Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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MISTERI DELLA VITA PUBBLICA DI GESU' LA VITA INTERIORE
Esercizi Spirituali

La1 Vergine Santissima, quando Gesù era già salito al cielo, espose agli Apostoli l'infanzia di Gesù bambino, di Gesù fanciullo e narrò l'episodio della annunciazione, l'episodio della nascita di Gesù a Betlemme, la fuga in Egitto, il ritorno a Nazareth, poi la presentazione di Gesù al tempio, come la venuta dei magi e l'adorazione che prima c'era stato a Betlemme da parte dei pastori; e, poi, anche lo smarrimento di Gesù a dodici anni nel tempio. Ma sarebbe bene penetrare un poco i misteri della vita pubblica, della vita privata di Gesù a Nazareth: circa trent'anni.
Gesù era venuto dal cielo, si era incarnato, per redimere l'umanità e, cioè, per rivelare il suo Vangelo e per redimere l'uomo e offrirsi vittima al Padre celeste. Intanto, nella vita pubblica, passa solo tre anni e alcuni mesi e sta trent'anni nella vita privata: vuol dire un decimo di tutta la sua vita nella vita pubblica, nel ministero pubblico e, invece, nove decimi della sua vita privata a Nazareth.
Che cosa significa questo? Noi, che siamo poco capaci di conoscere i misteri divini, eh!, ci sentiremmo di dire: ma almeno quando aveva vent'anni a cominciare la predicazione pubblica! No. Viene a rivelare il Vangelo, viene a redimere l'uomo e rimane trent'anni nella vita privata. Nove decimi! Non è questo un mistero? Tante volte l'abbiam pensato: un mistero. Ma se poi
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penetriamo la cosa un po', lo capiremo il perché e non sarà più un mistero per noi, perché le virtù private sono le più importanti, perché prima dobbiam cercar la nostra santità, prima di andare a insegnare agli altri!
Perché il Signore sa che la maggior parte degli uomini conducono vita privata, non apostolica, e allora che cosa occorre? Occorrono specialmente le virtù domestiche. Il Signore Gesù voleva ristorare l'umanità, ma doveva cominciare da dar l'esempio di santità, perché tutti fossero santi. Quello è necessario per tutti. E dare l'esempio delle virtù domestiche. Perché costituire la società civile, la società della Chiesa, cosa è necessario? Che ci siano le virtù domestiche, che le famiglie siano ben ordinate, organizzate, perché le famiglie son la cellula della Chie..., della Chiesa; della Chiesa e la cellula della nazione, dello stato.
Ma che cosa fece, dunque, Gesù in quei, tutti quegli anni, in una casetta oscura, lontano dallo sguardo, senza dare saggio della sua onnipotenza, per esempio operando qualche miracolo: solo lo sprazzo di luce della sua sapienza, cioè quando fu al tempio, a dodici anni.
Oh! Le virtù individuali, le virtù nostre, in primo luogo, dobbiamo curare. Vuol dire: la fede, la speranza, la carità, l'umiltà, la docilità, la pazienza. Prima essere santi!
Non possiamo noi dare i frutti se la pianta non c'è, o non è robusta. E il contadino che cosa fa? Il contadino si cura della radice della pianta e, cioè, che sia ben innaffiata, che sia ben concimata, ecc. Allora, se è robusta, se crede, se cresce perché
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alimentata: ah! i frutti, i fiori e le foglie le metterà quella pianta!
Così, se noi siamo buoni, allora non troveremo difficile l'apostolato. Verrà da sé e verrà con molta semplicità: si capisce, facendo delle cose sem..., semplici, ma son le cose semplici che son le più efficaci, in generale. E si possono anche fare le cose pubbliche, ma nella semplicità e verranno da sé, perché quando c'è l'amor di Dio nel cuore, quando c'è l'umiltà, c'è lo zelo, c'è l'amore delle anime, si fan tante cose! Dunque, in primo luogo, curare noi stessi.
S. Paolo dice al suo discepolo Timoteo, che era ancor giovane: Attende tibi et lectioni1, guarda bene di santificar te e di studiare.
