Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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GIORNO XXIII
IL S. VANGELO È PROTEZIONE

S. PAOLO

Paolo, chiamato anche Saulo nato a Tarso in Cilicia (Atti 9,30) da Giudei della tribù di Beniamino, farisei e cittadini romani, nei primi anni dell'Era Volgare, fu educato a Gerusalemme sotto il famoso Gamaliele (Atti 5,34), ma non ebbe l'occasione di conoscere personalmente Cristo.
Ardente Fariseo, si distinse pel suo odio e per la sua animosità contro il cristianesimo nascente, custodì le vesti di chi lapidava Stefano e, ottenute dal Principe dei Sacerdoti le più ampie facoltà giudiziarie, perseguitò i cristiani anche fuori di Palestina. Ma Gesù l'aspettò sulla via di Damasco, e trasformò il persecutore in zelante Apostolo. Era circa l'anno 35 di Cristo, e Paolo poteva avere una trentina di anni.
Preparatosi con circa dieci anni di studio, meditazioni e rivelazioni alla grande opera della conversione dei Gentili, nel 45 incominciò i suoi viaggi missionari avendo come centro di partenza e ritorno Antiochia, metropoli dell'Oriente e in relazione con tutti i popoli di allora.
Furono quattro i viaggi dell'Apostolo: viaggi pericolosi, sovente per le regioni difficili che doveva traversare; ma specialmente per le persecuzioni dei giudaizzanti che lo inseguivano continuamente per intralciare l'opera di evangelizzazione.
Fu durante i suoi viaggi che S. Paolo scrisse le sue mirabili quattordici epistole; con esse egli si teneva in
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relazione colle chiese, supplendo la sua presenza personale con lo scritto.
Imprigionato verso la Pentecoste del 58 a Gerusalemme, passati due anni di prigionia a Cesarea, parte per Roma; fa naufragio a Malta, e finalmente giunge alla capitale del mondo ove stette due anni e fu giudicato e assolto da Burro e da Seneca, rappresentanti di Nerone, e rimesso in libertà nel 63. In questi anni evangelizzò Roma, vegliò sulle Chiese dell'Asia e da Roma scrisse le lettere agli Efesini, ai Colossesi, a Filemone, ai Filippesi.
Riavuta la libertà seguitò i suoi viaggi apostolici, andò in Francia e in Spagna secondo alcuni, tornò in Oriente e ripassò da Colossi, da Troade, da Mileto, da Creta, andò in Macedonia, a Corinto, a Nicopoli. Tornò a Roma non si sa come, nel 66 e, arrestato con S. Pietro, dopo orrida prigionia, fu decapitato nel 67, sulla via Ostiense (il 29 Giugno secondo la tradizione).
S. Paolo è l'apostolo per eccellenza, e in particolare è l'apostolo dei Gentili. Corse tutto il mondo romano, sempre minacciato e perseguitato con furore implacabile per trent'anni, odiato dai Gentili, perseguitato dai Giudei, accusato, calunniato, battuto, lapidato, tradito, sempre nelle fauci della morte, per la gloria di Cristo, predicò il Vangelo segnando i suoi viaggi missionari col sangue, e finì gloriosamente, imporporando col suo sangue la regina del mondo.

EPISTOLE DOGMATICHE

LETTERA AI ROMANI - Veramente non si può dare una classificazione netta delle lettere paoline, contenendo ognuna sia l'elemento dogmatico che quello morale. La divisione in tre gruppi: dogmatiche, morali, pastorali, è fatta secondo l'elemento che in esse prevale.
S. Paolo aveva desiderato molte volte visitare Roma, ma non aveva ancora potuto. Al termine del suo terzo viaggio, disegnava di conquistare a Cristo anche l'occidente, così l'occasione tanto desiderata di visitare la Chiesa di Roma si presentava a lui. Scrive per questo ai Romani, annunziando che nel viaggio che farà in Spagna, si fermerà a Roma. Ecco la causa occasionale della lettera.
Ma la lettera ai Romani, più che una lettera, è un
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trattato. In essa S. Paolo giustifica il suo apostolato fra i Gentili ed insiste sui principali punti della sua predicazione, specialmente sulla tesi principale e più combattuta dai Giudaizzanti, ma d'importanza capitale per l'avvenire del Cristianesimo, che cioè: la grazia della giustificazione è meritata da Cristo per tutti gli uomini, tanto Giudei che Pagani, senza esser fondato in meriti precedenti; non dipende la giustificazione dall'osservanza della legge mosaica, ma dalla fede in Cristo, resa viva dalle buone opere.

