Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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POVERTA'
Esercizi Spirituali

Nella1 vita di s. Giovanni Bosco si legge come fu tenuta la prima adunanza per costituire la Società Salesiana, l'istituto dei Salesiani. Egli aveva raccolto dei giovani, i quali stavano con sé e poi, veduto che erano alcuni buoni, i più uscivano dalle sue case - nove decimi - perché venivano ad apprendere una professione, o per fare degli studi, ma alcuni erano rimasti fedeli e intendevano continuare con lui e aiutarlo nelle sue opere.
Allora egli propose di costituire un istituto religioso e di metterlo sotto la protezione di s. Francesco di Sales, quindi chiamarlo Salesiano. E parlò così: Chi vuole entrare è, è libero di entrare, però bisogna che si metta in una profonda umiltà e spirito di obbedienza. E tirò fuori il suo fazzoletto e poi lo stropicciò. Dice: Bisogna che si lasci fare così, come si lascia fare il mio fazzoletto; che possa adoperarlo in tutto, affinché l'istituto si formi e io possa servirmi mettendo in questo ufficio, in quell'altro e ciascheduno dedicarsi a quelle opere che sono più necessarie oggi.
Dopo l'istituto Salesiano, e, un giorno andò a fare gli Esercizi in un paesello dove vi erano radunate alcune giovani, per lo più orfane, oppure anche alcune che avevano ancora i propri genitori, ma si erano unite assieme per, e, star buone, per lavorare e
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lavoravano e nel filare, e lavoravano nel far la tela. Il sacerdote, che le aveva raccolte in casa, in una casa adatta e le guidava un poco, si chiamava don Pistrino.
E don Bosco propose che queste giovani, che erano buone, potessero salire allo stato religioso, quindi ai voti; costituire una famiglia religiosa per avere i voti e guadagnar più merito e, poi, che si dedicassero alla gioventù femminile, come i Salesiani si dedicavano alla, alla gioventù maschile.
E così, poco per volta, quella raccolta di giovani divennero le prime Salesiane. E Mazzarello, che non sapeva né leggere né scrivere, venne eletta superiora. Allora era comune, perché quei che andavano a scuola erano ancora pochini, la scuola non era certamente obbligatoria e per andare a scuola bisognava pagare, bisognava portare legna per scaldarsi all'inverno, ecc. Ecco come nacquero le Salesiane.
Gli istituti nascono così, in generale. E vedete che, avendo una santa in mezzo di loro, progredirono così. Imparò a leggere dopo che era già superiora, a leggere e scri..., e firmare col suo nome. Oh! Ciò che ci vuole è la bontà, l'umiltà, la dedizione. Ecco.
Ora, ieri, abbiamo esaminato i due primi voti: obbedienza e castità. Veniamo al terzo.
Il terzo voto riguarda la povertà. Che cosa e a obbl..., a che cosa obbliga il voto di povertà e a che cosa non obbliga.
Il voto di povertà negli istituti religiosi, o congregazioni religiose, il voto di povertà non toglie la proprietà se uno ha dei beni propri: ad esempio se il papà le ha lasciato la casa non le toglie questa e non toglie anche la facoltà, la possibilità di
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acquistar altro. Se il papà le ha lasciato una casa e la mamma le lascia, lì, per testamento, del denaro, ecco, è suo. Proprietà. Che cosa toglie? Toglie la facoltà di amministrare senza dipendere. E, cioè, anche i beni propri, per amministrarli, occorre il permesso della superiora. E, qualche volta, se poi si devono alienare, ecc., allora ci vogliono dei permessi anche più grandi, più importanti, per procedere con prudenza. Per procedere con prudenza.
Quindi, anche che uno abbia beni propri, deve amministrarli sotto una direzione, sotto la superiora e, quindi, deve chiedere il permesso e si metterà un amministratore, ecc.
Oh! Così, se avviene che una riceva un regalo, un dono e se è la zia che lo fa, o la nonna che lo fa, o la mamma che lo fa, o il papà, dice: Questo è proprio per te e non, non è per l'istituto, ma per te; tuttavia deve presentarsi e dire: Ho ricevuto in do..., in dono questo, posso usarlo? Posso servirmene?. Oppure: Può disporre diversamente.
Nella Società S. Paolo c'è questo uso: tutto ciò che portano in casa di, e, doni, anche di cose, supponiamo frutta o altre cibarie, lo portano tutto in cucina, poi si distribuisce a tutti. Ecco, così.
