Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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SAN PAOLO
Casa Generalizia; Roma
OTTOBRE 1962

AVE MARIA, LIBER INCOMPREUENSUS. QUAE VERBUM ET FILIUM PATRIS MUNDO LEGENDU1H EXHIBUISTI (S. EPIPHANIUS EP.)

LA NOSTRA SPIRITUALITÀ

Riceviamo e pubblichiamo l'articolo che merita la nostra attenzione:
Sovente, specie in questo tempo, sentiamo il nostro Rev.mo Primo Maestro raccomandarci: «Pietà, ma di colore paolino!».
E noi stesse tante volte diciamo che il nostro spirito è «lo spirito paolino». Ed è esatto e piacevole. Ma se ci si domandasse a bruciapelo: «Qual'è lo spirito paolino», sapremmo rispondere, senza imbarazzo?
Ripassiamoci alcuni concetti circa questo nostro spirito, che è tutto incentrato su Gesù Maestro, Via, Verità e Vita. Anzi, come ci disse ultimamente il Primo Maestro, la nostra stessa vita Paolina onora Gesù Maestro, Via, Verità e Vita. Infatti la giornata è alternata da doveri di studio, di apostolato e di pietà; attraverso lo studio noi onoriamo Gesù Maestro Verità: attraverso l'apostolato, Gesù Via; attraverso la pietà, Gesù Vita. Sublime realtà che dovremmo approfondire davanti al Tabernacolo: allora, non finiremmo più di ringraziare il Signore d'averci dato una vocazione così bella.
Quando la Chiesa approva un Istituto nuovo, esamina sempre queste due cose: lo spirito e l'apostolato della nuova Famiglia. Che il nostro apostolato sia sublime, nonostante il cumulo di sacrifici che impone, è indiscutibilmente certo. Ma che lo spirito nostro sia incomparabilmente più grande e più bello dell'apostolato, è una verità a cui forse poche volte pensiamo e della quale più poche volte ancora ci rendiamo conto.
E allora, può capitare che, scemati i primi entusiasmi dell'apostolato, se non si è sostenute dall'ideale che ha il suo fulcro nella spiritualità Paolina, ci si smarrisce lungo la via, ci si adagia e, senza forse avvedercene, si torna indietro. Non si vede più, perché ci si è poste nel buio, si è trascurata la Luce: «Io sono la Luce!».
Apriamo le nostre Costituzioni e leggiamo : «La pietà delle Figlie di S. Paolo deve nutrirsi specialmente con lo spirito di Gesù Divino Maestro che è la Via, la Verità e la Vita, affinché progrediscano veramente in Sapienza, Grazia e Virtù..., amando Iddio con tutta la mente, tutta la volontà, tutto il cuore e le opere».
Lo spirito paolino, è lo spirito della devozione integrale, totalitaria.
Non onora soltanto una parte di Gesù, come sarebbe il suo Cuore, ma tutto Gesù. E non fa andare a Lui soltanto con una parte di noi stessi, come sarebbe il sentimento (compatire i suoi patimenti, per esempio), ma fa andare a Lui con tutti noi stessi, in ogni nostra facoltà.
Quando Gesù ha voluto dare una definizione completa di Se stesso, ha detto: «Io sono la Via, la Verità e la Vita». Orbene, noi, vivendo lo spirito paolino, dobbiamo aderire a Gesù Maestro, Via, Verità e Vita.
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a) A Gesù VERITÀ' diamo l'adesione della nostra MENTE, mirando non solo ad avere i pensieri e i giudizi di Gesù Maestro, ma a fondere la nostra mente con la Sua, a far sì che sia Lui che pensa e ragiona in noi.
Com'è possibile arrivare a quest'altezza?
