Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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10. LA REDENZIONE
Fede viva nella grazia che comunica

Domenica di Resurrezione, Meditazione, Castel Gandolfo, 6 aprile 19581

Il ciclo dell’anno della Redenzione comprende prima l’Incarnazione – quindi il Santo Natale –; e, secondo, comprende il Tempo Pasquale2. Ora il Vangelo di quest’oggi dice:
«Passato il sabato, Maria Maddalena e Maria la madre di Giacomo e Salome comprarono degli aromi per andare a imbalsamare il corpo di Gesù. E il primo giorno della settimana arrivarono al sepolcro quando il sole si era già levato. Si dicevano vicendevolmente l’una con l’altra: Chi ci smuoverà la pietra che copre l’ingresso al sepolcro? Ma guardando videro che la pietra era già rimossa, ed era una gran pietra. Entrate nel sepolcro – scavato nella parete del monte –, videro un giovane seduto a destra, vestito di bianco, e ne rimasero stupefatte. Ma egli disse loro: Non temete! Voi cercate Gesù Nazareno che è stato crocifisso: è risorto! Non è più qui! Ecco il posto dove l’avevano messo. Andate ora e dite ai suoi discepoli e a Pietro che egli vi precede in Galilea; là lo rivedrete, come egli vi ha promesso»3.
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Pensiamo com’era l’animo degli apostoli e dei discepoli e delle pie donne, dopo che Gesù era stato crocifisso ed era morto in croce ed era stato sepolto; l’animo, particolarmente nel giorno del sabato; e l’animo di questi apostoli e discepoli e pie donne al giorno seguente (la domenica per loro era il primo giorno della settimana, perché il giorno festivo era il sabato per loro). Avevano sperato tanto in Gesù ma la loro speranza non era sempre stata retta. Speravano che Gesù avrebbe terminato con un gran trionfo, che avrebbe costituito il suo regno temporale nella terra di Palestina, nel regno d’Israele, e non comprendevano abbastanza che il regno di Gesù Cristo doveva essere un regno di verità, un regno di giustizia, di amore. Il nuovo regno, un regno [fondato] sullo spirito, sull’anima, sulla bontà, sul cuore; e che Gesù Cristo avrebbe conquistato questo regno, cioè avrebbe guadagnato, attirato a sé le anime non con le armi, ma con la sua bontà, con la sua misericordia, con la sua grazia, con la sua predicazione, con la sua verità. Un regno spirituale: «Il mio regno non è di questo mondo» [Gv 18,36] – disse Gesù –, cioè non è della natura dei regni temporali.
Ora, dopo la morte di Gesù, si sentivano come smarriti e una tristezza pesava sui loro cuori, quasi che tutto ciò che avevano pensato, sperato, oramai fosse stato come una illusione e che tutto si risolvesse […] per loro come in un inganno collettivo. E così si spiegarono poi i discepoli di Emmaus: Noi speravamo… ma intanto! [cf Lc 24,21]. Ecco. Le stesse pie donne, la Maddalena e Maria, che era la madre di Giacomo, non avevano la fede viva, precisa, e venivano a imbalsamare la salma del Redentore. Al venerdì sera avevano dovuto compiere i primi uffici verso la salma del Redentore un po’ in fretta perché era già ormai per cominciare il giorno festivo e le salme dovevano essere portate via4 nel sepolcro. La loro speranza, il loro amore non era del tutto regolato dalla luce, non era tutto illuminato dalla vera fede.
Gesù aveva detto che sarebbe stato preso, legato, condannato, crocifisso e sarebbe morto in croce… e quello era avvenuto:
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è avvenuto in modo così tremendo il Venerdì Santo; ma Gesù aveva sempre aggiunto: E il terzo giorno risusciterò, «et tertia die resurget» [cf Mt 20,18-19].
La prima parte di quel che Gesù aveva predetto si era ormai verificata il Venerdì Santo: Gesù era morto in croce. Dovevano avere ugual fede nell’altra parte della profezia: «Et tertia die resurget», il terzo giorno risusciterà.
La fede viva nella risurrezione, la fede serena rimase solo in Maria la Madre di Gesù. In lei non si spense mai la luce della fede: la candela sua rimase sempre una candela che dava luce e che guidava i suoi pensieri e il suo comportamento, la sua vita. Anche in quel giorno di sabato, quando Gesù era sepolto, ritirata nella sua casa attendeva alla preghiera, e la preghiera era perché si compisse interamente quello che era il volere di Dio, quello che era la missione del suo Figlio, del suo Figlio, il quale era morto crocifisso, fra tanti dolori era spirato; ma egli, come Figlio di Dio e secondo le promesse, avrebbe lasciato il sepolcro, sarebbe uscito dal sepolcro, sarebbe risuscitato. La sua fede serena, sempre.
