Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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LA CARITA'

[...] spirituale1 si è quando si giunge all'uso di ragione. Tanto più, poi, quando si è ammessi alla comunione, alla prima comunione, alla confessione. Del resto l'abitudine di questa giaculatoria: Gesù, io credo in voi; Gesù spero da voi il paradiso; Gesù vi amo con tutto il cuore, questa giaculatoria è tanto utile, e non soltanto utile per le grazie del momento, ma per stabilire meglio le virtù fondamentali nella nostra anima. Adesso dobbiamo parlare della carità. Il precetto della carità è uno solo, ma ha due manifestazioni e, cioè, amiamo Iddio per se stesso e amiamo il prossimo per amore, per amore di Dio. La carità è una virtù soprannaturale, purezza infusa dal Signore nel battesimo e per questa virtù noi incliniamo a considerare il Signore come il nostro padre, il sommo bene e l'eterna felicità. Incliniamo ad amare Gesù, amare l'eucarestia, amare quindi la Messa, la comunione, la visita al SS. Sacramento. Ed è stato la carità, l'amore al Signore che vi ha portato a offrirvi totalmente a lui, cioè ad un amore perfetto. La professione perpetua, infatti, è la professione di un perpetuo, eterno amore a Gesù Cristo, a Dio e, nello stesso tempo, nella professione perpetua è pure incluso l'amore al prossimo, perché vi è la dichiarazione che l'anima fa: Mi impegno a uniformare la mia vita alle Costituzioni delle Figlie di s. Paolo;
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il che significa: darsi all'apostolato. Considerare quello che Gesù ha detto nel santo Vangelo: Amerai il Signore Dio tuo con tutta la mente, con tutte le forze e con tutto il cuore: questo è il primo e massimo comandamento. Vi è poi un secondo comandamento, che è simile a questo: amare il prossimo tuo come te stesso1. Questa disposizione di animo ad amare il Signore si va sempre più accentuando in un'anima, quando l'anima corrisponde alle grazie di Dio.
Vedete il bambino come è inclinato ad amare Gesù, amare la Vergine Santissima. Se l'anima si conserva nell'innocenza è sempre più penetrata dalla grazia di Dio e quindi l'amore di Dio va sempre aumentando.
Chi non pecca, e già sta nell'amore di Dio, perché se uno mi ama, veniamo a lui e dimoriamo in lui2, dice il Signore. E poi Gesù soggiunge: Manete in caritate3, vivete in carità.
L'amore a Dio. Perché? L'amore a Dio in forma assoluta è perché egli è perfettissimo, è il sommo bene. Il sommo bene. L'amore a Dio perché egli ci ha creati e noi siam suoi figli; l'amore a Dio perché ci ha chiamati alla fede cattolica, ci ha fatto nascere in buone famiglie; l'amore a Dio per tutte le grazie particolari, in modo speciale per la vocazione; l'amore a Dio perché il Signore, che è buono, provvede a noi,
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provvede per tutto quel che è necessario per il corpo e per tutto quello che è necessario per l'anima; l'amore a Dio perché il Signore ci aspetta in paradiso ed egli è la somma eterna felicità. L'amore al Signore!
Non dovrebbe essere la vita un continuo accendersi di tutto e ravvivarsi e allargarsi di questa fiamma? E, sì, certamente! Perché se è il primo e massimo comandamento, sempre occorre adempierlo.
E, poi, il paradiso è l'unione eterna con Dio. E allora come ci si prepara al paradiso? Col vivere sempre più etern...., uniti a Dio: uniti dimente, uniti di cuore, uniti di volontà. Sempre più uniti a Dio!
Allora ecco che cosa avviene. Avviene che gradatamente le cose della terra non ci impressionano più: acquistiamo quella santa indifferenza di cui parlano i maestri di vita spirituale. Si considera soltanto il Signore, sommo bene che dobbiamo raggiungere, ecco: sommo bene, somma verità, sommo gaudio, somma beatitudine.
La vita, allora, ci porta a vivere sempre più nel pensiero finale, nel destino finale: paradiso, uniti a, uniti, uniti a Dio. E questo vuol dire perfezionarsi!