E quanto al corredo? Quanto al corredo ognuno deve pensarci, si capisce. E quando viene, portando il corredo, e si sa che è portato e ognuno, ogni figliuola ha il permesso, diremmo, implicito di, di usarlo, di vestirsi, di adoperarlo lei. Sì.
Questo è la parte che permette la virtù, che permette anche il voto di povertà.
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Oh! Quali sono le cose che vieta il voto di povertà? Il voto di povertà vieta, dunque, la libera amministrazione. Ma: e se una, supponiamo, e, ha uno stipendio mensile perché compie un ufficio, oppure, se si fa un lavoro per una persona, supponiamo che una di voi faccia ripetizione a delle giovani, tutto si mette nella cassa comune, per dire, cioè si mette, si dà alla superiora. E quando le case sono già un po' ordinate si dà all'economa, perché [...] all'economa e tutto, ecco, quel che viene di beneficenza e quel che viene per il lavoro, o quel che viene per dono, ecc.
Oh! Però la figliuola, l'aspirante religiosa, di lì avanti, appartenendo a una famiglia, mentre che ha l'obbligo di metter tutto nella famiglia, ha il diritto di aver dalla famiglia quel che è necessario per il suo sostentamento, per le medicine, per i viaggi, e per le malattie, per la vecchiaia. Tutto han diritto, anche ai funerali, quando si è passati all'eternità, e anche ai suffragi. Ai suffragi.
Nella Famiglia Pa..., S. Paolo i suffragi sono abbondanti. Tra gli altri suffragi, quello che incoraggia di più è questo: si celebrano le trenta Messe gregoriane per ogni defunto, o per ogni defunta della Famiglia Paolina. Trenta Messe gregoriane.
Queste Messe gregoriane hanno una speciale efficacia e hanno delle speciali promesse, che vengono da s. Gregorio, e perciò si chiamano Messe gregoriane. E sono nate da un fatto straordinario nella vita di s. Gregorio, il quale fatto straordinario riguardava un certo religioso che non era stato osservante del voto della povertà e che in punto di morte si era accusato, si era consegnato, aveva chiesto perdono alla comunità per non essere
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stato osservante sulla povertà.
Dunque: è la famiglia nuova, è come la famiglia di Nazareth, dove tutto si mette in comune e tutto si riceve dalla comunità. Ecco.
Adesso, sì, potreste domandare: Ma se uno avesse una dote?. In generale credo che abbiate delle doti, cioè delle virtù: scienza e, poi, vero spirito religioso! Prima di tutto questo, eh!
Se una avesse una dote, perché la mamma ha voluto, l'ha combinato col papà: Sono tre sorelle, diamo a ciascheduna questo. A quelle che si consecrano a Dio non, non è lecito, da parte dei genitori, di sottrarre la loro parte, non è lecito. Perché devono solo darla alle figlie che si sposano e non alle figlie che si consecrano a Dio? Non deve avvenire che commettano un'ingiustizia. Ma quella dote, o quei beni, che ha quella figliuola dai propri genitori, cosa ne farà? È libera, ma l'amore all'istituto può consigliarla, o presto, o tardi, a consegnarla all'istituto, ma non è obbligata, in coscienza, perché è cosa che proviene dalla famiglia.
Oh! Allora, la parte veramente che costa sacrificio, nel voto di povertà, è dover sempre domandare quando uno ha bisogno di una cosa. Tra di voi non potete neppure regalarvi un filo. No. Si deve sempre passare per la, attraverso la superiora. La parte di mortificazione è lì. La quale mortificazione ha il doppio merito: il, cioè la virtù della povertà e la virtù della religione si esercitano.
La povertà, poi, vuole così: che tutte portino lo stesso abito, che
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l'alloggio sia comune e, per esempio, e se, se si dorme in camerata, nella camerata, e se vi è qualche bisogno speciale si potrà avere anche qualche cosa a parte.
Non è quasi mai consigliabile che si dorma due sole in un posto, in una camera. Dicono sempre alle religiose: una o tre, o cinque. Una o tre, non due; e poi da tre in avanti, possono essere quattro, o cinque, sei, ecc., non due esponenti.
Dunque: la stessa casa, i medesimi diritti, non è vero? Ciò che c'è in comune. Poi lo stesso trattamento, d'accordo? Lo stesso abito e, poi, le stesse premure per la salute, che si hanno per una, o per un'altra.
