Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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2. IL SILENZIO*

[142] Uno dei più grandi favori che Dio fa alle anime è quello di parlar loro. Il silenzio di Dio è un castigo tremendo. Quando Dio parla facendo sentire ispirazioni, rimorsi, è una grazia continuata.
Il silenzio fra gli uomini può essere peccaminoso, per es. quando tacciamo i peccati; può essere peccaminoso quando uno è obbligato a parlare per denunciare qualche grave disordine; quando si deve correggere il prossimo per dovere di coscienza. Ma vi è un silenzio virtuoso, quello mantenuto per amor di Dio, parlando o tacendo a tempo; parlando sottovoce per ragione del tempo e del luogo in cui [ci] si trova. Vi è un silenzio virtuoso il quale è mantenuto anche per poter sentire meglio la voce di Dio. Ai chiacchieroni il Signore non parla, perché non gli danno tempo di parlare. È silenzio virtuoso quando ricevuta un'ingiuria si tace: «Jesus autem tacebat»1. Silenzio virtuoso: si mormora di una persona in un gruppo e | [143] v'è chi tace; si fa un discorso che offende qualche virtù e uno tace. Silenzio virtuoso quando l'anima essendo impegnata a parlare con Dio non s'effonde esteriormente. Il silenzio però non s'intende solo nel senso materiale, esso è duplice: interno ed esterno. Interno quando l'anima si raccoglie in se stessa e tace. Perché non hai risposto alla mia lettera? Alla mia domanda? V'è un silenzio che consiglia a pensare, a riflettere prima di rispondere. Silenzio interno che non è pigrizia o noncuranza, ma una maggiore cura per assicurarsi di parlare bene. O taci o dici delle cose che siano migliori del tacere. Poi v'è il silenzio esterno: vi sono delle persone che scrivono delle lettere interminabili. Bisogna tacere anche con lo scritto. Dice Gesù: «Quando parlate, dite: Est, est; non, non»2.
Oggi è il primo mercoledì del mese3 ed io vi ho parlato del silenzio perché S. Giuseppe è il santo del silenzio. Nel Vangelo non ci è stata riportata nessuna delle parole di S. Giuseppe. Egli è il santo del silenzio e cioè viveva appartato, non amava conversazioni
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rumorose, passava da un'occupazione all'altra, mai lo sorpresero a passare le serate in chiacchiere. Presto a letto e presto fuor di letto. Non andava coi | [144] giovani della sua età, ma viveva nella sua famiglia e aiutava i suoi genitori. Viveva ritirato nella casetta di Nazaret. L'andare in giro fuori del tempo è sempre un po' rischioso spiritualmente.
S. Giuseppe era breve anche quando doveva parlare. Era silenzioso perché lasciava parlar prima gli altri. Così quando fu ritrovato Gesù, fu Maria che rivolse la parola a Gesù4. Il suo giudizio non era mai precipitato in modo che dovesse poi ritrattarlo. Anche in occasione dello sposalizio si comportò in modo così prudente5 che è modello di tutti quelli che devono trattare gravi problemi. E il Signore interveniva o con ispirazioni interne o con avvisi degli angeli. E S. Giuseppe ascoltava. Non si legge neppure che egli rispondesse: Sì, ma il Vangelo nota che al comando dell'angelo prese il Bambino e partì6. È meglio fare, eseguire con semplicità l'obbedienza, che effondersi in mille proteste di volerla fare. A Nazaret sempre in silenzio. Era il capo della famiglia ed apriva la bocca solo per dare i comandi necessari. Parlava con Dio e ascoltava la sua voce interiore. Stupenda intimità fra la sua anima e Dio. Quando uno si abitua a parlare spesso con Dio, sente istintivo il bisogno di raccogliersi.
[145] Vi sono persone abituate a dir molte parole, ma non è tanto il numero delle parole che conta, sebbene la qualità delle parole: che siano tutte sagge! Soprattutto il nostro silenzio si distinguerà nel parlare saggiamente, prudentemente e conservando il raccoglimento interno. Ed ecco che allora l'anima godrà le intimità di Dio. Quando una persona continua la sua unione con Dio lo dimostra anche esternamente, perché in quello che dice si vede che è ispirata dallo Spirito Santo. Felice l'anima a cui Dio parla interiormente!
Praticamente: esaminarci sulla unione con Dio lungo la giornata. Pensiamo a lui? Ce lo raffiguriamo con la nostra fantasia? Vi è quel ritornare frequentemente a Dio? Io ho un ufficio molto distrattivo. Anche in quell'ufficio giova avere qualche momento di raccoglimento e lo Spirito Santo non lascia mancare la
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grazia a chi per ufficio deve parlare più spesso. E tutto ciò che deve dire viene ispirato da lui. Quando interiormente si è uniti a Dio, con la lingua si possono esercitare tutte le virtù. Ciò che ci deve veramente preoccupare non è tanto il silenzio esterno, ma il raccoglimento interno. Se uno ammette sempre nel suo | [146] cuore affetti che non sono per Dio, fantasie inutili, allora se ne va il silenzio interno e il Signore si allontana.
È una grazia grande conservare il silenzio interiore, e il Signore la concede alle anime che la chiedono.
Molti per conservare questo silenzio si sono chiusi in clausura o ritirati nel deserto, ma questo è solo un mezzo, spesso non basta. Bisogna continuare l'unione con Dio durante il giorno. Alle volte basta avere una piccola cosa per distaccarci da Dio. Bisogna che nessun filo sia rotto per mantenere la comunicazione tra un luogo e l'altro se si vuol telefonare. Ci vuole l'unione abituale con Dio. Noi siamo tanto distratti, qui è la nostra miseria: bisogna chiedere questa grazia al Signore e cominciare a raccogliersi nella preghiera. Parlare a Gesù familiarmente, mostrargli l'interno e tutte le miserie che ci opprimono. Cominciare con la preghiera. Generalmente questo raccoglimento è frutto di molto sforzo, molta violenza. Vedete a S. Luigi quanto è costato: è costata la salute.
Molte anime cominciano a fissarsi dei punti nella giornata, per es.: Oggi voglio ricordarmi dieci volte la meditazione, oppure voglio raffigurarmi dieci volte Gesù che mi | [147] parla; oppure farò qualche Comunione spirituale e così a poco a poco si aumenta l'unione. Molto importante è anche osservare a tempo il silenzio esteriore e mortificare spesso la lingua tacendo per virtù. E così a poco a poco imiteremo S. Giuseppe nella sua silenziosità interiore.
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* Meditazione stampata in HM II/5,142-147. La data, 3 ottobre 1945, si ricava dal testo.

1 Mt 26,63: «Ma Gesù taceva».

2 Mt 5,37: «Sì, sì, no, no».

3 Deve trattarsi del 3 ottobre 1945.

4 Cf Lc 2,48.

5 Cf Mt 1,18-25.

6 Cf Mt 2,14.