XVI
IN PARADISO CONTEMPLEREMO DIO, SOMMO BENE
Abbiamo considerato nell'ultima ora di Adorazione sul Paradiso, come la nostra mente potrà conoscere e contemplare Dio, Somma Verità, che si manifesterà a noi. Consideriamo ora come in Paradiso avremo il Sommo Bene, cioè come la nostra volontà sarà pienamente soddisfatta.
1. In Paradiso in Dio avremo ogni bene. - Vidi un gran trono fulgido e sopra ci sedeva uno davanti al quale fuggì la terra e il cielo; non ci fu più posto per loro. E vidi i morti grandi e piccoli stare davanti al trono. E furono aperti i libri ed un altro libro fu aperto, quello della Vita, e i morti furono giudicati secondo quel che stava scritto nei loro libri e secondo le loro opere. E il mare diede i suoi morti e la morte e l'inferno diedero i loro morti, e ognuno fu giudicato secondo le sue opere. Poi l'inferno e la morte furono gettate nello stagno di fuoco. Questa è la morte seconda. E chi non fu trovato scritto nel libro della vita fu gettato nello stagno di fuoco.
E vidi un nuovo cielo ed una nuova terra, il cielo di prima, la terra di prima, sono spariti, il mare non
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esiste più. Ed io, Giovanni, vidi la Città Santa, la Suo va Gerusalemme, che scendeva dal cielo dappresso Dio, come una sposa abbigliata per il suo sposo. E udii una gran voce dal trono che diceva: «Ecco il Tabernacolo di Dio cogli uomini. Egli abiterà con loro; essi saranno il suo popolo e Dio stesso sarà con essi il loro Dio. E Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte, né lutto, né grida; non vi sarà più dolore, perché le cose di prima sono sparite». E colui che sedeva sul trono disse: «Ecco, io rinnovello tutte le cose». Poi mi disse: «Scrivi, perché queste parole son fedeli e veraci». Mi disse ancora: «È fatto. Io sono l'alfa e l'omega, il principio e il fine. A chi ha sete, io darò gratuitamente della fonte dell'acqua della vita. Chi sarà vincitore, possederà queste cose ed io gli sarò Dio ed egli mi sarà figliuolo. Ma per i paurosi, per gl'increduli, per gli esecrandi, per gli omicidi, per i fornicatori, per i venefici, per gli idolatri, per tutti i bugiardi, il posto assegnato sarà nello stagno ardente di fuoco e di zolfo, cioè la seconda morte» (Apoc. 20, 11-15; 21,1-8).
È bello, anzi bellissimo, meditare gli ultimi capitoli dell'Apocalisse dove son descritte le gioie che ci attendono nella beata eternità, nella Città Santa di Dio. Là la volontà sarà pienamente soddisfatta, là non avremo più nessuno dei mali che temiamo in questa vita. Avremo Dio, e in Dio tutti i beni che possiamo desiderate sulla terra, ed altri che sulla terra non sapremo neppure pensare.
Nessun male; è gran cosa che in cielo non vi siano né lutti, né pianti, né dolori, né morte! In cielo non patiremo nessun male fisico. A quanti mali andiamo soggetti quaggiù! Le malattie che possono colpire l'uomo sono veramente innumerevoli. Tutte le parti del corpo umano sono soggette a molti mali: la
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rigidità dell'inverno, il caldo afoso dell'estate, particolarmente l'ultima malattia, sono mali che continuamente, dolorosamente, minacciosamente ci stanno davanti. Ognuno pensa al dolore della morte con un senso di raccapriccio, consolato solo dal pensiero di fare anche in questo la volontà di Dio.
I dolori interni sono assai di più. I disgusti, le pene, le ingratitudini, le tentazioni, i dubbi, i rimorsi, le agitazioni e specialmente il timore delle anime pie di essere cadute, oppure di cadere in peccato... chi può descriverli?
