Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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17. PECCATI CONTRO LA CARITÀ*

I peccati contro la carità sono molti: alcuni di pensiero, altri di sentimento, altri di parole, altri ancora di azione.

I peccati di pensiero
II sospetto temerario, ossia pensare, per futili motivi, che una persona abbia fatto il male.
Il giudizio temerario, per futili motivi giudicare male e condannare una persona. Questo è più grave del sospetto, perché, come ben si vede, va oltre il sospetto.
Bisogna andar adagio a sospettare, e più adagio ancora a giudicare. Se, per es., si vede una sorella che va a confessarsi in un giorno diverso dallo stabilito, oppure tralascia la Comunione, il pensare che ne abbia fatto delle grosse è sospetto temerario. Se, invece, per una parola che una sorella si è lasciata sfuggire, la si giudica male, è giudizio temerario.
I superiori devono vigilare e temere che il demonio tenti e che il mondo infetti le suddite col suo spirito cattivo. È segno di spirito buono il giudicare sempre bene, il compatire e il perdonare. Quante accuse furono lanciate contro Gesù! Eppure mai si irritò, mai si vendicò, e non punì i colpevoli.
I santi, che seguirono le orme di Gesù, furono calunniati e sospettati di male come il Maestro, e neppure essi se ne vendicarono.
Tendiamo a compatire, a interpretare tutto in bene. Come vogliamo trovare giudici benigni per noi, così siamo benigni verso gli altri.

Peccati di sentimento
Anche col sentimento si può offendere la carità: i sentimenti di gelosia e di invidia sono la rovina delle comunità. È vero che possono nascere nel cuore senza che vi pensiamo, ma bisogna essere solleciti a toglierli. Quanto bene impedisce in noi e attorno a noi l'invidia! Quando si sente invidia o rancore per qualcuna,
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conviene mettersi a pregare per quella persona, oppure ragionare in questo modo: Dio ama quell'anima, ed io dovrò avere sentimenti così diversi dai suoi? È indizio di buon cuore il rallegrarsi e il godere dei beni altrui.

Peccati di parole
L'ingiuria o contumelia, cioè parole offensive rivolte al prossimo in sua presenza. Certe volte si ricordano difetti o mancanze passate, si dicono insolenze, si ride di chi ci ascolta: sono tutte offese alla carità. Gesù anche quando doveva correggere era delicatissimo: per far capire a Pietro che aveva sbagliato non stette a ricordargli che lo aveva precedentemente avvisato, ma che lui non gli aveva creduto; si accontentò di guardarlo. E quando poi stava per conferirgli la pienezza dei poteri, non gli ricordò il passato, ma gli domandò per tre volte, quante erano state le negazioni: «Mi ami tu?»1. Impariamo da Gesù: quando non è necessario non ricordiamo il passato.
La mormorazione, ossia la manifestazione non necessaria dei difetti altrui. Mai si deve parlare dei difetti degli altri, e tanto meno poi inventare o aggravare le mancanze: questo sarebbe calunnia. Se tale peccato è commesso a riguardo dei superiori riveste una malizia più grave.
Talvolta in una casa avviene che una suora è presa di mira, cosicché tutte hanno da parlare contro quella poveretta che deve ingoiare lagrime e bocconi amari. Guai a chi fa piangere le consorelle! Certe chiacchiere non solo possono produrre pene e disgusti, ma possono cagionare smarrimenti e deviazioni dalla buona strada e anche la perdita della vocazione. Certe mormorazioni riescono di danno non ad un membro solo, ma a molti: il male così viene moltiplicato. Iddio permette poi che la persona che facilmente strappa la carità, cada proprio in quegli stessi difetti che rivela agli altri.
Se mettendovi sull'orlo di un pozzo sentite che da esso viene fuori un tanfo, potete asserire che dentro vi è acqua putrida: così, se da una bocca vengono fuori mormorazioni, o peggio, calunnie, è segno che in quel cuore c'è poco o nulla di buono.
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Peccati di opere
Lo scandalo, ossia dare al prossimo, con qualunque modo, occasione di peccare. Non solo non bisogna dare scandalo, ma bisogna edificare col buon esempio. Chi in principio di una Congregazione trascura l'osservanza delle Regole, quale responsabilità avrà! Quanto bene invece si può fare col buon esempio!
Quando c'è qualche male, perché farlo passare di bocca in bocca e seminare così la zizzania? Se una suora viene cambiata da una casa, perché andar a raccontare le cose che non vanno bene?
Bisogna che la suora cerchi di lasciare ovunque buona impressione: certi atti, certi gesti, certe parole che s'addicono ai secolari, alla suora non stanno bene, non li deve fare. La suora lasci buona impressione ovunque passa, ricordando che avendo l'abito religioso ha con esso dei doveri particolari. Non si deve aver tanto intenzione di dare buon esempio, ma si deve cercare di fare bene ovunque: allora si edificherà.
Chi semina buoni esempi raccoglierà tanti meriti.
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* Meditazione stampata in CI, 11 -12 [ 1940] 2-3 (cf nota alla meditazione precedente).

1 Cf Gv 21,15-19.