno»3, è uno solo, in quanto che egli, prima faceva ciò che voleva insegnare, e poi insegnava, e poi dava la grazia. E dà la grazia perché noi possiamo e credere da una parte e, dall'altra parte, seguire i suoi esempi. Maestro unico. «Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene e lo sono infatti»4. E coloro che lo udivano spontaneamente gli hanno dato il titolo di Maestro... sentendo quello che egli predicava. La sua predicazione così saggia, così alta, così umile, così adatta a tutte le classi di persone. «Sappiamo che tu sei venuto come Maestro agli uomini, poiché nessuno potrebbe fare quello che tu fai se non avesse Dio con sè»5.
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Ora è il tempo di onorare il Maestro, sì. Particolarmente le suore di Gesù Maestro hanno da sentire la preziosità di questo tempo, di trovarsi come nel centro della loro vita e nel centro del tempo che si viene a consacrare a Gesù Maestro. Sì, vi sono altre date e vi sono altri tempi, ma questo è il tempo per eccellenza. Onorare il Maestro Divino che poi ha preso la sua dimora nei tabernacoli e rimane con noi.
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Oh, allora, in questo mese che cosa si ha da fare? In questo - dico - mese, ma all'incirca, in queste quattro settimane.
Primo, conoscere il Maestro. Si ha da leggere, specialmente in questo tempo, il santo Vangelo, la vita di Gesù Cristo. È utile, una volta tanto almeno, leggere una vita di Gesù Cristo un po' diffusa, perché allora ci si orienta meglio nella conoscenza del Vangelo. Poi, utile un commento, il quale colleghi il testo del Vangelo con la dottrina cristiana e con la morale cristiana e con il culto cristiano. Quindi un commento che faccia vedere come la dottrina della Chiesa e la morale della Chiesa e il culto della Chiesa derivano dal Vangelo stesso. I commenti devono portarci a capire la parola del Signore e ad applicarla, tirare le conclusioni per la nostra vita.
Quindi, dopo aver letto il Vangelo e il catechismo e i libri liturgici, fare atti di fede nel Maestro Divino, accettare tutto il suo insegnamento tanto quando ci parla del paradiso, come quando ci parla del portar la croce; tanto quando egli ci guadagna a sé, ci attira a sé con la sua dolcezza, con l'incanto della sua grazia, come quando egli annunzia le beatitudini: «Beati i poveri, beati quei che soffrono...»1. Non è facile fare un atto di fede pieno. Ad esempio, nel fidarci della Provvidenza, non è tanto facile. A dirlo a parole, sì, ma a sentirlo e vivere secondo la dottrina intima, il senso intimo delle parole di Gesù... Quindi abbiam bisogno di domandare al Signore un aumento di grazia, un aumento di fede, un aumento di fede affinché la nostra vita sia conformata alla sua. E non è facile praticar la povertà, in certe occasioni. Eppure si è fatto il voto. E allora abbiamo bisogno di grazia. Quindi, in questo tempo: conosci il tuo Maestro, ecco. Il primo ricordo e la prima pratica di pietà, verso il Maestro Divino.
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Secondo: imita il Maestro. Come egli ha fatto, così che facciamo anche noi. Quando dice: «e seguimi», «se vuoi essere perfetto, lascia tutto, vieni e seguimi»1, che cosa significa? Significa, sì, credere alla sua Parola, ma significa particolarmente: vivi come io son vissuto, come io vivo, ecco.
Allora, come è vissuto Gesù? Nasce povero, lavora tanti anni in un umile mestiere, nascosto. Non, egli, si mostrò, in primo luogo, non subito si manifestò, ma soltanto dopo tanti anni di vita nascosta, umile, una vita faticosa.
La vita religiosa non può essere mai oziosa, mai; non c'è tempo da perdere, mai. Oh, quindi, seguire Gesù. Quando si fa l'esame di coscienza, paragonare la vita nostra a quella di Gesù. Quindi, interrogarci: come è vissuto Gesù? Supponiamo, in riguardo all'obbedienza, in riguardo all'umiltà, in riguardo alla dolcezza, in riguardo alla bontà, in riguardo al lavoro, in riguardo alla vita domestica, ecc. Contemplata la perfezione di Gesù con l'esame di coscienza, noi proviamo a paragonarci a lui e allora certamente noi conosceremo quanto ancora siamo distanti dalla sua perfezione e santità. «Seguimi». Ma ti seguo da lontano, Gesù, molto da lontano. E allora, l'atto di pentimento, il proposito, il desiderio vivo e la preghiera fervente.
