Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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VIII. ELEVATEZZA DI VITA (1)
Questa mattina ho fatto /la meditazione/ (a) sopra la nostra debolezza e, d'altra parte, sulla fiducia che dobbiamo avere nel Signore. Per quanto noi possediamo la nostra intelligenza e poi la nostra volontà, possediamo l'intelligenza, ma ci vediamo facilmente chiaro in tutte le cose? Il libro insisteva sopra questi quattro punti, e cioè la difficoltà a capire e pensar bene. La difficoltà.
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Questa settimana qui, la Chiesa ci ha fatto ripetere tante volte in questi giorni, anche oggi: "Signore, da' a noi la grazia di pensare rettamente". Guidare la testa, la mente, ragionar bene. E dentro di noi abbiamo quattro difficoltà a ragionar bene.
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La prima difficoltà: ebetudine. Cioè siamo un po' sciocchi. E crediam di ragionare molto rettamente e di saperla lunga. Siamo un po' sciocchi. Poi ci sono le passioni dentro che fan veder le cose secondo i gusti umani. E poi la durezza di cuore; la durezza di cuore, cioè quando noi abbiamo pretese e crediamo che gli altri debbano pensare come noi e fare come noi la pensiamo.
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E poi vi è anche molta limitazione dell'intelligenza. Quante cose capiamo? Poche! E quante sono quelle che non capiamo? Innumerevoli. Avete studiato, avete imparato, avete dato dei buoni esami, dalle notizie che ho avuto, e avete studiato con fatica anche per capire, ma spesso anche e ancor di più per ricordare.
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Occorre che noi pensiamo <retta> rettamente. Concedici, o Signore, recte cogitandi, di pensare rettamente. Queste difficoltà le abbiamo in noi. Ma poi c'è il diavolo che ha i suoi suggerimenti da fare, eh? E se c'è la predica che entra nell'orecchio destro, lui sta vicino all'orecchio sinistro a dir qualche cosa d'altro, il diavoletto. Ma poi, ancora più che il diavolo, è il mondo. E mundus totus in maligno positus est [Gv 5,19], dice il Signore. Questo mondo è tutto nella malignità, tutto nella malignità.
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Ragionamenti che non sono ispirati alla fede. Guardano la salute del corpo. E quella dell'anima? Se uno sta male, un membro della famiglia sta male e si è in pena, si cercano i medici e i medicinali. Ma se uno dei membri vive in peccato mortale, la famiglia si dà proprio pena perché c'è un fratello, c'è il papà o anche altre persone che non sono con Dio, non vivono con Dio?
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Ecco: ragionamenti che guardano la salute, gli interessi, poi i guadagni, i raccolti, gli stipendi e gli abiti, le case e tutto quel che è materiale. E "dimmi con chi vai e ti dirò chi sei". E quella suora che deve convivere tanto a contatto con questa gente; e voi che venite dalle vostre famiglie e portate i pensieri e le maniere di parlare che avevano a casa, in famiglia, i vostri cari.
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Eh, mi diceva una volta il canonico Chiesa (a): quando ritorni <da> dal mondo, ci vuole un buon incenso: bruciare dell'incenso e allora di nuovo ritornare nei pensieri di prima. Pensate un poco a questa frase dell'Imitazione di Cristo: "Ogni volta che sono stato con gli uomini, son ritornato meno uomo". E cioè avendo sentito tante cose che riguardano solamente la terra e tanti peccati che si vedono nel mondo, tanti cattivi esempi e poi tante preoccupazioni che riguardano le cose della famiglia...
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Eh, molte cose son ragionevoli, ma quel modo di ragionare tutto umano... E' ragionevole occuparsi della famiglia e dei bisogni, ma <ciò> quello che è lo sbaglio è ragionar a modo del mondo. Al modo del mondo, come non ci fosse il cielo che ci ricompensa eternamente se c'è qualche sacrificio da fare.
E se vi è il paradiso che ci aspetta, e allora sappiamo che noi dobbiamo vivere cristianamente? "Ogni volta che io son stato con gli uomini, son tornato meno uomo", cioè meno ragionevole, meno cristiano dice l'Imitazione di Cristo in sostanza: quello è il senso!
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Perciò quando si sta nel mondo si vigili su quel che si sente e su quel che si vede. Ecco: quello che è buono, quello che è meno buono e quello poi, peggio, che è cattivo. Poi dopo, quando uno si è ritirato <dal> dal mondo, veda un po' se quello che ha sentito è tutto da ricordarsi e sempre bisogna pensare in quella maniera.
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Il Padre Segneri (a) ha un paragone e dice: "Vedete come fanno gli uccelli, i passerotti, i passeri. Hanno fame <e> e cercano il becchime e son sulla pianta e guardano se sullo stradale vi è qualche segno di /qualcosa/ (b) che possono beccare. E allora guardano in qua e in là se non c'è nessuno o se corrono poi pericolo di essere presi. E quindi vanno, beccano in fretta e poi volano, se ne vanno". Ecco, il Padre Segneri dice: "Bisogna vivere così: andare in mezzo al mondo, quanto si deve". Andate a fare i catechismi, andate a parlare <con la> con la gioventù femminile, vedete i malati, ecc. Ma attenzione con chi si può parlare, con chi [ci] si può intrattenere e quanto si può trattenere. Si fa quel che si deve fare e basta.