Certo, la risurrezione di Gesù Cristo è il più grande miracolo. Gesù aveva risuscitato diversi morti durante il suo ministero pubblico ma la risurrezione più grande e il miracolo più grande aveva ancora da venire: egli avrebbe risuscitato se stesso, egli morto avrebbe risuscitato se stesso. E questo miracolo è immensamente più grande che non la stessa risurrezione di Lazzaro, il quale era già stato deposto nel sepolcro da quattro giorni quando arrivò Gesù [cf Gv 11,17.43-44]. E questo miracolo conferma la nostra fede. E questo miracolo fu così evidente, così pubblico… e, per parte stesso, per il comportamento stesso dei suoi nemici5 che contribuirono a provare la sua risurrezione, e involontariamente, contro lo stesso loro volere [cf Mt 27,62-66; 28,4.11-15]: ma Dio guida le cose!
Oh!, dunque la fede. La fede come adesso noi abbiamo da pensarla in questo giorno – anzi, da pensarla in questi quaranta
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giorni del Tempo Pasquale6, fino al giorno cioè in cui Gesù, alla presenza dei discepoli, salirà al cielo –, così vogliamo pensarla: che noi crediamo alla Redenzione, [crediamo che] Gesù ha operato la Redenzione, cioè ha predicato il suo Vangelo, ci ha lasciato i suoi esempi, i suoi due precetti [cf Mc 12,28–31], si è fatto mediatore fra noi e il Padre, ha dato il suo sangue per la nostra salvezza, ha aperto il paradiso e, avendoci guadagnato la grazia che è la vita soprannaturale, vuole comunicarla questa Redenzione. La Redenzione è compita sul Calvario quando Gesù «chinato il capo, emise lo spirito» [Gv 19,30], spirò; ma tutta l’applicazione adesso dobbiamo aver fede che venga fatta: non solo credere che sia stata operata la Redenzione, ma che venga adesso applicata. È lì dove manchiamo noi. Quasi che la santità sia una cosa incerta. Noi abbiamo, alle volte, della santità una speranza molto vaga, confusa. Ecco. E si può dire: questa nostra speranza così un po’ vaga, un po’ confusa, è simile a quella che avevano i discepoli, le pie donne, gli apostoli, quando hanno veduto Gesù preso, legato, condannato a morte e poi crocifisso e spirato sulla croce… che fosse quasi tutto una illusione: Noi speravamo!.
Oh! Così si parla spesso di infusione di grazia: che Gesù salito al cielo manda a noi lo Spirito Santo… che la grazia di Dio aumenti in noi lo spirito di fede, la speranza, la carità, le virtù cardinali, le virtù religiose. In sostanza: che noi siamo chiamati alla santità e che il Signore, chiamandovi ad una vita particolare, vuole da voi una santità particolare; e che egli vuole darci questa grazia, vuole comunicarci questa grazia. E come mai la nostra speranza resta così, un po’ vaga, un po’ incerta? E come si trovano tante anime che praticamente non vivono di fede, di speranza? E, quasi quasi, ad un certo punto della vita sentono come se fossero state deluse e i loro
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propositi non avessero frutto7. Bisogna distinguere bene: noi avremo sempre dei difetti, nonostante che si lotti per correggerli; e ci mancheranno ancor sempre delle virtù, nonostante che vogliamo acquistarle davvero. Ma noi cosa dobbiamo fare? Il nostro lavoro spirituale, quella vigilanza e quella preghiera: «Vigilate et orate» [Mc 13,33; 14,38]. Far bene le nostre cose, aver voglia di correggerci e vigilare per correggerci, aver volontà di acquistare le virtù e lavorare per acquistarle, ma in calma e serenità. La grazia, poi, quello che costituisce la santità – cioè la vita spirituale rigogliosa –, quello che poi assicura questo aumento di meriti è la infusione della grazia di Dio: infusione di fede, di speranza e di carità, d’amore; infusione delle virtù, particolarmente delle due virtù che sono la fede e la carità. Quindi, ancorché ci vediamo piene di difetti, non cadere in quel pessimismo, in quella dubitazione continua, se possiamo davvero arrivare alla santità. No: fede […].
