Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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XX. LA GLORIA DI DIO (III) (1)
Gli esercizi spirituali hanno due compiti, due fini. Cioè: guardare il passato, e secondo: guardare all'avvenire, in quanto al Signore piacerà di conservarci. Guardare il passato per fare l'esame di coscienza. E da una parte, ringraziare il Signore per tutte le grazie ricevute nel corso dell'anno <e nanche> e anche nel corso della vita intiera. Se poi si è fatto qualche progresso, allora la nostra riconoscenza più viva al Signore!
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Conoscere bene che vi è un esame generale, da farsi alla sera, per la giornata. Vi è da fare l'esame di coscienza generale per la confessione settimanale, quindi <per> per esaminare come è passata la settimana. E come è l'esame generale al ritiro mensile <per il ritiro> per il mese che si è trascorso. E poi, vi è l'esame annuale.
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Per gli esercizi l'esame annuale, affinché noi constatiamo se vi è stato un progresso, se rivedendo i propositi possiamo dire che li abbiamo osservati. E poi, riconoscenza al Signore per tutto il bene ricevuto e dolore per tutto quello che è dispiaciuto al Signore.
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Ora, vi è anche un esame generale che si può chiamare l'esame della vita, e cioè quando noi possiamo dire <che> che abbiamo utilizzato il tempo che il Signore ci ha dato: e come è stata la nostra fanciullezza, la giovinezza, e poi il tempo che avete passato nell'aspirandato, [nel] postulato, il tempo passato nel noviziato, il tempo passato già come professe.
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Il Signore ci ha dato già tutto questo tempo, che ci ha conservato fino ad oggi: mi avete creato, mi avete conservato, mi avete condotto in questa congregazione. E: ringraziare.
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Ma se oggi dovessimo chiudere la nostra vita, saremmo contenti della vita che abbiamo condotto fino ad oggi? Ecco l'esame generale. Anime che han progredito e quindi hanno utilizzato il tempo. Anime che son ferme e non fanno passi avanti, sì. <E> E una settimana e un mese e un anno e più anni: pestano sempre i piedi senza fare il passo, come uno che pesta i piedi. E han sempre gli stessi propositi, hanno gli stessi difetti e hanno sempre da confermare o rifare nello stesso modo i propositi.
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E' allora da considerarsi che se fossimo in punto di morte, guardando indietro, potremmo dire: abbiamo usato bene degli anni della vita fino ad oggi?
Questo è l'esame di coscienza che riguarda la vita.
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La vita, per fare poi dei propositi che riguardino la vita, cioè di camminare, di camminare. E quando si cammina, si mette un piede avanti e poi l'altro e poi l'altro, ma si fa della strada. Ma quando si ripetono sempre gli stessi propositi, si sentono <i me> i medesimi desideri (e quando pure non succeda che i difetti crescano), e allora la vita non risponde al voto <e> e ai voti fatti, perché si è preso l'impegno di conformare la vita alle costituzioni e il primo articolo è quello di progredire, di attendere alla perfezione.
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Se non si progredisce, non si vive da religiose. Non si vive da religiose! Il dovere - diciamo - riassuntivo, quasi l'unico, è quello di progredire. Ora: come è stato il tempo passato già in congregazione?
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Dopo avere esaminato il passato, si fanno i propositi per il futuro. Perché per fare la confessione ci vogliono due condizioni essenziali: il dolore del passato e il proposito per il futuro. E quindi, formarsi un programma, non un programma - diciamo - impossibile <a> a seguirsi, a svilupparsi; ma un programma umano e spirituale. Un programma <al> non solamente con dei desideri, ma con l'uso dei mezzi. L'uso dei mezzi, per poter fare veramente del cammino. Sì.
Quindi questo corso di esercizi ha uno sguardo al passato, uno sguardo al futuro.
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Oh, quattro punti volevo indicare, cioè in primo luogo, dobbiamo cercare la gloria di Dio; in secondo luogo, la nostra santificazione; in terzo luogo, questa santificazione in Gesù Cristo divino Maestro, buon Pastore; e quarto, la divozione a Maria, la quale ci facilita il cammino del progresso quotidiano. Ecco: quattro punti da considerarsi.
