13. «CHI VEDE ME, VEDE IL PADRE»
Camminare nella vita religiosa
Festa dei SS. Filippo e Giacomo Apostoli, Meditazione
Castel Gandolfo, 11 maggio 19581
Questa è la quinta domenica dopo Pasqua; tuttavia, essendo la Festa dei Santi Apostoli Filippo e Giacomo, è bene che prendiamo a considerare il Vangelo che è stato letto nella Messa:
«In quel tempo: Disse Gesù ai suoi discepoli: Non si turbi il vostro cuore. Credete in Dio ed anche in me. Nella casa di mio Padre ci sono molti posti. Altrimenti come vi avrei detto: Vado a preparare un posto per voi? E quando sarò andato e vi avrò preparato il posto, verrò di nuovo a prendervi con me, affinché dove sono io siate anche voi. Dove io vado lo sapete, e sapete anche la via. Gli disse Tommaso: Signore, non sappiamo dove vai, e come possiamo saperne la strada? Gesù gli rispose: Io sono la via, la verità e la vita: nessuno viene al Padre se non per me. Se conosceste me, conoscereste anche il Padre mio: ora lo conoscete e lo avete visto. Gli disse Filippo: Signore, mostraci il Padre e ci basta. E Gesù a lui: Da tanto tempo sono con voi, e non mi avete conosciuto? Filippo, chi vede me vede anche il Padre. Come dici dunque: Mostraci il Padre? Non credete dunque che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che vi dico non le dico da me stesso: ma il Padre che è in me, è lui che agisce. Non credete voi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Se non altro credetelo per le stesse opere. In verità, in verità vi dico: Chi crede in me compirà anche lui le opere che io faccio e ne farà di maggiori,
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perché io vado al Padre. E qualunque cosa domanderete al Padre in nome mio la farò»2.
Bisogna pensare così: Dio è puro spirito. E allora farci un’idea di Dio che è purissimo spirito è sempre molto, moltissimo difficile e anche impossibile in una certa misura voler pretendere di farci un’idea compiuta, perfetta: impossibile. Il Padre Celeste è onnipotente, il Padre Celeste è buono, il Padre Celeste è santissimo, il Padre Celeste, Dio, è tutto pietà, misericordia, è la stessa perfezione; ma noi non potevamo farci un’idea così bene, così compita (almeno in quella misura in cui siam capaci), e allora il Padre Celeste ha mandato il suo Figlio, vestito di carne umana, un uomo come noi: «Habitavit in nobis»3 [Gv 1,14], «cum hominibus conversatus est»4 [Bar 3,38], stette con noi. E vedere la bontà di Gesù, è vedere la bontà del Padre; e vedere la potenza di Gesù che risuscita dai morti, è vedere la potenza del Padre; e veder la misericordia di Gesù che perdona i peccatori e prega ancora per loro sulla croce, è vedere la misericordia e il cuore del Padre; eccetera… «Chi vede me, vede il Padre». La bontà, la potenza di Dio, la sua misericordia, eccetera, si son fatti sensibili per mezzo dell’Incarnazione, per mezzo dell’Incarnazione del Figlio: «Chi vede me, vede il Padre». «Chi vede me» vuol dire: Chi capisce le mie parole – io sono la verità –; e chi vede la mia santità, il mio modo di vivere, la mia perfezione: vede la perfezione, la santità del Padre; e chi vede come io opero, e chi vede il cuore che ho: vede il cuore che è nel Padre Celeste. Come se tra noi e Dio ci fosse un vetro: senza questo vetro, noi non potremmo vedere abbastanza il Padre, ma Gesù Cristo si è messo tra noi e il Padre, mediatore tra noi e Dio; e allora, siccome il Padre e il Figlio sono una cosa sola, si vede uno nell’altro.
Solo che noi, fatti di sensi, di materia anche, di fantasia e di sensi esterni e interni, vediamo, conosciamo meglio Dio attraverso Gesù Cristo, e per mezzo delle cose visibili vediamo
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le cose invisibili: Dio; e vedendo la bontà e il cuore di Gesù, vediamo la bontà e il cuore del Padre; e vedendo la sua potenza – risuscitare i morti –, vediamo la potenza del Padre. In sostanza, ciò che era difficile per noi conoscere, ecco è diventato più facile, perché Dio si è fatto come noi – è un mistero per noi –; la divinità si è fatta come sensibile a noi, affinché per mezzo delle cose visibili attendessimo alle cose invisibili: capissimo le sue verità, capissimo la bontà, capissimo il cuore del Padre Celeste. Chiunque studia Gesù Cristo, chiunque medita le parole di Gesù Cristo, chiunque comprende il cuore di Gesù Cristo, chiunque sceglie nella pratica della vita, specialmente della vita religiosa, Gesù Cristo, ecco: segue Dio, vive in Dio.