La nostra terra è veramente una terra di esilio; e noi siamo «gementi e piangenti in questa valle di lacrime». In Paradiso non vi saranno più mali, né per il corpo, né per l'anima; neppure la preoccupazione o il timore che i beni abbiano a finire. Togliete tutti i mali della vita, se è possibile: sarebbe un Paradiso? Non ancora; ma è già qualche cosa. Aggiungete tutti i beni che si possono desiderare: la scienza, la santità, la pace, la grazia, la sicurezza della felicità: non è ancora il Paradiso. Ma aggiungete il Sommo Bene. Questo è il Paradiso. Noi non siamo fatti per le ricchezze del mondo: credete voi che siano felici i ricchi che enumerano i loro biglietti da mille? Si potrebbero chiamare i «tribolati», o meglio, coloro che tribolano se stessi. Non siamo fatti per la gloria umana, che è vanità, cosa che passa come il fumo ed è accompagnata da mille invidie e gelosie che poi lasciano più sconfortati di prima. Non siamo fatti per i piaceri e le soddisfazioni della carne, poiché non sono ancora assaporati che già sono scomparsi, e danno posto al rimorso, alla croce, all'avvilimento. Per che cosa siamo dunque fatti? Per il vero Bene, che è Iddio, sommo ed infinito bene. Consideriamo queste parole: Dio, il Bene sommo, infinito, verace ci basterà
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per tutta l'eternità. La volontà nostra dopo la morte sarà tutta e solo concentrata in questa mira: possedere Iddio; e Dio dice all'anima: «Intra in gaudium Domini tui... Ego ero merces tua magna nimis». Il Signore sarà nostro, e noi saremo suoi per tutta l'eternità.
Oh uomini, scegliete: o terra, o cielo; o i beni di quaggiù, o i beni di lassù. Chi sarà prudente, chi sarà sapiente? Invochiamo dallo Spirito Santo il dono della scienza e della sapienza, dell'intelletto e del consiglio.
Sulla terra vien derisa la felicità del giusto che cerca solo Iddio; sulla terra è ammirata la malizia del furbo, che sa conseguire ciò che vuole; in realtà però è furberia che ricade su se stessa e si rivolge in danno. Solo chi possiede Dio avrà il tutto e per sempre.
Paradiso! Paradiso!... Ecco il sospiro delle anime grandi. Che terra, che piaceri, che ricchezze, che onori!.. Paradiso! Paradiso!
Diceva S. Tommaso Moro a sua moglie: «Sciocca mercantessa! per venti o trent'anni di vita felice sulla terra, vuoi forse che io rinunci a un'eterna felicità, al sommo ed unico Bene?».
Cantiamo l'Inno alla Celeste Gerusalemme e recitiamo la preghiera alla Madonna che sollevi i nostri desideri al cielo e con i desideri tutta la nostra volontà.
INNO
Caelestis urbs Jerusalem,
beata pacis visio,
Quae celsa de viventibus
saxis ad astra tolleris,
sponsaeque ritu cingeris
Mille Angelorum millibus.
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O sorte nupta prospera,
Dotata Patris gloria,
Respersa sponsi gratia,
regina formosissima,
Christo jugata Principi,
Coeli corusca civitas.
Hic margaritis emicant,
Patentque cunctis ostia:
Virtute namque praevia.
Mortalis illuc ducitus
Tormenta quisquis sustinet.
Scalpi salubris ictibus,
Et tunsione plurima,
Fabri polita malleo
Hanc saxa molem construunt,
Aptisque juncta nexibus
Locantur in fastigio.
Decus Parenti debitum
Sit usquequaque Altissimo,
Natoque Patris unico,
Et inclyto Paraclito,
Cui laus, potestas, gloria
Aeterna sit per saecula. Amen.
