Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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VANGELO SECONDO S. LUCA

S. Luca è l'autore del terzo Vangelo. Egli stesso dà il motivo ed il fine dell'opera sua. Tutti i Padri riconoscono in S. Luca, il più elegante scrittore del N. T., l'eco delle idee e delle parole di S. Paolo. Non però soltanto da Paolo, ma anche dagli altri Apostoli attinse il Vangelo che destinò ai Gentili.
Il fine che si è proposto di conseguire l'Evangelista è la verità, cioè la confermazione che vuol dare alla dottrina di cui è già istruito Teofilo. Luca perciò non dà una prima istruzione, ma intende comunicare a Teofilo per mezzo di fatti storici narrati con ordine, l'assoluta certezza della fede.
Riguardo alla composizione del terzo Vangelo, vediamo una grande somiglianza di materia e di ordine tra S. Marco e S. Luca; onde quasi tutti sono d'accordo nell'ammettere la dipendenza di S. Luca da San Marco; ed il secondo Evangelista sarebbe uno di quelli che scrissero prima di Luca.
Luca scrive per i Greci: infatti lascia molte cose che non possono interessare i Gentili, e d'altra parte riferisce studiosamente quanto può tornare loro di lode.
Il terzo Vangelo non solo è scritto in stile elegante, ma è una vera opera di storia nel senso d'allora, con i documenti ordinati, col suo prologo e la sua idea, e compie i due primi Vangeli, diffondendosi più a lungo sull'infanzia di Gesù.

GLI ATTI DEGLI APOSTOLI

Il libro degli Atti degli Apostoli, secondo quanto attesta S. Luca stesso, è la seconda parte di un'opera unica. Il termine del terzo Vangelo e il principio degli Atti sono talmente connessi, da poter affermare che così volle intendere l'autore. È quindi probabile che l'autore nello scrivere la fine del Vangelo avesse già il disegno della seconda parte della sua opera.
Gli «Atti» mostrano chiaramente il discepolo di San Paolo: si può dire anzi che la maggior parte del libro parla dell'apostolato di S. Paolo.
Lo scopo del libro si può ridurre a queste parole: «Mi sarete testimoni in Gerusalemme e in tutta la Giudea, e nella Samaria e fino all'estremità della terra».2 Di fatti S. Luca narra come gli Apostoli in virtù dello
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Spirito Santo resero testimonianza a Cristo da Gerusalemme fino a Roma.
Gli «Atti» sono il seguito, il complemento, la corona del Vangelo; si possono dire il Vangelo in compendio e in pratica, perché narrano la vita della Chiesa, i trionfi della grazia e delle virtù cristiane. Sono pure la necessaria introduzione alle lettere di S. Paolo e degli altri Apostoli, che, senza gli Atti, in alcuni luoghi sarebbero incomprensibili.

CONSIDERAZIONE XXI

La S. Scrittura cancella i peccati

«Non dimenticherò in eterno le tue leggi,
ché con esse m'hai ridata la vita».
(Sal 118/119,93).


In questa terza parte vedremo come la sacra Scrittura sia sorgente di vita per l'anima nostra, e cioè come la lettura di essa libera l'anima dal peccato, la fortifica, la protegge dalle tentazioni; di più, come essa cancelli il purgatorio, accresca l'amor di Dio e serva per tutte le pratiche di pietà: meditazione, visita al SS. Sacramento, esame di coscienza, ecc.
In questo primo giorno della terza decina del mese, vedremo come la lettura della Bibbia purifichi l'anima dal peccato e, distaccandola dalle cose della terra, l'innalzi fino al cielo.

