Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

Effettua una ricerca

Ricerca Avanzata

VII. "SIATE RICONOSCENTI"
Oramai siete vicine <al> al termine, agli esami per la scuola; e vi è da ringraziare il Signore che abbiate potuto frequentare, imparare; e pregare perché la conclusione sia buona con gli esami. Ma quello che mi pare dovervi dire è questo: Grati estote [Col 3,15], quello che dice san Paolo. Siate riconoscenti!
127
La virtù della riconoscenza, della gratitudine ha somma importanza. Riconoscere che tutto viene da Dio. Dio è il principio, quello che è nella scrittura: "Io sono il principio e /il/ (a) fine [Ap 21,6]. E cioè egli ha tutto creato. E il fine, cioè la fine sarà quello che il Signore dirà, quello che il Signore darà.
128
La riconoscenza è umiltà. Che cosa significa riconoscenza? La riconoscenza <signices> significa: riconoscere. Cioè non sono cose che abbiamo conquistato noi, che siano procedute da noi; ma riconoscere che tutto è di Dio. Che se poi si sono ricevuti benefici dagli uomini, bisogna riconoscere che li abbiam ricevuti, e infine vengono da Dio. E chi ci ha fatto dei benefici, chi li ha fatti, è perché ha donato qualche cosa che è da Dio.
129
Creati! E non eravamo nulla, neppure un po' di aria. Nulla! E se siamo cristiani e quindi abbiamo la grazia di Dio, l'uso dei sacramenti, la preghiera, la vita buona, tutto è grazia guadagnata da Gesù Cristo con la sua passione e morte. E se c'è una vocazione e se c'è la buona volontà di farsi santi, è dallo Spirito Santo. Quindi dal Padre, la creazione e tutto; dal Figlio, la redenzione e la sapienza che egli ha insegnato, e la grazia dallo Spirito Santo. Noi siamo dei miracolati di Dio. Non solamente creati, ma dei miracolati. Perché, oltre la vita umana, vi è la vita di grazia, la vita soprannaturale; Vi è in noi la comunicazione dei beni soprannaturali: la fede, la speranza, la carità; e poi tutto quel complesso di beni spirituali.
130
Tutto è da Dio! E il Signore dice: Gloriam meam alteri non dabo [Is 42,8], io non darò mai la gloria mia ad altri. E il superbo quindi è privato delle grazie, l'orgoglioso, perché si serve dei doni di Dio per vantarsene, per insuperbirsi. Ora il Signore, quando non trova l'umiltà in un cuore, il Signore restringe la grazia, le grazie. La più grave disgrazia per un'anima è sempre quella della superbia, perché è a capo degli altri vizi capitali. E' la maggior disgrazia che può incontrare un'anima, quando <si> incomincia a compiacersi di quello che è, e ammirare se stessa, e cercare la stima degli altri, la lode, l'ammirazione. Quando invece un'anima è umile, sa che tutto dev'essere riconosciuto da Dio, come dono di Dio.
131
L'umiltà è il fondamento della virtù. Fondamento negativo, e di sopra si costruisce tutta la santificazione. <Dopo la> Dopo l'umiltà, subito la fede e dalla fede poi tutte le altre virtù. Occorre pensare che l'umiltà è a capo delle virtù, e senza l'umiltà non può venire alcun progresso nella perfezione, nella santità.
132
Domenica sera (a), domenica passata, in Alba si è aperta <la> la funzione, o meglio, si è aperto il complesso delle interrogazioni per la beatificazione e canonizzazione di un nostro discepolo (b). Processo canonico diocesano aperto solennemente. Avevo assistito, partecipato a tre altre aperture di processi canonici, per la beatificazione e canonizzazione; ma si erano (questi processi) aperti umilmente. Poche persone hanno partecipato. Ora invece, domenica, per un discepolo, cioè un religioso laico, non sacerdote, la chiesa di san Paolo era così piena che non conteneva più, eh si può dire, tutte le persone presenti, e anche parecchi stavano nelle cappelle, dove pure non era tanto facile assistere a tutta la funzione.
