ISTRUZIONE VII
L'UNIONE DELL'ANIMA NOSTRA CON DIO
[70] Chi lavora proprio l'anima, e vuole santificarla è il Signore: lo Spirito Santo è diffuso nelle nostre anime per mezzo dei sacramenti e delle opere buone che noi compiamo: il Signore però, chiamando alla vita religiosa, chiama alla perfezione. Questa chiamata alla perfezione è poco considerata. Generalmente si crede di corrispondere alla vocazione entrando in un Istituto, vestendo l'abito religioso, facendo il noviziato e la professione.
Questo è il principio della vocazione: la chiamata è alla perfezione, e il tempo della chiamata di Dio comincia strettamente dal noviziato, per farsi poi più sentita, più precisa, più chiara con la professione. | [71] È adesso che sei chiamata, la vocazione è propriamente qui: il Signore vuole stabilire un'intima unione con la tua anima; vuole che tu avanzi nella carità, nell'amore; che produca frutti di santità per te e per altre anime.
La chiamata di Dio quindi, non sta tutta nell'invito ad entrare in religione, ma nell'invito, anzi nell'obbligo alla perfezione. Perciò un'anima può dire di corrispondere alla propria vocazione quando lavora realmente per acquistare la perfezione. Vediamo se corrispondiamo in questo modo alla nostra vocazione.
Il Signore, come ha fatto sentire l'invito ad entrare in un Istituto religioso, così durante gli anni dei voti perpetui, continua a lavorare nell'anima per santificarla. Lo Spirito Santo effonde in essa le virtù teologali, cardinali, religiose, morali; effonde i suoi doni. Occorre che noi stiamo molto attenti a questo Dio che lavora nell'anima.
L'anima che è raccolta, sente dal mattino alla sera la voce di Dio che le parla: ora con rimproveri, ora con inviti; come fece Gesù con S. Margherita Maria Alacoque, in modo straordinario. In modo ordinario, ma reale come quello, Gesù parla anche a noi, specialmente dopo la S. Comunione, | [72] dopo una Confessione ben fatta, nel tempo della meditazione, della Visita.
Gesù vuole comunicare intimamente con noi. Molte anime non danno importanza a questo lavorio di Gesù; non stanno mai attente alla voce dello Spirito Santo e vogliono invece sentire la voce esterna del confessore, del direttore. Ma è Dio il direttore
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spirituale, e fa sentire la sua voce a chi la vuol sentire, il sacerdote ha ben poco da dire!
È l'anima che deve dire: Il Signore mi spinge a far questo, a far quest'altro; mi rimprovera per questo motivo, ecc. Il confessore deve solo sapere quali grazie ha quell'anima, per guidarla, illuminarla, incoraggiarla, prevenirla, perché non prenda per voce di Dio ciò che potrebbe venire dall'egoismo e dall'ambizione; assecondare l'opera di Dio. È il Signore che fa sante le anime. Bisogna rispettare l'opera di Dio. Solo con le persone che non hanno buona volontà, è necessario che il confessore le scuota avvisandole anche fortemente e faccia così udir loro la voce di Dio. Non aveva torto S. Teresa nel dire: «Il mio confessore è scelto fra mille».
Noi confessandoci dobbiamo comunicare al confessore: Il Signore mi chiama, | [73] mi rimprovera, e io son dura... ho fatto questo e quello...; oppure: Il Signore mi invita e io voglio corrispondere, ecc.; così il confessore è illuminato sulle buone o cattive disposizioni dell'anima. L'anima stia molto a sentire la voce di Dio. Il confessionale non è il luogo adatto per fare una conversazione spirituale. È lo Spirito Santo che deve guidare l'anima, e l'anima deve lasciarsi guidare: il confessore deve solo stare attento che non si sbandi a destra o a sinistra, che non si scoraggi nei momenti di sconforto e non si sbagli col credere voce di Dio quella che non lo è. Il confessore deve essere molto rispettoso dell'azione della grazia, quando si tratta di anime di buona volontà.
Occorre quindi l'abituale raccoglimento e l'orecchio quasi sempre teso verso il Signore. Crediamo che Gesù sia uno sposo muto, indifferente verso l'anima che si è consacrata a lui? Lo sposo mantiene la sposa, l'aiuta, l'assiste se è ammalata, la previene nei desideri: Gesù, lo sposo dell'anima nostra, lo fa assai di più! Ora ci siamo aperte la via per camminare sempre più verso il Signore. L'unione con Gesù dev'essere totale: noi dobbiamo vivere in continua unione con Dio. Vi è la | [74] Comunione sacramentale, che si fa una volta al giorno e dura ordinariamente dieci minuti, e vi è la comunione spirituale che è comunione vera, non fantastica, ma reale, la più vera delle cose che si hanno in questo mondo: deve essere continua e generale.
