Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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ISTRUZIONE II
ANCORA SULLA TIEPIDEZZA

[19] Abbiamo considerato cosa sia la tiepidezza e quali siano i suoi segni; essi sono: abitudine al peccato veniale deliberato, e duplice trascuratezza: nei nostri doveri quotidiani, e nelle nostre relazioni con Dio, cioè nella pietà.
La tiepidezza è un difetto generale, quindi come tale entra nella nostra mente, nel nostro cuore e nella nostra vita.
La tiepidezza è uno stato e come stato non si limita alla preghiera o al modo di parlare, ma si estende a tutto il nostro essere.
Tendere alla vita eterna, a Dio, pensare | [20] a lui, amarlo, avere attrattiva per il soprannaturale, questo è fervore.
Quando un'anima è tiepida nella mente e lo dimostra? Quando i suoi ragionamenti sono naturali, senza fede. I ragionamenti, i pensieri soprannaturali, sono indice di fervore.
Vi sono persone che giudicano tutto secondo la fede: Dio ha permesso questo... Dio ha disposto la tal cosa...; esse prendono tutti gli ordini, le disposizioni come provenienti da Dio; tutte le relazioni che hanno sono conformi alla carità; tutto giudicano con l'occhio della fede: queste persone sono fervorose nella mente.
Quando invece tutto si giudica umanamente, il tempo, la guerra, le offerte, l'apostolato, e si giudicano le sorelle simpatiche o antipatiche, ecc., allora si ha la tiepidezza nella mente.
Quando in ogni cosa si scorge la mano di Dio, si spende per lui la giornata intera; quando si incontrano dei dolori e questi si considerano proprio permessi da Dio per la nostra santificazione, allora si ha il fervore nella mente.
Se vogliamo conoscere se siamo in uno stato di fervore o di tiepidezza, vediamo a cosa pensiamo lungo il giorno e quale sia il | [21] nostro modo di giudicare e le disposizioni che abbiamo.
Se le nostre disposizioni si manifestano nel nostro cuore con un vero amore a Gesù, alla Madonna, agli angeli custodi, alla Congregazione, ai superiori, un vivo dolore dei peccati, allora si ha il fervore.
Quando invece si è indifferenti verso la Congregazione, si è indifferenti circa le pratiche di pietà, sul farsi maggiori meriti;
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quando non si sente nulla, né si desiderano gli Esercizi, il Ritiro mensile, non si ha impegno per far bene la meditazione, per ricavarne il maggior frutto, non si ha fame della Comunione, vi è tiepidezza interiore. Quando l'anima se ne sta insensibile davanti ai beni eterni, allora vi è tiepidezza interiore.
Quando l'anima ha ancora tante aspirazioni umane, di essere preferita, stimata, giudicata bene, è segno di tiepidezza interiore. Quando invece per nulla importa il giudizio degli altri e interrogata quella figlia: Dove vuoi andare? Quale ufficio desideri?. Sono indifferente - risponde - disponga lei, allora si ha il fervore. Quando la persona arriva al punto di essere indifferente alla malattia o alla sanità, alla | [22] vita lunga o corta, alla casa comoda o povera, allora si ha un gran fervore in cuore.
Dicano bene o male poco importa: io devo solo pensare a ciò che ne dirà il Signore; devo solo cercare di far bene. Questo è fervore; è santa indifferenza, ben diversa da quella indifferenza che è svogliatezza e indolenza.
Chi ha la santa indifferenza dice: Disponga Dio quel che vuole, io voglio far solo la sua santa volontà. Purché Dio sia glorificato, non importa che io sia umiliata, disprezzata, purché Dio non sia offeso. Questo è gran fervore. Chi desidera proprio il bene delle sorelle, delle anime, e lo cerca a costo di sacrifici, di disprezzi, costei ha gran fervore.
Al contrario, quando un'anima non ha mai desideri di bene per l'Istituto, non ha zelo per la gloria di Dio, non sente dolore nel vedere Gesù tanto offeso, non si scuote al pensiero delle anime che soffrono nel Purgatorio, non capisce nulla di ciò che sia la carità, questa è veramente tiepida, senza fervore.
Sappiamo noi che cosa sia la carità? Cosa voglia dire amare? Vuol dire spendere le nostre forze, la nostra vita per il bene delle anime; e un'anima arriva all'apogeo | [23] della carità, quando può dire con profondità di sentimento: «Dio mi basta»; quando può dire di essere indifferente a tutto, purché Dio sia glorificato e le anime si salvino.
Poi vi è la tiepidezza o il fervore nelle parole e nella vita. Vi sono delle persone che quando recitano il Padre nostro, non sentono niente per le prime tre domande. Ad esse non importa nulla che Dio sia glorificato, che venga il suo regno: pensano solo con un po' di timore all'Inferno e hanno tanto di tiepidezza da non essere mai sicure del perdono dei peccati; mai certe di aver detto
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tutto in Confessione: Purché non vada all'Inferno; poi!... La tiepidezza nel parlare è più facile a conoscersi che non la tiepidezza interiore.
Quand'è che un'anima ha la tiepidezza nel parlare? Quando si occupa di cose mondane; vuol sapere tutto ciò che avviene al di fuori e lo racconta; quando parla spesso di sé e si esalta, parla degli altri e li deprime; quando tende a far risaltare più il male che il bene; quando non parla mai di cose soprannaturali; non ritiene nulla delle letture spirituali e non ricorda i propositi. Il non parlare mai di cose spirituali, ma con molta facilità di cose del mondo, della | [24] famiglia, delle circostanze anche pericolose in cui può essersi trovata; il modo stesso di parlare dei superiori e delle disposizioni, denota che vi è tiepidezza.
