35. LA PREGHIERA VITALE
Meditazione alla Comunità delle Pie Discepole del Divin Maestro.
Roma, Via Portuense 739, 22 dicembre 19601
L'augurio del santo Natale: trasformare tutta la nostra vita in orazione. Certamente che si fanno le pratiche di pietà, ma non soltanto quelle ore destinate alla preghiera propriamente o almeno alla preghiera intesa nel senso ordinario, ma che le 24 ore siano trasformate in orazione, in quella preghiera che si chiama "vitale".
Contemplando Gesù nel presepio, ecco, lo troviamo, il Bambino, nel silenzio, sopra la paglia. Maria, Giuseppe: silenzio. E quando devono fuggire in Egitto, senza fare obiezioni, senza parlare, in silenzio compiono il volere di Dio. Così, dal Bambino dobbiamo imparare la preghiera vitale. Non pensiamo mica che dormisse come un altro bambino. Esteriormente, fisicamente, questo sì, ma tutto era indirizzato al Padre, il compimento totale del volere del Padre celeste, il suo cuore sempre rivolto a Dio e rivolto agli uomini, sempre in adorazione, in ringraziamento, in supplica, in soddisfazione per i peccati degli uomini. Così possiamo fare anche noi in qualche misura: Oportet semper orare2: è necessario pregar sempre. Et numquam deficere3: mai tralasciare.
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E come è possibile pregar sempre? Perché vi è anche il tempo destinato al riposo; il tempo destinato al cibo, alla ricreazione; il tempo destinato all'apostolato. Oh, come si può pregar sempre?
Si può pregar sempre con questa preghiera vitale, cioè, trasformando la nostra vita in continuata orazione. È sempre il servizio di Dio sia quando sei in cappella come quando sei nell'apostolato; sia quando riposi e sia quando fai ricreazione; sia che tratti con le persone e sia, invece, che attendi a degli studi, ad esempio, è sempre il servizio di Dio, il compimento del volere di Dio, anche le cose più umili, e quasi diremmo, più vili. Nel loro valore interno, in quanto sono l'adempimento del volere di Dio, il servizio continuato di Dio, ecco, contano dinanzi al Signore, se han certe condizioni. Sant'Agostino ce lo fa sentire bene. San Tommaso, poi, dice: «Tanto l'uomo prega, quanto ordina la sua vita a Dio»1. Cioè, quanto uno compie il volere di Dio e tutte le sue ore le ordina al servizio, all'amore al Signore. Non importa una cosa o l'altra. Può essere che sia più meritorio, per una mattina, astenersi dalla comunione che far la comunione, quando il volere di Dio è che uno si astenga. E allora è di maggior merito, di maggior gloria di Dio l'astenersi, supponiamo, perché è malato. E allora diciamo sempre: opere buone. Ma tutte le opere son buone, anche il bere, mentre che rompi il pane e l'accosti alla bocca, è il volere di Dio, ecco. Ma se noi lo facciamo sempre in ordine a Dio: Tamdiu homo orat, quamdiu ordinat vitam ad Deum1, in quanto ordina la sua vita al Signore; cioè nel servizio di Dio, nel compimento del volere di Dio. Quae placita sunt ei facio semper2: faccio tutte le cose che piacciono e come piacciono al Padre celeste.
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Come si arriva a questo?
Ecco, anzitutto far bene le pratiche di pietà del mattino, della sera, le ore di Visita al Santissimo Sacramento, rosario poi, ecc., tutte le pratiche. Ma farle così bene che lascino nel cuore un sentimento di fede, di amore e di fiducia nel Signore, un sentimento di sottomissione, di abbandono al suo volere, un sentimento di generosità. Tutto, solo e sempre il volere di Dio. Generosità. Quando veramente nel cuore si sente, quando nella preghiera si è suscitato questo sentimento nell'animo, allora un po' si diffonde nel rimanente della giornata.