LETTERA AI GALATI - Questa lettera è indirizzata non ad una Chiesa particolare, ma ad un gruppo di Chiese sperse nella Galazia.
In questa provincia romana S. Paolo portò il Vangelo nel suo primo e secondo viaggio missionario. I Galati accolsero il Vangelo con entusiasmo; ma poi diedero retta ai Giudaizzanti, i quali esigevano l'osservanza della legge mosaica e la circoncisione anche per i Gentili convertiti. Sapute le pericolose mene degli avversari, S. Paolo scrive per rivendicare la sua autorità e ristabilire la vera dottrina contro i seduttori Giudaizzanti.
La lettera è principalmente dogmatica, come quella ai Romani, e difende la tesi che la giustificazione dipende dalla fede in Cristo e non dalla legge di Mosè, l'osservanza della quale è superflua, anzi dannosa.
Questa lettera è una vera pittura di S. Paolo: la sua vivacità, il suo ardore, il suo zelo vi palpita: c'è la sua potenza di ragionatore, come il suo affetto di padre.

LETTERA AI COLOSSESI - Epafra, discepolo di San Paolo e Vescovo di Colossi, essendo andato a Roma a visitare Paolo prigioniero, aveva a lui manifestato i nuovi pericoli che minacciavano le Chiese dell'Asia, specialmente Colossi. I pericoli vengono dai falsi dottori giudaizzanti e già iniziatori dello gnosticismo.1
Paolo, saputi questi pericoli, scrisse questa lettera ai Colossesi.
Nella parte dogmatica parla dei benefizi e della dignità di Cristo in relazione a Dio, alla creazione, alla Chiesa, e confuta i falsi dottori, opponendo alle loro fantasie la vera dottrina cristiana. Insiste con sublimità sulla divinità di Cristo, sull'universalità della redenzione e sulla necessità del cristianesimo per salvarsi; bolla l'inanità delle osservanze giudaiche e delle
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pratiche ascetiche dei falsi dottori, e condanna il loro esagerato culto degli Angeli.
Nella parte morale parla dei doveri cristiani, tanto generali che particolari, dei diversi stati.

I LETTERA AI TESSALONICESI - S. Paolo aveva fondato a Tessalonica una fiorente Chiesa; costretto dagli intrighi dei Giudei a lasciare la città e non potendovi ritornare, vi mandò Timoteo. Avute dal discepolo, che raggiunse Paolo a Corinto, le notizie di quella Chiesa scrisse questa lettera.
Essa oltre il prologo e l'epilogo, contiene una parte storica, in cui S. Paolo giustifica la sua condotta verso i Tessalonicesi e li loda di aver risposto alla sua sollecitudine; e una parte dogmatica-morale; in cui esorta alla virtù, risponde riguardo alla sorte di coloro che muoiono prima della venuta di Cristo, relativamente al giudizio, esorta finalmente all'adempimento di tutti i doveri.

II LETTERA AI TESSALONICESI - Nella prima lettera ai Tessalonicesi S. Paolo aveva parlato del ritorno di Cristo; ma i Tessalonicesi avevano inteso che fosse imminente il ritorno di Cristo e la fine del mondo e molti concludevano di non dover più lavorare ma di aspettare nell'ozio.
Per rimediare a questi disordini S. Paolo scrive questa seconda lettera, in cui parlando della venuta di Cristo, dice che prima deve venire l'Anticristo; e quindi i fedeli non pensino che la venuta sia proprio vicina; ma, essendo incerto il tempo, stiamo preparati, costanti nella fede. Biasima l'ozio, ricordando la legge del lavoro; esorta alla virtù e alla fuga dei disobbedienti.

