Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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23. LA MORTIFICAZIONE*

Questa sera parleremo della mortificazione. La parola mortificazione significa rendere morto (mortum facere) e si possono mortificare l'intelligenza, la volontà, la fantasia, il cuore, [gli] occhi, [le] orecchie, [la] lingua, la carne in genere. Questa virtù può essere interna ed esterna. Interna quella che riguarda le facoltà interne: intelligenza, fantasia, volontà e cuore.

1. [Mortificazione] della intelligenza. Nel corso degli Esercizi è assai importante esaminare il nostro interno e prima [di tutto] i pensieri per vedere se sono buoni o cattivi. Sono buoni tutti quelli che riguardano lo studio, l'apostolato, il proprio ufficio. Questi pensieri piacciono tanto al Signore. Quando eravamo piccoli e dovevamo fare un componimento ci dicevano: Pensaci su, perché alle cose bisogna pensarci per riuscirvi!. In Casa attualmente si è abbastanza capaci a scrivere libri, ma non a dirigere periodici, il che richiede molta riflessione e conoscenza della vita. Da venticinque anni prego per ottenere questa grazia, ma non l'ho ancora ricevuta, tuttavia spero di averla fra quattro o cinque anni. [Voi] non avete esperienza perché siete giovani, ma i giovani hanno tempo a vivere, e ne farete delle cose! Intanto date al Signore le vostre energie!
Siete giovani, è vero, ma non andate a casaccio, pensate a quel che fate! E poi se son fagioli fate vedere che son fagioli e non pesche o altro! Pensate alle parole che dite, a dove vi recate, ecc.: questi sono pensieri buoni. Le figliuole più pigre non pensano, perché costa pensare. Eppure si dice che S. Agostino1 stava talvolta anche un'ora davanti al Tabernacolo e poi scriveva quelle cose su cui era stato illuminato. Alcune aprono la bocca e parlano senza riflettere, ma le parole bisogna controllarle:
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non mica è la stessa cosa parlare bene o male, da secolari o da suore. Il mondo dà importanza alle vostre parole ed anche se avete solo sedici anni dovete dimostrarvi più vecchie per senno. Tenete la regola: Parla poco ed ascolta assai. Riflettere: certi scherzi che potete fare nell'interno della vostra casa non vanno bene in mezzo al mondo.
Pensieri buoni sono quelli che avete intorno alla predica udita, al catechismo, all'esame di coscienza: in tal modo la mente viene usata solo per il bene. Inoltre questa si mortifica non pensando a cose cattive, come ai divertimenti del mondo, a quando si era a casa, a quanto può scoraggiare.
L'interpretare male le azioni del prossimo, e i sospetti sono tutti pensieri cattivi; non sempre peccati mortali però. No, solo cattivi, che cioè talora fanno perdere tanto tempo e vanno contro la carità, l'umiltà e molte altre virtù. E chi sei tu che giudichi tua sorella? Nessuno troverà tanta misericordia quanto chi è misericordioso. Sono ancora i pensieri contro la fede, la provvidenza, la povertà, l'obbedienza che sono cattivi. Così pure non è bene voler scovare qualche secondo fine nelle azioni del prossimo. In sostanza sono cattivi tutti i pensieri contro i dieci comandamenti, contro le virtù teologali, contro le cardinali e morali. Non possiamo pensare né amare ciò che non ci è lecito fare.
Ricordiamo che non sono cattivi soltanto i pensieri contro il sesto comandamento, ma anche tutti quelli contro gli altri. Ciò che non può stare sulla lingua e nelle opere, anzitutto e soprattutto non deve stare nella mente e nel cuore; Dio vede anche la nostra mente e il nostro cuore.

2. Mortificazione della volontà. La volontà si mortifica con l'ubbidienza che alle volte proibisce ed altre comanda. L'ubbidienza per la vita comune è esercizio continuo da mattina a sera perché sempre dobbiamo fare quello che è disposto e non quello che noi vogliamo. Quale merito e quale dolcezza in punto di morte se potremo dire: Non so se le ho fatte tutte buone, ma tuttavia posso dire che ho sempre fatto quello che mi hanno detto. La volontà è la nostra grande nemica. Vale più scopare una camera e raccogliere qualche cosa da terra per ubbidienza
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che scrivere un libro anche sull'Eucaristia di spontanea volontà. Quando ci dicono di fare una cosa, facciamola; quando ci destinano ad un ufficio, andiamo: non perdiamo i meriti. Bisogna proprio che vigiliamo. Chi deve disporre e ha l'incarico di assistere pensi che forse chi ubbidisce si fa più meriti che non chi comanda. Facciamo attenzione altrimenti vedremo gli altri andare in Paradiso e noi... Procuriamo di fare anche noi la volontà di Dio. Imitiamo i santi nel proposito di non volere neppure un minuto delle ventiquattro ore del giorno per nostro comodo ed occupato come ci piace. Tutto abbia il merito dell'ubbidienza, anche le penitenze e le mortificazioni avranno più valore. L'ubbidienza ci moltiplica i meriti con immenso nostro vantaggio per questa vita e per l'altra. Siate le vergini prudenti! Imitate il divin Maestro! Vedete, egli si è sottomesso a Maria lasciandosi guidare in tutto secondo la divina volontà ed è stato ubbidiente sino alla morte di croce.

