Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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JMJP.

G.D.P.H.

9. CONFIGURATUS MORTI EJUS

La croce «summa Dei sapientia et virtus»: non solo come causa meritoria della nostra salvezza; ma come causa exemplaris: «configuratus morti ejus» (Fil. III, 10)[.]
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a) Il battesimo è morte e risur[r]ezione[:] «consepulti ei in baptismo, in quo et resur[r]existis per fidem operationis Dei, qui suscitavit illum a mortuis[»] (Col. II, 12)[.]
La professione è una morte più completa: «mortui enim estis, et vita vestra est abscondita cum Christo in Deo» [(]Col. III, 3[). ]
L'ordinazione
sacerdotale è la sepoltura solenne e l'atto di morte ad un giovane che è morto da tempo: «ita et vos existimate, vos mortuos esse peccato (Rom. VI, 12)26[.] Cioè: si toglie il peccato ed una vita puramente naturale: perchè si viva la vita cristiana, la vita religiosa, la vita sacerdotale[.]
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b) S. Paolo nell'ora di Damasco era morto a tutto il suo passato di colpa, di errori, di ostinazione, di fariseismo, ed a tutto quanto lo incatenava alla
terra: consanguineità, tradizione di stirpe, avvenire terreno, progetti per la vita. «Circumcisus octavo die, ex genere Israel, de tribu Beniamin, Hebraeus ex Hebraeis, secundum legem pharisaeus, secundum aemulationem persequens Ecclesiam Dei; secundum justitiam, quae in lege est, conversatus sine quaerela»: ecco l'uomo vecchio che morì a Damasco (Fil. III, 5[-6])[.] Ed ecco come esso fu del tutto funerato e profondamente perché più non tentasse di sollevarsi: «Sed quae mihi fuerunt lucra, haec arbitratus sum propter Christum detrimenta. Veruntamen existimo omnia detrimentum esse propter eminentem scientiam Jesu Christi Domini mei: propter quem omnia detrimentum feci, et arbitror ut stercora, ut Christum lucrifaciam» (Fil. III, 7[-8])[.]
Sep[p]ellì ciò che gli offriva il mondo: potenza, importanza influenza: sprezzando: sospetti, derisioni, persecuzioni, scherni.
Lasciò ogni pretesa dimenticò i bisogni... Si fece indifferente alla lode ed al biasimo: «mihi autem pro minimo est ut a vobis judicer aut ab humano die; sed neque meipsum judico... qui autem judicat me Dominus est» (1Cor. lV, 3[-4]). Senza averi, senza appoggi umani, senza vigoria fisica, senza alcunché da salvare di suo, neppur la vita, lavorerà per tutti, sempre, sino alla morte; che pure sfida «Ubi est mors victoria tua?»[.]
Anch'essa è un guadagno «vita mutatur non tollitur[»].
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c) L'abito ci indica morti a tutti: nelle funzioni appariamo Gesù Cristo27: «homo Dei»: morto l'uomo terreno; vive l'uomo spirituale.
Gli increduli credono il prete: un sognatore pazzo, un fanatico, un uomo tenebroso, un ambizioso, un auto-tormentatore: uno che frustrò la vita e va attorno a guastare la vita al prossimo: «vitam illorum aestimabamus insaniam, et finem illorum sine honore[»] [Sap. 5,4].
I1 Sacerdote non può solo sembrare morto; deve esserlo!
Lo sono? «venit enim princeps hujus mundi; et in me non habet quidpiam» (Giov. XIV, 30)[.]
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A G[esù] Maestro

a) [«]Cum essemus mortui peccatis, convivificavit nos in Cristo» (Ef. II, 5)[.] Nessun peccato, dunque, nel sacerdote: nè mortale nè veniale; nessun consenso al male. «Non ergo regnet peccatum in vestro mortali corpore ut ob[o]ediatis concupiscentiis ejus. Sed neque exibeatis membra vestra arma iniquitatis peccato[»] (Rom. VI, 12[-13])[.] Devo assolvere, esorcizzare, togliere con ogni mezzo anche da gli altri il peccato. Lo potrò fare, se odierò il peccato come l'odiò Gesù Cristo: «Quis ex vobis arguet me de peccato?»[.]
Uccidere la propensione, l'inclinazione alla colpa: «qui enim mortui sumus peccato, quomodo adhuc vivemus in illo?[»] (Rom. VI, 2). Essa non muore di morte subitanea ma di morte lenta, quotidiana. Siamo tutti uomini, anch'io, sacerdote; che ho pericoli più numerosi e terribili.
S. Paolo scrive cli sè, dopo la morte di Damasco: «Scio enim quia non habitat in me, hoc est in carne mea, bonum. Nam velle, adiacet mihi; perficere autem bonum, non invenio. Non enim quod volo bonum, hoc facio, sed quod nolo malum hoc ago... Condelector enim legi Dei, secundum interiorem hominem: video autem aliam legem in membris meis, repugnantem legi mentis meae, et captivantem me in lege peccati, quae est in membris meis. Infelix ego homo quis me liberabit de corpore mortis huius?» [Rom. VII, 18-20.22-24].
Lo sento, o Gesù! non pretendo di non sentire; ma pretendo di non acconsentire per la vostra grazia; che è sufficiente «sufficit tibi gratia mea».
Rosario, miserere.
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26 Il riferimento alla Lettero ai Romani riguarda il verso 11 anziché il 12 come in questo testo. L'A. scrive qualche riga sopra sepultura.

27 Nel manoscritto Cristo è con la c minuscola.