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Il Signore ha creato il mondo per la sua gloria. Fra le tre divine Persone, Padre, Figlio e Spirito Santo, vi è una continua lode tra le divine Persone: un continuo amore. E allora vi è la glorificazione nella santissima Trinità tra le divine Persone. Il Padre che ha generato il Figlio intellettualmente, e lo Spirito Santo che procede dal Padre e dal Figlio. Allora, nella santissima Trinità vi è una gloria infinita; eterna, <che for> che forma la felicità di Dio stesso.
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Noi a questa lode interna, intrinseca che vi è in Dio non possiamo aggiungere un et, niente affatto. Ma il Signore ha voluto partecipare a delle creature i suoi beni, comunicare a delle creature i suoi beni, affinché queste creature lodino lui. Lodino cioè la santissima Trinità.
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La lode, perché il Signore tutto ciò che ha fatto è per la sua gloria: sia la creazione, sia la redenzione del genere umano e sia la santificazione delle anime. Oh, allora, noi possiamo dare al Signore una gloria estrinseca. E quando è che si darà questa gloria estrinseca nel modo completo? In paradiso, quando noi loderemo Iddio per la sua santità, per la sua eternità <per la sua> per tutte le sue perfezioni. Sì, loderemo! E la nostra felicità sta appunto nel lodare Dio, nel dar gloria a Dio.
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Il Signore, creato il mondo, <lo doveva fa> lo doveva ordinare alla sua gloria. E alla sua gloria nello stesso tempo ha disposto le cose: che mentre l'anima che arriva in cielo glorifica Iddio, lassù, glorificando, è felice, è beata l'anima. Il Signore ha fatto tutto per la sua gloria.
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Nella scrittura il Signore dice: "Io sono il Signore, /e/ (a) questo è il mio nome e la mia gloria non la darò ad altri" (b) [Is 42,8]. E' la sua gloria: Non la darà ad altri.
Tra i peccati capitali <ci> c'è quello che è per tutto capitale: la superbia, la vanità, l'orgoglio, l'ambizione. Quanto allontana il nostro cuore da Dio! Allora il Signore aggiunge: "Perché lascerei oltraggiare il mio nome? E l'onore a me dovuto, non lo cederò ad altri" [cf. Is 42,8].
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E poi, nel libro dell'/apocalisse/ (a): "Io sono l'alfa e l'omega, dice il Signore [Iddio], colui che è che era [e] che viene, l'Onnipotente" [Ap 1,8]. Cosa vuol dire questo: l'alfa e l'omega? L'alfa è la prima lettera dell'alfabeto greco, l'omega è l'ultima lettera dell'alfabeto greco. E cosa vuol dire? Il Signore è il principio <ed è la fi> ed è il fine. "Sono l'alfa e l'omega" [Ap 1,8] e cioè: tutto viene da Dio.
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Nulla è stato fatto da sé; tutto è stato fatto soltanto da Dio. Noi possiamo poi rivoltare le cose che abbiamo in mano e siccome si può lavorare il ferro, così..., ma prendiamo una materia che è creata da Dio. Tutto è da Dio: siamo stati creati!
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Ora, quando poi conosciamo che tutto è da Dio, dobbiamo dar gloria a Dio. Ringraziare Iddio. E allora, noi abbiamo da tener bene in mente questo, e cioè: "Sia che mangiate e sia che beviate, e sia che facciate qualche altra cosa, tutto fate a gloria di Dio" [cf. 1Cor 10,31]. A gloria di Dio, ecco!
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Oh, perciò tutto in lode di gloria della sua grazia. Tutto a lode di Dio, a gloria di Dio per la grazia che il Signore ci ha dato, cioè: che ci ha creati, che ci ha dato la vocazione, che ci ha conservati, che ci ha infuso la grazia per mezzo dello Spirito Santo.
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Il fine ultimo nostro è la glorificazione di Dio. E chi è che si prepara bene a glorificare Dio in cielo? Chi già sulla terra cerca e fa tutto ad onore e gloria di Dio. Omnis honor et gloria (a). Ogni onore e gloria a Dio. Deo onnipotenti: ogni gloria.
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Quando l'anima sulla terra si è più spiritualizzata, ama davvero Dio, cerca il suo onore e la sua gloria, allora si prepara a entrare in cielo. Si prepara a entrare in cielo, perché già sulla terra comincia a fare quel che deve fare in paradiso. Se l'anima invece è ancora indietro: indietro nella virtù, indietro nell'amor di Dio, indietro nella riconoscenza a Dio, allora l'anima non è ancora disposta a entrare in cielo, perciò deve purificarsi. Perché bisogna distinguere che ci sono due amori e ci sono <due pen> due pentimenti dei peccati.