PREGHIERA
Amabilissima Regina del cielo e della terra, Figlia prediletta del Padre, eccelsa Madre del Divin Figliuolo, inclita Sposa dello Spirito Santo, io venero e lodo quel privilegio unico al mondo, per cui piacendo al Signore nella vostra umiltà, conservando la più illibata verginità, diveniste la grande Madre del Divin Salvatore, nostro Maestro, luce vera del mondo, sapienza increata, fonte di ogni verità e primo Apostolo della verità. Per il gaudio ineffabile che provaste e per quel privilegio così sublime, benedico l'Augusta Trinità e vi prego ad ottenermi la grazia della sapienza celeste, di essere umile e fervente discepolo di Gesù, figlio devoto del Romano Pontefice, membro vivo della Chiesa, colonna di verità. Fate risplendere sui confino più lontani del mondo la luce del Vangelo, sconfiggete errori ed eresie,
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adunate attorno alla cattedra di Pietro tutti gli uomini, illuminate i dottori, i predicatori, gli scrittori, o Madre del Buon Consiglio, o Sede della Sapienza, o Regina dei Santi.
Ave, Maria ecc. Regina Apostolorum, ora pro nobis.
2. Il possesso di Dio non è bene dubbio. - E uno di quei sette Angeli, che aveva i sette calici pieni delle sette ultime piaghe, venne a parlar meco e disse: Vieni e ti farò vedere la sposa consorte dell'Agnello, e mi portò in ispirito sopra un monte grande e sublime e mi fece vedere la Città Santa, Gerusalemme che scendeva dal cielo da presso Dio. Essa aveva lo splendore di Dio e la sua luce era simile a pietra preziosa, come il diaspro, come il cristallo; era cinta di mura grandi ed alte, aveva dodici porte: e alle porte dodici Angeli, e sopra scritti i nomi delle dodici tribù d'Israele. A Oriente, tre porte, a Settentrione, tre porte; a Mezzogiorno, tre porte; a Occidente, tre porte. E le mura della città avevano dodici fondamenti sui quali erano i dodici nomi dei dodici apostoli dell'Agnello. E colui che parlava meco, aveva una canna d'oro da misurare, per prendere le misere della città, delle porte, delle mura. La città è quadrangolare, tanto lunga, quanto larga. Egli misurò colla canna d'oro la città: era dodicimila stadi e la lunghezza e l'altezza e la larghezza in lei sono uguali. Ne misurò anche le mura che erano centoquarantaquattro cubiti a misura d'uomo, usata pure dall'Angelo. E le sue mura erano di diaspro; la città poi era di oro puro, simile a terso vetro. I fondamenti delle mura della città erano ornati di ogni sorta di pietre preziose; il primo fondamento era di diaspro; il secondo di zaffiro; il terzo, calcedonio; il quarto, smeraldo; il quinto, sardonice; il sesto,
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sardio; il settimo, crisolito; l'ottavo, berillo; il nono, topazio; il decimo, crisopraso; l'undecimo, giacinto; il dodicesimo, ametista E le dodici porte sono dodici perle ed ogni porta era di una sola perla. E la piazza della città, oro puro, trasparente come vetro.
In essa non vidi alcun tempio; perché il suo tempio è il Signore Dio Onnipotente e l'Agnello. E la città non ha bisogno né di sole, né di luna che la illuminino, perché la illumina lo splendore di Dio ed il suo luminare è l'Agnello. Le Nazioni cammineranno alla sua luce e i re della terra ne porteranno la gloria e l'onore loro. E le sue porte non saranno mai chiuse di giorno, la notte poi non ci sarà nemmeno. A lei sarà portata la gloria e l'onore dei popoli. In essa nulla entrerà di impuro, né chi commette abominazione o dice menzogna, ma soltanto quelli che sono scritti nel libro della vita dell'Agnello (Apoc. 21,9-27).