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Se poi facciamo quel che è necessario, secondo luogo: operare in Cristo. E cioè, sentire Gesù Cristo in noi. E noi farci sue membra obbedienti ai suoi desideri: "Cosa vuole Gesù da me in questo momento?" E allora la mano prenderà la penna a scrivere o prenderà il pane per nutrirsi o prenderà l'ago per i lavori domestici, ecc.: il volere di Dio. Che siamo sue membra obbedienti, quasi diremmo, come l'autista si fa obbedire dalla macchina e la macchina segue ciò che ha nell'animo, nell'intenzione, nella testa l'autista. Diventare sue membra docili. «Voi siete membra di Cristo»1, dice san Paolo. Membra obbedienti, non capricciose; membra che non son solamente le mani e i piedi e il cuore che pulsa, ma la "mente" che è la parte superiore dell'uomo, la "volontà" che è la parte superiore dell'uomo, il "sentimento" ispirato a princìpi, a ideali soprannaturali. Quindi la mente e il sentimento e la volontà obbedienti ancora a Dio, non soltanto la mano, non soltanto i piedi: ora bisogna andar nel tal posto. Farci strumenti. Operare in Cristo. Vivere Cristo in noi.
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In terzo luogo, poi, se vogliamo vivere in continua orazione, molto giova l'uso delle giaculatorie o il ricordare il pensiero della meditazione del mattino, oppure i propositi del mattino, oppure una comunione spirituale o un'altra pratica, anche semplicissima, che si debba fare o che si voglia fare; per esempio, se si dice il rosario durante l'apostolato, ecco la pratica che si deve fare. E invece, il mettere un istante la mano sul petto: questo cuore a Gesù, senza che ci sia un atto che venga notato da altre persone, ecco di nuovo ci uniamo a lui. E così alla sera con quei sentimenti si riposa; e così prima dell'apostolato e prima del cibo, ecc., il «Cuore divino di Gesù, vi offro in unione con le intenzioni con cui Gesù si immola sugli altari». Allora c'è una continuità di preghiera e c'è anche, possiamo dire, una preghiera di un calore speciale, calore e colore eucaristico: «con le intenzioni con cui Gesù continuamente si immola sugli altari».
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Vita, allora, di preghiera. Perciò le 24 ore: orazione continuata. E sempre questa preghiera così continuata che porti sollievo allo spirito per cui non si perda un istante della giornata, ma tutto e solo e sempre al servizio di Dio. Non è il molto dire, preghiera vocale e neppure non è il pensare continuamente, preghiera mentale, ma è proprio l'unione di noi con Gesù in maniera tale che non si muova ciglio, non si muova piede che non sia per compiere il santo voler di Dio e nelle «intenzioni con cui Gesù si immola sugli altari».
Oh, se dal Bambino avessimo questo dono, certamente nella nostra vita faremmo un bel progresso spirituale. E allora ci sentiremmo anche più lieti e sentiremmo anche che la nostra vita produce e non faremmo distinzioni tra ufficio e ufficio, tra posto e posto, no. Sempre orazione, sempre servizio di Dio, sempre. E il merito sta proprio nel fare puramente la volontà di Dio, in amore di Dio. Preghiera, quindi, continuata. Semper orare, numquam deficere1. Nessun momento che si interrompa la preghiera. Diventati,quasi angeli del cielo.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro 36/g (= casseta 84/b). - Per la datazione, cf PM: «L'augurio del Santo Natale: trasformare la nostra vita...». - dAS: 22/12/1960: «Dopo la meditazione nostra, va [il PM] in via Portuense dalle PD a tenere altra meditazione». - VV: «PM: La preghiera vitale. 22/12/1960».
2 Lc 18,1.
3 Lc 18,1.
1 S. TOMMASO Dl AQUlNO, Comm. in Rom., I, lez. 5. La frase esatta è: «Tamdiu homo orat quamdiu totam vitam suam in Deum ordinat».
2 Gv 8,29.
1 Cf 1Cor 12,27 e passim.
1 Lc 18,1.