Il Signore ci vuole strettamente uniti a lui: noi dobbiamo vivere in continua comunione, non solo in continua orazione; e
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cioè avere una mente identificata con quella di Gesù, un cuore identificato con il suo cuore, una vita che si identifica sempre più con la sua, in modo da poter dire con S. Paolo: «Vive in me il Cristo»1. Perciò va bene che nella preparazione alla Comunione si faccia l'atto di fede (unione della mente); l'atto di speranza e di desiderio (unione della volontà); l'atto di carità (unione del cuore); ma non bisogna poi credere che, cessata l'unione sacramentale, debba cessare l'unione spirituale! Dio viene in noi con la Comunione; viene la SS. Trinità, la quale continua ad abitare in noi; ma perché questa presenza non sia sterile, bisogna pensare che Gesù vuole che i nostri pensieri siano conformi ai suoi, così i nostri sentimenti e tutta la nostra vita. Allora più uno esclude i pensieri inutili, e più è fervorosa | [75] la sua comunione; più uno esclude i sentimenti di orgoglio, di vanità, ecc., e più è unito a Dio; più la sua vita, le sue parole, le sue opere sono conformi a quelle di Dio, più è in comunione fervorosa con Dio.
Questa comunione fervorosa deve essere continua; deve comprendere tutto il nostro essere. Dio continua ad essere in noi durante il giorno e durante tutta la notte, noi dobbiamo stare con lui: «Cor meum vigilat»2, come la SS. Vergine, i cui pensieri erano i pensieri di Dio; i suoi sentimenti, i sentimenti di Dio; la sua vita tutta conforme alla volontà di Dio, e neppure il riposo della notte rallentava questa intima unione.
È troppo poco limitare la comunione ai momenti dell'unione con Gesù sacramentato. I Padri della Tebaide3 facevano pochissime Comunioni sacramentali, ma la loro vita era una continua comunione universale e fervorosa: e si son fatti santi.
L'unione con Dio dev'essere una continua, universale, fervorosa comunione: allora la persona cammina in un abituale raccoglimento; disdegna i discorsi e le cose inutili; teme quasi di non portare degnamente Gesù in se stessa. Se doveste portare Gesù con voi, come lo portò S. Tarcisio, camminereste | [76] rispettose, raccolte, con cuore pieno di amore e di fede.
Oh, se pensassimo che in noi il Padre genera il Figlio (egli opera continuamente); il Figlio ama il Padre, e dallo scambievole amore tra il Padre e il Figlio procede lo Spirito Santo! È tutta
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la SS. Trinità che vive e opera in noi4! In noi vi è l'eternità di Dio: vi è quel Dio che è sapientissimo, immutabile, onnipotente; quel Dio che è il Paradiso! Oh, se comprendessimo qual tesoro portiamo in noi! Questa comunione vi è in tutte le anime che sono in grazia di Dio, ma in molte anime non porta frutto.
Se un architetto va a visitare una chiesa, mentre vi si celebra la S. Messa, e sta lì ad osservarla dal lato artistico, non ricava alcun frutto dalla S. Messa, anche se in quell'ora se ne celebrassero molte. Così, alle volte, la SS. Trinità in noi è come compressa: non lasciamo che i pensieri, i sentimenti di Dio penetrino in noi, che la sua vita trasformi la nostra; divenga la nostra. Si è come il sacrestano, che durante la S. Messa gira distrattamente in chiesa o passa a raccogliere l'elemosina. | [77] Questo gran tesoro che abbiamo in noi dobbiamo sentirlo!
Che cosa dobbiamo fare per farci santi? Chi va a destra, chi va a sinistra; chi cerca dei libri; chi cerca dei confessori, e intanto non si approfitta del tesoro che ognuno ha in sé!
Indicano infiniti mezzi per farsi santi; ma sfruttiamo la divina presenza in noi! Siamo ricchi e non lo sappiamo, e andiamo cercando a destra e a sinistra, mentre Dio è in noi! Amatelo questo Dio, uditene la voce; servitelo come egli vuole; vivete in comunione continua con lui! Ciò che forma la nostra grande ricchezza è la presenza di Dio in noi; è la comunione abituale con Dio che non bisogna lasciare inerte. Si possono avere tanti tesori e non sfruttarli, come certe nazioni che hanno il sottosuolo ricchissimo di petrolio o di oro; sfruttiamo i tesori immensi, per sé infiniti, che abbiamo in noi.
Riassumendo: 1) Considerare l'azione dello Spirito Santo in noi, rispettarlo, farlo parlare: è lui che santifica l'anima; facciamo gran conto dell'opera sua. 2) Vivere in continua, universale, fervorosa unione con Dio. Sono persuaso che in questi anni in cui | [78] non si poteva comunicare, siate state favorite molto dallo Spirito Santo e che molte di voi siano chiamate a una santità speciale. Queste cose devono aprire l'anima vostra alla confidenza: è la grazia di Dio che ci fa santi e questa grazia può operare quanto vuole nelle vostre anime. «Non ego autem, sed gratia Dei mecum»5. «Cooperatores Dei sumus»6.
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1 Cf Gal 2,20.
2 Ct 5,2: «Il mio cuore veglia».
3 Tebaide, antica regione desertica dell'alto Egitto, con capitale Tebe. Nei primi secoli del cristianesimo fu centro del monachesimo.
4 Cf 1Cor 3,16-17.
5 1Cor 15,10: «... non io però, ma la grazia di Dio che è in me».
6 1Cor 3,9: «Siamo collaboratori di Dio».