La descrizione di questa città celeste è così bella che ci fa già venire un vivo desiderio di andarla a visitare. Quale città della terra, può assomigliare alla città nella quale il capo è Dio, la lucerna è Gesù Cristo, gli abitatori sono gli Angeli; le case, i soffitti, le vie sono tutte preziosissime? «Caelestis urbs Jerusalem» avete cantato adesso: «Beata pacis visio»: Celeste Gerusalemme, beata visione di pace, noi ti sospiriamo!
Chi ci rende veramente felici è Iddio stesso che noi possederemo. Possedere Iddio! Sulla terra tutti i beni che si possono sperare sono dubbi. È dubbio se tu vivrai poco o molto, benché desideri una vita lunga; è dubbio quale grado di scienza potrai raggiungere; è dubbio per l'avaro se riuscirà ad accaparrare o conservare le ricchezze è dubbio per il gaudente se potrà bere il calice della gioia; è dubbio per il superbo se egli potrà conseguire stima dagli uomini... Ma il bene
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eterno, Iddio, non è un bene dubbio: chiunque davvero lo vuole, lo possederà. Iddio è un bene così fatto che nell'atto stesso di desiderarlo, vien già dato, e cioè già si acquista per il desiderio. Qualunque anima, che pentita del suo peccato si volge a Dio, non ha un desiderio inutile, vano, Iddio sarà suo! E quelle anime che nella vita amano costantemente Iddio, l'avranno!
«Sui fiumi di Babilonia, là sedemmo e piangemmo nel ricordarci di Sion. Ai salici che restavano in mezzo appendemmo i nostri strumenti. Poiché là ci domandarono quelli che ci avevano menati schiavi, parole di canti: e quelli che avevano deportato: «Cantateci qualche inno dei cantici di Sion». Come canteremo il cantico del Signore, in terra straniera? Se io mi dimenticherò di te, o Gerusalemme, resti paralizzata la mia destra. S'attacchi la mia lingua al mio palato, se non mi ricorderò di te. Se non porrò Gerusalemme in cima ad ogni mia gioia. Ricordati, o Signore dei figli di Edom, nel dì della rovina di Gerusalemme, i quali dicevano: «Distruggete, distruggete sino alle sue fondamenta». Figli di Babilonia, miserabili: Beato chi ti renderà la pariglia di ciò che hai fatto a noi. Beato chi afferrerà e sbatterà i suoi bambini contro la pietra»1.
Quale gioia apporterà questo Dio all'anima! Rammentiamo le gioie che provano certi cuori, certe anime, dopo una santa Comunione, quando piangono di consolazione. Ricordate le delizie di S. Luigi, di S. G. Berchmans, dopo la Comunione. Ricordate la felicità, il gaudio di S. Stanislao Kostka, quando fatta la Comunione per mezzo degli Angeli, ebbe ancora un altro conforto: la Madonna che gli presentò e gli diede il Santo Bambino Gesù. Pensate la felicità di Santa Teresa quando si incontrò col Bambino Gesù sotto i
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portici del convento; la gioia di S. Antonio da Padova quando, per la sua virtù verginale, meritò di poter contemplare il Bambino Gesù, anzi di ricrearsi con Lui.
Ebbene, questi sono tutti raggi di cielo: ma in Paradiso Iddio si possiede interamente, eternamente, felicemente. Se questi gaudi delle anime fortunate che abbiamo ricordato, si fossero prolungati per anni e secoli, - chi non li invidierebbe? Ebbene, in qualche maniera noi immaginiamo ora il Paradiso, così ne abbiamo qualche idea, ma un'idea che è come un riflesso lontano, perché purtroppo, siamo ancora sulla terra. Certi Santi, pregustavano le gioie del cielo in modo tale che in certi momenti sembrava che già sulla terra dovessero possedere il Paradiso. Lassù è ancora di più: lassù è il cuore che sente, e non è più la mente che ragiona.