S. Paolo aveva conosciuto Timoteo, e, come giovinetto e nel paese ne dicevan tutti bene. Ed egli prese questo giovane, lo istruì in modo speciale e il giovane corrispose alle cure di s. Paolo. Poi, passati un certo numero di anni, lo fece sacerdote, poi lo fece vescovo. Ma anche quando era vescovo già, gli scrive quella lettera - ne scrisse due, che le abbiamo ancora - ma in una dice: Attende tibi et lectioni2, bada a te, pensa a te. Che vuol dire: fatti santo e istruisciti, perché se farai così prima ti salvi tu, hoc enim faciens teipsum salvum facies3, ti farai santo, poi, porterai anche frutto agli altri.
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L'apostolato è un frutto della santità interiore nostra. Sì. Non guardiamo prima le cose esterne e cosa arriveremo a fare, ecc.: guardiamo che la prima cosa da fare è farsi santi noi, poi l'apostolato sarà la conseguenza.
Attende tibi!. E vi sono persone che guardano gli altri cosa fanno e le giudicano e trovano difetti in uno, in un'altra. Attende tibi!, bada a te stessa! Del resto corrisponde a, a un altro proverbio latino, che avevano anche i pagani: Age quod agis1, fa' quel che hai da fare. E che cosa hai da fare? Hai da farti santo.
Temete l'apostolato se prima non c'è la santità, perché potrebbe essere una tentazione: guardate gli altri, guardate gli altri e, magari, giudicarli e condannarli. E vi è questo anche dove non ci dovrebbe essere tale difetto! Bada a te stesso!
Vi son persone che son sempre riflessive, badano alle parole che dicono, custodiscono la loro mente da pensieri inutili, hanno una certa attenzione sugli affetti interni, sui desideri e vigilano sulla loro lingua e sulla attività, sull'azione. Ecco, persone che sono proprio delle, attente e, cioè, che prima curano se stesse.
Vi sono stati, disgraziatamente, tanti che si son messi all'apostolato e tante che si son messe all'apostolato, ma non avevano la vita interiore e allora hanno fatto fiasco e qualche volta hanno dato anche scandalo.
Occorre che prima ci sia la santità interiore, sempre attende tibi!. Sì. Ha magari all'esterno bella figura, ma qualche volta è
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av..., è avvenuto che ci sia una pianta, che, o un fusto grosso e sembra sana, ma se si to..., se si colpisce, si trova che dentro è vuota, il busto del fusto è vuoto. È così: Intus sunt cavae, dice la Scrittura. Gente che all'esterno ha sembianza di santità, ma nel mezzo, ma dentro sono vuoti. Vuoti quanto alla fede, vuoti quanto all'amor di Dio, vuoti quanto allo spirito di carità, di obbedienza, ecc. Intus autem sunt cavae.
Oh! Che vigiliamo sopra di noi. Le mamme stesse, che non dan buon esempio, hanno un bel raccomandare ai figli: Fa' così, fa' così. Ma poi i figli, a una certa età, si rendono conto: Mia mamma diceva a me ma come vive lei?. E quando si entra all'età in cui si ha voglia di giudicare i superiori e, e giudicare i genitori, giudicare i maestri e gli stessi sacerdoti e, allora, si guarda come hanno fatto: Exemplum esto fidelium1. Quindi s. Paolo diceva al suo discepolo: Sii esempio a tutti, allora salverai anche altri2.
Dunque, la vita interiore, la santità in casa, le virtù domestiche, quelle virtù minute nella giornata, che son quelle che riempiono i giorni di meriti. Gli eroismi, le virtù eccezionali poche volte si hanno da esercitare, ma generalmente son le piccole obbedienze, le piccole attenzioni, le piccole azioni che si devono curare, sì, perché non c'è niente di piccolo nel servizio di Dio.
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Una può maneggiar la scopa, mentre fa la pulizia della casa e un'altra potrebbe maneggiare il pennello, pittrice. Se lo maneggiano, l'una la scopa e l'altra il pennello, se li maneggiano con eguale amore, hanno eguale merito.
Notando che queste virtù private, domestiche, umili, semplici, generalmente non suscitano l'orgoglio. Quando uno comincia invece a operare in pubblico e non è ben fondato nell'umiltà, facilmente è preso dall'orgoglio.
