Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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17. GLORIA AL PADRE E AL FIGLIO
E ALLO SPIRITO SANTO

Festa della SS. Trinità, Meditazione, Castel Gandolfo, 1 giugno 19581

Quest’oggi Festa della Santissima Trinità2; e la giaculatoria adatta è: «Gloria Patri, et Filio, et Spiritui Sancto. Sicut erat in principio et nunc et semper et in saecula saeculorum». Oppure il canto, o preghiera di lode: «Sanctus, Sanctus, Sanctus Dominus, Deus Sábaoth. Pleni sunt caeli et terra gloria tua» – quello che si dice nella Messa e che nella Messa, quando vi è Messa cantata, si canta dopo il Prefazio. Festa della Trinità.
Nell’Avvento specialmente abbiam considerato l’opera del Padre; poi Natale e fino all’Ascensione di Gesù, l’opera del Figlio; e nella Pentecoste l’opera dello Spirito Santo. Ora noi ci rivolgiamo a tutte e tre le Divine Persone che formano, che sono un solo Dio, un solo Dio in tre Persone realmente distinte: Padre, Figliolo e Spirito Santo.
Adoriamo l’unità e adoriamo la trinità delle Persone: unità di Dio e trinità delle Persone. Nel fare il segno di croce diciamo: «Nel nome», in singolare, che indica l’unità; e poi esprimiamo la trinità: «Nel nome del Padre e del Figliolo e dello Spirito Santo». Oh! Tutto si opera in nome della Trinità: l’assoluzione dei peccati, il conferimento del Battesimo, così
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degli altri sacramenti… si opera sempre in nome della Trinità. Ecco. Allora noi abbiamo questo: che il nostro primo atto, principale atto di fede è credere all’unità di Dio e alla trinità delle Persone, in Dio.
Credere: perché non si può capire! Che Iddio esista si può provare con la ragione, ma che Dio sia in tre Persone, strettamente non si può provare con la ragione! Vi sono sì delle similitudini, vi sono sì delle specie… non di prove, ma di somiglianze, di paragoni, perché in qualche maniera illustrano, ma mai si potrà provare, si potrà concepire come vi sia un Dio solo in tre Persone. Che ci sia un Dio solo si può provare, ma che in Dio vi sian tre Persone, questo no. E lì resta il nostro atto di fede più meritorio. Degli atti di fede abbiam da farne tanti – per esempio quello che si dice… gli articoli che si recitano nel Credo; così l’atto di fede nell’Eucarestia: che cosa sia la Messa, credere alla presenza eucaristica di Gesù –, ma soprattutto la nostra fede, in primo luogo, sia da esercitare in riguardo all’unità e trinità di Dio: «Credo in Dio Padre…», e poi diciamo: «...e in Gesù Cristo», e poi diciamo: «...e nello Spirito Santo», nel Credo.
Un giorno sant’Agostino si era messo in capo di volere spiegare il mistero, capire, penetrare il mistero, comprendere il mistero della Trinità. Si dice, si racconta di lui questo: passeggiando sulla spiaggia del mare, vide un ragazzino il quale aveva fatto un buco sulla spiaggia, un buco nella terra e, poi, con sollecitudine andava a prendere dell’acqua del mare e la metteva in quel buco. E sant’Agostino lo osservò un momento, poi gli domandò: Cosa vuoi fare, ragazzino?. Voglio mettere il mare in questo buco. L’acqua che c’è là nel mare voglio portarla tutta qui. E sant’Agostino sorrise: il mare immenso, il buco fatto era piccolo... E tuttavia quel bambino rispose: È più facile che io metta tutto il mare qui dentro a questo buco, che non entri nella tua testa il mistero della Trinità, che lo capisca, che lo comprenda. Allora il bambino non era un semplice fanciullo: si capisce. E il Signore veniva ad ammonire sant’Agostino che, nonostante tutta la sua intelligenza,
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l’alta sua intelligenza, non avrebbe mai capito il mistero della Trinità3.
Eh! Credere! E quei che han creduto già sono in paradiso e ora contemplano, vedono. E noi, arrivati in paradiso, dovremmo essere saziati; la nostra mente dovrà essere saziata e, in primo luogo, saziata nel vedere ciò che sulla terra abbiamo creduto: nel comprendere quello che prima abbiamo ritenuto per fede. Ecco.
Lì c’è il merito della fede: quando non si vede, ma si crede come se si vedesse! Come crediamo all’Eucarestia in cui vediamo solamente delle specie di pane, ma crediamo come se vedessimo Gesù: vediamo la sua presenza eucaristica come se Gesù comparisse sull’altare e si mostrasse. Come avvenne quando si verificò il miracolo di Bolsena: che quel sacerdote tedesco, celebrando la Messa, aveva avuto un dubbio sulla presenza di Gesù nell’Ostia che teneva fra le dita, e sulla presenza di Gesù in quel Vino che aveva consecrato nel calice. Allora, il calice cominciò a versare puro sangue e a spargersi sul corporale che si conserva ancora a Orvieto in memoria del grande prodigio: è come una reliquia preziosissima4.
Oh! Dio: uno solo. A Dio tutto deve attribuirsi e tutto viene da lui e tutto deve andare a lui e tutto si governa da lui. Noi attribuiamo però – per appropriazione – al Padre le opere di potenza, al Figlio le opere di sapienza e allo Spirito Santo
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le opere di amore. Però, tutte le opere esterne che Dio fa, le fanno insieme le tre Persone. Solamente, è un’appropriazione nostra e, tuttavia, non è senza fondamento.