Desideriamo dunque il Paradiso. Vi sono coloro che lo desiderano con una certa volontà; ma non si decidono alla conquista: sono uomini di debole volontà. Vi sono coloro che lo desiderano con volontà fervente: sono di buona volontà. Com'è la nostra volontà? t simile a quella dei Vergini che lasciarono tutto per il Tutto? Simile a quella dei Martiri che diedero la vita per possedere la Vita? Sulla soglia degli Esercizi Spirituali, della vita religiosa, della vita sacerdotale, delle giornate difficili, ricordiamo che ciò che deve farci coraggio è la ricompensa: «Unusquisque suam mercedem accipiet secundum suum laborem»: ogni operaio riceve la mercede secondo il suo lavoro1.
Preghiera: «O Maria, Regina degli Angeli» ecc., dopo il canto, uniti ai celesti abitatori del cielo: «Alto ex Olympi vertice».
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INNO
Alto ex Olympi vertice
Summi Parentis Filius
Ceu monte desectus lapis
Terras in imas decidens,
Domus supernae, et infimae
Utrumque junxit angulum.
Sed illa sedes coelitum
Semper resultat laudibus,
Deumque trinum et unicum
Jugi canore praedicat:
Illi canentes jugimur
Almae Sionis aemuli
Haec templa, Rex caelestium
Imple benigno lumine:
Huc o rogatus adveni,
Plebisque vota suscipe,
Et nostra corda jugiter
Perfunde coeli gratia.
Hic impetrent fidelium
Voces precesque supplicum
Domus beatae munera,
Partisque donis gaudeant:
Donec soluti corpore
Sedes beatas impleant.
Decus Parenti debitum
Sit usquequaque Altissimo,
Natoque Patris unico
Et inclyto Paraclito,
Cui laus, potestas, gloria
Aeterna sit per saecula. Amen.
PREGHIERA
O Maria, Regina degli Angeli tutti piena di grazia, concepita senza macchia, benedetta fra le creature, tabernacolo vivente di Dio, ricordate il doloroso e solenne istante in cui il moribondo vostro Gesù dalla Croce vi donò per figliuolo Giovanni, e in lui tutti gli uomini e specialmente tutti gli Apostoli Quale tenerissima carità inondò in quel momento u vostro Cuore per le anime consacrate all'apostolato, alla sequela della croce,
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all'amore di Gesù. Per i dolori ineffabili vostri e del vostro Divin Figlio, per il vostro Cuore di madre, o Maria, accrescete la gloriosa schiera degli Apostoli, dei Missionari, dei Sacerdoti, delle Vergini. Risplenda in questa schiera d'anime fortunate la santità della vita l'integrità dei costumi, la soda pietà, l'umiltà più profonda, la fede più ferma, la carità più ardente. Siano tutti santi e sale purificante della terra, o Madre dei Santi, Madre del gran Sacerdote e Voi stessa Vittima ed Altare.
Ave, Maria ecc. Regina Apostolorum, ora pro nobis.
3. In Paradiso la nostra volontà sarà felice. - E l'Angelo mi mostrò un fiume d'acqua viva, limpida come cristallo che scaturiva dal trono di Dio e dall'Agnello. In mezzo alla piazza della città ad ambo i lati del fiume v'era l'albero della vita, che porta i dodici frutti e dà mese per mese il suo frutto. E le sue foglie sono medicina delle Nazioni. Non ci sarà più nulla di mal detto, ma vi sarà il trono di Dio e dell'Agnello. I suoi servi lo serviranno e ne vedranno la faccia e porteranno in fronte il nome di lui. Non vi sarà più notte; non avranno più bisogno di lume, né di sole, perché il Signore Dio li illuminerà ed essi regneranno per i secoli dei secoli.