133
A san Paolo, in primo luogo, è arrivato a venti anni; in secondo luogo gli fu assegnato l'ufficio in cartiera, e poi calzolaio, perché in casa (nelle nostre case grandi) vi è sempre anche chi fa il calzolaio. E tutti quelli che han parlato: Et exaltavit humiles [Lc 1,52], il Signore esalta gli umili. Con quale umiltà faceva il suo lavoro! Con quanta carità e bontà! Alle volte vi sono difficoltà a trovare testimonianze delle virtù, invece quando si è parlato di promuovere questa causa per beatificazione, abbiamo avuto e si son presentati tanti <come per> per testimoniare delle sue virtù, che non si potranno sentire tutti, per non andare troppo per le lunghe, troppo avanti, e perché non duri troppo a lungo il processo.
134
L'umiltà! [Da] tutti ammirato! E se /qualcuno mi avesse/ (a) chiesto - diceva un testimone - sopra qualcheduno sulle virtù delle persone che ho conosciuto, in tutte avrei trovato dei difetti, ma in questo figliolo, no. Sono stato molto con lui accanto a lui; ma in lui non ho trovato alcun difetto. E' vero che, in fondo, qualche difetto, difettuccio l'abbiamo, ci possono essere le imperfezioni. Exaltavit humiles! [Lc 1,52].
135
In Alba si son succedute tante persone molto stimate, ma soltanto [uno] è stato - diciamo - canonizzato nel modo di quel tempo. Solo [per lui] è stata costruita una cappella grande, /per/ (a) chi entra in duomo a sinistra, una delle cappelle principali: dedicata a san Teobaldo. Era anche lui calzolaio. E quando gli rimaneva tempo, andava in duomo ad aiutare per le funzioni e per gli addobbi e specialmente per <sco> ripulire, <spaz> spazzare il duomo. E quando era in punto di morte, domandò che lo seppellissero nel luogo dove ci stava <le> la spazzatura, dove gettavano la spazzatura, tale era l'umiltà. E quando però morì (era ormai notte, sera tardi, ormai notte) le campane han suonato da sé. Come se il suono lieto delle campane accompagnasse quell'anima benedetta al paradiso.
136
Occorre che abbiamo l'umiltà. Il riconoscere i benefici è grande virtù: gratitudine, <o se o> o - la vogliamo chiamare - riconoscenza. L'umiltà! Se vi è l'umiltà nel cuore, vi saranno continuate benedizioni sui vostri passi. E sempre tenere presente ciò che è scritto nelle costituzioni e cioè: Recumbe in novissimo loco [Lc 14,10], mettiti sempre all'ultimo posto, ecco. E' quello che Gesù buon Pastore ha detto ai suoi apostoli: Recumbe in novissimo loco [Lc 14,10], sì.
137
Allora la conclusione dev'essere questa: scrutare nei nostri cuori se ci sono dei <germini> germi di orgoglio, di vanità, di vana compiacenza, di superbia, di ricerca della lode e della stima, di mettersi in mostra... Cercare se vi sono germi che indicano il progredire di quello che è la superbia. Oppure cercare se in noi già vi è una continua riconoscenza di Dio. Se in continuità noi sentiamo sempre il bisogno di esser riconoscenti, grati a tutte le persone che ci fanno del bene: ai genitori, al parroco, a chi ha fatto scuola, ai confessori, ai predicatori, alle maestre, a tutte le insegnanti, a tutti quelli che pensano alla parte economica: e il vestire, e il mangiare, e l'alloggio, ecc., tutto.
138