LETTERA AGLI EBREI - La lettera agli Ebrei è indirizzata agli Ebrei di Palestina e particolarmente di Gerusalemme. L'immensa carità di S. Paolo2 non poteva dimenticare i suoi fratelli secondo la carne.
Nella parte dogmatica l'Apostolo, senza condannare chi pratica ancora delle antiche osservanze, mostra la insensatezza di chi si crede obbligato al giogo dell'antica legge, e prova la superiorità del N. T. sull'A. T. dal fatto che Cristo, Figlio di Dio, è autore del N. T. e ben superiore agli Angeli e a Mosè, dai quali fu data l'antica legge. Passa poi a parlare del sacerdozio di Cristo e ne mostra in tutto l'assoluta superiorità su quello ebraico, concludendo che l'A. T. era l'ombra, il N. T. la realtà.
La parte morale è la conclusione della dogmatica, e fa sentire la necessità della fede e delle buone opere.
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CONSIDERAZIONE XXIII

Il S. Vangelo è protezione

«Essa fu di mio conforto nelle mie umiliazioni,
perché la tua parola mi ridà la vita».
(Sal 118/119,50).


Ieri abbiamo visto come il S. Vangelo sia salute per le anime nostre, oggi vedremo come esso è valida protezione contro il demonio, contro le passioni della carne e contro il mondo.
I. Il S. Vangelo è protezione contro il demonio. - Portando con noi il S. Vangelo, è lo stesso come se portassimo con noi la SS. Eucarestia, cioè Gesù Maestro vivo e vero. Come dopo la santa Comunione Gesù è realmente presente nell'anima nostra in corpo, sangue, anima e divinità; così, nella Sua Verità, è realmente con colui che porta il suo S. Vangelo.
Il Vangelo non è solo un'immagine come, ad esempio, è il Crocifisso, ma è un qualche cosa di Gesù, anzi è Gesù stesso, poiché Egli essendo Dio, di conseguenza è semplicissimo ed indivisibile, quindi dov'è presente come Verità deve conseguentemente esser presente con la sua Bontà, onnipotenza, ecc.
Chi porta seco il S. Vangelo è in ottima compagnia: egli è con Gesù.