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Parlando del peccato: se un'anima, esaminandosi, trova che ha commesso un peccato grave e si pente perché ha meritato l'inferno e ha timore <che> della morte per cui potrebbe cadere nelle pene eterne, si pente e non vorrebbe farlo più: è un dolore, ma imperfetto. Non si considera che il peccato ha disgustato Dio, ha impedito la sua gloria, ha impedito il progresso della santità, ecc. Quando ci pentiamo soltanto per il timore di Dio e dei castighi, allora c'è un amore imperfetto.
Vale questo [dolore] imperfetto per l'assoluzione? Se c'è, vale. Ma allora non è un amore perfetto.
Se invece l'anima ha commesso il peccato e poi si pente, <piange il> piange <il suo> il suo sbaglio e sa che ha disgustato Iddio, che ha impedito la gloria di Dio, ecc., ecco: allora questo è l'amore a Dio. Questo è l'amore a Dio!
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Se uno commette una venialità e si pente solo perché c'è il purgatorio e perché si priva dei meriti, è un egoismo allora. Cioè prima per non andar all'inferno, e qui per non andar in purgatorio. E' una pietà che vale, ma è egoistica; quindi è una mescolanza <di> di amore, ma nello stesso tempo <c'è sol> c'è quello che domina in più, è il timore.
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Quando invece, all'opposto, se ha commesso una venialità, <come la comp> come la piange <questa> questa venialità, perché ha disgustato il Signore, perché nella comunione non riceve più tutte le grazie che vorrebbe! <ecc.> Se l'anima vuole, passando all'eternità, entrare subito in paradiso, deve avere quest'amore perfetto degli angeli.
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Già qui sulla terra ha cominciato a fare quello: glorificar Dio; la morte è come spingere l'uscio: di qua la vita presente, di là la vita eterna. Di qua tutto per fede e di là <per> tutto visione di Dio, possesso di Dio.
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Diversamente, c'è da purificarsi. C'è da purificarsi, perché l'anima è ancora un po' indifferente a Dio, alla sua gloria, <poco> poco si cura <e delle> di procurare la gloria <di> di Dio, che Dio sia amato. E le preghiere perché <venga il> "sia fatta la tua volontà, venga il tuo regno e sia santificato il tuo nome". Quelle sono espressioni di amore a Dio, <e non> e sono diverse dalle espressioni quando diciamo: "perché peccando ho meritato i vostri castighi". Allora è un amore imperfetto.
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Ora, questo tendere, questo <lavoro> lavoro spirituale, perché? Dobbiamo sempre trascinarci <com> come gente che fa un passo avanti e un passo indietro, qualche volta anche due passi indietro? E sembra che dopo cinque anni di professione, dieci anni di professione, venti anni di professione, sembra ancora <che> che sia meno fervorosi di quanto ha fatto i voti! Gente che non vive la vita religiosa, perché il punto essenziale della vita religiosa è: Si vis esse perfectus/ (a) [Mt 19,21], se vuoi essere perfetto. E cioè: se lavori alla perfezione.
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Ecco quindi, il fine ultimo della vita cristiana <è la> è proprio questo: di glorificar Dio. E quale mezzo? Quale mezzo? Lavorare per la nostra santificazione ! Quello è il mezzo più essenziale. Oh, in pratica non appare dominante nella vita dei santi se non molto tardi, vedete, perché arrivare a quell'amore perfetto... oh, che cosa, quando si ottiene? Quando la loro anima si è consumata d'amore già, nell'unione di Dio. Soltanto al vertice dell'unione trasformante, identificati pienamente con Dio, i loro pensieri e i loro desideri procedono <all'unissimo> all'unisono con il pensiero e il volere e i fini di Dio. Dice (a): si arriva anche molto tardi perché questo nostro amor proprio ci lavora dentro tante volte, e qualche volta domina.
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Unica eccezione, che han subito incominciato <con> all'amore perfetto a Dio e alla glorificazione a Dio, unica eccezione: Cristo e Maria, i quali dal primo istante della loro esistenza hanno realizzato con perfezione quel programma di glorificazione divina, che è il termine nel quale si rivolge ogni processo di santificazione su questa terra.
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Ecco, allora, diceva quella suora: <Nel cielo> Nel cielo della mia anima soltanto la gloria dell'eterno, Dio. Ma il mezzo di glorificare Iddio e quindi di arrivare all'amore perfetto e non esporsi a fare il purgatorio? Ecco: dobbiamo lavorare per la nostra santificazione.