Oh! Dunque, prima cosa, distaccare il cuore dalla terra: richiede un poco che non viviamo di egoismi. Sì. L'egoismo è come una secchia, un secchio d'acqua buttato su dei carboni. L'egoismo si presenta in tante forme, alle volte si presenta con forme di simpatie e di antipatie, smorzano la carità sia l'una cosa come l'altra, sia la simpatia come l'antipatia.
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Alle volte l'egoismo si manifesta con l'orgoglio: siamo troppo legati a noi stessi, vogliamo la stima - ci stimiamo troppo - vogliamo l'approvazione, vogliamo occuparci di questo, di quello e segretamente che cosa avviene? Che si fa amicizia soltanto con quei che lodano. Chiunque ci dice la verità, quando è un po' scottante, viene considerato come nemico, avversario. Vogliamo essere corretti, ma guai se ci dicono il difetto vero, specialmente se mettono il dito sulla piaga più grave!
L'amore di Dio si spegne in un'anima quando l'egoismo porta all'orgoglio. Vogliamo non l'approvazione di Dio, non incontrare il gusto di Dio, ma vogliamo l'approvazione degli uomini, vogliamo quello che ci soddisfa e facciamo quello che ci serve meglio ad acquistare estimazione.
Alle volte, poi, questo egoismo porta a tali invidie che non c'è più pace in una casa. Non c'è più pace. E questa invidia avviene sotto tante forme, sotto tante forme e, poi, porta a sospettare, a giudicar male, porta a disturbi interiori, preoccupazioni.
In sostanza: diventiamo indifferenti verso Gesù che aspetta il nostro cuore, ci chiama: Figlia, dammi il tuo cuore, Praebe mihi cor tuum1, e invece diventiamo sensibilissimi alle cose esterne. Alle volte abbiam degli attaccamenti che son anche ridicoli, delle forme di orgoglio che tutti notano, per cui andiamo, magari, cercando che ci vogliono bene, abbiano confidenza e, invece, vengono sempre più allontanate le persone, perché si comprende che non vi è virtù, non vi è amore vero verso delle
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persone, ma sotto l'aspetto di bontà si cerca il nostro io.
L'amor proprio, alle volte, è sotto forma di avarizia, non un'avarizia nel senso dell'avarizia del mondo, ma nel senso dell'avarizia che si può avere in comunità.
Alle volte l'amor proprio è sotto una forma di amore ancor troppo vivo alla famiglia; non si considera bene che cosa voglia dir consecrarsi a Dio e cosa sia l'osservanza del quarto comandamento.
L'egoismo, poi, va a far centro di noi in noi. Nelle stesse opere di carità si cerca noi stessi, forse nelle stesse opere di zelo, o nello stesso apostolato. Vediamo che la nostra fa..., fiamma ascende a Dio senza fumo. Certamente che chi si è consecrato a Dio aveva una fiamma che voleva sempre più alimentare, ma vediamo che la quantità di fumo non oscuri la luce che proverrebbe da questa fiamma e quasi la quantità di fumo non avvolga la stessa fiamma e appena appena la fiamma ancora si possa scorgere.
L'egoismo vive sotto tante forme. E' come il serpe, il diavolo, che andò a tentare Eva, si vestì dei colori più vaghi e si presentò sotto una forma tale che guadagnò subito le simpatie di Eva, invitandola a mangiare il frutto vietato. E perché lei faceva difficoltà: No, non morirete, diventerete simili a Dio1. Voleva dire: Dio non vuole che siate simili a lui, perciò vi ha proibito di gustare di quel frutto!
Il nemico dell'amor di Dio è l'egoismo. Notando che, se noi non lo combattiamo concentrando bene la mente su quel punto in
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cui si manifesta di più, con proposito principale lì sopra, cresce! Aumenta! E prima era un po' di ribellione ed era, forse, un qualche attaccamento che lo faceva manifestare; poi l'esigenza che si ha, in una certa età, eh!: si vuole il rispetto, si vuole la stima, si vuole il servizio, si vogliono tante cose!
