Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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XVII. L'INCORPORAZIONE A CRISTO (II) (1)
Quattro sono i punti su cui si doveva /svolgere/ (a) in questi giorni /la/ (b) mia parte. Il primo punto: cercare la gloria di Dio. Non il nostro amor /proprio/ (c), non l'orgoglio umano, non le vane compiacenze, [ma] Dio! Cercar la sua gloria.
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Vi sono tante espressioni <in> per cui noi glorifichiamo il Signore: "Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome" [Mt 6,9]. E' la glorificazione di Dio. "Venga il tuo regno" [Mt 6,10]: è cercar la gloria di Dio. Sia fatta la tua volontà /qui sulla terra <come> come è fatta in cielo/" (a) [Mt 6,10]: è sempre glorificazione di Dio. Invece l'altra parte del Padre nostro riguarda i nostri <spe> speciali interessi.
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Poi /alla/ (a) fine dei salmi si dice il Gloria, al vespro sempre si canta il Magnificat e in altre circostanze pure si recita o si canta il Magnificat. Poi vi sono tanti salmi che sono propriamente per glorificare il Signore. D'altra parte tutti gli inni della Chiesa finiscono con una glorificazione: l'ultima strofa è per glorificare la santissima Trinità.
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Glorificare Iddio, infinita perfezione, infinita santità. E glorificarlo poi in particolare perché egli ha creato il tutto: In principio /Deus creavit/ (a) caelum et terram [Gn 1,1], sì. In principio erat [Verbum] apud <erat> Deum et Deus erat Verbum *** (b) (...), omnia per ipsum facta sunt [Gv 1,1.3].
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Così vi è il Te Deum; così nella preghiera del "Vi adoro" cominciamo col ringraziare e glorificare Iddio perché ci ha creati, ci ha fatti cristiani, ci ha conservati, ci ha condotti nella congregazione. Glorificar Dio perché tutto quel che sta attorno a noi e noi medesimi sono opera di Dio.
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Allora gloria a Dio. Tutto è merito suo - diciamo -, è opera sua. Quindi lo riconosciamo: "Credo in Dio Padre onnipotente creatore del cielo e della terra". E poi tutta l'opera della redenzione. L'uomo [è] caduto e tutta l'umanità è <po> privata della grazia di Dio, senza la possibilità di entrar in cielo, e c'è <la per> la redenzione. Fino a questo punto il Signore è stato buono: il figlio di Dio incarnato, vissuto fra gli uomini, è morto sulla croce dando il sangue per tutta la salvezza, per la salvezza di tutti gli uomini. E poi <questa gra> questa redenzione viene applicata mediante la grazia.
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Quindi il terzo punto: ringraziar il Signore per la santificazione nostra. Perché se siamo stati creati, in quanto all'anima, eh, subito per mezzo del battesimo noi abbiamo avuto un'altra vita che è soprannaturale e ci è stata infusa al battesimo.
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Egli, il Signore, è il principio di tutto. Non abbiamo un capello <di e> che sia nostro. Tutto è di Dio. Tutto è di Dio, sì. E allora lodare il Signore, ringraziare il Signore, che significa glorificare il Signore. E allora quando l'anima cerca soltanto la gloria di Dio, allora è sopra il livello più alto della santificazione. E il livello più alto della santificazione.
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Di lì in avanti le opere sono molto più meritorie, e quindi quando si è arrivati a cercare in tutto la gloria di Dio, eh, i meriti <cres> crescono molto di più che se noi cercassimo solamente la grazia di evitare il peccato <o di comme> o di evitare certi difetti oppure la grazia di praticare certe virtù.
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In generale i propositi che mi presentano per gli esercizi - eh, nella mia vita ne ho benedetti tanti - pochissimi sono stati propositi che sono intonati alla glorificazione del Signore e al ringraziamento. Vuol dire che, eh, c'è già una buona volontà, un proposito, ma siamo ancora sopra un pianerottolo - diciamo - della scala. E' già una scala e si è fatto <un pia> una rampa della scala, ma poi si è arrivati sopra un rampa della scala, ma poi si è arrivati sopra un pianerottolo che non è ancora <il piano su> il pianerottolo più alto. E quindi [rimangono] anche altre - supponiamo la scala sia lunga - <altri> altre rampe. Salire, salire, finché si arriva a vedere il cielo. E cioè: "<Il mio cie> Il mio cielo è l'eterno Padre. E' l'eterno Padre, la contemplazione del Signore".