* * *

Il Sacerdote dice, nella S. Messa, una preghiera brevissima, ma piena di senso e di mirabili
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effetti: «Per evangelica dicta, deleantur nostra delicta - per le parole del Vangelo, sian cancellati i nostri delitti».
In tre modi le sacrosante parole del Vangelo cancellano i nostri peccati. Prima di tutti perché
a) La lettura della Bibbia è un Sacramentale. Sappiamo che chiunque riceve un Sacramentale, per es. fa il segno della Croce, con l'acqua benedetta, ottiene il perdono dei peccati veniali; così avviene a chi legge la S. Scrittura; ottiene veramente il perdono dei peccati veniali commessi.
Una pagina di Vangelo, letta con retta intenzione e con dolore dei propri peccati è sufficiente a liberare e purificar l'anima da tante imperfezioni.
b) Perché eccita in noi l'amor di Dio. L'anima di chi legge la Bibbia, accetta volentieri la parola di Dio, la gradisce e si figura di riceverla dalle mani stesse del suo buon Padre Celeste, che per ben settantadue volte si degnò d'impugnar la penna e scriverle. E legge quei sacri libri come un figlio affezionato legge la lettera del padre lontano; si prostra ai piedi di Dio e con umiltà e confidenza ripete, col giovanetto Samuele: «Loquere, Domine, quia servus tuus audit te - Parla, o Signore, ché il tuo servo ti ascolta».3
È un atto di amore: la Chiesa infatti prescrive che ogni Sacerdote, dopo aver letto, nella S. Messa, il sacro testo del Vangelo, lo baci; ed il B. Cottolengo4 lo faceva con tanto affetto e amore che gli astanti lo notavano e dopo la S. Messa si dicevano l'edificazione ricevuta da quell'atto.
Il santo prete dopo la lettura del brano evangelico, si accendeva talmente di amore, che
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la sua faccia diventata color di brace, e baciando il Messale, sembrava volesse succhiare da quello le sublimi verità in esso contenute.
Oh! chi veramente ama le parole di Dio si può raffigurare5 alle turbe che, attratte e assetate della dottrina di Gesù, si accalcavano attorno a Lui per udire le sue parole: «turbae irruerunt in eum ut audirent verbum Dei».6
Eccoci l'esempio ammirabile della SS. Vergine. Essa, nel raccoglimento e nel dolce silenzio, sapeva raccogliere ogni parola che usciva dalle divine labbra del suo figliuolo Gesù e gelosamente le conservava e le meditava nel suo cuore: «Maria autem conservabat omnia verba haec, conferens in corde suo».7
Chi molto ama la S. Scrittura, molti peccati gli saran perdonati; come infatti avvenne di Maria Maddalena che, avendo amato molto, molto le fu perdonato: «Remittuntur ei peccata multa, quoniam dilexit multum».8
Nessuno ama di più il Signore di colui che non vuole altro se non ciò che Egli vuole.
Ora chi abitualmente legge la S. Scrittura, a poco a poco si trova i suoi desideri divinizzati fino a desiderare solo ciò che desidera il Signore, ed a volere solo ciò che Egli vuole.
c) In terzo luogo la S. Scrittura dispone l'anima ad ogni perdono. Chi legge la Bibbia, se ancora è nel peccato, presto o tardi cambierà. E questo perché la lettura della Bibbia è preghiera efficacissima; ora noi sappiamo che chi prega ha ogni grazia; la prima delle grazie è appunto la liberazione dell'anima dal peccato.
A prova di ciò si potrebbero portare moltissimi fatti di peccatori convertiti alla lettura della S. Scrittura. Ricordiamo solo quello di S. Ilario che si converte alla fede di Cristo leggendo il primo capitolo del Vangelo di S. Giovanni;
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il filosofo S. Giustino si convertì alla lettura dei Salmi; S. Teofilo d'Antiochia e Atenagora, leggendo i Vangeli; il ministro anglicano Federico Guglielmo Faber, ebbe la luce della fede cristiana, dopo aver udito il canto del salmo «Laudate pueri Dominum»,9 e tantissimi altri.
La lettura del Vangelo, non solo toglie il peccato dall'anima, ma la trasforma, e le comunica una forza tale, da renderla capace a raggiungere con l'aiuto della divina grazia, le più alte vette della santità.
Provate a dare la Bibbia in mano a un peccatore, egli non potrà continuare nel suo peccato.
Ecco il giovane cavaliere Ignazio, disteso in un letto perché ferito ad una gamba: chiede, per far passare il tempo, qualche romanzo ove siano narrate le gesta di qualche ardito paladino; ma la Provvidenza dispone che gli siano portati libri santi, fra i quali il S. Vangelo. Quelle letture furono per lui una rivelazione e il vero colpo di grazia; sappiamo che uscì dall'ospedale, non più quel cavaliere di Lojola, ma l'eroico cavaliere di Cristo.
Il demonio ben sa la forza che i libri sacri comunicano all'anima, e per questo fa tutti gli sforzi per allontanarli dalle mani dei fedeli. Noi invece portiamoli sempre indosso, almeno una pagina, come facevano i primi cristiani, e ciò sarà una potente salvaguardia dalle sue diaboliche tentazioni.