Vediamo di crescer nell'amor di Dio! Attenzione, però! Non intendo di dire tanto il distaccarsi quanto l'avvicinarvi a Gesù, diventare indifferenti alle cose della terra, a stare in una casa o in un'altra, avere un'obbedienza o un'altra, un ufficio o un altro, che ci stimino o che non ci stimino, che siam sani o che siam malati, che ci troviamo con persone di carattere conforme ai nostri desideri o di carattere, invece, diverso. E che grazia questodiventare indifferenti non tanto con una lotta diretta quanto con una cura indiretta!
Avvicinarsi al tabernacolo, a Gesù: allora quelle cose naturali si spengono da sé. Ma quante volte manifestano, invece, quelle tendenze e quelle cose, manifestano che in noi manca l'amor di Dio vero!
C'è tiepidezza per il Signore e molta sem..., sensibilità, invece, per quello che tocca il nostro io. Ad esempio, quanta lotta ci vuole solo per estinguere l'orgoglio! Anni ed anni di lotta contro la superbia, ma chi infiamma il suo cuore d'amore per Gesù, ecco, si unisce a lui, le altre cose divengono per lui insipide, senza gusto. Sì. Il gusto è tutto e solo questo: rendere contento Gesù, amare Gesù, far tutto per Gesù e poi andare con Gesù in paradiso, ma il più vicino che si può! E per avvicinarsi a lui, quanto è lo spirito della nostra vocazione
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in cielo, avvicinarsi a lui quanto è nello spirito della nostra vocazione sulla terra. Allora: confessioni accompagnate da vivo dolore, comunioni fervorose, visite fervorose, Messe fervorose! L'amore al Maestro Divino e nel presepio e nella sua vita privata, fanciullo e lavoratore al banco di falegname e predicatore nella visita pubblica, nella vita pubblica. Questo Gesù che ci predica il suo amore con le sue cinque piaghe: le piaghe delle mani, le piaghe dei piedi, la piaga del costato!
Io ho sempre notato che la Prima Maestra dava baci numerosissimi alla piccola croce, specialmente quella che pendeva dalla corona, anche in mezzo, alle volte, alle conversazioni, ecc. Oh! Allora il cuore passa a Gesù. E vedete con che semplicità e con che sveltezza tratta le cose e intanto tutto ricava al mattino dal tabernacolo.
Ecco, bisogna che ogni nostra parola, ogni nostro pensiero, ogni nostro modo di fare, ogni nostra occupazione abbia la luce e il calore del tabernacolo. Non farci una pietà che non è pietà, ma una pietà vera!
Che cos'è la pietà? La pietà, secondo s. Tommaso, è: Voluntas prompte se tradendi ad ea quae pertinet ad Dei famulatum1. La volontà generosa, sempre pronta, sempre capace di dire: Ecce ancilla Domini2; capace di dire il sì a Gesù, a quello che vuole Gesù. Ad Dei famulatum, cioè al servizio di
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Dio, nelle cose di Dio.
Preoccuparsi tanto degli altri e non di noi! Ma noi abbiam l'apostolato! Ma l'apostolato è preoccupazione di noi, in primo luogo! Io voglio compiere bene la volontà di Dio: studio bene le parole da dire, il modo di presentare; il modo di tener regolato il conto e tener ben ordinate le cose in libreria; il modo di far la pulizia in casa, di servire, o per mezzo della cucina, o per mezzo della lavanderia, o per mezzo della cappella, servire alle sorelle, servire a Gesù, ecc. Ci deve preoccupare questo! Come ci deve preoccupare l'andare a quella casa e portare un po' di grazia, come la visita di Maria a s. Elisabetta, che portò ogni benedizione in quella casa.
Oh! Amore a Gesù, diretto, e allora tutto il resto diverrà insipido, come s. Bernardo che scriveva: Se io parlo, mi pare che il mio parlare sia vano se non dico tante volte, in mezzo al mio parlare, Gesù. E mi pare inutile scrivere se dalla penna non esce frequentemente il nome di Gesù, ecc.1.
L'amore positivo. E allora si fa un lavoro doppio: da una parte ci si distacca da quello che non è Dio e dall'altra parte ci uniamo a Dio. E più ti unisci a Dio e più il tuo paradiso sarà bello. Bello!
Oh! Ecco allora la strada dell'amore di Dio, diretta: via diretta. Leggere qualche libro qui sopra ma, però, il miglior libro finora che conosco è il Trattato dell'amor di Dio di s. Francesco di Sales. D'altra parte non è poi il libro che ci dà