3. Mortificazione della fantasia. La fantasia lavora molto, specie quando si è giovani. Si fanno tanti progetti e poi alle volte il Signore dispone diversamente e tutto va in aria. Bisogna che freniamo la fantasia sempre, di giorno, di sera, durante le preghiere, nello studio, ecc. Essa è una divagazione. Una vita di fantasie è una vita vuota. Vigiliamo onde anche la nostra pietà non sia fantasiosa. La pietà vera sta nel pensiero giusto, nella fermezza della fede, nell'unione a Gesù crocifisso, non nei sospiri. Una persona aveva fatto una visita all'ospedale e nell'uscire si sentiva addosso tutte le malattie possibili: tossiva, le pareva di aver il capogiro, di non poter stare in piedi... Certune leggono la vita di S. Teresina e poi credono di aver le visioni, sentono che la beata Gemma faceva le commissioni per mezzo degli angeli e vogliono farle anch'esse.
Non giochiamo di fantasia! Abbiate le vostre divozioni. Guai alle figliuole se incominciano ad avere in mano libri di fantasia! Siate semplici, intente2 ai vostri doveri! Che ve ne fate delle
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fantasie? Se non avete sul "potagé"3 il pentolone pieno, non vi levate la fame! Vi sono cuoche che con un bianco d'uovo ti fanno dei piattoni, ma che sostanza hanno? Cento fiori non valgono una bella pesca matura. O figliuole di san Paolo, non siate così! Il vostro Padre non era così.
Abbiate cuore grande, sempre pronto; mente larga, serena; siate semplici! Se il Signore vorrà darvi delle grazie straordinarie ve le darà solo dopo una straordinaria ubbidienza, umiltà e semplicità. Quando siete in un posto, non [rac]contate cosa avete fatto nel posto [di] prima! Non fate tanti castelli in aria; è facile pensare al martirio quando si è sedute comode sopra un sofà e non manca niente, ma poi non si sa sopportare una puntura di spillo, una brutta risposta, un po' di disprezzo.

4. Mortificazione del cuore. Vigiliamo sulle simpatie ed antipatie. Il cuore non ha gli occhi e deve essere guidato dalla ragione e dalla fede. Deve essere ripieno di fede, di speranza, di carità, con desideri di zelo. Ma quando non è guidato dalla ragione diviene lo zimbello delle passioni e delle impressioni. E le impressioni non sempre sono buone. Quando per esempio si ama una sorella perché è gentile, perché è istruita, perché è di una condizione sociale più elevata, ecc., non si è nella carità vera.
Vigiliamo ancora sulle antipatie e non ci lasciamo dominare da esse. Il nostro cuore è cieco e non di rado irragionevole per cui può nutrire antipatia per le più buone. Vigiliamo, vigiliamo, dominiamo il cuore, il cuore non dorme.
Sappiamo distinguere e ragionare sulle impressioni. Talvolta si vede brutto quel che è bello o viceversa. Aspettiamo, calme e posate, non lasciamoci trasportare... Quando avete il cuore in subbuglio e siete tanto agitate non parlate e non [prendete] decisioni. Recitate prima un rosario perché la santa Madonna vi renda la pace. Vedrete poi subito chiaramente se trattavasi solo di un piccolo bene mescolato a molte miserie ed inganni.
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Siate calme e prudenti come le vergini del santo Vangelo4 e il Signore vi benedirà. Parleremo poi, a Dio piacendo, della mortificazione esterna.
Guardiamo il nostro Maestro crocifisso, oppresso nel cuore da tanta desolazione, abbandonato perfino dalle persone più care, mentre anche il Padre gli nega la visione del suo Volto santo. Quanto ha sofferto Gesù! E noi, di chi siamo discepole? Ripetiamo dunque sovente: Sancta Mater, istud agas, Crucifixi fige plagas, cordi meo valide: O Vergine Addolorata, stampate nel mio cuore le piaghe del caro Salvatore!5.
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* Istruzione tenuta dal Primo Maestro il 15 novembre 1934 nel corso di Esercizi spirituali (cf nota alla predica n. 21).

1 Agostino (354-430), nato a Tagaste in Tunisia, vescovo di Ippona e Dottore della Chiesa, uno dei quattro maggiori Padri della Chiesa d'Occidente.

2 Originale: adatte.

3 Vocabolo piemontese; indica una stufa a legna sulla quale si cuociono minestre e cibi vari.

4 Cf Mt 25,4.

5 Strofa della Sequenza Stabat Mater attribuita a Jacopone da Todi.