Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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V
I DISTACCHI CHE LA MORTE APPORTA

Chiediamo a Gesù-Ostia la grazia di staccare il nostro cuore dai piaceri, dalle ricchezze e dalla stima degli uomini. La morte ci separerà da tutto, ma quello sarà un distacco necessario; mentre ora è libero, cosciente, tutto ispirato all'amore. Beati coloro i quali sanno compiere il Sacrificio mentre sono giovani, o mentre si trovano ancora lontani dalla morte! Il sacrificio che si fa in punto di morte, se fatto con rassegnazione, potrà avere anche merito, ma è assai più meritorio farlo quando si è in buona salute, o meglio, quando si è giovani. S. Paolo dice di usare delle cose di questo mondo, senza goderle: cioè servirsene come aiuto per meglio servire Dio. Dobbiamo arrivare a salvarci, al Paradiso, a farei santi; il resto è mezzo: sia gioia o sia dolore, sia ricchezza o sia povertà, sia disprezzo o sia onore: «Diligentibus Deum omnia cooperantur in bonum»1.

1. È necessario distaccare il cuore dalla stima e dall'affetto troppo naturale. - Il giusto, anche se muore avanti tempo, godrà riposo. La vecchiezza è veneranda, non quella che viene dalla lunga vita, né quella misurata a numero d'anni; la canizie sta nella prudenza dell'uomo, età senile è una vita senza macchia. Perché
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egli piacque a Dio e ne divenne il diletto e viveva in mezzo ai peccatori, fu trasportato altrove. Fu rapito affinché la malizia non alterasse il suo spirito e la seduzione non ingannasse la sua anima; che l'incanto della vanità oscura il bene e la vertigine della passione perverte un'anima ingenua. Giunto in poco tempo alla perfezione, compì una lunga carriera, essendo l'anima sua cara a Dio; per questo fu tolto in fretta di mezzo all'iniquità. Ma la gente che ciò vede non ci comprende nulla, non medita nel suo cuore che questa è grazia di Dio e misericordia verso i suoi santi, è un riguardo verso i suoi eletti (Sap 4,7-l 5).
La vita è sempre abbastanza lunga, ancorché brevissima per il numero dei giorni, quando noi nel tempo che ci fu dato, ci facciamo santi. La vita è sempre troppo lunga, invece, quando ce ne serviamo per commettere peccati e meritare l'inferno. La stima degli uomini è come un incantesimo che a volte fa presa anche su coloro che sembran quasi aver in disprezzo il giudizio degli uomini. Purtroppo molti sacrificano alla stima e all'affetto delle persone anche i loro doveri. Per rispetto umano molti tralasciano il bene; per rispetto umano molti commettono il peccato. Stolti, se non avessero certi compagni, si farebbero più santi. Sentono l'invito della grazia, vorrebbero corrispondervi, ma poi si trattengono pel sorriso malizioso di un povero infelice, che avrebbe più ragione di piangere di se che di ridere degli altri. Quante azioni si compiono con fine perverso! pur di guadagnare la stima degli uomini! Quanto bene vien rubato dalla vanagloria! bene che proviene dai nostri doveri quotidiani, dallo studio e, qualche volta, dalle stesse opere di pietà. O uomini, perché cercate la lode e la stima di coloro che sono mutabili come voi? Tutto si dilegua: le cose, le lodi, gli uomini stessi.
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Pensiamo a ciò che accade quando una persona viene a trovarsi in punto di morte. I circostanti a poco a poco si ritirano, bisbigliano fra di loro; altri curiosamente si domandano se debba durarla ancora molte ore o molti giorni; il medico stesso stringe le spalle dicendo: la scienza umana qui non può più nulla. Resteranno soltanto alcune persone più pie e su cui meno si contava: «Tempore felici multi numerantur amici, si fortuna perit, nullus amicus erit»: al tempo prospero si numerano molti amici; ma se cessa la fortuna, nessuno più sarà amico. Coloro che ci lodavano per vini vani, forse per accaparrarsi le nostre grazie e le nostre confidenze si allontaneranno. Che cosa si dirà di noi in quella stanza ove saremo spirati? Lodi o biasimi? E chi mai degli uomini verrà a perorare la nostra causa al tribunale di Dio? E quand'anche volessimo addurre scuse al Giudice supremo per la nostra vita, che cosa potremmo dire? Forse che anche gli altri non erano santi? Gesù risponderebbe: Essi renderanno conto della propria anima; tu devi dar conto della tua!
Pochi accompagneranno la salma alla Chiesa, pochi al Camposanto. Calata la bara nella fossa, vi sarà forse qualche lacrima di persona più affezionata, ma dopo, la terra discenderà sulla nostra cassa, tutti partiranno, lasciandoci soli col becchino, soli in compagnia di morti che taceranno. Calerà la notte; quale silenzio in quelle tenebre ove tutti dormono il sonno di morte. Il chiasso del mondo, il fumo della vanità, l'eco delle lodi sarà svanito...
Amiamo le persone, le anime, ma in ordine a Dio cessiamo dal desiderare quella stima degli uomini che dopo la morte si spegne; cominciamo a desiderare soltanto Iddio: che Gesù sia contento di noi; che al giudizio possiamo sentire: «Serve bone et fidelis... intra in gaudium Domini tui»: vieni, servo buono e fedele,
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entra nel gaudio del tuo Signore1. Quella è lode verace, lode che ha conseguenza eterna, perché è lode divina.
Recitiamo l'«Atto di rassegnazione», dopo aver cantato «Maria, che dolci affetti!»

