VIII. PASTORALE (1)/Vi chiamate Suore/ (a) di Gesù buon Pastore o anche /dette/ (b) Suore Pastorelle. Quest'anno e poi anche già precedentemente al Concilio Ecumenico Vaticano II il primo principale argomento: la pastorale.
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La pastorale che viene applicata nelle varie attività apostoliche, quindi ai catechismi, all'amministrazione dei sacramenti, la predicazione, il governo della parrocchia, i contributi e gli aiuti che occorrono per il lavoro pastorale. Oh. E quindi, anche quando non si tratta direttamente di pastorale, tuttavia gli altri argomenti che si trattano son sempre veduti in ordine alla pastorale. Eh, così!
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Ora, questa scienza pastorale, dobbiamo impararla in primo luogo da Gesù buon Pastore: è lui la pastorale. "Io sono il buon Pastore" [Gv 10,11], è lui, la persona sua è la pastorale. D'altra parte in questi giorni state celebrando la novena dei santi apostoli Pietro e Paolo, i quali sono i due massimi pastori dopo Gesù.
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Pietro, che era ammaestrato come regolarsi nella sua vita; quindi egli direttamente dalla bocca <del> del buon Pastore ha appreso come doveva regolarsi nel seguire le anime: "Pasci i miei agnelli, pasci le [mie] pecorelle" [Gv 21,15; 17], sì.
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San Paolo non vide il Maestro Gesù, per quanto si sappia; non vide Gesù buon Pastore. Però Gesù s'incaricò poi lui di ammaestrarlo, quando Paolo si ritirò nel deserto, e nel deserto /per/ (a) un tempo /di/ (b) tre, quattro anni, allora dedicato alla preghiera, al lavoro, alla penitenza e ancora a quello che riguardava la futura sua missione. E quindi egli divenne il pastore che accompagnò la missione di san Pietro, ciascheduno nella sua posizione: Pietro, il pastore generale della Chiesa; e s. Paolo il pastore che... Allora gli apostoli erano mandati in tutto il mondo. E così san Paolo arrivò a tutte le nazioni /a/ (c) cui potè giungere durante la sua vita. Eh, sì, la scienza pastorale.
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Ma per prepararsi a compiere bene il vostro apostolato, primo: la santificazione propria.
Si fa il bene
a misura che noi siamo buoni
a misura che amiamo il Signore
a misura che amiamo le anime
a misura della nostra delicatezza
a misura dello spirito di fede, speranza e carità.
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Il tempo di preparazione per la vostra vita è propriamente per formare lo spirito pastorale, sì. E d'altra parte, la vostra santificazione dipende tanto dall'amore alle anime e dallo spirito pastorale, sì. Quindi, la preparazione! La preparazione: in primo luogo - ho detto - la santificazione. La vita vostra <e> ha sempre dei passi da farsi e non si può mai dire che abbiamo imparato tutto, no. Noi siamo ammaestrati da Dio, se abbiamo lo spirito buono. Il Signore stesso ci ammaestra con le ispirazioni, con le grazie giorno per giorno.
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La preparazione: prima l'aspirandato e poi a un certo punto c'è la vestizione. La vestizione indica che già si è fatto un passo nella preparazione alla vita religiosa pastorale. E sì, avete già dimostrato, voi che dovete vestirvi, già dimostrato che amate l'istituto dedicato al lavoro pastorale; e che voi stesse, ciascheduna ama le anime e vuole, ognuna, imparare a compiere bene le parti dell'apostolato.
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Quando poi si è vestito l'abito, allora si deve intensificare la preparazione, perché abito vuol dire in latino abitudine. Abito: non l'abito a cui diamo il nome, il vestito, il vestito che portate secondo la vostra divisa; ma <si ri> questo abito, abitudine, vuol dire virtù. Significa virtù.
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Quindi non soltanto l'abito esterno, ma fare un abito interno che è la virtù quanto alla vostra santificazione e, secondo, la virtù quanto alla pastorale, cioè all'apostolato a cui siete chiamate.