Don Bosco e il B. Cafasso, ancora bambini, quando tornavano dalle prediche, raccontavano in casa quanto avevano udito; si vede che il loro cuore si riempiva, e quando il cuore è pieno si riversa e dà quel che ha. Vi sono persone che sanno portare con abilità il loro discorso su cose spirituali; su cose d'apostolato, sui vari mezzi, si consigliano per far meglio; lodano le sorelle, le cose dell'Istituto, ecc. Questo è fervore.
Quando invece si critica, si mormora, si chiacchiera di cose mondane, si semina la discordia, lo scoraggiamento, la tristezza, allora c'è la tiepidezza. Quando si vogliono dar consigli ai superiori, si criticano le disposizioni, c'è la tiepidezza. Quando si è obbedienti, si cerca di capire, di interpretare anche i semplici desideri, di fare ciò che si deve, c'è il fervore.
Quando si edifica, si scusa se non il fatto almeno l'intenzione; quando si cerca di tenere la buona armonia, quando c'è la buona volontà di consolare chi è afflitto, di sollevare: c'è il fervore. Quand'è che una persona dimostra il | [25] fervore nelle azioni e negli atti della vita? Quando si alza al primo segno; risponde con fervore alle giaculatorie1; è ordinata nella pulizia e nelle sue cose; sa prevenire i desideri altrui; sa incoraggiare, sa prendere per sé il più difficile per risparmiare le altre; è osservante della povertà, conserva le abitudini di Casa Madre; costei è fervorosa.
Quando si dice: Ma quello andava bene in Casa Madre..., nei primi tempi..., ma adesso non più!..., allora non c'è il fervore
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re, c'è la tiepidezza. Il fervore della vita sta nell'abituale osservanza dei voti, tra i quali predomina quello di obbedienza. E qui entrano anche gli usi, le consuetudini e gli indirizzi che vengono dati volta per volta famigliarmente. Così quando si osserva la povertà, la delicatezza di coscienza, cioè si teme l'offesa di Dio: in quel posto non si va; quella relazione non va bene; queste notizie non si devono ascoltare, perché portano distrazione! In generale sono tutti segni di fervore, perché quando una suora è osservante, è anche fervorosa.
Quando invece una suora non è osservante nelle sue azioni; non pesa le parole che dice, non considera le decisioni che prende al lume di Dio, allora essa ha la | [26] tiepidezza e può arrivare al punto da non essere più atta ad alcun ufficio. Egualmente quando non è diligente nelle pratiche di pietà; non si confessa con vero dolore; cambia continuamente il proposito, è sempre incerta, c'è in essa certo la tiepidezza.
C'è una tiepidezza che è costante, permanente, quasi continua, e c'è una tiepidezza che prende a periodi. L'anima non si accorge subito di questo stato, ma diviene sempre più attaccata alla stima altrui e la cerca sempre più. Se un giorno riceve una parola di lode, fa mille progetti e crede di avere gran fervore; se riceve una parola di biasimo è a terra; credeva di essere fervorosa, ma non lo è.
Noi manifestiamo di essere veramente fervorosi, quando anche sotto il peso delle dicerie, delle umiliazioni, delle malattie, delle aridità spirituali, continuiamo a far bene, con il solo scopo di far piacere a Dio e salvare le anime.
Se invece basta una parola di disapprovazione per buttarci a terra e non far più nulla, allora non siamo fervorosi, ma tiepidi.
Bisogna detestare la tiepidezza; se si detesta si cessa già di essere tiepidi; per | [27] correggersi poi ci vuole lo sforzo, ma sentirne dispiacere è già inizio di fervore. Per venire a scoprire il vero stato in cui ci troviamo, occorre fare dei piccoli esami. Vedere, per es., se ragioniamo e viviamo soprannaturalmente o solo secondo la natura. Se le gentilezze che usiamo con gli altri sono fatte proprio con carità, oppure sono solo frutto di educazione, di galateo, ecc. Gli altri possono fidarsi di noi? Sono sicuri che anche durante la loro assenza, parliamo bene di loro?
Siamo noi così schietti, sinceri, che gli altri possano fidarsi di noi? Che se vediamo un difetto negli altri sappiamo dirlo in faccia,
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se diciamo una parola di lode è sincera, se promettiamo manterremo? Alle volte siamo così doppi nel pensare, nell' agire e nel parlare!
Bisogna che gli altri siano sicuri che, se ci fanno una confidenza, ci svelano un segreto, noi lo manterremo! Se diciamo una parola di conforto, che sia di carità sentita e non solo di convenienza. Gli altri devono trovare in noi dei difensori, delle persone che sanno amare sinceramente.
Recitate il mistero glorioso, affinché | [28] lo Spirito Santo infiammi il vostro cuore e lo incendi del fuoco dell'amore.
Io credo che tutte le vostre sorelle che sono passate all'eternità, siano passate in stato di fervore; noi conosceremo se lo siamo, quando ogni nostra Comunione è fatta meglio della precedente, ogni Confessione è fatta meglio, le nostre pratiche sono fatte ogni giorno con maggior cura; se cresceremo ogni giorno, ogni settimana, ogni mese, ogni anno, noi vivremo in vero fervore.
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1 Era tradizione che la levata fosse accompagnata da alcune invocazioni e dalla coroncina: «Vergine Maria, Madre di Gesù, fateci sante».