E l'Angelo mi disse: Queste parole sono fedelissime e vere e il Signore Iddio degli spiriti, dei profeti, ha mandato il suo Angelo per mostrare ai suoi servi le cose che devono succedere ben presto. Ed ecco: presto vengo. Beato chi osserva le parole di profezia di questo libro. Io, Giovanni, sono colui che vidi e sentii queste cose. Or quando le ebbi vedute e udite mi prostrai ai piedi dell'Angelo che me le mostrava per adorarlo. Ma dissemi: Guardati dal farlo, perché io sono servo come te, e come i tuoi fratelli, i profeti e quelli che osservano
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le parole di profezia di questo libro, adora Dio. Poi mi disse: Non sigillare le parole di profezia di questo libro perché il tempo è vicino. L'iniquo seguiti a fare il male; l'impuro seguiti nelle immondezze, e chi è giusto diventi ancora più giusto, e chi è santo, si faccia ancor più santo. Ecco: io vengo presto e porto meco la ricompensa per darla a ciascuno secondo le sue opere. Io sono l'alfa e l'omega, principio e fine, primo e ultimo.
Beati coloro che lavano le loro vesti nel sangue dell'Agnello per aver diritto all'albero della vita ed entrare per le porte della città. Fuori i cani, i venefici, gli impudichi, gli omicidi, gli idolatri e chiunque ama e pratica la menzogna.
Io, Gesù, ho mandato il mio Angelo a notificarvi queste cose riguardo alle Chiese. Io sono la radice, la progenie di Davide. La fulgida stella del mattino. E lo Spirito e la Sposa dicono: «Vieni», e chi ascolta dica: «Vieni». E chi ha sete venga, e chi ne vuole prenda gratuitamente l'acqua della vita. Or dichiaro a chiunque ascolta le parole di profezia di questo libro che se uno vi aggiungerà qualche cosa, Dio porrà sopra di lui le piaghe scritte in questo libro; e se alcuno torrà qualche cosa dalle parole di profezia di questo libro, Iddio gli toglierà la sua parte dal libro della vita e dalla Città Santa e dalle cose che sono scritte in questo libro. Colui che attesta queste cose dice: Sì, vengo presto.
Così sia. Vieni, Signore Gesù! la grazia del Signore nostro Gesù Cristo sia con tutti Voi» (Apoc. 22,1-21).
Beati dunque coloro che lavano le loro vesti nel Sangue dell'Agnello Gesù. E chi arriverà a quella città santa, ricca di ogni bene, senza alcun'ombra di male? Chi con tutta la volontà osserva i comandamenti di Dio:
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«Si vis ad vitam ingredi, serva mandata». Arriveranno poi a possedere ed abitare i palazzi più belli di quella città coloro i quali, oltre ai comandamenti, osserveranno anche i consigli evangelici.
La volontà nostra in Paradiso sarà felice, purché sulla terra sia fedele e osservi i comandamenti di Dio e i precetti della Chiesa. Ecco: Dio ha dato a noi due grandi mezzi per raggiungere quella felicità che è soprannaturale: la fede e le opere. Questa fede e queste opere sono la scala per cui noi ascendiamo al cielo.
Vorremmo chiedere a Gesù: «E quali sono questi comandamenti?». Gesù, a quel giovane che gli faceva tale domanda, li ha manifestati: e noi li sappiamo. Dobbiamo dunque prima di tutto manifestare quanto è contro i comandamenti. La parte negativa di ogni comandamento ci indica i peccati che si possono commettere contro di essi. Se noi considerando questa sera i vari comandamenti e seguendo la spiegazione che ne dà il catechismo, veniamo a trovare che la nostra vita ha purtroppo dei punti neri, che qualche volta abbiamo crollato le spalle a l)io, qualche volta abbiamo disobbedito a Dio, piangiamo le nostre mancanze, con le lacrime della Maddalena davanti al Divin Maestro. Ma vi è inoltre la parte positiva dei comandamenti: e così il primo comandamento ci ordina specialmente la preghiera, il secondo comandamento il rispetto e la fiducia nel nome di Dio. Abbiamo fatto ciò che questi comandamenti ci ordinano?