* * *

Prima della venuta di Gesù, il regno del demonio era vastissimo ed il santo Vangelo ci narra come il Divin Maestro tantissime volte si trovò davanti ad ossessi e li liberò dalla deplorevolissima schiavitù. Fino alla venuta di
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Gesù Cristo il regno di satana era sempre andato estendendosi, ma giunto il tempo dell'annunzio della buona novella, cominciò sempre più a declinare.
Oggi, rarissimi sono i casi di ossessi, fra i popoli cristiani. Fra gli infedeli però il missionario, abbastanza sovente s'incontra con persone possedute dal demonio. Come si spiega questo fatto? Semplicissimo: il demonio, principe delle tenebre, fugge all'apparir della luce del Vangelo.
Impossibile la conciliazione del demonio col Vangelo, essendo fra loro opposti.
La santa Chiesa, compresa di tale verità, ha stabilito che negli esorcismi, il Sacerdote, scacci il demonio dal povero ossesso, mediante la lettura di ben quattro testi evangelici e la recita di parecchi salmi.
Il Vangelo è nemico giurato di satana.3*
II. Il S. Vangelo calma, smorza le passioni della carne.4* - Il cuore umano, in conseguenza del peccato originale, è divenuto un nido di serpenti velenosi. Quante sono le passioni che agitano il povero figlio di Eva!
Ai vizi capitali (superbia, avarizia, lussuria, ira, gola, invidia, accidia) seguono un'infinità di altri vizi e, S. Agostino, a tale considerazione, esclamava: «Infatti gli uomini sono una massa di perdizione».5
Nel bollore delle passioni si provi mettere
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sul cuore il S. Vangelo, se ne sentirà subito gran sollievo, e qual farmaco misterioso, esso calmerà il povero cuore agitato.
Il Papa Alessandro VI aveva regalato a Cristoforo Colombo il libro dei Salmi. Cristoforo, qual figlio divotissimo, ne fu sommamente contento, e sempre lo portava con sé come un prezioso tesoro. Lo leggeva nelle avversità, negli scoraggiamenti e tutte le volte che il suo animo era agitato, egli stesso affermò di averne sempre avuto gran conforto e sollievo, specialmente nel periodo di sua prigionia.
Che potente calmante delle passioni è mai il S. Vangelo!6* Il cuore diviene alto nelle sue aspirazioni, forte nelle difficoltà, sereno e calmo in mezzo alle tenebre e alle lotte.
La Storia Ecclesiastica ci narra che moltissimi cristiani portavano sempre con sé i Ss. Vangeli, e molti Martiri, al dire di Eusebio, furono trovati con le sacre carte appese al collo.
Il Breviario ci dice espressamente che la Vergine Cecilia portava continuamente con sé il S. Vangelo: «Virgo semper in corde suo, Evangelium ferebat». Ed era tale la forza che la Vergine Romana attingeva da quello, che seppe resistere con forza ammirabile al marito, al cognato, e all'Imperatore stesso, il quale in conseguenza della sua tenacia, la condannò a morte.
La S. Madonna dove attinse la forza nella dolorosissima circostanza della passione e morte del suo diletto Gesù? perché non si abbatté
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e scoraggiò! Perché essa ben sapeva dalle S. Scritture, che imparò a leggere ed amare fin da piccina, che il Redentore doveva sì patire e morire, ma sapeva pure che sarebbe risorto al terzo giorno, e ciò le dava forza e coraggio.
III. Il Vangelo inoltre ci protegge contro i pericoli del mondo. - Per mondo intendiamo tutto ciò che non viene da Dio e che non opera secondo Lui, ma secondo lo spirito infernale.
Un giovanetto sente che il Divin Maestro lo chiama a una vita più perfetta, e vorrebbe acconsentire, vorrebbe seguire la divina chiamata, ma incontra infinite difficoltà da parte dei famigliari ed amici; e tramanda con rischio di perdere la vocazione!
Ecco i pericoli del mondo. Occorre prudenza per non essere imbevuti delle sue massime e andar così dannati.
È necessario opporre, qual contravveleno, le massime evangeliche a queste massime diaboliche, se ci è cara la salute eterna!
La lettura del Vangelo illuminerà e darà forza contro ogni pericolo ed ogni menzogna. Le sacrosante parole del Vangelo, al dire dell'Apostolo, son vive ed attive e più affilate di qualunque spada a due tagli: «Vivus est enim sermo Dei et efficax, et penetrabilior omni gladio ancipiti» (Eb 4,12).

* * *

Conseguenze: Procurare che in ogni famiglia, nelle scuole e fra ogni classe di persone vi sia il santo Vangelo,7 essendo esso non solo un'immagine, ma lo stesso Gesù-Verità.
Moltissime disgrazie meritate per i nostri peccati, non ci piombano addosso in merito al Vangelo che portiamo con noi.
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ESEMPIO. - Il Ven. Contardo Ferrini.8 - È il modello esemplare degli studenti; il professore apologeta che nello studio del diritto cerca la difesa della Chiesa; il santo vissuto nel secolo, insegnando sulla cattedra delle Università.
Il Ferrini, trovandosi a Milano, al Liceo Beccaria, dove fece un corso di studi brillante, cercò occupare utilmente le ore che i condiscepoli dedicavano alla ricreazione. Desideroso di poter leggere la Sacra Scrittura nel testo originale, manifestò al prefetto della Biblioteca Ambrosiana, Mons. Ceriani, il desiderio di conoscere la lingua ebraica. Il dotto prelato volentieri accondiscese e si prestò ad insegnargli egli stesso la lingua ebraica e la siriaca con i primi elementi del sanscrito e del copto.
Sentiamo ora quello che dice un suo collega e amico, il Conte Paolo Mapelli, sulla lettura che il Ferrini faceva della Bibbia: «... Aveva una predilezione per lo studio della Bibbia, che leggeva nel testo ebraico... Sapeva a memoria le epistole di S. Paolo, che ancora studente recitava con entusiasmo, avendo viva ammirazione per Paolo di Tarso».
Insegnò successivamente nelle Università di Pavia, Messina, Modena e Parma, esercitando un vero apostolato. Visse santamente. La Chiesa ne ha iniziato la causa di Beatificazione dichiarandolo, con decreto dell'8 febbraio 1931, Venerabile.