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Oh, bisogna allora lasciare gli altri propositi? No, tutt'altro. Ma <sono> sono tratti dalla scala, rampe della scala. E man mano, se poi si osservano i propositi che si son fatti per la purificazione della mente e per l'obbedienza e per la carità e per gli altri propositi, preparano: sono già rampe di scale! E poi quando si arriva di nuovo agli esercizi, si dà uno sguardo: l'abbiamo fatto questo tratto di scala? E siamo saliti <so> per mezzo di questa rampa fino a quel pianerottolo? Ecco: l'esame di coscienza!
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A poco a poco l'anima si perfeziona. Quando si <di> dice santificazione, cosa vuol dire essere santi, che domanda è? Si fanno generalmente queste domande alle quali si risponde pressappoco così: <la> la santificazione sta nel compiere il volere di Dio. E c'è tanto di <gius> giusto! Perciò compiere la volontà di Dio.
Secondo: come un'altra strada per la santificazione [è] l'unione dell'anima, l'unione di amore con Gesù Cristo, con Dio.
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E poi c'è l'altra più perfetta: <configurarsi> configurare la nostra vita a Gesù Cristo fino a che: Vivit vero in me Christus [Gal 2,20], finché vive Gesù Cristo in noi. Lui che vive nella nostra mente e quindi tutti i pensieri buoni, santi. Non capricci, non pensieri vani, distrazioni inutili, e letture o notizie che non interessano, ecc. Pensieri di Gesù Cristo nella nostra mente.
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Secondo: eh, non scegliere quello che a noi piace di più, ma quello che piace invece a Gesù. E quindi la volontà di Gesù finisce col dominare sulla nostra volontà, perciò è l'atto di obbedienza <alza> alzarsi da letto, è l'atto di obbedienza andar a letto, e poi tutta la giornata e poi tutta in obbedienza: ventiquattro ore! Si fa il volere di Gesù Cristo. Gesù Cristo che domina. Ecco: come egli faceva a Nazaret, come egli faceva nella sua vita pubblica! Ed egli, stando in noi, oltre che /dominar/ (a) i pensieri, domina la volontà. E noi pieghiamo sempre la volontà nostra alla volontà sua.
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E terzo poi: tutto il cuore orientato, il cuore di Gesù in noi. E com'è il cuore di Gesù? Lui cercava sempre la gloria del Padre. Ecco: gloria verso Dio, e poi l'amore verso gli uomini. <E> E Gesù ha detto appunto: "Ecco il mio cuore che ha amato". E ha amato tanto: tutto quello che poteva dare, ecco.
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Allora c'è l'amore verso Dio che è poi gloria se è puro, e poi l'amore verso le anime, verso le persone care, verso tutte quelle persone a cui si deve far del bene: o il catechismo o l'asilo o solamente dare il buon esempio <o di> o fare <altra> altra cosa a vantaggio del prossimo. Ecco, anche solamente portare la letizia in casa è già una bella carità. Allora è Gesù Cristo che domina in noi, ma lui non sta solamente un momento, lui lavora nel nostro cuore: egli è il capo e noi siamo le membra.
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Dedit caput super omnem ecclesiam.
Il Padre celeste ha dato il capo, cioè Gesù Cristo, super omnem ecclesiam, cioè su tutte le anime in grazia. Allora risulta il corpo mistico, il corpo mistico è Gesù Cristo capo e noi siamo le membra. Quae est corpus ipsius, et plenitudo eius qui omnia in omnibus [adimpletur] [Ef 1,23].
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Allora, ecco, Gesù Cristo opera in noi. La sua attività è il mistero di Gesù Cristo. L'opera che fa Gesù Cristo in noi: come illumina, come fortifica, <come fa> come vuole piegar la volontà, come vuol suscitare in noi <un pru> un vivissimo amore al Padre e un vivo amore alle anime! ecc.
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E' lui, lui che in noi adora il Padre: è l'adoratore! E poi glorifica il Padre e ringrazia: glorificatore! E poi [è] il riparatore: è lui che paga tutto e i nostri debiti. E poi <la santifi> egli [è] il santificatore in quanto infonde sempre più grazia affinché noi possiamo sempre più arricchirci secondo il volere del Signore. Ora questo è il mistero <o quello che>, il mistero di Cristo, oppure quello che san Paolo <lo> chiama <il> il sacramento nascosto.