Questo, sì! Il tempo /che/ (a) passa fra la vestizione e il noviziato, e poi tanto di più si /intensifica/ (b) nel noviziato, e dopo quando si è fatta la prima professione, nel tempo che passa dalla prima professione alla professione perpetua; allora la formazione resta anche migliorata quanto all'apostolato, se si porta l'impegno.
E cioè primo: lo spirito pastorale, l'amore alle anime: Da mihi animas, cetera tolle [tibi] [Gn 14,21]; ma poi anche le esperienze che si hanno da fare nel tempo in cui si è già fatto la prima professione fino alla professione perpetua.
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Le esperienze. E vi sono, allora, coloro che in questo esercizio di pastorale progrediscono molto, ogni giorno <in> più, ogni giorno più. Ma poi non ci fermiamo mai! Come non dobbiam mai fermarci per la santificazione, così non dobbiamo mai fermarci nel nostro lavoro e cioè nel nostro apostolato, per voi l'apostolato pastorale, quello che il Signore ha affidato.
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E il Papa giorni fa, [nel] mese di maggio ancora, diceva ai religiosi: Ora, in questo tempo è somma importanza che si coltivino le vocazioni religiose, somma importanza! D'altra parte ancora, se la Chiesa è santa, la sua caratteristica di santità si riflette dalle anime che seguono bene gli esempi di Gesù. Ma <le> i religiosi, le religiose dimostrano che [vogliono] non soltanto la vita cristiana, ma dimostrano che vogliono la perfezione e quindi la santità. E sono <una> un'attestazione che la Chiesa attende a formare santi, a formare santi.
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Il Papa poi insisteva in questo: ricordatevi che il vostro superiore è il Papa - parlando ai religiosi -, il vostro superiore è il Papa, sì. E ha fatto sentire bene che dobbiamo seguirlo, dobbiamo accompagnare tutta la sua azione e dobbiamo pensare che il Papa adopera i religiosi, le religiose per le cose più larghe, per le missioni più larghe. Perché un parroco, eh, si limita alla sua parrocchia, il vescovo si limita alla sua diocesi, ma il Papa ha tante iniziative. Le iniziative generali, ecco, queste le affida <al> all'istituto religioso adatto, affida quindi ai religiosi, alle religiose, sì. Perché non siete legate a una diocesi, ma siete legate alla Chiesa universale: dipendete direttamente dal Papa.
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Oh, quindi il Papa aggiungeva poi di amare la povertà: non solo la povertà individuale, personale, ma anche la povertà <sp> che si può chiamare sociale, cioè dell'istituto, della famiglia religiosa. E discende anche a far notare che le case non siano lussuose perché dobbiamo sempre /ricordarci/ (a) che la povertà non è solamente da predicarsi, ma è da praticarsi personalmente e socievolmente, socialmente.
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Poi il santo Padre faceva notare che c'è una tendenza ad allargare per quello che riguarda la castità. E quindi molto ha insistito perché non ci si prendano libertà o di letture o di relazioni o di pellicole del cinéma, oppure per quello che è il tratto con le persone. E l'affetto - diciamo - umano è in primo luogo per l'istituto che è la famiglia vostra. E tutto l'impegno, l'affetto deve essere proprio verso la famiglia vostra. E quindi le confidenze, le relazioni: sempre in casa, sempre nell'istituto!
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Affezionarsi o troppo abituarsi <alle> a relazioni con gli uomini, eh, generalmente si perde; si perde nello spirito oltre che perdere tempo. Certamente l'apostolato richiede che vi siano relazioni, che <si> ci s'impegni per il lavoro pastorale; ma poi per quello che è inutile, ecco, ritirarsi. Ritirarsi e attendere alla vita di famiglia e alla vita di pietà per il progresso continuo.
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E' necessario poi, aggiunge il Papa, che seguiate l'obbedienza sempre, sempre. E' vero che vi sono tante cose che non si possono sottomettere, caso per caso, immediatamente. Ma vi sono <le> gl'indirizzi dati, le disposizioni date. Allora seguire <a> quello che si è imparato quando c'è stata la preparazione all'apostolato, specialmente nel periodo <della> del noviziato e anche nel periodo precedente, <dopo che> nel tempo che intercede fra la vestizione e il noviziato.