FIORETTO. - Oggi nelle tentazioni e difficoltà, porrò la mano sul mio petto o dove porto il brano evangelico, dicendo: «Per evangelica dicta, deleantur nostra delicta».

CANTICO DI TOBIA [#]

Benedetto sia Dio che vive in eterno,
il suo regno dura per tutti i secoli.
Egli castiga e usa misericordia,
fa scendere fino all'abisso più profondo della terra
e fa risalire dalla grande perdizione,
non c'è nulla che sfugga alla sua mano.
Celebratelo, Israeliti, davanti alle nazioni,
perché egli vi ha dispersi in mezzo ad esse,
e qui vi ha fatto vedere la sua grandezza.
Vi castiga a causa delle vostre iniquità,
ma avrà pietà di tutti voi.
Ora considerate ciò che ha operato per voi
e celebratelo a piena voce.
Benedite il Signore della giustizia
ed esaltate il Re dei secoli.
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Esalto il mio Dio e celebro il Re del cielo
ed esulto per la sua grandezza.
Che tutti lo lodino e gli rendano grazie in Gerusalemme.
Gerusalemme, città santa,
Dio ti castigò a causa delle opere dei tuoi figli,
ma avrà di nuovo pietà dei figli dei giusti.
Da' lode al Signore degnamente
e benedici il Re dei secoli;
il tuo tempio ti sia ricostruito con gioia,
così che si allietino in te tutti i deportati,
e siano amati in te tutti gli sventurati
per tutte le generazioni dei secoli.

(Tb 13,2-5.7.9-12).9


LETTURA

Gesù esorta a portar la croce e a salvarsi

Allora Gesù, chiamata la turba insieme ai suoi discepoli, disse a tutti: Se uno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda ogni giorno la sua croce e mi segua. Ché se uno vorrà salvare la propria vita la perderà; ma chi perderà la sua vita per me e per il Vangelo, la troverà, la salverà. E che gioverà all'uomo guadagnare tutto il mondo, se perde se stesso, se perde l'anima propria? E che darà l'uomo in cambio dell'anima sua?
Chi poi si vergognerà di me e delle mie parole in mezzo a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell'Uomo si vergognerà di lui; e se uno si vergognerà di me e delle mie parole, di lui il Figlio dell'uomo si vergognerà, quando verrà nella gloria sua e del Padre e dei santi angeli.
Il Figlio dell'uomo infatti verrà nella gloria del Padre suo con i suoi angeli, ed allora renderà a ciascuno secondo le sue opere. E diceva loro: In verità vi dico che ci sono alcuni dei qui presenti i quali non gusteranno la morte prima di vedere il Figlio dell'uomo venire nel suo regno, e venire con maestà il regno di Dio.

(Mt 16,24-28; Mc 8,34-39; Lc 9,23-27).


PREGHIERA

Per essere liberati dal peccato

ignore, padre e padrone della mia vita, non mi abbandonare alle suggestioni delle mie labbra, non permettere che io cada a motivo di esse. Chi farà sentire ai miei pensieri il flagello ed al mio cuore la disciplina
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della sapienza; affinché mi sian risparmiate le loro follie e non spuntino fuori i loro peccati? Affinché non crescan le mie ignoranze, non si moltiplichino le mie colpe, non trabocchino dalla misura i miei peccati e io non cada in faccia ai miei avversari, e di me non rida il mio nemico? O Signore, padre e Dio della vita mia, non mi abbandonare al loro capriccio, non permettere nei miei occhi l'alterigia, allontana da me ogni concupiscenza, toglimi l'intemperanza del ventre, non mi lasciare in potere delle impure passioni, non mi abbandonare ad un'anima senza pudore e senza ritegno.