Allora Gesù dice: «Chi vede me, vede il Padre… È da tanto tempo che sono con voi e non mi avete conosciuto?... E se conosceste me, conoscereste il Padre», come è Dio. Allora ecco: così il Padre ha amato gli uomini da dare il suo Figlio agli uomini, cioè da mandare il suo Figlio, il quale si è incarnato, ha preso il corpo come abbiamo noi, corpo ed anima come abbiamo noi; e noi, vedendo lui, vediamo il Padre, vediamo Dio stesso, conosciamo Dio stesso.
Allora viene la necessità di meditare ciò che dice la Chiesa, insegna la Chiesa, di considerare e di meditare ciò che ha insegnato Gesù Cristo e di meditare, conoscere bene i suoi esempi, e conoscere bene le sue virtù, la sua santità, la sua perfezione. In sostanza, «per ipsum, et cum ipso, et in ipso»5: tutto. Per mezzo di Gesù Cristo e con Gesù Cristo e in Gesù Cristo, glorifichiamo Iddio Padre, glorifichiamo Iddio Padre, Figlio e Spirito Santo. Bene6.
Oh! E quando noi guardiamo l’Ostia, attraverso l’Ostia guardare il Padre. L’Ostia è come lo specchio. Il Vangelo è come lo…, cioè l’Ostia è come il vetro e il Vangelo è come il vetro attraverso il quale vediamo Dio, perché Iddio è così uno splendore tale che i nostri occhi non potrebbero abbastanza…
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Quasi quasi diciamo come diceva il popolo Ebreo a Mosè: Va’ tu a parlare con Dio perché noi non potremmo sostenere il suo splendore, la sua faccia. Sali sul monte e parla tu con Dio, poi ci dirai quello che vuole Dio [cf Es 20,18-21; Dt 5,23-27]. Ecco. E quello che vuole il Signore è compreso nel Vangelo, e gli aiuti che abbiamo dal Signore ci vengono attraverso Gesù Ostia, ci vengono attraverso i meriti di Gesù Cristo… la stessa santità: perché da noi nulla possiamo, proprio nulla possiamo di guadagnar dei meriti, ma con Gesù possiamo tutto, possiamo farci santi e acquistare quel bel posto – «vado a prepararvi un posto» –, quel bel posto che il Figlio di Dio, Gesù Cristo, è andato a preparare in paradiso; e poi ci verrà a prendere, ci verrà incontro… quando noi staremo per spirare, ci presenteremo a lui. E nel giudizio universale verrà Gesù Cristo a invitare gli eletti: Venite, benedetti nel regno del Padre mio, possedete il regno che vi è stato preparato [cf Mt 25,34], ed egli, Gesù, entra il primo in questo regno beato, e tutti gli eletti dietro di lui.
Però bisogna che viviamo fini soprannaturali e pensiamo di più soprannaturalmente e che abbiamo più fede in generale: che abbiamo più fede cioè che possiamo farci santi, e che vi abbiam tutte le grazie, e che Gesù è con noi. Che abbiamo più fede: parliamo con fede, non solamente sempre ragionamenti o modi di parlare degli uomini. Oramai si è aggregate, unite con Gesù: un’altra mentalità, un’altra sentimentalità, un’altra vita, un’altra volontà… tutto in Gesù Cristo.
Oh, come è bella la vocazione! Però la bellezza bisogna che noi la scorgiamo nella pratica. Come se uno entrasse in un palazzo dove c’è una bella esposizione, ci son dei magnifici quadri, ad esempio, o delle magnifiche sculture, oppure ci sono dei macchinari, eccetera: non basta entrare, bisogna avanzarsi, camminare, passar di salone in salone, visitare. Così non basta entrar nella vita religiosa, poi bisogna camminare nella vita religiosa: cominciar ad obbedire come veri religiosi, cominciar ad amarsi come veri religiosi, cominciare a pensare come veri religiosi. È un’altra vita! Un’altra vita: non solo entrare,
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cioè vestirsi7, ma soprattutto camminare in quella vita religiosa. Pensare come Gesù e amare col suo cuore Iddio e le anime, e volere vivere secondo [come] Gesù è vissuto dal presepio fino all’ascensione al cielo, fino che andremo al premio, al posto: «Vado parare vobis locum», vado a prepararvi un posto. Egli ce lo ha preparato ed è per noi: non vi è dato da altri. Camminare nella vita religiosa: il parlare religioso, l’operare da religiose, il sentire nel cuore i sentimenti di una religiosa, di un’anima che è di Dio, e il pensare come pensava Gesù Cristo!