Sempre riconoscere! Sempre riconoscere! E riconoscere che la nostra scienza è ben limitata, che le nostre virtù sono ben scarse, anche quando abbiamo fatto qualche sforzo di migliorare. E poi, in riguardo alla stessa vocazione, tutto. L'umiltà! Riconoscer che tutto è da Dio.
139
Per riconoscere se vi è in noi la superbia, occorre che entriamo nell'intimo del cuore; perché è un vizio molto profondo del cuore umano, se vien combattuto, e perché è difficile scoprire l'orgoglio, la vanità. Alle volte è più facile perché lo si mostra anche esteriormente nel comportamento, nel parlare, nell'operare, nel ministero, nell'ufficio che si ha, ecc. Scoprire in noi quello che da una parte è ingratitudine e dall'altra parte è superbia, sì. Oh, combattere quindi con tutte le forze la vanità, la superbia.
140
La vanità e la superbia si nutrono anche di cose che sono anche umilianti alle volte. E tuttavia la vanità umana va persino a gloriarsi di essere astute e di mancare senza essere scoperti e di coprire i difetti, sì. Riconoscenza perciò. E la riconoscenza è la virtù che ci porta all'umiltà.
141
In questo tempo abbiam o da pensare: il mese di giugno è da dedicarsi a san Paolo e a san Pietro, perché /al/ (a) termine del mese: la festa dei santi apostoli Pietro e Paolo. Pietro umilissimo, umilissimo. Quando venne condannato a morte domandò, giacché volevano crocifiggerlo, che venisse crocifisso con la testa in giù, pensando che non era degno di essere crocifisso con la testa in su, come era avvenuto per il Maestro divino, per Gesù buon Pastore.
142
E san Paolo? San Paolo, la sua umiltà: egli a tutti serviva. Riconosceva la vita come un servizio. L'apostolato è servizio alle anime, sì. E quante volte ricordava la sua gioventù, quando ancora non era convertito perché ancora non aveva conosciuto Gesù Cristo. E nelle stesse lettere e poi nei suoi discorsi, di tanto in tanto allude a quello che era stato di lui nella gioventù.
143
In questo mese chiedere ai santi apostoli Pietro e Paolo l'umiltà del cuore: "Imparate da me, /che son mansueto/ (a) ed umile di cuore" [Mt 11,29]. Non umiltà fatta di parole, di proteste, di atteggiamenti; ma Gesù vuole l'umiltà del cuore: che siamo nulla, e a nostro conto ci sono ancora i difetti e i peccati. E nulla <per no> per noi, nulla meritiamo per noi, ma se le grazie le chiediamo, dobbiamo chiederle per i meriti di Gesù Cristo, come insegna la Chiesa: per Christum Dominum nostrum, per Jesum Christum.
Non che meritiamo, ma che il Signore Gesù applica i suoi meriti a noi e le preghiere che possiamo fare e le grazie che dobbiamo ottenere. Non mettere avanti i nostri meriti, ma quelli di Gesù Cristo: Per Christum Dominum nostrum. Sì!
144
Sia bello, buono il mese, e poi benedico anche i vostri esami: che concludiate bene l'anno scolastico con gioia. E tuttavia sempre, anche se l'esito è il più felice, sempre dobbiamo riconoscere: tutto è da Dio. Tutto, solo e sempre da Dio. Guardiamo di non perdere i meriti, dopo aver lavorato e studiato, e magari anche che uno si sia sacrificato, non compiacersene; se no si perde ancora il merito. Non compiacersene, mai! Solo, sempre, tutto a Dio. Grati estote [Col 3,15], siate riconoscenti.

Albano Laziale (Roma)
3 giugno 1964

145

(1) Albano Laziale (Roma), 3 giugno 1964

128 (a) V: la

133 (a) Seconda domenica dopo Pentecoste (31-5-1964).
(b) Si tratta del Fratel Borello Riccardo Andrea (n. 8-3-1916; m. 4-9-1948) della PSSP, di cui si inizia l'introduzione della causa di beatificazione il 31-5-1964 presente don G. Alberione.

135 (a) R: Qualunque mi avessero.

136 (a) R: di.

142 (a) R: il.

144 (a) V: perché sono dolce.