(Sir 23,1-6).


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1 Con questo termine, che deriva dalla parola greca gnosis (conoscenza o scienza), si designa un gruppo di correnti filosofico-religiose che hanno avuto la loro diffusione nei secoli II-III in Roma, Alessandria d'Egitto e altrove nel bacino mediterraneo. Fino al ritrovamento nel 1945 a Nag Hammadi, nell'Alto Egitto, di un'intera biblioteca gnostica, gli studiosi disponevano di scarsi testi, e le fonti per lo studio delle teorie gnostiche erano costituite da descrizioni e citazioni contenute nelle confutazioni da parte di autori cristiani, quali Ireneo di Lione. Testimonianze gnostiche furono alcuni Vangeli apocrifi, come La Sofia di Gesù Cristo o l'Apocrifo di Giovanni, che conterrebbero una dottrina rivelata da Gesù solo ad alcuni apostoli o a discepoli scelti e destinata a pochi adepti.

2 In LS, Ebrei è considerata un'epistola di Paolo. Gli studiosi evidenziano alcuni fatti che rendono problematica tale attribuzione. In Ebrei, a differenza delle altre 13 lettere considerate “paoline”, il nome di Paolo non compare mai, anche perché il documento è privo del solito formulario paolino di intestazione. In Eb 13,23 c'è un riferimento diretto ai destinatari da parte dell'anonimo autore insieme a Timoteo («Sappiate che il fratello Timoteo è stato liberato; se viene presto, vi vedrò con lui») che potrebbe far pensare a Paolo. È Paolo che nomina Timoteo come un proprio collaboratore, fratello o figlio spirituale in Rm 16,21; 1Cor 4,17; 16,10; 2Cor 1,1.19; Fil 1,1; 2,19; Col 1,1; 1Ts 1,1; 3,2.6; 2Ts 1,1; nelle due lettere a Timoteo e in Fm 1. Ebrei colpisce però per uno sviluppo nuovo e originale del tema del sacerdozio di Cristo; mentre le grandi idee portanti del pensiero di Paolo non vi sono presenti. L'estensore di Ebrei è stato identificato in Barnaba o in Apollo, di cui sono note cultura di formazione alessandrina (greco-ellenistica) e perfetta conoscenza delle Scritture in lingua greca (la LXX). Oggi perciò si ritiene che questa epistola non sia di mano di Paolo, anche se in essa si riconosce un'influenza del suo pensiero.

3* «Attendi alla lettura della Sacra Bibbia: quando l'antico nemico (il diavolo) ti vede in essa occupato, ti fugge come si suol fuggire un nemico armato» (S. Pier Damiani).
[Vissuto negli anni 988-1072 (per altri: Ravenna, 1007 - Faenza, 22 febbraio 1072), uomo di aspra penitenza e di prolungata preghiera, san Pier Damiani uscì dall'amata solitudine contemplativa di Fonte Avellana (che ospiterà anche Dante Alighieri), accettando d'essere vescovo e cardinale per meglio promuovere la purificazione e il rinnovamento della Chiesa afflitta da gravi abusi. È autore di importanti scritti liturgici, teologici e morali].

4* «Non v'è tentazione, non avversità, non disgrazia, non calamità che non trovi il suo lenitivo nella Sacra Scrittura, ed a cui non dia aiuto con la consolazione, con il consiglio o con qualche altro rimedio» (San Tommaso da Villanova).
[San Tommaso da Villanova nacque a Villanueva, in Spagna, nel 1486. Si laureò in filosofia ed entrò nella Comunità Agostiniana. Ordinato sacerdote, fu Superiore a vita della sua comunità. Eletto arcivescovo di Valencia, inviò missionari in tutto il mondo, evangelizzando particolarmente il Perù. Assistette i bisognosi, al punto di creare un brefotrofio nel palazzo vescovile, e si occupò della pastorale giovanile. Difese la diocesi dalla minaccia musulmana e fondò il Collegio Seminario della Presentazione. Grande predicatore, convertì più con l'esempio che con le parole. Per la sua profondità teologica sulla Vergine Maria, è accostato a san Bernardo. Morì nel 1550].

