Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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4. LA CONFESSIONE*

[134] Più che parlarvi della Confessione in se stessa, voglio dirvi qualche cosa che si riferisce a quello che deve seguire la Confessione. Le Figlie di San Paolo dovunque vadano, sia a Roma, come in Piemonte, sia in Sicilia o in America, devono conservare sempre lo spirito proprio della Congregazione, e lo spirito della Congregazione è anche questo: essere brevissime in Confessione. Ho insistito sempre su questo punto e non mi pentirò mai di ripeterlo anche se mi trovassi in punto di morte. Se sarete brevi in Confessione, sarete più buone e più contente. Non s'è mai trovato un confessore santo che sia stato lungo in Confessione. Il B. Cafasso, il S. Curato d'Ars, S. Alfonso e tanti altri santi erano brevi in Confessione. Gesù, che è il nostro modello in tutto, lo è stato anche in questo: e infatti, alla peccatrice pentita non risponde molte parole, ma due sole: «Va', non peccare più»1. Nella Confessione cercate di accusare | [135] pochi peccati. Vi meraviglierete che io vi dica questo, ma ve lo spiego: accusare pochi peccati nel senso che dovete, piuttosto che enumerare tutte le imperfezioni e singoli peccati veniali, accusare la causa di questi peccati. Per es., invece di dire: Ho detto una bugia, ho fatto uno scatto di ira, ecc., bisognerebbe piuttosto dire che non si è sinceri perché è l'amor proprio che vuole nascondere la verità per evitare un rimprovero, oppure si fanno scatti d'ira perché non si prega bene, si dicono molte formule senza badare all'unione col Signore, ecc.
Le confidenze fatele colle vostre Maestre, le quali vi amano più di ogni altra persona e cercano solo il vostro bene.
La Confessione è stata istituita per ottenere il perdono dei peccati ed è obbligatorio confessare tutti i peccati mortali, ma non v'è obbligo di confessare i peccati veniali, i quali possono essere perdonati anche con altri mezzi, come l'atto di dolore, le indulgenze, ecc. Orbene, la vostra Confessione settimanale, più che ad ottenervi il perdono dei peccati veniali e delle imperfezioni, è un potente mezzo per sradicare i difetti e per progredire
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nella vita spirituale. Quindi non basta confessarsi, ma ci vuole | [136] un lavorio dopo la Confessione, lavorio che si compie con l'esame di coscienza giornaliero, lavorio di emendazione. La Confessione deve togliere l'affetto al peccato. Dalla Confessione bisogna ricavare timore e diffidenza di se stessi, della propria fragilità, timore e diffidenza uniti però alla confidenza in Dio. Confidare che Dio ci darà tutte le grazie per evitare il peccato e praticare la virtù; credere che desidera più Dio darci le grazie che noi di riceverle. Gesù sta continuamente in attesa che noi ricorriamo a lui, che ci gettiamo ai suoi piedi, che facciamo il vuoto in noi stessi, che presentiamo il nostro cuore libero da ogni affetto al peccato, onde riempircelo di favori e di grazie.
Inoltre la Confessione ci deve portare alla vigilanza su noi stessi. S. Paolo dice infatti: «Qui stat, videat ne cadat»2: chi si è liberato dal peccato, stia attento a non ricadervi. Vigilanza ci vuole, vigilanza assidua, continua. Infine pregare perché Gesù e la Vergine santa ci tengano la loro mano sul capo.
La Confessione settimanale ci deve ottenere tutto questo.
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* Questa meditazione, stampata in HM II/5, 134-136, con probabilità è stata tenuta venerdì 5 ottobre 1945, come si può ricavare dal testo.

1 Gv 8,11.

2 Cf 1Cor 10,12.