Naturalmente la famiglia religiosa di cosa vive? Vi sono persone che si fanno un'idea strana della, della vita religiosa: eh, là ho tutto il necessario! Ma le religiose vivono lavorando. Tutte. Tutte devono guadagnare: e, o che hanno un ufficio, o che ne hanno un altro, o che fanno in casa la cucina e gli altri lavori di casa, e, oppure in altra maniera. I religiosi, oh!, devono vivere del loro lavoro.
Anche s. Paolo, parlando di sé, viveva del suo lavoro e noi viviam del nostro lavoro. Quale sarà il lavoro? Il lavoro non è tutto uguale: e vi è chi insegna e vi è chi dice la Messa; e vi è chi fa un lavoro invece morale, di assistenza, di formazione; e vi è chi, invece, fa un lavoro materiale, che può essere anche accudire, e sorvegliare chi lavora la campagna e, qualche volta, si fa anche qualche lavoro proprio produttivo, ecco, come, e, si fa in tutti i conventi.
Il Papa, nella costituzione apostolica per le suore, dice quattro
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volte che lavorino e dice, alle suore di clausura, che bisogna che abbiano uno che vada a cercare dei lavori, per esempio cucito, ricamo, pittura, altri lavori che si possono fare in comunità: si ricevono, e sì, e poi si fanno, e poi si consegnano da chi è incaricato e vengono pagati.
Io ho dovuto assistere una famiglia di suore, che non sono le suore Paoline, prima ancora che in..., si incominciasse la nostra Famiglia Paolina. Quelle suore erano di clausura - e col cambio del valore della moneta, perché lo svalorizzamento della moneta è venuto più tardi, il grosso, ma ce ne, c'era già stato anche allora una svalu..., una svalutazione - non avevano da vivere, poverette! E in che stato eran ridotte! E per, e malate alcune e neppure arrivavano a comprar tutte le medicine che diceva il medico!
Oh! Voi non vi stupite, perché vedete che si fanno continue collette per le suore, Pro orantibus, per questo: perché si possa dare soccorso. E anche adesso noi continuiamo a dare dei soccorsi ad alcune suore: Carmelitane, altre Domenicane, ecc., perché non hanno il necessario.
Allora a quelle suore io ho detto: Ma mettetevi a lavorare! Sapete cucire? Sì. Qualcheduna è sarta? Sì. Qualcheduna sa ricamare? Sì. Avanti. E si è raccomandato ad alcuni negozi che portassero lavoro. E, così, portando dei corredini da fare, portando lavoro in ricamo, ecc., quelle suore si sono rimesse tutte. E allora hanno avuto questo: alcune, che erano poco poco di salute si sono rafforzate. Hanno cominciato a nutrirsi diversamente, perché il coro è un bel canto, ma non basta per mezzogiorno! Eh, sì! Tutti abbiamo la bocca, non solamente per
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cantare, o per parlare, ma anche per nutrirsi.
In sostanza: sono stato un mese e mezzo fa. Hanno venduto la casa che avevano prima, che era infelice e malsana, hanno comperato un bel posto, un bel sito con una villa, con una vigna, un giardino. Allora stentavano a essere: il loro numero maggiore era sui 17 o 18, adesso sono 70. E quanto lavoro han ricevuto, tutte ne hanno risentito!
Questo è accaduto in una specie di trentacinque anni questa, questa trasformazione. Oh! E sono clausura! Perché, poi, quelle di clausura hanno più difficoltà nelle spese. Prima bastava, per farsi suora, e pagare 7.000 lire di dote, in qualche convento 5.000 lire; poi non dovevano consu..., consumare la dote, 5.000 lire o 7.000 lire, dovevano solo avere il reddito e l'interesse, che si ricavava di lì. Adesso con una dote di 5.000 lire si vive cinque giorni! Contate tutte le spese: e di affitto e di luce e di calore, ecc., in sostanza!
Oh! Allora occorre ricordare che il Papa vuole che tutti lavorino: questo significa la povertà. Maria ha lavorato: faceva i lavori di casa, filava, rimaneva ancora a lei qualche utile, ne distribuiva l'elemosina ai poveri; Gesù faceva il falegname, Giuseppe il falegname.
Si è capito male la vita religiosa, che fosse la vita del riposo: ma è legge naturale il lavoro, obbligo di coscienza!
E: ma se uno fosse ricco? Obbligo di coscienza lavorare! Ma se ha già da vivere? E dovrà fare delle opere buone col denaro. E: ma non è necessario! Renderà conto di quel che poteva fare e non ha fatto. Credete che non vi siano peccati gravi, mortali per la