Vedete, bisogna particolarmente discendere a questi esami sulle virtù, piccole, quotidiane, e non solamente all'esterno: Ho obbedito subito?. Ma: Con che spirito ho obbedito?. Sono stata gentile: ma gentile lo possono essere anche i pagani!
E vedete tante signore sono molto gentili e magari, poi, nel cuore non sono, mica che abbiano la vera carità, mica che abbiano la vera carità! E, e viene una persona a trovarla e allora la, la serva, va a dire alla signora che c'è venuta quella certa persona a trovarla. Ah! - risponde - si vede subito che ha niente da fare; viene a far perder tempo anche a me. Poteva ben starsene a casa!. E poi dopo si riduce ad andare giù, nel salotto, per parlare. Oh! Mi hai fatto tanto piacere a venire. Ti aspettavo!. Vedete quanta gentilezza esteriore e niente interna? Non mostriamo delle virtù che non abbiamo. Siamo semplici: Est, est; non, non1. Il vostro parlare sia sempre schietto, sempre. Oh, sì, si progredisce! Quando ci sono queste virtù piccole, le virtù grandi si svolgeranno da sé, perché proprio quel che costa di più è la virtù piccola.
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Il Manzoni nel suo eccellente libro Promessi sposi, ha un'osservazione che è da meditarsi. Parla di quei signori i quali arrivavano a servire il povero, dar loro, supponiamo come si usa adesso, un pranzo di Natale e vengono questi signori a servirli, magari a mensa. Sì! Mostrano la loro generosità e come si piegano nella loro dignità a servizio del povero, per orgoglio. Quando invece si tratta di farsi uguali, dice il Manzoni, non ci son più, ed escono fuori a mangiare1.
Perché? Perché le virtù pubbliche si esercitano anche per altri fini. Ma le virtù minute, private, dove l'orgoglio non è in gioco, richiedono vero amor di Dio e vera umiltà!
Se voi andate avanti, fatevi un questionario di esame di coscienza da tirar poi fuori nella visita, al secondo punto della visita, per esaminar la coscienza. Ma insistere molto sull'interno prima che l'esterno; poi sulle virtù private, individuali, domestiche, prima che sulle virtù esterne, quelle che si mostrano.
E uno può studiare perché, adesso, lui può essere un pagano e studiare per farsi una posizione nella vita e l'altro può studiar per Dio. Ecco. E colui che studia per farsi una posizione nella vita, forse ancora riuscirà meglio, ma se invece lo studio si fa per il Signore, l'intenzione è retta, allora ecco il merito che si guadagna e come sarà benedetto lo studio e come gioverà, poi, per l'apostolato nella vita!
Dunque, Gesù ci insegna ad amar le virtù domestiche e private, alla santità interiore.
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E cos'era, dunque, la vita a Nazareth di quelle tre persone: Gesù, Giuseppe e Maria? Era una vita di preghiera quella loro. Là si pregava. La casetta di Nazareth è povera. Se voi siete state a Loreto, avrete veduto com'era piccola e povera quella casetta. Si crede che sia questa che fu trasportata da Nazareth dagli angioli: prima in Dalmazia e poi in Italia. Oh! Povera. Pure quella casetta povera era il più grande santuario del mondo, non è vero? Più che, più che il santuario di Loreto, più che il santuario di Compostella, più che il santuario di Lourdes, o di Fatima, perché? C'era Gesù vivo, vivo e c'era Maria, la madre nostra, la, la Santissima, e c'era Giuseppe, primo santo dopo la Vergine.
Che santuario! Non ci sarà mai più così nell'umanità. Oh! E san, e Leone XIII scrive che gli angeli venivano a vedere come si viveva in quella casa e, diciamo, sì, lo descrive bene: si affacciavano alla finestra per vedere come il loro Dio era umile, come la loro regina, Maria, operava con semplicità, come una semplice e comune donna del suo tempo e del suo ambiente.