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l'amor di Dio:l'amore di Dio è un dono soprannaturale e deve venire dal cielo!
Chiederlo al Signore. E si chiede al Signore quando noi ci avviciniamo al tabernacolo, quando noi facciam bene le nostre cose di pietà! Però, sempre, guardare anche nelle cose di pietà, non solamente di far riparazione - questa ci vuole! - e domanda, dicevo, la petizione, ma l'adorazione e il ringraziamento, la lode al Signore. Eh, sì! Ringraziamo il Signore per la sua grandezza, per la sua umiltà. Poi l'amore a Gesù non è tanto difficile da acquistarsi con la nostra collaborazione, perché ho detto, in primo luogo, che è un dono di Dio, un dono soprannaturale, ma noi dobbiamo cooperare e preparare il posto a questo dono soprannaturale e poi cercare di svilupparlo.
Non è tanto difficile: leggere la vita di Gesù, chiederlo alla Madonna che è la madre del Divino Amore; chiederlo a s. Paolo che era infuocato di amor di Dio: Quis nos separabit a caritate Christi? Tribulatio an angustia, aut famis, aut sitis, aut persecutio, aut gladium?1. No! E invece noi ci distaccano da Gesù e ci fan perdere l'intimità con Gesù una parola sentita che ci ha ferito un poco e un piccolo male che ci disturba... Altro che tribulatio an angustia, invece di unirci a Gesù, una parola che ci ha ferito!
Fortunati noi che possiamo rassomigliare un po' di più a Gesù perché a Gesù, perchè egli ha ricevuto tante ferite, e le spine,
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e i chiodi, ecc. e con questo dimostrava il suo amore al Padre. E noi sappiamo sopportare qualcosa per Gesù che ci ha amato? Ci ha amato a perdizione, senza limiti, in maniera tale che se noi vogliamo una santità grande, se vogliamo arrivare su in paradiso, in altissimo posto, essere santi e gran santi, ma le grazie le ha qui pronte!
Chi conosce la bontà di Gesù? Chi può penetrarla tutta? Oh, quanto siamo ancora di terra e poco di cielo! Sì. Quanto c'è ancora di umano e quanto poco di divino!
Da domani facciamo la novena alla Pentecoste: quel fuoco che, disceso sugli Apostoli, vuole discendere anche sopra di noi, e ci illumini e ci riscaldi!
Una Pentecoste di amor di Dio! La Pentecoste è la festa dell'amore! Sì, la festa dell'amore. Ma vediamo di andar giù, al fondo di noi stessi, e scoprire quello che impedisce quel progresso spirituale nell'amore di Dio che tanto lamentiamo. Come mai andiam così adagio nella perfezione? Come mai, poi, avviene questo: che in certe case non c'è pace; oppure quell'altro, che non si possono parlare con quel senso di bontà che si dovrebbe? Perché non c'è abbastanza amor di Dio.
L'amore è unitivo: quando amiamo Gesù finiamo col trovarci tutti nel suo cuore! Noi che mangiamo lo stesso pane eucaristico tutti assieme, abbiamo un solo cibo che è: Panem de coelo praestitisti eis. Omne delectamentum in se habentem1. E invece quello che infiammò s. Paolo: la tribolazione, la angustia, la persecuzione, le malevolenze, le contraddizioni, la persecuzione,
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la spada - quel che porta noi a separarci da Gesù - proprio a s. Paolo serviva per innamorarsi, felice di poter mostrare il suo amore e imitare il Salvatore.
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1 Nastro originale 1b/57. Nastro archivio AP 2a. Meditazione fatta il 31 maggio 1957 alle Figlie di S. Paolo. Nastro donato da maestra Tecla Merlo alle Apostoline insieme al magnetofono in data 3 agosto 1957 (cfr Appunti di sr. Nazarena De Luca).

1 Cfr Mt 22,37-39.

2 Gv 14,23.

3 Cfr Gv 15,9.

1 Cfr Pr 23,26.

1 Cfr Gn 3,4-5.

1 S. Tommaso, Summa Th. II-IIae, qu. 82, art. 1: “Voluntas quaedam prompte tradendi se ad ea quae pertinent ad Dei famulatum”.

2 Lc 1,38.

1 Cfr Sermo 13 Super CANTICA circa medium, in Breviarium Romanum, Festa SS. Nome di Gesù, domenica dal 2 al 5 gennaio.

1 Rom 8,35.

1 Rituale Romanum, tit. 5, cap. 2, n.6.