Al Padre si attribuisce la creazione e si attribuisce il governo del mondo e tutto quello che indica il suo intervento, la sua potenza: ad esempio il miracolo, il miracolo… quando resuscita un morto, ad esempio.
Al Figlio si attribuiscono le opere di sapienza: e abbiamo la rivelazione, la rivelazione del Vangelo; la sapienza infinita del Figlio di Dio, che è la sapienza del Padre, è una sapienza – diciamo – personale.
E allo Spirito Santo le opere di amore, l’infusione della grazia: la grazia, la carità infusa dallo Spirito Santo che abita nelle nostre anime. E noi abbiamo ricevuto la grazia dallo Spirito Santo nel Battesimo, nella Cresima; la riceviamo in ogni sacramento ed è quella che santifica noi, che ci santifica, ci comunica i meriti di Nostro Signore Gesù Cristo.
Allora quali saranno i nostri pensieri? Prima, davanti al grande mistero, ricordar le parole:
«O profonda ricchezza della sapienza e della scienza di Dio, quanto sono incomprensibili i suoi giudizi, quanto imperscrutabili le vie di Dio! Chi infatti può vantarsi d’avere conosciuto i disegni del Signore? Chi può dare consiglio a Lui? Oppure chi può reputarsi creditore di Dio? Ogni cosa, infatti, viene da Lui – Creatore – e per Lui – la Provvidenza – e diretta a Lui – la meta, la meta finale, cioè il fine ultimo: Dio –. A Dio, quindi, sia gloria per tutti i secoli dei secoli».
L’espressione di san Paolo, dopo che ha raccontato l’opera della Provvidenza di Dio, esce in questa esclamazione: «O profonda ricchezza della sapienza e della scienza di Dio!». Tante volte noi non conosciamo i misteri della Provvidenza, i disegni – meglio – della Provvidenza, ma la Provvidenza guida tutto al fine, che è la gloria di Dio, che è la nostra salvezza.
Poi nel Vangelo si leggono quelle parole di Gesù ai suoi discepoli. Gesù dice:
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«A me fu dato ogni potere in cielo ed in terra. Andate dunque ad ammaestrare tutte le genti, battezzandole in nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a praticare tutte le cose che vi ho comandate. Ed ecco che io sono con voi tutti i giorni fino alla consumazione dei secoli», cioè fino alla fine del mondo.
Oh! Quindi ammirare questo mistero, piegar la nostra testa, crederlo. Ammirare la sapienza di Dio, sì.
Poi ammirare come il Signore abbia creato noi a sua immagine e somiglianza. Sì, il Signore ci ha fatto a immagine e somiglianza: in noi c’è la volontà che ricorda la potenza del Padre, in noi c’è l’intelligenza che ricorda la sapienza del Figlio, in noi c’è il sentimento che ricorda la grazia dello Spirito Santo. Siam proprio immagine! Noi siamo un essere solo – come Dio è un essere unico – ma noi abbiam tre potenze – ed ecco perché siam somiglianza –: abbiamo intelletto, abbiamo sentimento e abbiamo volontà. Siamo fatti a immagine e somiglianza di Dio. Perciò, pensando anche a noi, ricordiamoci che siamo un’immagine della Trinità: noi siamo l’immagine vivente. Altro è dipingere la Trinità sopra una tela o sopra una carta, dipingere il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo come vengono dipinti: il Padre vecchio, il Figlio alla sua destra più giovane, e lo Spirito Santo il quale rediscende dall’uno e dall’altro; e le immagini più vive dello Spirito Santo sono quelle in cui vi è l’immagine del Padre e a destra l’immagine del Figlio, e lo Spirito Santo sta in mezzo e con le sue ali (perché è rappresentato sotto forma di colomba) arriva a toccare le labbra come a far vedere che esce dal Padre e dal Figlio, perché il Figlio è generato dal Padre e lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figliolo insieme. Sì, queste sono immagini buone, ma l’immagine più viva e più importante siamo noi stessi in quella luce5. Una persona sola con tre potenze: mente, sentimento e volontà.
Poi, la divozione alla Santissima Trinità. Diciamo bene spesso il Gloria Patri, lo diciamo alla fine di ogni mistero,
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ogni mistero del rosario. Così gli inni della Chiesa terminano sempre con una dossologia o strofa ad onore della Trinità. Noi ci inchiniamo.
Poi, aspiriamo ad andare in cielo a vedere questo Dio infinito in tre Persone realmente distinte. Sì.
D’altra parte consideriamo la Provvidenza di Dio che interviene in ogni cosa, anche quando permette croci e tribolazioni e tentazioni. Tutto è per nostro vantaggio spirituale, perché noi ci facciamo santi.
Oh! Riconoscenza dunque al Padre, al Figliolo e allo Spirito Santo: riconoscenza per la loro opera in noi. E amore, e amore alla Trinità per i benefici ricevuti; non solo, ma anche perché sarà la nostra felicità eterna contemplare Iddio, posseder Dio, amare Dio: sarà la nostra felicità eterna. E se quella è la nostra felicità eterna, aspiriamo continuamente a Dio, cioè cerchiamo Iddio: non operiamo per vanità o cerchiamo il nostro gusto, la nostra comodità, ma cercare Iddio, il paradiso; e quindi riempir la nostra giornata di meriti santi.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro originale 24/58 (Nastro archivio 27a. Cassetta 27, lato 1. File audio AP 027a). Titolo Cassetta: “Unità e trinità di Dio”.