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pigrizia, per l'ozio, perché si abbandonano ai divertimenti, perché perdono tempo? Quanti non si salveranno di questa gente, la quale non sa altro che procurarsi tutto ciò che è più comodo e divertirsi? Perché? E poi esigono dagli operai, esigono, ecc., dal contadino!
Dunque, lavorare, sì, secondo la legge naturale e secondo la legge cristiana. S. Paolo dice: Chi non lavora, non mangi!1.
Oh! Adesso leggo gli articoli che riguardan la povertà, ma pressappoco credo di essermi spiegato.
Col voto di povertà la religiosa rinunzia al diritto di disporre - eh!, cioè di amministrare liberamente - e di usare lecitamente ogni bene temporale che ha valore in denaro2. Qui si intendono i beni naturali, cioè quelli che hanno valore in denaro. Ci sono dei beni che non hanno valore in denaro. Senza la, non si può, senza la licenza della legittima superiora, come gli altri effetti descritti nelle presenti costituzioni3.
E alle volte non sono beni naturali, che sono stimati nel loro valore, come capita al modo di denaro. Uno scrive un libro: il libro scritto, il manoscritto, se è un libro di, di valore, ha un valore. Il manoscritto si vende, la tipografia lo paga e, poi, quando il libro è stampato, viene venduto e col prezzo si deve pagare la tipografia e lo scrittore.
Ecco, quello è cosa d'ingegno, ma il libro scritto è un lavoro, quindi anch'esso vale, e, denaro. E perciò quando un religioso
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scrive un libro deve darlo al superiore [...] e allora entra nella casa e le suore l'amministrano.
Perciò conservano la proprietà, né?, come ho già detto, ma non l'amministrano da sé e così, poi, possono averne altre cose.
Non è lecito mutare le disposizioni senza la superiora1. Le suore, senza il permesso della Santa Sede non possono, anche che abbiano debiti propri, vendere liberamente, no: ci vuole il permesso della Santa Sede2.
Oh! Poi: Nonostante il voto di povertà, sia temporaneo che perpetuo, la suora conserva la capacità giuridica di acquistare i beni temporali3. Già detto, né? E, dunque, devono mettere in comune quanto proviene dalle proprie iniziativa. Iniziative: supponete di fare una lotteria per fare una cappella. Mettere in comune quanto viene a loro dal proprio lavoro, o in vista della religione4. Poi credo di avervi già spiegato le altre cose abbastanza. Le suore non possono dare neppure in elemosina ad altri quello che appartiene alla comunità, senza il permesso della superiora.
Oh! Può mancare anche contro la giustizia nell'usare, nel ritenere e, e impiegare in altre cose che non sono approvate dalla superiora, le cose che avesse. Poi se guasta con facilità le cose, spreca, deteriora le cose che appartengono alla, alla
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congregazione, pecca, può peccare. E chi non avesse cura, supponiamo, dei mobili, chi non ha neppur cura delle sue vesti, spreca troppo. O una cuoca che guasta, lascia andare a male le cose, oppure è una facilona che quando va a comperare qualche cosa si lascia ingannare: bisogna saper comprare! Oppure che fa debiti [...]. Ecco. Allora certe cose le sapete già, anche voi, non è vero?
E, quindi, poi si ha la, da conservar la vita comune in tutto. Poi essere un po' larghi quanto al vitto e nelle occasioni di malattie, specialmente poi per chi è anziano. Quindi dice: Con materna carità si provvede ciò che è necessario e conveniente nella comunità1. Poi è, è lecito domandare offerte, ecc.? Sì, sempre in favore della comunità.
Non possono tenere né presso di sé, né presso di altri somme o denaro proprio2.
E, poi, anche riguardo alle, alla materia degli abiti, che sia di tipo comune. Quanto, poi, al corredo proprio, generalmente, ogni suora si tiene le biancherie proprie, cioè le proprie, quante ne ha portate da casa e, poi, se son rinnovate perché quelle lì sono consumate - sì, le proprie - ma siano fatte nel modo comune da una della casa, la quale fa per tutte uguale, in modo poi che non ci entrino ambizioni, eh?
Così vi sono molti libri che si possono usare in comune e quando si può evitar la spesa, si evi..., si evita la spesa.
Poi, soprattutto, spogliarsi dell'affetto ai beni temporali. La
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povertà sembrerebbe una virtù che sia, che non sia molto da curarsi, eppure i santi che hanno avuto maggior progresso sono quelli che hanno osservato la povertà. Questa settimana faremo la festa di s. Chiara. Era ricchissima di famiglia: si spogliò di tutto e si vestì da religiosa.
