Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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IV. MESSA
(Giovedì santo) (1)
La messa è l'unica grande orazione, l'unica orazione, l'unica preghiera che è veramente degna di Dio. Nella messa facciamo una preghiera che è completa. Le altre preghiere sono in ordine alla messa e prendono vigore, potere dalla messa.
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Farete le adorazioni, ma soprattutto quello che porterete nel vostro cuore, nell'adorazione, questo frutto: saper ascoltar la messa, comprendere la messa in primo luogo, e saperla illustrare, spiegare ai fanciulli, a tutti.
D'altra parte se si osservano i cristiani così come li osservate nelle parrocchie, i fedeli vengono più abbondantemente alla messa che non alle altre funzioni.
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L'ultima pratica di divozione, quando i fedeli si raffreddano e divengono indifferenti, l'ultima pratica che lasciano è la messa. E si dice di uno, che ha ancora qualche residuo di cristianesimo, di vita cristiana: tuttavia va ancora alla messa. Vi è la convinzione, la quale in qualche maniera è chiara, in qualche maniera invece è come un istinto spirituale. Si capisce che la messa è un mistero di preghiera, perché il cristiano, noi ci sentiamo sempre davanti [a Dio] indegni; poco degni di presentarci a Dio.
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La messa, che è adorazione, ringraziamento, soddisfazione e supplica. Ed è la volta unica in cui noi diamo a Dio un onore degno, un ringraziamento degno, una soddisfazione degna, una supplica degna: l'unica volta! Non è paragonabile a una Via crucis, non è paragonabile alle altre varie pratiche di pietà; ma le altre pratiche di pietà servono alla messa; per ascoltare bene la messa.
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E per comprendere subito il frutto che possiamo ricavare da questa considerazione, è propriamente questo [che volevo dire], e cioè noi ci sentiamo tutti presi dal senso della messa: Christo confixus sum cruci [Gal 2,19], io mi sento crocifisso con Cristo, il quale vuole associarsi a noi perché siamo membra di lui, corpo mistico.
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Si è associati a Gesù Cristo. Allora l'adorazione è degna di Dio infinito; il ringraziamento è degno di Dio infinito, la soddisfazione è degna di Dio infinito, e la supplica è degna di Dio infinito, perché il Padre guarda il Figlio.
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Quando noi facciamo le adorazioni, i ringraziamenti, le suppliche, le riparazioni, le preghiere attraverso a Gesù suo figlio, sono gradite /al figlio di Dio incarnato/ (a). Ecco, noi abbiamo questa grazia: unirci al figlio di Dio, e in Cristo: Quod et in Christo Jesu. [Fil 2,5]. E' la messa un grande mistero! E' la preghiera dell'umanità.
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Finalmente, dopo tanti secoli di peccati della umanità, che /han preceduto/ (a) la venuta di Gesù Cristo e i secoli che seguono ecco, tutto questo ha un senso, un riassunto: Quod et in Christo Jesu [Fil 2,5], cioè che noi ci uniamo a Gesù Cristo nella messa. E quali erano le sue intenzioni? Precisamente quelle quattro intenzioni che sono i quattro fini della messa: adorazione, ringraziamento, soddisfazione e supplica.
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Che cosa avete di potere nel vostro apostolato pastorale? E' la messa la vostra potenza! E' la messa la vostra potenza! La messa: perché ottenga le grazie e si abbia la forza e si entri nello spirito vero, poiché anche le opere di zelo più pratiche, se non hanno lo spirito e la vita, che cosa varranno? Non hanno né lo spirito né la vita di Gesù Cristo. Hoc enim sentite in vobis, quod et in Christo Jesu. [Fil 2,5].
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Quasi l'opera nostra diviene come cosa incerta, vaga; ma quando ha l'anima e quando ha i sentimenti e le intenzioni di Gesù Cristo, è tutt'altra cosa. La vostra potenza, il vostro potere come pastorelle è proprio lì, nel sacrificio che il figlio di Dio incarnato ha fatto al Padre. Il vostro potere, il vostro valore è nella messa.