2 La Festa cadeva la domenica successiva alla Pentecoste, come oggi. Epistola: Rm 11,33-36. Vangelo: Mt 28,18–20. I due brani vengono letti più avanti dal PM in una traduzione che non corrisponde alla versione del Messale usata solitamente.

3 L’episodio, che compare spesso nell’iconografia riguardante sant’Agostino, si trova in una raccolta medievale di brevi racconti, detti Exempla. La più antica attestazione di questo aneddoto risale a Tommaso di Cantimpré (1201–1272): cf HENRI–IRÉNÉÉ MARROU, Saint Augustin et l’ange. Une légende médiévale, in Christiana tempora, Rome 1978, pp. 401–413.

4 La vicenda riguarda l’Ostia consacrata. La tradizione racconta che in un periodo segnato da controversie teologiche sul mistero eucaristico, un prete di origine boema, Pietro da Praga, assalito da forti dubbi sulla transustanziazione, nel 1263 venne in pellegrinaggio a Roma per pregare sulla tomba di Pietro. Al ritorno si fermò a Bolsena e, mentre celebrava sull’altare di santa Cristina, durante la frazione del Pane, vide che l’Ostia consacrata stillava sangue. Il Corporale ne restò intriso e fu portato nella vicina Orvieto, in cui si trovava il Papa Urbano IV che potè appurare la veridicità del prodigio, e lì è tutt’ora custodito. L’anno seguente il Papa promulgò la Bolla Transiturus de hoc mundo che istituiva la Festa del Corpus Domini in tutta la Chiesa.

5 Espressione incerta.