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Cosa vuol dire la santificazione? Vuol dire che avendo ricevuto nel battesimo l'innesto o il germe di Dio, cioè della grazia, santificazione vuol dire crescere questa grazia. Crescere questa grazia per mezzo dei sacramenti, delle virtù, per mezzo della fede, per mezzo della preghiera ecc.
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Ma, facendoci una domanda: che cosa significa essere santi?, le tre risposte che sono più comunemente date, sono queste. E cioè:
Perfetta conformità alla volontà di Dio: io ho cercato sempre di fare la volontà di Dio in modo perfetto. E far sempre <la vol> la volontà di Dio si vive l'unione con Dio. Allora <e> vivendo l'unione con Dio, siamo già preparati, perché, facendo <la> tutta la volontà di Dio, ecco, abbiamo glorificato Dio.
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Altra risposta: la santificazione sta nell'unione con Dio, con Gesù Cristo mediante l'amore: l'amore a Dio, l'amore a Gesù. Unione: far tutto con Dio, tutto con Gesù.
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Ma la risposta principale è vivere in Gesù Cristo. Cioè <con> consiste nella configurazione nostra a Gesù Cristo. Ecco, allora queste sono come tre vie per la santificazione: conformità in tutte al volere di Dio, unione continuata a Gesù, a Dio, in amore. E terzo, configurarsi a Gesù Cristo, cioè vivere in Gesù Cristo, con Gesù Cristo.
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Ecco, bisogna dire che molte anime sono disorientate. Danno un mezzo qua, un mezzo là, adoperano e prendono una divozione, ne prendono un'altra, un proposito, un altro proposito, e fare bene l'esame di coscienza, oppure la lettura spirituale, oppure vanno a fare qualche pratica eccezionale, ecc.
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La santità sta in Cristo, cioè quando la nostra vita è in Gesù Cristo: Mihi [enim] vivere Christus est [Fil 1,21], la mia vita è Cristo [dice] san Paolo. E poi più perfetto ancora: Vivit vero in me Christus [Gal 2,20], cioè Gesù Cristo vive in me. Ed è lui che mi suggerisce i suoi pensieri e la sua volontà e i suoi sentimenti, cosicché Gesù Cristo <domin> dominerà la mente la volontà e il cuore. Ecco, si vive allora in Gesù Cristo. Questo è il pensiero di san Paolo, quando parla.
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La sua costante preoccupazione, quella <di Gesù Cris> di san Paolo, fu di <rive> rivelare al mondo il mistero di Gesù Cristo, nel quale abita corporalmente la pienezza della divinità <e nel qua> e nel quale il cristiano trova tutte le cose. E sarà pieno della pienezza di Dio.
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Ma per spiegare meglio, il libro di cui avete l'estratto (a) sviluppa tre punti, in tre capitoli quindi: Gesù Cristo è via, Gesù Cristo è verità, Gesù Cristo è vita. Gesù Cristo è l'unica via per andare al Signore, cioè per andare in paradiso. Nessuno può andare al Padre se non per mezzo di Gesù Cristo [cf. Gv 14,6].
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Quindi non è solo la lettura spirituale o l'esame di coscienza; è andare al Padre per mezzo di lui, giacché: "Non ci fu dato un altro nome, sotto il cielo, mediante il quale possiamo salvarci" [cf. Fil 2,9-10], no! Dopo il peccato originale, secondo il piano divino della nostra predestinazione o santità, alla quale Iddio ci chiama, in che modo?... Consiste in una partecipazione alla vita divina portata al mondo da Gesù Cristo. Portata al mondo da Gesù Cristo, conforme al valore di Dio.
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Ecco, perché [Gesù] è l'unica via per andare al paradiso? E' l'unica via per andare al cielo? Questo: che Gesù Cristo nella sua vita ha fatto due specie di meriti e cioè i meriti che han santificato la sua anima e i meriti che sono destinati a noi, che sono destinati a noi! Ecco. Allora per i meriti di Gesù Cristo, noi otteniamo il perdono dei peccati e otteniamo la grazia di Gesù Cristo. Otteniamo la grazia di Gesù Cristo.
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La grazia che è in Gesù Cristo, <che ha divini> che divinizza Gesù Cristo è la stessa che viene in noi. E' la stessa che viene in noi. Vi è una differenza, così, di ragionamento, ma sostanzialmente è la stessa. La stessa. In noi c'è la stessa grazia dell'anima di Gesù Cristo, dell'anima di Gesù Cristo, ecco.
Oh, se c'è la stessa grazia, come si chiama la grazia? Si chiama la vita. Quindi la vita in Gesù Cristo, nell'anima di Gesù Cristo, e la vita in noi, nell'anima nostra: quindi c'è la stessa vita.