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Tutta l'azione ha il suo valore nella messa. E allora voi vi sentite piccole piccole; ma in Christo Jesu, c'è tanta forza. C'è il potere con voi del buon Pastore Gesù. Il buon Pastore: "Io mi offro per le anime". Ed è proprio, ecco, questa grazia da chiedersi: capire la messa, seguire la messa, umiliarsi nella messa, offrirsi a Dio. E invocarlo. Tutto per la croce: per Christum Dominum nostrum.
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Guai a chi si presenta - fosse pure la pastorella - guai a chi si presenta per far del bene se non si è appoggiato a Gesù Cristo Pastore. "Io do la mia vita per le pecorelle" [cf. Gv 10,15]. Lo sentite in questa giornata, domani in particolare. "Io mi immolo e mi sacrifico per le pecorelle". E allora lo spirito della pastorella si capisce. E tutta l'azione della suora pastorella è tutta un'immolazione!
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E qual è il mezzo di sentir la messa? Sono proposti vari metodi, ma l'anima dei metodi della santa messa è sempre una, l'anima: offrirci noi con Cristo al Padre celeste. Offrirci noi: le pastorelle che si uniscono al buon Pastore per immolarsi al Padre, per la salvezza di quelle anime a cui <le sorelle> le suore vengono mandate.
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Un <im> immedesimazione, <immede> immedesimarsi con il buon Pastore: io vado ad immolarmi pro eis. Quando siete mandate a una parrocchia: "Andrò a immolarmi con Gesù Cristo". E' misterioso il vostro ufficio. E' misteriosa la vostra missione. Ma se capite la messa, allora comprendete. "Io mi immolerò come Gesù Cristo per quelle anime". E allora non si sente grave il peso, no! Anzi si sente il bisogno di soffrire, di soffrire. E vi sono anime le quali hanno capito il mistero della redenzione: Hoc enim sentite in vobis quod et in Christo Jesu [Fil 2,5]. Con che pensieri, con che sentimenti il buon Pastore si immolava sulla croce! Vogliamo entrare nei sentimenti intimi, nelle intenzioni, nelle sofferenze del buon Pastore? La messa spiega tutto.
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La messa ha i suoi quattro fini, quindi: adorazione, ringraziamento, soddisfazione e supplica.
Ora, ecco, l'adorazione e <la soddi> il ringraziamento. Che cosa siamo noi? <santa Teresa senti... no> Santa Caterina da Siena sentì una voce da Gesù "Io sono il tutto, tu sei il niente". Siamo proprio il niente.
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Dio da tutta l'eternità, infinita potenza, infinita sapienza, eternità, bontà: tutti i suoi attributi e in grado infinito. Dio! Dio tutto! Non aveva bisogno né del cielo né della terra né dell'uomo, infinitamente gioioso, felice in se stesso. Ma un giorno - diciamo così - egli si degnò di creare e gli angioli e l'uomo.
"Io sono il tutto". Che cosa sei? Eri il nulla! Esisti perché c'è stata la mia voce: In principio /Deus creavit/ (a) caelum et terram [Gn 1,1]. Ecco.
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Allora noi siamo piccoli esseri creati da Dio. E se siamo creati ed esistiamo, possiamo continuare ad essere e esistere da noi stessi? No! Se per un momento il Signore sospendesse la sua potenza e non ci sostenesse in vita, non sostenesse nell'essere i cieli e la terra, tutto, tutto ritornerebbe al nulla; neppure lo spazio! Rimarrebbe Dio solo. Chiaro questo nella teologia, spiegato ampiamente in san Tommaso, il gran teologo, il gran teologo.
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Siamo il nulla. Immaginiamo un grande fiume pieno di acqua, anche largo vari chilometri, come il fiume delle Amazzoni. Noi siamo piccole gocce di tant'acqua diciamo, del fiume, e ognuno passa e va trascinato <dagli altri> dalle altre gocce che formano il fiume, trascinati verso l'eternità. Che cosa siamo? E per che cosa esistiamo? E chi ci dà la continuazione dell'esistenza? Dio tutto. Allora, <picco> così, piccole gocce: "Io sono il tutto! Tu sei il nulla!". Continuiamo ad esistere per la potenza di Dio.
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Allora, lodiamo Iddio infinito e ringraziamo Iddio infinito che ci ha cavati dal nulla, e ci continua ogni momento col suo potere ad esistere. Allora lodare Iddio, adorar Dio, umiliarci: sono il nulla.
Ringraziare Iddio! Tutto, e l'esistere e la continuazione di esistere dipende da Dio.
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Oh, come siamo piccoli! E allora che cosa vuol dire peccare, offendere Dio, insultare Dio! Come lo bestemmiano, come lo offendono! E come lo disubbidiamo qualche volta Dio. E come egli in pazienza ci sopporta; in sapienza sopporta la nostra insipienza.