Gradatamente, attraverso convinzioni profonde, basate sul Vangelo e sui Libri Sacri. Così la Fede si sviluppa e la nostra mentalità diventa veramente evangelica. Oh, il grande vantaggio della Meditazione, delle varie e molteplici letture spirituali che ci sono prescritte!... Vigilare serenamente, costantemente perché la nostra mente rifletta la Mente di Gesù. Domandarci di tanto in tanto: Gesù avrebbe pensato così? condividerebbe questo giudizio? Togliere, quindi, i pensieri, i giudizi, i ragionamenti nostri; e mettere pensieri, giudizi, ragionamenti di Gesù, come ampiamente spiega il Primo Maestro nell'«Apostolato Edizione».
b) A Gesù VIA diamo l'adesione della nostra VOLONTÀ' che si sforza di camminare sulle sue orme, che cerca di ricopiarlo nella pratica della virtù che forma l'oggetto del nostro proposito principale; volontà che cerca di aderire a ogni manifestazione della volontà di Dio, fino a non avere più volontà nostra, fino a conseguire un'amorosa fusione di volontà. Non solo conformità di volontà con Dio e, quindi, con chi ce lo rappresenta o manifesta (Superiori, avvenimenti, circostanze, ecc.) ma uniformità, per amore. Speranza che mira a conquistare la santità «con le buone opere che dobbiamo e vogliamo fare».
Oh, il frutto benefico dei nostri molteplici esami di coscienza, specie di quello particolare, durante la Visita! L'esame ci fa constatare le nostre deficienze non per scoraggiarci, ma per spronarci al traguardo : «Siate perfetti come il Padre che è nei Cieli».
c) A Gesù VITA diamo tutta l'adesione del nostro sentimento, del nostro CUORE, mirando ad arrivare qui: non avere più palpiti nostri, ma sia il Cuore del Maestro Divino a palpitare in noi, nell'amore al Padre e ai Fratelli, conforme al nostro motto: «Gloria Deo, pax hominibus». Carità soprannaturale verso Dio, per cui ci si spende nell'apostolato con generosità e amore, ricordando che «nessuno ha maggiore carità di colui che dà la vita per i suoi fratelli». Cuore paolino, che non conosce riserve. Ma poiché noi siamo l'impotenza stessa, e l'apostolato è vantaggioso solo quando è vivificato, permeato di grazia, e la Grazia è la vita dell'anima, attingiamo abbondantemente questa Grazia da Gesù Vita: per noi e per le anime tutte. Come? attingendo molto dai Sacramenti, specie dalla SS. Eucarestia (Messa, Comunione, Visita) e vivendo intensamente non solo la Liturgia, ma lo spirito liturgico. Vita interiore, riattivata di tanto in tanto; Comunione continuata nel giorno, perfezionata nella Visita di ogni giorno; e frequenti atti di amore. Ma specialmente amore nel dovere, qualunque esso sia.
Allora, l'apostolato diventa un bisogno, una necessità. E le parole di S. Paolo trovano un'eco fedele nel cuore delle sue Figlie: «Chi è infermo senza che io ne soffra? chi si scandalizza, senza che io ne arda?».
Allora, ci sarà serenità di vita e, quindi, gioia che si effonde anche nell'esterno; fecondità di vita apostolica; progresso costante fino al «Mihi vivere Christus est».
«Si è tanto più paolini, quanto più si vive di questo spirito e in questo spirito» ha affermato recentemente il Rev.mo Primo Maestro.
Conoscere, imitare, vivere Gesù Maestro, sulle orme di S. Paolo, con Maria Madre, Maestra e Regina nostra: ecco sintetizzato il nostro spirito.
Portare quest'ideale in ogni nostra pratica di pietà, nello studio, nell'apostolato, nella vita, mirando a conseguire non solo l'unione con Gesù, ma - per usare un'espressione cara al Servo di Dio Timoteo Giaccardo - «l'unità con Lui».