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Il ministero, ecco, compierlo, compierlo bene. E poi dopo ritirarsi con Gesù: i pensieri che ha Gesù, ciò che si legge nelle meditazioni, ciò che si legge nelle costituzioni, ciò che avete imparato nei catechismi, nella teologia, ecc. Sempre pensieri santi, pensieri religiosi.
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Sentivo sul treno dei ragionamenti, nel medesimo scompartimento, e erano proprio discorsi non peccaminosi, no, ma così umani e anche un po' bassi. E c'è bisogno di disinfettarsi quando si va. Eppure c'era lì una persona che era religiosa e prendeva gusto e rideva a tutte le sciocchezze che sentiva. Ora: pensiamo sempre come religiosi!
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In noi vi è Gesù Cristo, <lo pre> lo abbiamo ricevuto al mattino. Egli vive in noi: è lui che deve suggerirci i pensieri, le parole, i movimenti, i discorsi, le azioni, lui, Gesù. Quindi tante volte <si ha> si ha da aver paura più di quei ragionamenti così umani e volgari - si deve temere più di quello - che non temere delle cose più cattive. Perché delle più cattive generalmente ci guardiamo; ma delle cose che non sono né bene né male, tante volte finiscono col lasciare in noi un'impressione che deprime lo spirito, deprime i pensieri, deprime la vita religiosa. Sì.
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"Quando son stato con gli uomini, sono ritornato meno uomo" (a). Perciò esser gelosi dei vostri pensieri alti, dei vostri ragionamenti ispirati alla fede, dei principi che avete appreso in tutto il noviziato e poi in tutto il resto della formazione. Tenersi sempre in una atmosfera spirituale e sapere che se esce dalla vostra bocca una parola, sia sempre edificante. Sia sempre edificante.
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Questo però riguarda il comunicare col mondo. Però qualche volta il mondo entra in casa. E avete fatto una bella casa, ma ci avete fatto le porte anche. E passano <le> le parole anche attraverso ai cancelli e non vale mettere delle chiavi buone. Il mondo può essere qualche volta nell'interno, in certi ragionamenti, in certi modi di vedere. Sempre in alto! Sempre spiritualmente parlare, cioè da veri religiosi!
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Qualche volta dovremmo anche pensare: e se ci sentisse, per esempio, il vescovo, il Papa, faremmo di questi discorsi, di questi ragionamenti così umani? E in un incontro sentivo: ma quella persona parla sol del mangiare! Non è un peccato, <se non è> se non è un atto di gola a denti asciutti, un desiderio di soddisfar la gola e che <non si può discu> non si può accontentare. Allora, il mondo entra nei conventi se non vigiliamo. Allora, il mondo entra nei conventi se non vigiliamo. E chi è che li custodisce? Gli angeli custodi. Gli angeli custodi e i nostri santi protettori.
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Ragionare così alla sera nell'esame di coscienza: Oggi, tutte le parole che ho detto sono piaciute al Signore? Hanno edificato, hanno lasciato <un> buona impressione? Quale differenza allora nel sentire parlare una suora e sentir parlare un'altra suora. "Ma non sono peccati, non sono cose gravi... E ...".
La vita religiosa è per salire. E invece molti discorsi deprimono e abbassano il livello morale e spirituale. Allora edificare.
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Che dovunque andiamo, che le parole che diciamo, /elevino/ (a), portino pensieri ispirati alla fede. Ecco. Non siete dei predicatori, ma siete delle catechiste. E non solamente si devono dire le cose che si comunicano al catechismo, ma anche nell'interno, nella vita quotidiana: in ricreazione, a tavola, e poi in quei sollievi che vi sono nel corso della giornata, quegli incontri vicendevoli. E generalmente ognuno cerca <chi è> chi è fatto come il suo cuore, come il suo interno.
296
E chi è fervoroso, <chi è> chi si guida con la luce della fede, cerca quelle, quelle compagnie. Chi invece si abbassa, dopo va a cercare chi corrisponde ai suoi pensieri, ai suoi discorsi; tanto più poi quanto dan ragione. Dan ragione anche quando la ragione non ci sarebbe <e non si dov>. Sì.
297
Oh, al giorno del giudizio noi risentiremo tutte le parole che abbiam detto in vita, come se andaste <al, come si dice, a tea> al cinéma. Ci ripeton tutte le parole che abbiam detto; dai sette anni avanti. Saremo tutti contenti di quelle parole? Oppure alcune vorremmo scancellarle? Qualche volta voi prendete <la> il nastro e io vorrei che qualche parola la scancellaste, (a) perché <non> non l'ho detta in buon italiano, ecco.
298
Allora, vedere che quel giorno tutte le parole che ci verranno ripetute, cioè ricordate dal Signore, ci faran vedere tutta la nostra vita. E secondo l'elevatezza della vita, vi sarà l'elevatezza in alto in paradiso.
299
Allora: parlar bene <e> e temere che l'ebetudine, l'ignoranza, la durezza, la sciocchezza del ragionamento sono i nemici.
Noi abbiam da ispirarci sempre alla fede. Alla fede!