Se poi vogliamo essere perfetti, allora ci sono anche dei consigli; sono per chi è più generoso di volontà, per chi cerca il Paradiso più bello. Gesù disse a quel giovane che lasciasse tutto, che si votasse al Signore: «Vieni, seguimi, e avrai un gran tesoro in cielo»1. Sottolineate le parole: «un gran tesoro in
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lParadiso». E voi più generosi di quel giovane, volgetevi a Gesù che vi sta mirando da quell'Ostia santa, sentite che parole escono di là, che inviti santi escono da quel Cuore: se vuoi essere perfetto, se vuoi avere un gran tesoro in Paradiso. E chi è generoso ne dia prova.
Chi è più forte nella virtù, chi vuol essere più generoso col Signore, continui con costanza nel bene fino alla fine, come S. Paolo.
Recitiamo la preghiera: «O Vergine candidissima» dopo aver cantato «Placare, Christe, servulis», che è l'inno di tutti i santi abitatori del cielo. In questo inno si nomina Gesù, re del Paradiso e dei beati; la Vergine patrona e le schiere beate divise in nove cori, con gli Apostoli e coi Profeti. Poi i porporati martiri, poi i candidi e gloriosi confessori, poi il casto coro delle Vergini: tutti ci invitano a lodare Dio e intercedono per noi la grazia di poterli seguire nella lotta per la vita eterna, affine di conseguire la stessa loro corona in Paradiso.
INNO
Placare, Christe, servulis,
Quibus Patris clementiam
Tuae ad tribunal gratiae
Patrona virgo postulat,
Et vos, beata per novem
Distincta gyros agmina,
Antiqua cum praesentibus
Futura damna pellite.
Apostoli cum Vatibus,
Apud severum Judicem,
Veris reorum fletibus
Exposcite indulgentiam.
Vos purpurati Martyres,
Vos canditati praemio
Confessionis exsules
Vocate nos in patriam.
Chorea casta Virginum,
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Et quos eremus incolas
Transmisit astris, coelitum
Locate nos in sedibus.
Auferte gentem perfidam
Credentium de finibus
Ut unus omnes unicum
Ovile nos Pastor regat.
Deo Patri sit gloria
Natoque Patris unico
Sancto simul Paraclito,
In sempiterna saecula. Amen.
PREGHIERA
O Vergine candidissima, augusta Regina dei Martiri, stella mattutina, sicuro rifugio dei peccatori, rallegratevi per i giorni in cui sedeste Maestra, conforto e Madre degli Apostoli, nel Cenacolo, per invocare e ottenere ed accogliere il Divin Paraclito, lo Spirito coi sette doni, amore del Padre e del Figliuolo, rinnovatore degli Apostoli. Per la stessa vostra onnipotenza supplichevole, per quelle vostre umili ed irresistibili preghiere che commuovono sempre il Cuore di Dio, ottenetemi la grazia di comprendere il valore delle anime che Gesù Cristo riscattò dall'inferno col suo preziosissimo sangue. Possa ognuno di noi entusiasmarsi per la bellezza dell'apostolato cristiano; la carità di Cristo ci sospinga, ci commuovano le miserie spirituali della povera umanità. Fate che sentiamo nel nostro cuore i bisogni della fanciullezza, della gioventù, della virilità, della vecchiaia; che l'oscura Africa, l'immensa Asia, la selvaggia Oceania, la travagliata Europa, le due Americhe esercitino un fascino potente sulle nostre anime; che l'apostolato dell'esempio e della parola, della preghiera e della stampa, dei sani e dei moribondi, delle anime purganti, conquistino tanti cuori generosi, fino alla rinuncia di tutto, fino al sacrificio di se, fino ai più penosi sacrifizi.
O Regina degli Apostoli, o Madre di misericordia o Avvocata nostra, a Voi sospiriamo, gementi in questa valle di lacrime.
Ave, Maria ecc.
Regina Apostolorum, ora pro nobis.
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1 Sal 136.
1 1Cor 3,8.
1 Mc 10,21.