Il sacramento nascosto, qual è? E' Gesù Cristo nell'anima. Il capo nell'anima nostra, sì. Quando si dice Chiesa s'intendono tutte le anime assieme che vivono in grazia di Dio.
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Oh, per vivere il mistero vi è una formula, una preghiera (a), la quale viene detta dal sacerdote dopo la consecrazione e dopo anche il memento dei morti e prima tuttavia del Padre nostro.
Il sacerdote scopre il calice consecrato e fa la genuflessione e poi fra le dita prende <l'ostia con> l'ostia santa e con l'ostia fa tre segni di croce <sulla> sul calice e poi due segni di croce sul corporale e mentre che fa questi segni dice: Per ipsum, et cum ipso et in ipso. Poi il sacerdote, pur tenendo l'ostia fra le dita, eleva <alquanto il> alquanto il calice, eleva: è la piccola elevazione: /est/ (b) tibi Patri omnipotenti <in omnibus> in unione con lo Spirito Santo omnis honor et gloria. Ecco la preghiera.
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Oh, perché per ipsum, et cum ipso et in ipso? Per ipsum: per mezzo di Cristo noi facciamo questo o quello di buono. Poi con Cristo: insieme a Gesù Cristo operiamo. E poi in ipso, cioè in Cristo e cioè lui e noi, noi e lui assieme.
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Per ipsum: perché qualsiasi opera che sia buona, se ha da essere meritoria, bisogna che attraversi Gesù Cristo, cioè che noi quest'opera la offriamo per mezzo, cioè attraverso Gesù Cristo. Per lui, per il Padre, ma attraverso Gesù Cristo <la> si opera <la si>. Per ipsum cioè, che vuol dire per Cristo. Ecco.
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Il Padre celeste accetta le nostre opere buone e gli atti di virtù ecc., li accetta solo se passano attraverso il figlio. Non c'è altra via.
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Caduta l'umanità nel peccato, e quindi trovarsi nell'impossibilità di salire al cielo... Che mezzo? Nessun uomo di quelli che sono esistiti e di quelli che esisteranno avrebbero avuto l'ingresso in paradiso. Perché? Perché è Gesù Cristo che lo ha aperto, ed è Gesù Cristo che lo apre a ogni anima.
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E noi, se vogliamo che l'opera nostra valga qualche cosa, piaccia a Dio, sia merito per la nostra santificazione: passi attraverso a Gesù Cristo. Cioè <che si> l'anima che sia in grazia, e [Gesù] prende la nostra opera e la [dà] <Padre> al Padre celeste. E' pressappoco, anzi si può dire in modo uguale in certo senso: quando la Chiesa prega, cosa fa? Oh, la preghiera che è fatta, l'Oremus è diretto al Padre, ma per Christum Dominum nostrum, per Jesum Christum, per eundem Dominum nostrum Jesum Christum.
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Quindi neppure la Chiesa presenta la domanda al Padre direttamente, la passa attraverso Gesù Cristo offerto: vuol dire per mezzo e attraverso Gesù Cristo. Così. E allora noi siamo sicuri che la cosa <è gradita> è gradita al Padre celeste perché passa attraverso Gesù Cristo.
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Vedete l'espressione di san Giovanni, eh, quel che dice Gesù: "Il padre ama voi - diceva agli apostoli - vi ama, e cioè accetta <le vostre> le vostre opere buone". Ma perché accetta? Perché voi, apostoli, avete <ama> amato me, dice Gesù. Se non amiamo prima Gesù non siamo amati dal Padre. Quia vos me amastis, et credidistis, [quia] ego a Deo exivi [Gv 16,27] quindi anche per gli atti di fede. Sì, allora per mezzo di Gesù Cristo.
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Il cristiano nel compiere opere buone sempre pensi di farle passare attraverso Gesù Cristo perché arrivino al Padre celeste. Per ipsum.
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E, di più, cum ipso cioè che noi facciamo le opere; passando per Christum hanno un grande valore, ma se noi aggiungiamo et cum ipso il valore è molto più grande, il valore dell'opera. Cum ipso, e cioè operare con lui.
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Operare con lui che cosa significa? Operare con lui dovremmo spiegarlo teologicamente a lungo, ma in sostanza cum ipso vuol dire che noi facciamo un'opera buona e non un'opera cattiva, supponiamo: diciamo la verità e non diciamo le bugie perché il peccato non può andare a Dio. Quindi che sia un'opera buona: oggi è lo studio, <oggi e> domani sarà il catechismo da fare, sarà un'altra opera <in> in sostanza. Vi son le ventiquattro ore e tutte possono essere santificate, le ventiquattro ore, il riposo stesso, mentre che si dorme, perché? Eh, vale in quanto l'abbiamo offerto al Signore, il riposo, come lo diciamo nelle orazioni serali.