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Allora noi diventiamo figli di Dio. Gesù Cristo è il figlio di Dio perché egli lo è per diritto, sì. Lo è per diritto e perché <è la> è la seconda Persona della santissima Trinità. Ora noi non l'abbiamo per diritto questa filiazione. Gesù Cristo è il figlio di Dio. Noi abbiamo la filiazione, ma non per diritto, ma per adozione. Adozione, per cui noi abbiamo la stessa vita: si [autem] filii, et haeredes [Rm 8,17].
E come Gesù Cristo è stato erede del paradiso, in cielo, così noi [siamo] eredi del cielo. La stessa vita, ecco. E quindi siamo fratelli assieme, fratelli a Gesù Cristo, e quindi eredi con Gesù Cristo dei gaudi eterni che ha, che gode Gesù Cristo stesso.
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Se vogliamo anche capirlo meglio, così: Gesù ha detto: "Io sono la vite - e le viti le conoscete - /e voi siete/ (a) i tralci" [Gv 15,5], cioè i rami. La vite è Gesù Cristo: "Io sono la vite /e voi siete/ (a) i tralci [Gv 15,5], cioè i rami. Se i rami stanno uniti alla vite, la linfa che è nella vite, questa linfa passa nei tralci, cioè nei rami che siamo noi. La stessa linfa, che è nell'anima di Gesù Cristo e che è nell'anima nostra. Se però il tralcio è distaccato, per esempio, per mezzo del peccato, oppure l'anima non ha ricevuto il battesimo, è distaccata da Gesù, non ha la linfa. Non prende la linfa. Non c'è l'unione con Gesù Cristo.
E non c'è altro modo, non c'è altra via che vivere quindi in Gesù Cristo, uniti a lui: "Io sono la via" [Gv 14,6]. Gesù Cristo d'altra parte l'ha detto; e cioè questo: "Io sono la via" [Gv 14,6]. "Io sono la via", sì.
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E Gesù Cristo è venuto affinché noi avessimo la vita per mezzo di lui: Ut vivamus /in/ (a) eum [I Gv 4,9]. E senza di lui, senza l'unione a Gesù Cristo: "Nessuno viene al Padre" cioè al paradiso "se non per mezzo di me" [Gv 14,6], dice Gesù. E senza di lui, faceste anche delle grandi cose, non possiamo fare assolutamente nulla se non siamo uniti a Gesù Cristo. Nulla! Nihil! Sine me nihil potestis facere [Gv 15,5].
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Allora dobbiamo considerare che la nostra santificazione sta nell'assorbire il massimo della linfa di Gesù Cristo. E cioè crescere nel vigore i rami, i tralci e portare le foglie, e portare frutti sempre più abbondanti. Questa è l'unica via per la salvezza. Non c'è altra [via] che ci porti al paradiso.
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Dobbiamo comprendere che non saremo santi che nella misura stessa in cui la vita di Gesù Cristo sarà in noi. Dio ci domanda solo questa santità, cioè l'unione a Gesù Cristo e non ve n'è un'altra.
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Saremo santi in Gesù Cristo o non lo saremo affatto. E se /dovessimo/ (a) anche sopportare il martirio, se non c'è l'unione con Gesù Cristo, niente. Quindi, il primo punto per la nostra santificazione, l'unione a Gesù Cristo, che vuol dire essere in grazia e crescere in grazia. Crescere in grazia.
Oh, ma quello che deve essere in ogni anima, adesso che comincian gli esercizi: son fermo o cammino? Perché confessarsi in primo luogo, se non lavoriamo per la perfezione, è il primo dovere. Altro che dire: ho fatto uno sbaglio riguardo alla povertà. Ma se non lavori tutta la vita e non fai veramente qualche progresso: niente! Non vivi da religioso, non vivi da religiosa. E alla fine? "Io ho preso una professione e non l'ho proseguita, ho preso un giuramento, ho fatto il voto, ma non l'ho adempito!".
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Se invece noi abbiamo veramente lavorato per progredire, abbiamo compìto il primo e principale dovere. E poi gli altri vengono di conseguenza. Vengono di conseguenza perché si lavora per la perfezione, che consiste nel togliere i difetti e nel mettere sempre più il volere santo di Dio, la volontà di camminare. Camminare.
Entrare in noi stessi se possiamo realmente dire: io sto camminando, oppure io son fermo!

Ariccia (Roma)
20 settembre 1964

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(1) Ariccia (Roma) 20 settembre 1964

577 (a) V: omette.
(b) V: non dar- ad altri la mia gloria.

578 (a) R: apocalissi.

582(a) Dossologia eucaristica. Cf. Messale, pag. 808.

589 (a) V: perfectus esse.

590 (a) Parla dell'Estratto? Vedi appendice.

600 (a) Cf. Estratto riportato in appendice.

605 (a) V: voi.

606 (a) V: per.

609 (a) R: fossimo.