MARIA CHE DOLCI AFFETTI

Maria, che dolci affetti,
nel salutarti io sento!
Maria, si caro accento
è un balsamo per me.

T'ascolto in sul mattino
nell'aura lusinghiera:
il mezzodì, la sera
mi parlano di Te,
di Te, o Madre mia.
Quando affannoso, ansante
sarò nell'ultim'ora,
Madre, deh possa allora,
possa chiamarti
e poi morir!

Oh Madre, Madre deh possa allora,
possa chiamarti e poi morir.
Maria, e poi morir!
Maria, e poi morir!

ATTO DI RASSEGNAZIONE

O mio Dio, sovrano Padrone della vita e della morte, che con decreto immutabile a punizione del peccato, avete stabilito che tutti gli uomini debbano morire una sola volta: escomi umilmente prostrato davanti alla vostra tremenda maestà, rassegnato e sottomesso a questa legge della vostra giustizia. Detesto di tutto cuore le mie colpe passate, per le quali io ho meritato mille volte la morte, e perciò l'accetto in espiazione di quelle, o per obbedire alla vostra volontà. Sì, o gran Dio, mandatemi la morte nel tempo, nel luogo e nel modo che a voi piacerà.
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Intanto profitterò dei giorni o degli anni che vi piacerà di Concedermi per distaccarmi da questo mondo e troncare tutti i legami che mi tengono avvinto a questa terra di esilio, e preparare l anima mia a comparire con piena fiducia dinanzi al vostro tribunale. Perciò mi abbandono senza riserva tra le mani della vostra paterna provvidenza. Sia fatta ora e sempre la divina vostra volontà. Così sia.