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Non bisogna fidarsi così facilmente dei nostri pensieri; non bisogna fidarsi così facilmente di certe libertà, e non bisogna <di> fidarsi, perché qualche volta può venire la tentazione che procede dall'orgoglio, dalla superbia: "Eh, ormai sono avanti... Ormai conosco il mondo... Ormai so fare...". Quando si ragiona così si è sull'orlo del pericolo. Vigilare!
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Conclusione: queste cose che ho indicato: pregare s. Pietro, pregare san Paolo, i due grandi apostoli, i due grandi pastori di anime. Ecco, intercedere perché pratichiamo, quel che adesso abbiam meditato e, progrediamo ogni giorno. *** (a).
Ho i miei ottant'anni, ma mi accorgo che giorno per giorno so niente e son sempre meno, niente.
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Perciò bisogna che noi riflettiamo che le giornate ammaestrano coloro che sono umili e riflessivi. Le giornate ammaestrano. Giorno per giorno s'impara qualche cosa; tanto più mese per mese e anno per anno. Ma chi non riflette, chi non conserva l'umiltà, chi non cerca di imparare da tutto, si riempie e si gonfia di se stesso e diviene un pallone vuoto, che se ci fai [un buco con] uno spillo nel pallone vuoto, cosa capita? Si sgonfia! E niente, il pallone! Si diventa inutili quando si diventa superbi, orgogliosi, fiduciosi in noi.
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E quanto più uno ha delle responsabilità, tanto più sente il bisogno di imparare, di farsi insegnare, <di pre> di pregare, di comportarsi <con> sempre con riguardo, con attenzione, con umiltà. Allora Dio, Dio guiderà. E <la> l'umiltà è la grande ricchezza, e la superbia è <la vi> il grande fallimento della vita. La grande ricchezza è l'umiltà; l'orgoglio, la fiducia in noi è il fallimento.
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Alla fine, quando si conchiuderà la vita, chi sarà sempre stato umile certamente si è arricchito in continuità. Chi invece si lasciasse guidare dall'amor proprio, dall'orgoglio diventerebbe proprio vuoto come un pallone. E siccome ha sempre un po' curato l'amor proprio... E l'amor di Dio? L'amor proprio <non ci ottiene> non ci ottiene il premio, è l'umiltà che ci ottiene il premio eterno. Allora, quello che è scritto: Et exaltavit humiles [Lc 1,52], il Signore esalta gli umili, il Signore esalta gli umili.
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Ecco, ho fatto una meditazione <qualche> una settimana, dieci giorni [fa], in casa madre, Società s. Paolo. In Alba, coi secoli, con la storia, (i secoli che son passati), in quella città son passate persone molto distinte per sapere, per autorità e anche per opere. Ma fra tutti coloro che sono vissuti in Alba uno solo è santificato, canonizzato: un calzolaio, un calzolaio. E nel duomo vi è la cappella più artistica, a sinistra di chi entra, artistica e grande, dedicata a san Teobaldo il calzolaio. Il Signore l'ha esaltato. Umilissimo! Si occupava della pulizia. E quando era vicino a morire, ha pregato che lo seppellissero nel luogo dove lui gettava le spazzature del duomo. Ma il Signore ha provveduto con i miracoli ad esaltarlo. L'umiltà è il segreto della santità, è il segreto della riuscita nell'apostolato pastorale. E' il segreto!
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Quindi la ricchezza nostra è l'umiltà; l'orgoglio è la disgraziata e infelice situazione. Sì, ma voi cercate sempre l'umiltà, come san Pietro, come s. Paolo, che pure hanno compiuto opere così insigni e hanno stabilito le basi della Chiesa.
Albano Laziale (Roma)
20 giugno 1964
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(1) Albano Laziale (Roma), 20 giugno 1964
146 (a) Registrazione disturbata. Dagli appunti di sr. M. Liliana Fava sgbp.
(b) R: detto.
150 (a) R: di.
(b) R: fra.
(c) R: alla.
155 (a) R: in cui.
(b) R: intensificare.
159 (a) R: ricordarsi.
164 (a) Vuoto nel nastro originale.