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Primo: che l'opera sia buona. /Se uno <è> è un dormiglione, che... e allora non può offrirlo al Signore quello lì, se oltrepassa la misura del riposo. E' un atto di pigrizia/ (a)... <Non, ben> Bisogna che l'opera sia buona. Mangi quanto è necessario per far bene nella misura così per mantenerci nel servizio di Dio e nell'apostolato. Opera buona: omnia in gloriam Dei facite [1Cor 10,31].
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Poi, oltre che [ad] essere un'opera buona, bisogna che ci sia retta intenzione. Retta intenzione vuol dire che lo si fa per il Signore, lo si offre al Signore. E se uno invece <fa> si mette a cantare solamente per far sentire la sua bella voce, <lì>, quella voce lì non sale a Dio, perché eh non c'è rettitudine, l'intenzione. Bisogna che tutto sia volto verso Dio, offerto a Dio <non...>. Quindi che sia un'opera buona, che sia fatta con retta intenzione e che sia fatta bene: tre condizioni.
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Così faceva Gesù Cristo. <La> Egli faceva tutte opere buone e le faceva per il Padre: <non cerco le mie> "Io faccio sempre quello che vuole il Padre" [cf. Gv 8,29]. E terzo: le faceva bene le cose. <Non> Non le faceva male le cose, ma le faceva bene: la preghiera la faceva bene, il lavoro di piallare al banco di lavoro e poi fare la pulizia in casa quando era piccolino e poi in sostanza anche <quando> quando parlava, anche quando si riposava... e tutto fatto a dovere.
Quindi tre condizioni:
che sia opera buona
che sia fatta con rettidudine e
che l'opera sia fatta bene.
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Vi sono <del> dei pasticcioni <che> che guastano un po' tutto nelle cose <e e> e un po' rompono, un po'... Ecco, ci sono tante cose, eh! Ma quest'opera buona anche minima, supponiamo: "Dolce cuor del mio Gesù", supponiamo dare la destra <a una> a una persona più degna, darle la destra per riverenza: è una piccolissima cosa. Ma il paragone che fa: nella messa, nel calice oltre il vino si mette una goccia d'acqua o qualche goccia - può essere <qualche> di più, ma deve essere pochissima -, una goccia! E' acqua e vale niente quasi l'acqua, ma mescolata col vino nella consecrazione anch'essa si cambia: si converte nel sangue di Cristo con tutto il suo infinito valore redentivo.
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Così la cosa minima, come ho detto, di cedere il posto di onore, quando si passeggia o si cammina con una persona di riguardo, è una goccia, ma si converte nel sangue di Cristo con tutto il suo infinito valore redentivo. Allora tutti gli sforzi del cristiano devono essere indirizzati ad aumentare e intensificare sempre più l'unione con Gesù. <E dice> Cum ipso! E dice: l'orazione, il lavoro, la ricreazione, la refezione, il riposo, tutto. Fatto: cum Christo!
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Terzo: in Cristo, e cioè in ipso. In ipso. Questo poi <quando> dopo che si è fatto per ipsum che sale ca Ge> al Padre, cum ipso, perché si offra con Cristo, e adesso in ipso, cioè l'opera è fatta fra l'anima in grazia e Gesù Cristo. E Gesù Cristo. Il merito cresce dopo che c'è stato il per ipsum, cresce quando c'è cum ipso. Ma qui, quando c'è in ipso, il merito tocca quasi i confini dell'infinito. Ma come fa Gesù Cristo in noi? Come facciamo noi in lui? In ipso. Uniti! Insieme; lui vivit in me, vive in me Gesù Cristo, e io in lui. <Quando si parla> Quando noi siamo in grazia, siamo parte del Cristo, membro, e parte del capo che è Cristo.
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Il Cristo totale è non da solo, ma Cristo più noi. L'addizione: aggiungere. Cristo che è il capo, in più le membra. Ecco: uniti! Quindi diventiamo parte del Cristo; anzi allora soltanto Gesù Cristo è il Cristo totale. Quindi il cristiano è un altro Gesù Cristo.