2. La morte ci distacca dalle ricchezze. - Il giusto morto condanna gli empi che vivono, e una gioventù, sì presto giunta alla perfezione condanna la lunga vita dell'empio. Or (gli empi) vedendo la fine del savio non capiranno quali siano stati i disegni di Dio sopra di lui, ne perché il Signore l'abbaia messo in sicuro. Vedendo ciò se che faranno beffe, ma il Signore si burlerà di loro. E dopo questo, essi moriranno senza onore, e saranno in eterno obbrobrio tra i morti; perché Dio li ridurrà al silenzio, li scaglierà a capofitto dopo averli scossi dai fondamentali ed avranno l'ultima rovina. Saranno nei gemiti, e la loro memoria perirà. Verrà in tutti paura per il pensiero dei loro peccati e le loro iniquità, drizzandosi dinanzi ad essi, li accuseranno (Sap. 4,16-20).
Beato chi si sarà fatto povero, volontariamente per Gesù, e quanto ha dato al Signore si cambierà in ricchezza eterna. Beati i poveri, perché di essi è il regno dei cieli
Molti purtroppo si lasciano trascinare nella via del peccato dall'amore alle ricchezze ed ai beni di quaggiù. Tanti sono quelli che inciampano nel settimo comandamento o che per amore alla comodità deviano dalla via del cielo. Arricchiscono, godono le comodità e non si dicono mai sazi, o forse non godono neppure quanto hanno accumulato.
Gran conforto avrà chi, sul letto di morte, volgendo
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gli occhi attorno, mirerà una camera povera, testimone del suo distacco. Gran conforto avrà chi non dovrà allora disporre di beni, giacché nulla ha posseduto, nulla ha desiderato, nulla ha da curare per la terra; neppure la sua sepoltura o la sua tomba.
Invece quanti ricchi di affetto o di effetto, giunti in punto di morte, giacciono come sopra un letto di spine! Sono assistiti da chi ha interesse, e a cui sta a cuore non il povero infermo, ma quanto egli lascia. Talvolta l'infermo è nell'agonia, o appena spirato, e nella casa si fa man bassa di quello che egli aveva adunato con tanta cura. E come vien vestito quel cadavere? Forse gli mettono addosso poveri indumenti... Perché tanto «andrebbero consumati inutilmente», si dice. Lo si adagia in una povera cassa; lo si circonda con erbe, trucioli di legno o stracci, perché non subisca troppo gli effetti delle scosse. Valeva la spesa esser tanto ricercato nel vestire? Vestirsi decorosamente è dovere, ma l'ambizione è vizio turpe. Valeva la pena trattare il corpo con tanta raffinatezza, se infine dovrà essere uno scheletro? se al Camposanto interrogassimo, uno ad uno, quelli che vi riposano, che cosa pensino dell'abbandono dei vivi e delle loro povere tombe, ci risponderebbero: Questo non ci interessa; una cosa sola vale: che l'anima nostra sia ricca di meriti! Che giova, adunque, all'uomo guadagnare anche tutto il mondo se la sua anima ne ha detrimento? Una camera disadorna, un povero letto, un cibo ordinario, un vestito semplice, ma sufficiente e decoroso, in punto di morte consola assai più che un vestito di lusso, una camera addobbata, un cibo ricercato, un palazzo signorile. Ricordiamo: Nostro Signore Gesù Cristo, Maestro Divino, fu poverissimo, morì su una croce non sua; gli Apostoli furono poverissimi. Quale contraddizione: noi vogliamo vivere tra le agiatezze e comodità e poi ci vogliamo trovar
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santi come chi di tutto ha fatto sacrificio al Signore? Nessuno può servire a due padroni, nessuno può tenere il piede in due staffe: o si sente alla comodità e alla avarizia, o si serve a Nostro Signor Gesù Cristo. Conviene scegliere. Il Vangelo è molto chiaro, né cadrà mai sillaba di esso.
Preghiamo Gesù che spogli il nostro cuore da tutti i desideri terreni. Noi vogliamo scegliere ed amare la stessa povertà di Gesù Cristo. «Qui sequitur me, non ambulat in tenebris, sed habebit lumen vitae»: chi mi segue non cammina nelle tenebre, ma ha luce di vita1.
Cantiamo «Padre che sei nei cieli» e recitiamo la preghiera per ottenere una buona morte.

Padre che sei nei cieli,
Il nome tuo si canti,
Venga il tuo regno, e compiasi
Il tuo voler dai santi,
Dagli Angeli del cielo,
Dagli uomini quaggiù.

Dagli Angeli...

Il pane quotidiano
Oggi, o Signor, ci dona,
Come da noi perdonasi
A noi, Signor, perdona.
Ci libera dal male
D'eterna schiavitù.