Quando Gesù fu catturato nel Getsemani, legato, e veniva condotto al tribunale ebraico per essere, non giudicato, ma condannato, Pietro, allora era ancora imperfetto, sequebatur eum a longe2: lo seguiva da lontano, ecco. Prima aveva detto che era disposto andare a morire con lui31, ma poi lo seguiva da lontano e poi, infine lo rinnegò. Questo, quando era ancora tanto imperfetto; quando sentiva nel cuore un vero amore a Gesù, ma non aveva il coraggio, non era amore forte.
Non sia un amore solamente di parole, né una sensibilità interna, ma sia vero amore, «amore forte come la morte»42, disposti ad accettar la nostra morte, le sofferenze e anche le maldicenze, la disistima degli uomini, il sacrificio. «Seguimi». Quindi, seconda cosa: imitazione di Gesù.
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E terzo: preghiera a Gesù. Preghiera che particolarmente si fa nella Messa e si fa nella comunione e si fa nella adorazione, sì.
Nella Messa, in cui noi domandiam la grazia di uniformar sempre la nostra volontà alla volontà del Signore, come egli si è abbandonato alla volontà del Padre. Il sacrificio della Messa è il centro nella consacrazione, cioè, ha il centro, quando il Figlio accetta la croce, accetta la morte e muore di fatto sulla croce e: In manus tuas, Domine, commendo spiritum meum1. Il sacrificio consiste nell'uniformar la volontà nostra alla volontà del Signore. Conformare la nostra volontà alla volontà del Signore, significa mettersi sulla via di Dio, sulla via della santità, sulla via che mette direttamente al cielo, sì. E uniformità della nostra volontà con quella del Signore, il quale poi ci domanda il sacrificio della vita, come Gesù ha fatto: «Nelle tue mani rimetto il mio spirito».
Nella Messa e nella comunione. È nella comunione che si stabilisce, poi, definitivamente il cuore con Gesù, in Gesù, nel cuore di Gesù, così che siano uniformi i battiti del nostro cuore ai battiti del cuore di Gesù, sì, come un cuore solo. Il cuore di Cristo era il cuore di Paolo2, così; vi era nel cuore di Paolo lo stesso amore, vi erano gli stessi desideri, le stesse aspirazioni che nel cuore di Gesù.
E poi nell'adorazione supplicare il Signore Gesù che ci dia una fede più viva e ci dia una forza maggiore per seguirlo. Aumento di grazia, sì. Se ancora abbiamo tanti difetti, è segno che dobbiam pregare ancor di più, che la nostra preghiera dev'essere migliorata, non tanto perché viene allungata, quanto invece deve venire fornita delle qualità necessarie della preghiera, cioè: umiltà e fede e perseveranza. Non tanto moltiplicare le pratiche, quanto il farle bene, il farle bene, in umiltà, in fede e con perseveranza quotidiana, di ogni ora, anzi, sì.
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Allora, ecco, questo è un tempo veramente, si può dire, accettabile, cioè un tempo di salute: ecce nunc dies salutis1, per voi e per tutti quelli che si danno all'apostolato. Onorare il magistero di Gesù, onorare il Maestro. Avrete benedizioni particolari e anche consolazioni particolari e stabilirete la vostra vita sempre più in Gesù Maestro, così da meritare proprio il titolo che avete: Pie Discepole di Gesù Maestro, che è Via, Verità e Vita.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro 29/c (= cassetta 69/a). - Per la datazione, cf PM: «La Quaresima si divide in due parti...». - dAS, 4/3/1960: «[il PM] aspetta le PD di Casa Generalizia che vengano a prenderlo per la meditazione. Poi parte per Torino, Alba e ritorna a Roma il 18 marzo».

1 Mt 19,21.

2 Gv 14,6.

3 Cf Mt 23,8.

4 Gv 13,13.

5 Gv 3,2.

1 Cf Mt 5,3ss.

1 Mt 19,21.

2 Mc 14,54.

3 Cf Mt 26,35.

4 Ct 8,6.

1 Lc 23,46.

2 In Effigies Divi Pauli n. 100, di Cornelio A LAPIDE. Questo libro fu tradotto in italiano da G. Barbero con il titolo Figura di s. Paolo ossia Ideale della Vita apostolica, Roma, Istituto Missionario Pia Società San Paolo, 1942. - Cf anche S. GIOVANNI CRISOSTOMO: «Cor itaque Pauli erat cor Christi». Omelia 32 sulla Lettera ai Romani. MG 60.

1 2Cor 6,2.