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Vero concetto della personalità

La genuina definizione ed il commento della personalità vengono descritti magistralmente da P. Amato Dagnino «La vita interiore» (pag. 903, terza edizione). Troppo spesso il vero senso della parola viene frainteso.
«La personalità umana, con i suoi caratteri propri, è, in realtà, la più nobile e la più strabiliante opera della creazione» (Pio XII, al XIII Congresso internazionale di psicologia applicata, 10-4-58).
E' ancora Pio XII, che ci dà il vero concetto della personalità: «Imprimete nella coscienza dei giovani, il genuino concetto della libertà, della vera libertà... Essa è ben altra cosa che dissoluzione e sfrenatezza: è invece provata idoneità al bene; è quel risolversi da sé, a volerlo e a compierlo; è la padronanza sulle proprie facoltà, sugli istinti, sugli avvenimenti».
Chi non ha un'idea adeguata del vero concetto di personalità, può pensare che essere umili, ubbidire, riconoscere i propri torti, osservare esattamente le regole e i doveri del proprio stato, ecc. siano indizi di una personalità poco spiccata. Quanto queste originali idee, che sono chiaramente imparentate con quelle di donna Prassede (Promessi Sposi), vadano d'accordo con la definizione pontificia e col concetto esatto di personalità, ognun lo veda da sé.
Sicché la personalità nel suo vero e più elevato significato, può essere ridotta in questi termini: lo sviluppo pieno della personalità è proporzionale al lavoro che l'anima compie per tradurre in pratica il concetto filosofico di persona: esse sui iuris, individuus, indipendente. Essa sarebbe «il termine costruttivo e continuo», per acquistare la padronanza sulle proprie passioni (personalità psicologica), la fedeltà costante al proprio dovere (personalità morale), la capacità di proiettarsi sul prossimo (personalità sociale).
Sulla personalità morale Pio XII ne dà il concetto in questi termini: «Presa di posizione volontaria e determinazione a non allontanarsi dal dovere». E sulla personalità sociale: «Il senso della comunità e la vostra volontà di servirla devono caratterizzare il vostro atteggiamento intimo e la vostra attività professionale» (Discorso agli Esperti in contabilità, 10 - 1 - 1954).
Una personalità completa deve dunque avere questo triplice aspetto che però può ridursi ad uno solo, più unitario; ed è questo: completo autopossesso, nella completa eliminazione di ogni appetito disordinato a sé e alle creature. L'espressione scritturistica che la caratterizza è: «L'anima mia è sempre nelle mie mani» (Sai. 118). Il modello ideale di una personalità pienamente sviluppata è Gesù.
Il P. Garigou-Lagrange nella sua opera «Il senso comune», ha scritto una bellissima pagina sul vero concetto di personalità che conviene meditare: «L'uomo non sarà mai pienamente una persona, un per se subsistens, per se operans, che nella misura in cui la vita della ragione e della libertà dominerà quella dei sensi e delle passioni; altrimenti rimarrà come l'animale; un semplice individuo, schiavo degli avvenimenti, delle circostanze, sempre rimorchiato da qualche altra cosa, incapace di dirigersi lui stesso; sarà una parte, non un tutto...
(Cioè, sarà diviso secondo il numero degli appetiti disordinati).
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Sviluppare la propria individualità, significa vivere della vita egoistica delle passioni, farsi centro e finire con l'essere schiavi di mille beni passeggeri che ci portano la gioia di un momento.
La personalità invece, si sviluppa in misura in cui l'anima si eleva al di sopra del mondo sensibile, s'attacca più strettamente, con l'intelligenza e con la volontà a tutto ciò che costituisce la vita dello spirito.
(Lascia cioè i valori relativi che passano, per attaccarsi su quelli assoluti che rimangono, perché spirituali ed eterni).
I filosofi hanno intravisto tutto ciò, ma, soprattutto i Santi, hanno compreso che il pieno sviluppo della nostra povera personalità, consiste nel perderla, in qualche maniera, in quella di Dio, che solo possiede la personalità in senso perfetto, perché Egli solo è assolutamente indipendente nell'essere e nell'agire... Per questo, nell'ordine della conoscenza e dell'amore (solo in quell'essere sarebbe panteismo), i Santi si sono sforzati di sostituire, in qualche maniera, alla loro personalità quella di Dio, morendo a se stessi, perché Dio regnasse in loro; si sono armati d'un odio santo contro il loro io; hanno cercato di mettere Dio al principio dei loro atti, non agendo secondo le massime del mondo..., ma secondo le idee e le massime di Dio, ricevute dalla fede; hanno cercato di sostituire alla loro volontà la volontà di Dio... Hanno compreso che Dio doveva diventare un altro io, più intimo a se stessi che il proprio io: che Dio era più essi stessi, che essi stessi, perché Egli io è eminentemente...; hanno cercato di farsi qualche cosa di Dio: quid Dei; hanno così acquistato Za più potente personalità che si possa concepire; hanno acquistato, in un certo senso, ciò che Dio possiede per natura: l'indipendenza nei riguardi di tutto il creato... Il Santo può dire con Paolo: «Non son più io che vivo, ma è Cristo che vive in me...» (Gal. 2, 20).
«Gesù, uomo-Dio», continua l'eminente Teologo, «appare come il termine verso il quale si sforza invano di tendere ogni santità; l'io di Gesù era quello divino, non umano: tale è la ragione ultima della maestà infinita delle parole: «Io sono la via e la verità e la vita» (Gv. 14, 6). Così dovrebbe essere di noi: l'io umano dovrebbe scomparire ed essere sostituito dal super-io divino di Gesù...».
Questa sublime dottrina, ben capita e meditata, dovrebbe farci vibrare fino nell'intimo dell'anima.
Non potremmo mai diventare più grandi che sforzandoci di diventare santi.
Il P. Dagnino dice in altra parte:
L'educazione cristiana non stronca la personalità né le doti del temperamento, ma dà la vera personalità, regola e gerarchizza le buone doti del temperamento. «L'educazione cristiana della coscienza», precisa Pio XII, «non trascura affatto la personalità... non stronca l'iniziativa, poiché ogni sana educazione mira a rendere superfluo, a poco a poco, l'educatore e l'educato indipendente entro i giusti limiti».
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