Oh! Era una casa di preghiera: si pregava mattina e sera, si pregava anche secondo le ore della preghiera che avevano gli ebrei e, specialmente, si dedicava bene il sabato alla preghiera, perché la festa, allora, era il sabato, non era la domenica. Santificavano il sabato gli ebrei.
Poi era una vita di lavoro: si lavorava da mattina a sera, oltre la preghiera, ch'era il primo lavoro, poi il lavoro manuale. E, e la Madonna faceva la pulizia, la Madonna faceva la minestrina al bambino, quand'era piccolo, poi la minestra quando era già fatto adulto. Come serviva s. Giuseppe, come faceva il bucato, come rammendava, come sapeva ancora esser servizievole coi
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poveri! E quale esempio dava? Oh, la vita di lavoro!
E terzo: la vita di Nazareth era una vita silenziosa. E là non sentivano certe canzoni, sicuro, eh! Né, sì, c'erano schiamazzi! Tutto moderato, sebbene operassero con la massima semplicità, ecco. Loro, in generale, non si distinguevano, ma però vi era un qualche cosa che non era comune, perché la mente sempre elevata, tutto santo, la pace.
Vita silenziosa: tra, tra di loro parlavano di cose sempre buone, sempre sante, che riguardavano la vita quotidiana, perché riguardavano Dio. E, poi, non si intrattenevano mica sull'uscio a far, a far discorsi lunghi! Non era come fan le comari, o come fanno le donne quando andavano a lamentarsi dell'uno, o dell'altro, o criticare l'uno e l'altro. C'era attività, silenziosità e, e siccome c'era silenziosità, il Padre celeste copriva con la sua protezione paterna e benediceva la casa.
Poi, là, si faceva una vita, ancora, oltre che di preghiera e di lavoro e una vita silenziosa: la castità, la povertà, l'obbedienza.
Gesù, il primo a obbedire: Subditus illis1. S. Giuseppe sempre pronto agli ordini di Dio. Poi, Maria, la ecce ancilla Domini2, la serva di Dio.
Là era la vera famiglia religiosa: povertà, castità e obbedienza e vita comune.
Le famiglie religiose si modellano su quella: la vera vita
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religiosa! Difatti, le famiglie religiose, sono sotto la protezione della Sacra Famiglia e per la, la, l'Unione, che ha il fine vocazionario, per le vocazioni, celebrano la festa della Santa Famiglia, perché è il modello della famiglia religiosa. Fra le altre feste celebra anche questa.
E, del resto, l'abbiam sempre invocata così la Sacra Famiglia, sempre invocata così: come modello e protettrice di tutte le famiglie religiose.
Dunque, meditare bene la vita privata di Gesù. Cosa si può trovar di più sublime? E nel nascondimento quelle tre persone piacevano al Signore in sommo grado. Quando Gesù finì quella vita privata a trent'anni, il Padre celeste fece sentire la sua voce dal cielo, dopo che Gesù aveva ricevuto il battesimo da Giovanni Battista: Questo è il mio figlio carissimo, diletto1. Ecco. L'approvò! Approvò la sua vita privata!
Allora, se il Padre celeste approva la vita privata così ben condotta, approverà anche la nostra, se noi imitiamo Gesù vivendo volentieri questa vita privata, lontani un po' dal rumore del mondo. Non avete da farvi la vita di clausura, ma una certa clausura mettercela nelle relazioni e, specialmente, non seguire e non lasciar andare il cuore verso il mondo e verso i suoi piaceri, le sue ricchezze, le sue cose. No. Il nostro cuore in Dio, in Gesù, unito al Signore e, semplicemente, la clausura del nostro cuore, la clausura della nostra mente, della fantasia in Dio, in Dio. Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro originale 6b/57 - Nastro archivio AP 8a. Meditazione fatta alle Apostoline - Castelgandolfo il 10 agosto 1957 in occasione degli Esercizi Spirituali.

1 Cfr 1 Tim 3,13: “Attende lectioni”; 1 Tim 4,16: “Attende tibi et doctrina”.

2 Cfr 1 Tim 3,13; 1 Tim 4,16.

3 1 Tim 4,16.

1 Plauto, Stichus, 5,4.

1 1 Tim 4,12.

2 Cfr 1 Tim 4,16.

1 Mt 5,37.

1 Cfr A. Manzoni, I promessi sposi, cap. [?].

1 Lc 2,51.

2 Lc 1,38.

1 Cfr Mt 3,17.