Ariccia (Roma)
18 luglio 1963

300

(1) Ariccia (Roma), 18 luglio 1963.
278 (a) Allude alla sua meditazione.

285 (a) Il sacerdote Francesco Chiesa nacque a Montà (Cuneo) il 2-4-1874. Entrato nel seminario vescovile di Alba fece la vestizione clericale il 17-11-1889, fu ordinato sacerdote il giorno 11-10-1896. Laureatosi in filosofia a Roma, in teologia a Genova e in diritto a Torino, venne impiegato nell'insegnamento in Seminario e poi presso la Pia Società di San Paolo. Diresse spiritualmente il giovane Giacomo Alberione e lo assistette con il suo sapiente consiglio fino alla morte.
Fu canonico e parroco fin dal 1913. La sua parrocchia fu quella dei santi Cosma e Damiano in Alba. Morì in Alba il 14-6-1946. Monsignor Carlo Stoppa, vescovo di Alba, aprì ufficialmente il processo informativo sulla fama di santità di questo sacerdote e parroco esemplare che perciò, dal 4-2-1959, potè godere del titolo di Servo di Dio.

288 (a) P. Segneri Paolo (1624-1694), gesuita, oratore sacro.
(b) R: che cosa.

292 (a) Cf. 285.

296 (a) R: elevano.

298 (a) In tono scherzoso.