Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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5. I MISTERI DEL S. ROSARIO*

[131] È il primo sabato1 e noi ci ricordiamo di fare l'ossequio sabatino a Maria. Tutti i sabati sono consacrati a Maria come tutte le domeniche sono consacrate a Dio. Ma il primo sabato2ha un'importanza speciale come il primo venerdì3. La nostra meditazione sarà perciò sul rosario. Sono stato a Pompei4: là è il trono sceltosi da Maria per spargere i suoi doni. Ho avuto l'impressione che la devozione a Maria a Pompei è ben soda.
La vera divozione si dimostra con l'assiduità al confessionale: orbene a Pompei si confessa in continuazione e da molti sacerdoti. La nostra vita dev'essere sempre un confessionale ambulante e una balaustra ambulante: tutti gli atti di devozione in quanto si riferiscono a noi si riducono a questi due atti. Basta che noi per un po' di tempo non riflettiamo alla nostra miseria e al bisogno che abbiamo di Dio, la nostra vita spirituale muore. Orbene, col | [132] rosario noi rinnoviamo questi due atti. Il rosario aiuta a togliere il male e a mettere il bene.
In ogni mistero c'è un male da detestare e una virtù da imparare. Così nel primo mistero gaudioso detestiamo la superbia e impariamo l'umiltà di Maria. Nel secondo gaudioso detestiamo l'egoismo e impariamo la carità; nel terzo si detesta l'attaccamento alla terra e si impara e si chiede la povertà, ma la povertà di Gesù; nel quarto detestiamo la pigrizia spirituale, l'accidia e impariamo da Maria l'amore a Dio, il culto, il distacco dalla propria volontà, si può chiedere anche il fervore nelle pratiche di pietà; nel quinto detestiamo tutto ciò che ci allontana da Gesù, specialmente il difetto principale e domandiamo che questo difetto non ci faccia più perdere Gesù.
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Lo stesso nei misteri dolorosi e gloriosi. Nel primo doloroso, in primo luogo, impariamo ad accettare la morte che è ciò che più ci costa, detestiamo l'attaccamento alla vita, attaccamento che è buono fino ad un certo punto poiché siamo in dovere di conservare la nostra salute, nei limiti del possibile per il servizio di Dio. Nel secondo si detesta ogni tendenza carnale e si domanda la castità. Nel terzo, ogni pensiero di superbia e si | [133] domanda l'umiltà di cuore. Nel quarto si detesta l'attaccamento alle comodità e si chiede la pazienza nelle croci. Nel quinto si chiede la vera divozione alla S. Messa a cui si deve dare la massima importanza perché è l'atto essenziale della religione.
Nei misteri gloriosi poi in generale detestiamo l'attaccamento ai beni della terra per desiderare i beni e la gloria del cielo, l'amore al Paradiso. Il rosario dunque aiuta la religiosa a diventare tutta di Dio, a purificarsi, a riempirsi di grazia, l'aiuta a compiere quel «vivit vero in me Christus»5. Il rosario compie questo poco per volta, perché è la Madonna che rende facile ciò che è difficile, è lei che vuol trasformare le religiose in altro Cristo.
Facciamo il proposito di dire il rosario sempre, avendo di mira la nostra purificazione e l'unione con Dio; così il rosario sarà sempre dolce. Il rosario è una grande purificazione, una grande comunione che ci è resa facile da Maria.
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* Questa meditazione, stampata in HM II/5, 131-133, con probabilità è stata tenuta sabato 6 ottobre 1945, come si può ricavare dal testo e le quattro che seguono non appartengono al corso di Esercizi come risulta dalle istruzioni XIV e XV che sono di chiusura.

1 Deve trattarsi del 6 ottobre 1945.

2 La devozione del primo sabato del mese risale alle apparizioni della Madonna ai tre pastorelli di Fatima nel 1917.

3 La devozione del primo venerdì del mese risale alle apparizioni di Gesù a S. Margherita Maria Alacoque.

4 Pompei, città della Campania, sede di un celebre santuario dedicato alla Vergine del rosario, sorto per interessamento del B. Bartolo Longo (1841-1926), alla fine del secolo XIX.

5 Gal 2,20: «E' Cristo che vive in me».