La fede nostra che sia soprattutto: Io ho fatto dei peccati… e puoi ancor farti santo! Io ho tanti difetti… e puoi farti santo! Ma li commetto ogni giorno… ma vigili e lavori spiritualmente! Sì, ma intanto non arrivo... intanto umiliarsi e dire: Da me non riesco a nulla, ma io spero tutto nella grazia; io confido che quei meriti di Gesù Cristo vengano applicati a me, vengano applicati a me. È molto saggio e sapiente il detto di santa Teresina che pregava così il Signore: Giacché io non ho meriti, mi prendo i tuoi, Gesù8. Confidare nei meriti di Gesù Cristo, che ci vengono applicati: se noi facciamo bene le nostre cose lungo il giorno con retta intenzione, facciamo il volere di Dio, egli infonde la sua grazia. Perché tutto il nostro bene, se non c’è la grazia, è un bene naturale; ma se Gesù aggiunge la sua grazia, diventa meritorio, soprannaturalmente meritorio, e l’anima nostra si santifica sempre di più, cioè ottiene quella unione sempre più intima col Signore, sempre più intima col Signore.
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Vedere di fare questa pratica nei quaranta giorni che passano tra la Risurrezione e l’Ascensione (quando Gesù ancora si mostrò parecchie volte ai suoi discepoli), e di chiedere aumento di fede, aumento di fede nella grazia divina. Gesù può darci i suoi pensieri: e allora l’unione di mente; Gesù può darci i suoi sentimenti: allora l’unione del cuore; Gesù può darci la sua volontà, il desiderio di vivere uniti a lui, compiendo sempre il suo volere, ecco: e allora c’è la santità.
Aver fede, non una speranza vaga: Sono certo che posso farmi santo e sono certo che se metto il mio buon volere il Signore comunicherà a me la grazia. E che anche le azioni minime – e fosse anche lavarsi la faccia –, anche le azioni minime acquistano merito, perché tutto quel che è fatto in grazia di Dio e secondo il volere di Dio viene elevato a merito per la vita eterna. La giornata allora è santificata: lo stesso riposo e lo stesso prendere il cibo o far la ricreazione, tutto acquista merito. Ma aver fede nei meriti di Gesù Cristo e, d’altra parte, continuo stato di umiliazione, continua umiliazione perché noi siam pieni di difetti. Per noi non meriteremmo nulla e, anzi, tante volte abbiamo disgustato Gesù, abbiamo offeso il Signore, ancora. Quindi chiedere questo aumento di fede; non una speranza vaga.
Gesù aveva detto: Il terzo giorno risusciterò, e risuscitò. Queste pie donne vanno al sepolcro e dubitavano se avrebbero potuto far rotolare il sasso che copriva la bocca del sepolcro, che chiudeva la bocca del sepolcro – il sepolcro era scavato nel fianco del monte –. E mentre dubitavano se avrebbero potuto fare rotolare la pietra, ecco [che] avvicinandosi al sepolcro, lo videro che la pietra era già rotolata via, e trovarono l’angelo (solo che qui si presentava come un giovane), il quale annunciò a loro: È risuscitato! Non è più qui. Quindi la promessa del Salvatore, la profezia del Salvatore si era compita, in pratica.
Oh! Potremmo al fine della vita noi constatare che abbiamo potuto raggiungere l’unione con Dio, constatare che la grazia di Dio non ci è mai mancata, e abbiamo potuto santificare la nostra vita!? Se ci credo, se ci credo. Mettendo la nostra buona
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volontà, facendo quel tanto che ci è possibile, il Signore aggiunga momento per momento la sua grazia e quindi aumenti in noi la santità, la santità orienti9. Vediamo se noi abbiamo questa serena fiducia, serena fiducia. Potremmo dire quasi che è speranza, perché questa nostra fede è sempre unita alla fiducia di avere i mezzi necessari per la salvezza, cioè per la santificazione; di aver cioè le grazie, l’infusione della grazia per la nostra santificazione. Perciò: volontà e fede – o volontà e fiducia – ci faranno santi.
Collaborazione nostra, impegno nostro, e la fiducia nel Signore. Il Signore ci ha promesso la sua grazia, chi ha buona volontà avrà i doni di Dio: «Pace agli uomini di buona volontà»10 [Lc 2,14], e si avrà, certamente! Ma bisogna sempre ricordare quello che Gesù domandava a quella persona che gli chiedeva un miracolo. Gesù domandò: Pensi, hai fede che io possa fare questo? Che possa compiere questo miracolo che mi chiedi?. E l’altro rispose: Sì!. Ed ecco: Sia fatto come hai detto [cf Mt 9,27-29]. Sì, secondo che crediamo noi avremo.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro originale 20/58 (Nastro archivio 24a. Cassetta 24, lato 1. File audio AP 024a). Titolo Cassetta: “Sulla risurrezione e sulla speranza”.