Ma Gesù Cristo viene alla Comunione per darci i suoi pensieri, e il primo atto di amore è pensare come Gesù Cristo: il primo atto di amore sta nell’intelletto, nell’intelligenza, nella mente. E poi dopo aver pensato come Gesù Cristo, amare in Gesù Cristo, averci i suoi sentimenti di amore verso Dio: Io faccio sempre ciò che vuole il Padre, aver la sua buona volontà… «Quae placita sunt ei facio semper»8 [Gv 8,29]. E poi voler crescere nell’amore di Dio, e nel voler santificarsi per poter far poi del bene al prossimo: Mi santifico per voi, per essi9 [cf Gv 17,19], dice Gesù; si santifica per noi: così noi, se siamo veri religiosi, dobbiamo santificarci per le anime affinché le anime si orientino verso Dio, e le vocazioni crescano e onorino il Signore e camminino nella perfezione religiosa.
Ecco: trasformarsi, trasformarsi. Un abito religioso bisogna che copra una mente e un cuore, una volontà religiosa, altrimenti sarebbe una bugia: io vado vestita da religiosa e non lo sono. E invece se sotto c’è una mentalità, una sentimentalità, una bontà di religiose, allora va bene; ciò che c’è dentro richiede che anche all’esterno noi siamo sinceri e completiamo anche all’esterno di essere religiose, per mezzo dell’abito che ci indica al mondo come religiose. Siamo schiette anche in questo. Anche questo, anche questo è fondamentale: non solo l’abito, ma proprio il cuore, mente, vita religiosa. Che
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siamo proprio sincere! Perché se una si mettesse in un atteggiamento di preghiera divoto e intanto pensasse magari a delle altre cose, non a Dio, lì non è sincerità: l’esterno non è l’espressione dell’interno. Bisogna che l’esterno sia sempre espressione dell’interno, per essere sinceri; se no, è una bugia di fatto, che si chiama ipocrisia. Ma se c’è all’interno la divozione, e il corpo – la [sua] posizione – riflette la divozione, allora è sincerità; e allora si onora Iddio con l’interno e con l’esterno. E quando si ha l’esterno di religioso in abito religioso, e una casa è una casa religiosa, e l’orario è un orario religioso…, quando l’esterno è religioso, allora sta bene che ci sia quest’esterno religioso se l’interno è religioso, se l’interno è davvero religioso, in maniera che l’esterno sia la figura di quello che c’è dentro, sia un’espressione di quel che c’è dentro. Ecco.
Domandiamo al Signore queste grazie e avremo la sua benedizione sempre più abbondante nella vita, giorno per giorno, giorno per giorno.
È difficile trasformare questo nostro essere! Tuttavia, siccome si è entrati come già buoni cristiani, il passo – da buoni cristiani passare ai consigli evangelici e cioè passare alla vita religiosa – non deve essere che un passo in cui siamo accompagnati dalla grazia di Dio. Ed è la volontà di Dio.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro originale 22/58 (Nastro archivio 25c. Cassetta 25bis, lato 1. File audio AP 025c). Titolo Cassetta: “Io sono la Via, la Verità e la Vita”.
2 Vangelo: Gv 14,1-13. Nella meditazione il brano viene citato liberamente dal PM.
3 «Venne ad abitare in mezzo a noi».
4 «Ha vissuto fra gli uomini».
5 «Per lui, e con lui, e in lui». È l’inizio della Dossologia: Missale Romanum, Ordo Missae, Canon Missae.
6 Parola incerta.
7 Richiamo alla Vestizione (vedi anche dopo) che si sarebbe svolta il successivo 29 giugno.
8 «Faccio sempre le cose che gli sono gradite».
9 Cf il testo latino: «Pro eis ego sanctifico meipsum».