Ci libera...

PREGHIERA PER OTTENERE UNA BUONA MORTE

Gesù Signore, Dio di bontà, Padre di misericordia, io mi presento innanzi a voi con un cuore contrito e confuso, vi raccomando la mia ultima ora e ciò che dopo di essa mi attende.
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Quando i miei piedi immobili mi avvertiranno che la mia carriera in questo mondo è presso a finire: misericordioso Gesù abbiate pietà di me.
Quando le mie mani tremule e intorpidite non potranno più stringervi Crocifisso e, mio malgrado, vi lascerò capre sul letto del mio dolore: misericordioso ecc.
Quando i miei occhi, offuscati e stravolti all'orror della morte imminente, fisseranno in voi gli sguardi languidi e moribondi: misericordioso ecc.
Quando le mie labbra fredde e tremule pronunzieranno per l'ultima volta il vostro nome adorabile: misericordioso ecc.
Quando le mie guance pallide e livide ispireranno agli astanti la compassione e il terrore, e i miei capelli bagnati dal sudore della morte, sollevandosi sulla mia testa, annunzieranno prossima la mia fine: misericordioso ecc.
Quando le mie orecchie, presso a chiudersi per sempre ai discorsi degli uomini, si apriranno per intendere la vostra voce che pronunzierà l'irrevocabile sentenza, onde verrà fissata la mia sorte per tutta l'eternità: misericordioso ecc.
Quando la mia immaginazione, agitata da orrendi e spaventevoli fantasmi sarà immersa in mortali tristezze, ed il mio spirito turbato dall'aspetto delle mie iniquità e dal timore della vostra giustizia, lotterà contro l'angelo delle tenebre che vorrà togliermi la vista consolatrice delle vostre misericordie e precipitarmi in seno alla disperazione: misericordioso ecc.
Quando il mio debole cuore oppresso dal dolore della malattia sarà sorpreso dagli orrori della morte, e spossato dagli sforzi Che avrà fatto contro i nemici della mia salute: misericordioso ecc.
Quando verserò le mie ultime lacrime, sintomi della mia distruzione, riceverete in sacrificio di espiazione, affinché io spiri come una vittima di penitenza, ed in quel terribile momento: misericordioso ecc.
Quando i miei parenti ed amici, stretti a me d'intorno, s'inteneriranno sul dolente mio stato, e v'invocheranno per me: misericordioso ecc.
Quando avrò perduto l'uso di tutti i sensi, ed il mondo intero sarà sparito da me; ed io gemerò nelle
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angosce dell'estrema agonia e negli affanni di morte: misericordioso, ecc.
Quando gli ultimi sospiri del cuore sforzeranno l'anima mia ad uscire dal corpo, accettateli come atti d'una santa impazienza di venire a Voi, e Voi: misericordioso, ecc.
Quando la mia anima sull'estremità delle labbra uscirà per sempre da questo mondo, e lascerà il mio corpo pallido, freddo e senza vita, accettate la distruzione del mio essere come un omaggio che io vengo a rendere alla vostra divina Maestà, ed allora: misericordioso, ecc.
Finalmente quando la mia anima comparirà innanzi a Voi e vedrà per la prima volta lo splendore immortale della vostra Maestà, non la rigettate dal vostro cospetto: degnatevi di ricevermi nel seno amoroso della vostra misericordia, affinché io canti eternamente le vostre lodi: misericordioso, ecc.