ESEMPIO. - Silvio Pellico.10 - Il giovane patriota, languente, per intrighi politici, sotto i «Piombi» di Venezia, ebbe dalla solitudine e dal rigore della cella dei salutari effetti pel bene della sua anima.
Nel carcere era permessa al Pellico la lettura; ed egli tra i libri prediligeva la S. Bibbia. L'aveva, è vero, lasciata
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da parte in giorni torbidi, aveva anche permesso che un leggero strato di polvere la ricoprisse; ma un giorno la difese con coraggio dinanzi alla sfrontatezza ignorante del figlio del secondino e l'ebbe d'allora sempre cara.
Andato, infatti, un giorno da lui «uno de' ragazzi del custode - così racconta il Pellico - accarezzandomi, disse: Dacché ella non legge più quel libraccio, non ha più tanta melanconia, mi pare.
- Ti pare? - gli dissi.
E presa la Bibbia, ne tolsi col fazzoletto la polvere, e sbadatamente apertala, mi caddero sotto gli occhi queste parole: Et ait ad discipulos suos: Impossibile est ut non veniant scandala: vae autem illi per quem veniunt! Utilius est illi si lapis molaris imponatur circa collum eius et proiciatur in mare, quam ut scandalizet unum de pusillis istis.11
Fui colpito di trovare queste parole, ed arrossii che quel ragazzo si fosse accorto, dalla polvere ch'ei sopra vedeavi, ch'io non più leggeva la Bibbia e ch'ei presumesse ch'io fossi divenuto più amabile divenendo incurante di Dio.
- Scapestratello! - gli dissi con amorevole rimprovero e dolendomi d'averlo scandalizzato. - Questo non è un libraccio, e da alcuni giorni che nol leggo, sto assai peggio...
Il ragazzo era uscito: ed io provava un certo godimento d'aver ripreso in mano la Bibbia, d'aver confessato che io stava peggio senza di Lei. Mi pareva d'aver dato soddisfazione ad un amico generoso, ingiustamente offeso; di essermi riconciliato con esso...
Posi la Bibbia sopra una sedia, m'inginocchiai in terra a leggere, e quell'io che sì difficilmente piango, proruppi in lagrime...».12

FIORETTO. - Fare oggi tre mortificazioni affinché sia sempre meglio penetrato il vero senso della Bibbia.

CANTICO [#]

Veramente tu sei un Dio nascosto,
Dio d'Israele, salvatore!
Saranno svergognati e confusi
quelli che si ergono contro di te;
se ne andranno con ignominia i fabbricatori di idoli.
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Israele sarà salvato dal Signore con salvezza eterna;
non sarete coperti di vergogna né di ignominia per l'eternità.
Poiché così parla il Signore che ha creato i cieli,
egli che è Dio, che ha formato e fatto la terra;
egli l'ha stabilita, non l'ha creata caotica e informe,
ma l'ha formata perché sia abitata:
«Io sono il Signore e non ve n'è altri.
Non ho parlato in segreto,
in un angolo di regione tenebrosa.
Non ho detto alla discendenza di Giacobbe:
Cercatemi invano.
Io sono il Signore, che dico ciò che è retto,
che annuncio cose vere.
Radunatevi e venite,
avvicinatevi insieme, scampati delle nazioni!
Sono ignoranti quelli che trasportano
il loro simulacro di legno,
e pregano un dio che non può salvare.
Annunciate, presentate le prove,
consultatevi pure insieme!
Chi aveva fatto intendere ciò nel passato,
chi l'aveva annunciato da allora?
Non sono forse io, il Signore?
Non c'è altro Dio all'infuori di me;
un Dio giusto e salvatore non c'è all'infuori di me!
Volgetevi a me e sarete salvi,
voi tutti confini della terra!
Perché io sono Dio e non ve n'è altri!
Ho giurato per me stesso,
dalla mia bocca è uscita la giustizia,
una parola che non sarà revocata:
sì, davanti a me si piegherà ogni ginocchio,
per me giurerà ogni lingua,
dicendo: Solo nel Signore si trova la giustizia e la potenza».
A lui verranno coperti di vergogna,
tutti quelli che fremevano contro di lui.
Per il Signore sarà giusta e si glorificherà
tutta la discendenza di Israele.