2 L’Anno Liturgico, Celebrazione della Redenzione, comprendeva 2 cicli o periodi: il Ciclo di Natale, dall’Avvento fino al termine del Tempo dopo l’Epifania; il Ciclo di Pasqua, dal Tempo di Settuagesima fino all’ultima Domenica dopo Pentecoste. Cf LUDOVICO TRIMELONI, Compendio di liturgia pratica (1862), Torino 2007

3 , pp. 35-37.

3 Vangelo: Mc 16,1-7. Il testo letto dal PM è una traduzione che non corrisponde a quella della versione del Messale usata solitamente.

4 Dice: essere via portate.

5 Intende forse: così pubblico che per sé fu confermato dal comportamento stesso dei suoi nemici…

6 I cicli dell’Anno Liturgico (vedi nota 2) si dispiegavano in 3 momenti: Preparazione, Celebrazione e Prolungamento. Nel Ciclo di Pasqua, il periodo corrispondente alla Celebrazione comprendeva: il Tempo Pasquale che iniziava con la Veglia Pasquale e terminava con l’Ascensione; il Tempo dell’Ascensione che arrivava fino alla vigilia di Pentecoste; e il Tempo di Pentecoste nei giorni dell’Ottava.

7 Parola incerta.

8 Cf SANTA TERESA DI GESÙ BAMBINO, Storia di un’anima, Atto di offerta all’Amore Misericordioso di Dio (Offerta di me stessa come Vittima d’Olocausto all’Amore Misericordioso del Buon Dio). Cf anche Manoscritto A, 99, 135.

9 Parola incerta.

10 Cf il testo latino: «Pax hominibus bonae voluntatis».