3. La morte ci distacca dai piaceri. - I giusti staranno con grande baldanza contro coloro che li oppressero e rapirono le loro fatiche. E quelli a tal vista saranno agitati da orribile spavento e resteranno meravigliati dell'inaspettata e repentina salvezza. E diranno tra sé tocchi da pentimento, e gementi per l'affanno del loro spirito: «Ecco quelli che una volta eran l'oggetto delle nostre derisioni, l'esempio dell'ignominia! Noi, insensati! stimavano la loro vita una pazzia e senza onore la loro fine: ecco che essi sono annoverati tra i figli di Dio ed hanno il loro posto fra i santi. Dunque siamo noi che abbiamo sbagliato, lungi dalla vita della verità, per noi non brillò la luce della giustizia; per noi non sorse il sole della intelligenza! Ci stancammo nella via dell'iniquità e della perdizione, camminammo per vie difficili, e non arrivammo a conoscere la via del Signore. A che ci ha servito la superbia? Qual utile ci ha apportato la boria delle ricchezze? Tutte queste cose son
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passate come una ombra, come rapido messaggero. (Sap. 5,l-9).
Molte anime si perdono per il maledetto piacere, per la sete di godere. L'uomo è creato per la felicità, ma egli spesso sbaglia l'oggetto ed ama le cose della terra, invece di amare Dio. Degli adulti i più si perdono per il peccato disonesto o, almeno, non senza di esso. Volendo godere le cose della terra, saranno tormentati da esse, rimarranno nella delusione. Discenderà quel cadavere nella tomba, sarà disfatto a poco a poco, e di esso non rimarrà che un pugno di terra che si sperderà col tempo. Assistete, dice S. Alfonso, allo sfacelo che segue nel sepolcro, dove la morte continua l'opera sua e la compie. Il corpo va soggetto a marcire e si consuma lentamente, fino a non conoscere neppur più il posto dove riposava. Tutto sarà consumato: le ossa, il teschio, la cassa medesima, e finirà con lo scomparirne anche la traccia, come è scomparsa l'orma dei passi che ha dato sulla terra durante la vita. Ecco dove finisce il corpo. Non è tempo che ci mettiamo a servire quel Gesù il quale sarà la nostra gioia eterna? Quando Francesco Borgia vide il cadavere della Regina Isabella, reputata la donna più affascinante ed elegante di allora, si fermò a considerare quello spettacolo macabro. Aperto il feretro, era apparso il cadavere di lei, ridotto marciume fetente: tutti fuggirono inorriditi. Ma San Francesco Borgia rimase: meditò a lungo, osservando quelle occhiaie in cui brulicavano vermi, quella faccia annerita ed in stato di disfacimento. Risolvette: Voglio cominciare ad amare Iddio solo, a servire a lui. Iddio non mancherà: le creature passano!
Finiscono presto i piaceri, lasciando rimorsi ed angustie. Salomone, dopo aver gustato tutte le soddisfazioni terrene, esclamava: Tutto è vanità! L'Imitazione di Cristo dice: «Vanitas vanitatum et omnia vanitas,
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praeter amare Deum et illi soli servire: Vanità delle vanità! Tutto è vanità, fuorché amare Dio e servire a Lui solo».
Amiamolo teneramente il Signore: il nostro amore sulla terra sari un principio, ma si perpetuerà nell'eternità del Cielo: «Charitas manet in aeternum» la carità rimane in eterno1.
Canto di «O Via, Vita, Veritas», e poi recita della coroncina al Maestro Divino.

O VIA, VITA, VERITAS

O Via, Vita, Veritas, o Jesu!
Lucens per omnes semitas, o Jesu!
Te sequemur, trahe nos
Credulos ac servulos.

Te collaudamus, in Te speramus,
Amamus Te, dulcissime o Jesu!

In verbo tuo stabimus, o Jesu.
Crucis pugnam pugnabimus, o Jesu.
Dediti Ecclesiae veritatis regiae.

Te collaudamus in Te speramus,
Amamus Te, dulcissime o Jesu!

CORONCINA A GESU' MAESTRO

1. Gesù, Maestro Divino, vi adoriamo come verbo incarnato; mandato dal Padre per ammaestrare gli uomini nelle verità che danno la vita. Voi siete la Sapienza increata, siete la Luce, l'unico Maestro; voi solo avete parole di vita eterna. Vi ringraziamo per aver acceso in noi il lume della ragione e il lume della fede, e averci chiamati al lume della gloria. Noi crediamo, sottomettendo tutta la nostra mente a voi ed alla Chiesa; e condanniamo quanto la Chiesa condanna. Maestro mostrateci i tesori della vostra sapienza, fateci conoscere il Padre, rendeteci veri vostri discepoli.
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Accrescete la nostra fede perché possiamo pervenire all'eterna visione in cielo.