5 Se la Chiesa non ha definito nulla circa il numero di coloro che volontariamente scelgono l'inferno, già Agostino parlava di massa damnationis di fronte a un piccolo numero di eletti; anche san Gregorio Magno e altri Padri e Dottori della Chiesa affermano che sono più numerosi coloro che si dannano. Pur avendo più volte difeso il libero arbitrio, Agostino arrivò a sostenere la predestinazione, posizione ripresa ed esasperata da Lutero, monaco agostiniano, per il quale dopo il peccato originale l'uomo fa parte di una massa di dannati e non può più compiere il bene e salvarsi; l'unica via di salvezza è la fede nel fatto che Dio non terrà in conto il peccato originale e salverà il credente.

6* «L'Evangelo possiede una virtù misteriosa e una efficacia indefinibile che si esercita sulle menti e sul cuore: si prova nel meditarlo ciò che si prova contemplando il cielo. Esso non è un libro, bensì una specie di essere vivente, dotato d'una potenza che non conosce ostacoli» (Napoleone I).
[Napoleone Buonaparte (o Bonaparte), nato in Corsica, ad Ajaccio il 15 agosto 1769, da genitori di origine toscana, morì a 52 anni il 5 maggio 1821, in esilio, nell'isola di Sant'Elena, colonia britannica nell'Oceano Atlantico Meridionale].

7 Si leggano al riguardo i nn. 136-145 di AD in cui Don Alberione menziona lo studio delle Scritture reso obbligatorio da Pio X per i chierici (n. 137) e accenna ad una «speciale persuasione che non si potesse dare al popolo il Vangelo, tanto meno la Bibbia. La lettura del Vangelo era una quasi esclusività degli acattolici, che lo interpretavano secondo il senso privato» (n. 139). Allora Don Alberione individuò “tre cose” da fare: «che il Vangelo entrasse in ogni famiglia unitamente al Catechismo» (n. 140); «che il libro del Vangelo formasse il modello e l'ispiratore di ogni edizione cattolica» (n. 141); «che al Vangelo si desse un culto» (n. 142). La diffusione del Vangelo potrebbe essere stata ispirata dall'attività della Pia Società di san Girolamo, attiva dal 1902 (cf. nota 9 di p. 203).

8 Contardo Ferrini (nato a Milano il 4 aprile 1859 e morto nel 1902 a Suna, sul Lago Maggiore), era stato dichiarato venerabile nel 1931. Verrà beatificato da Pio XII il 13 aprile 1947. Laico e celibe, fu definito “un astro di santità e di scienza”. Era stato professore in varie università, come si accenna in LS, e le sue reliquie furono deposte, per insistenza di padre Agostino Gemelli, nella cripta dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, di cui Ferrini era stato un precursore ideale, se non altro per il suo grande desiderio di conciliare scienza e fede, cultura e religione. Di cultura internazionale (aveva studiato anche a Berlino), Ferrini fu considerato un modello di professore cattolico, notevole per il suo “inesauribile desiderio di preghiera”. Era stato un apprezzato collaboratore di quella “Rivista Internazionale di Scienze Sociali e Discipline Ausiliarie” che sotto l'impulso del sociologo Toniolo e del Talamo, cercava di riunire scrittori cattolici e cultori di scienze sociali. «Ciò che più mi colpiva del Ferrini - scriveva il Toniolo - era la grande umiltà, tanto più grande quanto maggiore era la sua dottrina, la sua bontà e i suoi meriti». Il professor Ferrini pensava alla morte senza paura, fiducioso nella promessa di Cristo: «Ci suona dolce, o Gesù, la santa tua parola: un poco ancora e mi vedrete».

9 La traduzione non corrisponde, versetto per versetto, al testo latino della Vulgata riportato dall'edizione originale, e indicato sommariamente con il riferimento “Tobia capo 13”.