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Allora è chiaro come possiamo dare una lode a Dio conveniente. Noi non possiamo, non abbiamo, siam piccoli esseri e <che> quando anche diamo la lode e l'adorazione a Dio, è perché noi siamo sostenuti da Dio stesso. Allora non potremo mai fare una preghiera, fare una lode degna a Dio, un ringraziamento degno a Dio un'adorazione sufficiente a Dio? Solo nella messa!
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La messa è l'unica preghiera in cui noi diamo al Signore la lode e l'adorazione e il ringraziamento degni di Dio. Non perché siamo noi, ma perché ci uniamo al crocifisso e la nostra preghiera, la nostra adorazione e ringraziamento sarà Dio: "Per ipsum, et cum ipso, et in ipso est tibi Deo Patri omnipotenti, in unitate Spiritus Sancti omnis honor et gloria" (a). Sì.
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Oh, quanto siam piccoli! E come è stato buono il Signore Gesù: associarci a sè, alla sua passione! E allora? Allora noi diamo una lode, un'adorazione e un ringraziamento degno a Dio. E' l'unica preghiera.
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Ma l'uomo, oltre che esser creato e esser nulla, si è servito di quello che Dio ha dato all'uomo per offenderlo. E così avvenne degli angeli in paradiso, e così avvenne dell'uomo fin dall'inizio della storia umana. Adamo peccò. E i figli continuarono la stessa strada di peccato. Quale riparazione?
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Diceva il Papa Pio XII: in questo tempo, in questo secolo si va perdendo il concetto di peccato, che cosa voglia dire offendere il Signore e che cosa voglia dire attirarsi tanti mali. Si perde il senso del peccato e vivono in peccato. E anche se sono offese che noi crediamo piccole in se stesse, innanzi a Dio come sono? Allora, se siamo il nulla <e che anche fos> e se esistesse per così dire il nulla, non avrem peccato. Ma noi abbiamo usato di quel che Dio ci ha dato col peccare: con la mente, col cuore, con la volontà, con la lingua, con gli occhi, con l'udito, col tatto, con la memoria, la fantasia.
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Questo piccolo essere che esiste perché Dio lo sostiene, si oppone a Dio, contraddice a Dio: la propria volontà, non quel che vuole Iddio. Dio potrebbe lasciarci cadere nel nulla subito, almeno non avrem più peccato! Ma egli ci ha sostenuti e sopportati. Offendere Dio, una così grande maestà! Il peccato ha una certa infinità di malizia. Una certa infinità di malizia.
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Allora, che soddisfazione daremo al Signore? Unica è la soddisfazione più valevole, cioè di valore: è offrire al Padre celeste i dolori della passione di Gesù Cristo, le sue pene, le sue agonie. E' la sua morte di croce: "Io andrò a immolarmi per voi" [cf. Mt 16,21 e par.]. E così andò a Gerusalemme; e così accettò la condanna; e così si è immolato per noi. Portò le nostre iniquità. Ed è la messa in cui soddisfacciamo. E il valore dell'assoluzione dipende dalla crocifissione di Gesù. E quindi dipende dal sacrificio della croce rinnovato sugli altari ogni mattina.
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Allora i nostri sentimenti di umiltà, di dolore, di espiazione, ecco, nella messa. E tuttavia, anche se Gesù ha soddisfatto - Ipse iniquitates nostras portavit [cf. Is 53,11], egli ha portato i nostri peccati e li ha soddisfatti -, vi è ancor un'altra cosa: che noi siamo sempre inclinati al male e quindi a continuare il peccato. La nostra volontà, i nostri capricci...
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Oh, quanto siamo ignoranti quando pecchiamo! Quanto insipienti! Quali danni ci facciamo! E quale temerità contro Dio, che continua a lasciarci peccare e ci sostiene in vita! Continua a lasciarci, supponiamo, la lingua e tu continui a esistere con la tua lingua e te ne servi, in che modo? Allora, domandar la grazia di non peccar più! Vade, et [iam amplius] noli peccare [Gv 8,11].
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Allora la messa è soddisfazione "piena" dei nostri peccati ed è la grande preghiera per non peccare più. E il Signore vuole da noi la santità; e la santità sta in primo luogo nel non peccare più.