Pater, Ave, Gloria, Seguiti dalla giaculatoria, Jesu Magister Via, Veritas et Vita, miserere nobis.

2. Gesù, Maestro divino, vi adoriamo come il diletto del Padre, oggetto delle sue compiacenze, via unica per andare a Lui. Vi ringraziamo perché vi siete fatto nostro modello, avete lasciato esempi della più alta perfezione; avete invitato gli uomini a seguirvi sulla terra ed in cielo. Noi vi contempliamo nei vari tratti della vita terrena; ci mettiamo docilmente alla vostra scuola e condanniamo ogni morale diversa dalla vostra. Tirateci a voi, perché camminando sulle vostre orme, e rinunciando a noi stessi, cerchiamo unicamente la vostra volontà. Accrescete in noi la speranza operosa e il desiderio di essere trovati nel giudizio simili a voi e possedervi per sempre in cielo.

Pater, Ave, Gloria, Jesu Magister...

3. Gesù Maestro Divino, vi adoriamo come l'Unigenito di Dio venuto al mondo per dare agli uomini la vita, e la vita più abbondante. Vi ringraziamo perché morendo sulla croce ci avete meritato la vita, che ci comunicate nel Battesimo e nutrite nell'Eucarestia e negli altri sacramenti. Vivete in noi, o Gesù, con l'effusione dello Spirito Santo onde possiamo amarvi con tutta la mente, tutte le forze, tutto il cuore, ed amare il prossimo come noi stessi per amor vostro. Accrescete in noi la carità, perché un giorno, richiamati dal sepolcro alla vita gloriosa, siamo a voi uniti nel gaudio eterno del cielo.

Pater, Ave, Gloria, Jesu Magister...

4. Gesù, Maestro Divino, vi adoriamo vivente nella Chiesa, vostro corpo mistico, e nostra unica arca di salvezza. Vi ringraziamo di averci data questa Madre infallibile ed indefettibile, nella quale Voi continuate ad essere per gli uomini via, verità e vita. Vi supplichiamo perché tutti gli infedeli vengano alla sua luce inestinguibile,
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gli erranti ritornino ad essa, e tutto il genere umano sia unito nella fede, nella comune speranza, nella carità, come uno è Dio, una la redenzione, uno il Paradiso. Esaltate la Chiesa, trovi essa gli uomini docili alla sua azione; assistete il Papa, santificate i Sacerdoti e le anime a Voi consacrate. Signore Gesù, il nostro sospiro è il vostro: si faccia un solo ovile sotto un solo pastore, perché tutti possiamo riunirci nella Chiesa trionfante in cielo.

Pater, Ave, Gloria, Jesu Magister...

5. Gesù, Maestro Divino, vi adoriamo con gli Angeli che cantarono i motivi della vostra incarnazione: «Gloria a Dio e pace agli uomini». Vi ringraziamo d'averci chiamati al medesimo vostro apostolato. Accendete in noi la stessa vostra fiamma dello zelo per Dio e per le anime. Riempite di voi tutte le nostre potenze; vivete in noi perché vi irradiamo con l'apostolato della preghiera e della sofferenza, delle edizioni e della parola, dell'esempio e delle opere. Mandate buoni operai alla vostra messe; illuminate i predicatori, i maestri, gli scrittori; effondete in essi lo Spirito Santo con i suoi sette doni; disponete le menti ed i cuori ad accogliere la luce, la guida e la grazia dei vostri sacerdoti. Venite, Maestro e Signore! insegnate e regnate, per Maria Madre, Maestra e Regina.

Pater, Ave, Gloria, Jesu Magister...
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1 Rm 8,28.

1 Mt 24,21.

1 Gv 8,12.

1 1Cor. 13,8.