Poi, vedete, Gesù ha annunziato otto beatitudini, ma la prima: la povertà. Ecco.
Oh! Bisogna, però, ricordarsi che negli istituti sta bene una scuola di economia domestica. La [...] da metter dappertutto, nelle case di formazione, perché una non si lasci ingannare, compri bene, tenga i conti a posto. E comperare: se si lascia caricare di carne che è ormai deteriorata. E, sì, così: bisogna diventar abile! L'amministrazione. L'esser religiose non toglie gli altri doveri che uno ha come persona umana, li perfeziona e li nobilita: si fa per un altro fine, si fa per un altro fine.
E quando tutte producono - ecco, sì - bisogna crearsi e formarsi delle iniziative di entrate, insomma, perché la religiosa deve, deve vivere [...] con le sue industrie, in qualche maniera. Sì. E se, per esempio, subito si aspira a avere un giorno una bella casa, bisogna cercare un po' qualche benefattrice, come avete avuto un benefattore adesso. E tutto, e tutto questo è per beneficenza e, quindi, è utile che si abbia una speciale relazione con le benefattrici e coi, coi benefattori. Speciale relazione, appunto, per aver benefici, per allargare l'istituto. Se dovete venire cinquanta vi occorre una casa! [...]
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Pregare tutte: Da' a noi il nostro pane quotidiano1. Gesù l'ha messo nel Padre nostro e, poi, industriarsi! E poi, e questa, questa casa nuova, avrà persone nuove e, quindi, una produzione nuova!
Occorre cercarsi forme di entrate: tutti gli istituti si fanno un lavoro, si, si risolvono il problema della vita, come le famiglie! Come le famiglie dove pure, qualche volta, non va solo il, il padre all'ufficio, o alla fabbrica ma ci va, qualche volta, anche la madre, secondo le condizioni della famiglia.
Per che cosa bisogna pensare alla povertà? Bisogna ricordarsi che la famiglia di Nazareth è vissuta nella povertà e Gesù diceva: Io non ho una pietra su cui appoggiarmi per prendere un po' di riposo2.
Poi non bisogna aver troppe pretese, ma quel che è necessario, è necessario. Le pretese di quello che è solamente capace di soddisfare la, l'ambizione, oppure la comodità, ecc.! Oh! Gesù non lo cercava! Gesù non lo cercava! Così.
E dice la conclusione del capitolo che se avvenisse anche di dover essere scarse, sappiano, sappiano tutte le suore sopportare pazientemente e ne gioiscano come di un'occasione di imitare più da vicino la povertà di Gesù e ottenere il premio promesso a questa virtù: 'Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli'3.
Vi benedica tanto Gesù. È difficile capire questo è virtù e
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questo è voto, né? Il voto obbliga mica a tante cose, ma la virtù obbliga a distaccare il cuore da..., dagli attaccamenti della terra.
Poi, quando si arriva a una certa età, ciascheduna deve vivere, anzi, quando si arriva a una certa età, non solo si ha più, si produce per noi, ma se si fosse in famiglia, e vi sono i bambini, vi sono i vecchi: bisogna attendere, chi è in grado di farlo, attendere al lavoro onde produrre il necessario!
Sentirsi famiglia, sentire la, il bisogno di incrementare l'istituto con la santità, ma anche coi beni materiali e col progresso intellettuale. Sentirsi unite. Questo è il principale dono di un istituto: che sia unito, che tutte siano unite. Ma unite in tutte le parti: progresso spirituale, progresso intellettuale, progresso apostolato, progresso nella formazione umana, nel lavoro, nella professione, nella formazione religiosa. Sì. Il Signore vi vuol bene, vi aiuterà a capire queste cose. Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro originale 5b/57 -Nastro archivio AP 9a-b. Meditazione fatta alle Apostoline - Castelgandolfo il 10 agosto 1957 in occasione degli Esercizi Spirituali.

1 Cfr 2 Ts 3,10.

2 Art. 154 delle Costituzioni.

3 Art. 154 delle Costituzioni.

1 Art. 155 delle Costituzioni.

2 Cfr art. 155 delle Costituzioni.

3 Art. 158 delle Costituzioni.

4 Cfr art. 159 delle Costituzioni.

1 Cfr art. 165 delle Costituzioni.

2 Art. 165 delle Costituzioni.

1 Cfr Mt 6,11; cfr Lc 11,3.

2 Cfr Mt 8,20; cfr Lc 9,58.

3 Art 174 delle Costituzioni.