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E /in/ (a) secondo luogo dove sta? Sta nel fare quello che è il dovere del nostro stato, cioè dopo la consecrazione a Dio. E lì sta la santità. Cosicché [se] allora noi abbiamo fiducia, tutte le grazie: la fede, la speranza e la carità; la virtù della religione che in modo particolare riguarda il religioso, la religiosa; e le virtù cardinali: giustizia, prudenza, fortezza, temperanza; e i frutti della grazia e le beatitudini per mezzo dei doni dello Spirito Santo.
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Oh, la messa sorgente di ogni grazia! Immaginatevi che il fiume, supponiamo il Po, considerato quando è alla foce: gran fiume; ma quando <è> è nato? Una piccola sorgente! E quella sorgente va ingrossandosi. Ma quella sorgente, ecco, parlando spiritualmente, è Gesù Cristo da cui procedono i sacramenti e tutte le grazie.
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E [il modo] di sentire bene la messa? L'unico modo di sentir bene la messa è di offrirci a Gesù Cristo. Ci son tanti metodi: preghiere, canti, ecc.; ma l'anima della messa è la nostra offerta a Gesù Cristo e, attraverso Gesù Cristo, a Dio Padre. Che cosa offrire? Quel che Dio ci ha dato.
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Offrirgli la nostra volontà e obbediremo. Factus obediens usque ad mortem [Fil 2,8]: obbedire, ecco. In questi giorni imparare l'obbedienza vera, soprannaturale!
Cosa offriremo? Il corpo: voto di castità. E gli occhi e l'udito e la lingua e l'intelligenza e il cuore... l'essere! Offrirgli, come si è offerto Gesù sulla croce, tutto! E le cose nostre esterne con la povertà, osservando il voto di povertà. E tutta l'attività nostra che può essere nel nostro fisico, e la nostra attività interna: tutto.
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Questa è la messa: con Maria quando va a immolarsi con Gesù sul calvario. E la croce era il più grande altare del figlio, e il cuore di Maria era il grande altare di Maria che si offriva: Et tuam ipsius animam pertransibit gladius [Lc 2,35].
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Conclusione: conoscere meglio la messa. Farla conoscere la messa anche coi libri, con le spiegazioni. Guidare i fanciulli, guidare il popolo a ascoltare meglio la messa. Viverla per noi stessi la messa.
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Rinnovare nella messa, specialmente nella consecrazione e comunione, rinnovare la professione religiosa, l'offerta di noi a Dio. Si capiscono allora le anime che si offrono vittime con Gesù Cristo. Hoc et enim sentite in vobis, quod et in Christo Jesu [Fil 2,5]. Con Gesù! Immolarsi con Gesù. Non aver più volontà nostra. Non aver più attaccamenti, preferenze, simpatie. Non aver più tendenze. Oh! Tendenze, non che non possiamo sentirle - le sentiremo - ma non assecondarle le tendenze che son tutte raccolte, incanalate verso la gloria di Dio e la pace degli uomini e la santità nostra.
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Ah! Christo confixus sum cruci [Gal 2,19]: unirsi alla vittima divina, Gesù. Perciò nella giornata di oggi, in modo particolare chiedere queste grazie: conoscere, amare, vivere, spiegare, inculcare l'assistenza alla messa. E di lì tutto! E di lì ogni grazia nel vostro apostolato.
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E presentatevi con una certa fiducia, non orgoglio, ma serena fiducia: Non ego autem sed gratia Dei mecum [1Cor 15,10]. Vado, ma non sono io, la grazia di Dio è con me. E io voglio la messa ogni giorno! E <la mia> il mio potere, la mia potenza quasi possiamo dire, è la messa. Di lì ho tutto. Senza della messa: niente! E perciò ogni istituto religioso deve avere la messa.
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Vi benedica il Signore. E l'occhio sia fisso: "Io vado a immolarmi per voi" [cf. Mt 16,21 e par.]. La pastorella in modo particolare deve accompagnare Gesù in questi giorni. E la vita sua è l'immolazione con il buon Pastore per le anime. Ecco: io dò la mia per le pastorelle, dò la mia vita per le pecorelle; e per le pastorelle che hanno bisogno di grazia e di santità, e per le pecorelle le quali hanno bisogno di ricevere tanto dalle pastorelle.

Albano Laziale (Roma)
11 aprile 1963

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(1) Albano Laziale (Roma), 11 aprile 1963

127 (a) A noi sembra più giusto: a Dio.

128 (a) R: preceduti.

136 (a) V: creavit Deus.

142 (a) Dossologia finale del Canone Romano. Cf. Messale pag. 808.

151 (a) R: nel.