(Is 45,15-25).13


LETTURA

Gesù rimprovera i mormoratori

I Giudei adunque mormoravano di lui perché aveva detto: Io sono il pane disceso dal cielo. E dicevano: Non è costui Gesù, figlio di Giuseppe, del quale conosciamo il padre e la madre? Come fa ora a dire: Sono disceso dal cielo? Gesù rispose loro: Non mormorate tra voi. Nessuno può venire a me se non lo attiri il Padre che mi ha mandato, ed io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Sta scritto nei profeti: Saran tutti ammaestrati da Dio. Chiunque pertanto ha udito ed ha imparato dal Padre viene a me. Non già che alcuno abbia veduto
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il Padre, eccetto colui che è da Dio: questi ha veduto il Padre. In verità, in verità vi dico: chi crede in me ha la vita eterna.

(Gv 6,41-47).


PREGHIERA DI ESDRA

Dio mio, io sono confuso, e mi vergogno di alzare verso di te la mia faccia, perché le nostre iniquità si sono moltiplicate sopra la nostra testa, e i nostri delitti son cresciuti da arrivare fino al cielo, dal giorno dei nostri Padri. E anche noi abbiamo peccato gravemente fino a questo giorno: per le nostre iniquità, noi, i nostri re e i nostri sacerdoti siamo stati abbandonati nelle mani dei re della terra, alla spada, alla schiavitù, al saccheggio, all'obbrobrio; come si vede anche oggi. È da poco, da un momento che la nostra preghiera s'è alzata verso il Signore Dio nostro, affinché ci fossero lasciati dei resti, e ci fosse un piòlo nel suo santo luogo, e il nostro Dio illuminasse i nostri occhi, e ci desse un po' di vita nella nostra servitù. Noi siamo servi; ma il nostro Dio non ci ha abbandonati nella nostra servitù, anzi, ha piegato sopra di noi la sua misericordia davanti al re dei Persiani, per darci vita, rialzare la casa del nostro Dio, ristorarne le rovine, e darci un ricovero in Giuda e Gerusalemme. Ed ora, o Dio nostro, che diremo noi dopo tali cose! Se abbiamo abbandonati i tuoi comandamenti, da te intimati per mezzo dei profeti, dicendo: La terra in cui entrerete in possesso è terra immonda per le abbominazioni di coloro che da un capo all'altro l'han riempita con le loro contaminazioni. Voi dunque non dovete dare le vostre figlie ai loro figli, né prendere le loro figlie per i vostri figli, non dovete mai cercare la loro pace e la loro prosperità, per essere forti, mangiare i beni di questa terra e avere in perpetuo per eredi i vostri figli. Or, dopo tutto quello che ci è venuto addosso a causa delle nostre pessime opere e del nostro grande peccato, tu, o Dio nostro, ci hai liberati dalle nostre iniquità, ci hai data la salute, come oggi si vede, perché non si tornasse a conculcare i tuoi comandamenti, a unirci nei matrimoni coi popoli dati a tali abbominazioni. Sei tu forse irato con noi fino allo sterminio, da non lasciarci nemmeno un residuo per salvarci? Signore Dio, tu sei giusto e non per questo per essere salvati siamo rimasti, come oggi si vede. Eccoci davanti a te col nostro peccato, e non potremo dopo questo sussistere dinanzi a te.

(Esd 9,6-15).


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2 At 1,8.

3 1Sam 3,10.

4 L'esempio di san Giuseppe Benedetto Cottolengo è particolarmente vivo (cf. nota 11 di p. 204).

5 Raffigurare, verbo improprio per paragonare.

6 Lc 5,1. La Vulgata recita: «Cum turbae irruerent in eum ut audirent verbum Dei...»; e la CEI, al v. 2, traduce così: «Mentre... la folla gli faceva ressa intorno per ascoltare la parola di Dio...».

7 Lc 2,51.

8 Lc 7,47.

9 Sal 112/113,1.

10 Vedi nota 1 di p. 78.

11 Si tratta di Lc 17,1-2: «Un giorno disse ai suoi discepoli: “È inevitabile che succedano scandali; però guai a colui che li provoca. È meglio per lui che gli sia appesa al collo una grossa pietra e sia gettato in mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli”»; cf. Mt 18,7.

12 La citazione è da: S. PELLICO, Le mie prigioni (1832), capitoli XXIV-XXV.

13 LS indica “Is. XLV, 15-26”. Nella Vulgata il capitolo 45 di Isaia ha 26 versetti, mentre nelle nuove traduzioni 25: i versetti 23 e 24 vengono compresi nel versetto 23.