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San Agostino [dice] chiaro: "Non dire sono di Cristo, ma Christus sum: non solo appartengo a Gesù Cristo, ma sono Cristo. Christus facti sumus. Christus sumus - san Agostino continua -. Christus sumus. Allora totus Christus: risulta il Cristo totale. Ed ecco che siamo in due, perché se c'è la mano e la testa comanda il movimento, ecco c'è la testa e la mano <che> che si muove <e> in conformità e in unione con la testa. La mano appartiene alla testa e quindi tutto il nostro organismo - diciamo - e tutte le membra in sostanza unite col capo siamo uno. Siamo uno! E dice <in certo> a un certo punto: "Il Signore non fa solamente delle teste, ma anche i corpi". L'intera persona.
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Allora siamo assieme a operare e risulta un'opera unica, quando diciamo: "Sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno" e qualsiasi altra cosa che facciamo o che diciamo. Allora il merito, in ipso - ho detto - è di tale valore <che tocca cioè> che raggiunge i confini dell'infinito, se noi sappiamo vivere il mistero di Cristo, il sacramento nascosto in noi. Se voi capirete, leggerete molte volte questo estratto (a). Ma quanto aumentano di meriti le vostre azioni dopo, con lo stesso lavoro, con la stessa fatica! Quindi la grazia di questi giorni di ritiro per cui siete illuminate, questa grazia è veramente grande.
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<Questi> Queste anime che vanno cercando la perfezione in tante maniere, in tante formule, preghiere e atti e libri che si leggono, persone che si sentono, e si va a zonzo <non> non per la strada, si va a zonzo: un pezzo di qua e un pezzo di là... E non si è mai contenti, non si è... Quindi anime complicate, anime che non fan della strada. Su! Arrivare sulla strada che sale. Mirare alle vette, alla santità!
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Poi si aggiunge ancora [a] per ipsum cum ipso et in ipso, est tibi Deo. Est perché c'è lì, è: per ipsum, cum ipso et in ipso. C'è lì il sacrificio, è presente. E il sacrificio che sta li è la glorificazione del Padre. E' l'opera stessa. Quindi da una parte c'è il calice con il sangue, l'ostia <corpo di nostro Signor> fatta corpo di nostro Signore Gesù Cristo: li c'è la condizione del sacrificio, la separazione del sangue dal corpo. Est! Quello che sta lì glorifica Dio!
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Poi bisogna fare l'applicazione: quando si fa un opera buona, li, opera per opera, non si penserà per lo più ad offrire tutta - supponiamo - questa cosa, quell'altra, una piccola azione, ecc. Ma l'azione che è fatta se è fatta bene: per ipsum, cum ipso et in ipso è essa stessa, è l'azione che dà gloria, non tanto <la chia> la parola nostra: vi offro. E' l'atto, è quello che <si> si sta facendo, in sostanza. Allora: Est tibi Deo Patri omnipotenti: tutto <va> sale a Dio! E quindi: omnis honor et gloria, tutto l'onore e la gloria alla santissima Trinità.
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Allora questa formula di preghiera e questa cerimonia nella messa ha come un valore grandissimo e riassume un po' tutta l'ascetica e tutta la mistica. Pregate Gesù buon Pastore che vi faccia fare questo passo importante.
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Ci sono tante prediche che si ripetono nel corso degli esercizi: <e e> e in tutti i corsi si parla dell'obbedienza, si parla della carità, ecc. Tutte queste cose sono necessarie e devono esserci, ma se vi mettete su questa linea, si abbraccia tutto, si supera tutto e si cammina con facilità non solo, ma specialmente con un merito molto più grande. Sì!
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San Paolo parla delle ricchezze <e cio> di Gesù Cristo, e cioè dice san Paolo: "Gesù Cristo si è fatto povero per arricchirci" [cf. 2Cor 8,9], cioè per darci i suoi meriti. Propter [vos] egenus factus est [2Cor 8,9] per questo, si è fatto povero: per applicare a noi le ricchezze sue della grazia.
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E adesso io penso allo Spirito Santo: discenderà <molto be> molto abbondantemente nei vostri cuori in questi giorni. Poi rimane il quarto punto: Maria.

Albano Laziale (Roma)
26 agosto 1964

501

(1) Albano Laziale (Roma), 26 agosto 1964
456 (a) R: svolgersi..
(b) R: per la.
(c) R: propria.

457 (a) V: come in cielo così in terra.

458 (a) R: al.

459 (a) V: creavit Deus.
(b) R: et Verbum erat apud Deum (si omette per ripetizione).

469 (a) R: domina

475 (a) Dossologia eucaristica. Cf. Messale, pag. 808.(b) R: sit.

486 (a) In tono molto scherzoso accompagnato da una risatina.

494 (a) Cf. Estratto riportato in appendice.