Se la misura di un uomo è quella che lui prende verso la fine della vita, possiamo dire che Don Gino si è venuto maturando con gli anni e con la malattia, e che la sua misura è quella della piena statura del Cristo. Mai un lamento per il male che lo minava. Aveva paura di disturbare, di essere di peso con il suo male. E non si è risparmiato fino alla fine. E' morto veramente sulla breccia, non disturbando nessuno, come era vissuto. La morte gli era familiare, e già da vari anni. Vi pensava ed era diventata una immagine frequente nel suo mondo interiore.
Con semplicità, come era vissuto, è andato al suo incontro. Ultimamente la sentiva così vicina, ed aveva la preoccupazione di prepararvisi con la fedeltà fino all'estremo. La sua spiritualità si è venuta affinando. Nonostante il consiglio che gli era stato dato di rimanere a riposare al mattino, si alzava con gli altri per la meditazione, e non amava essere trattato a parte.
Era appena iniziato il giorno dedicato alla Vergine Immacolata di Lourdes, 11 febbraio 1968, quando il Signore lo chiamò a sé. Anche se era noto il suo male, nessuno pensava alla sua fine vicina. E' stata invece sufficiente un'ora per portarlo dalla terra all'eternità, dopo aver ricevuto i Sacramenti e rinnovati i suoi voti battesimali e religiosi. Spirò col nome di Gesù sulle labbra, e i presenti ebbero modo di riflettere sulle parole: «Ecce quomodo moritur iustus!».
Ora che ci ha lasciato, lo consideriamo un protettore per questa nostra piccola casa di Lisbona, e per la Congregazione. Il suo esempio di religioso buono e fedele resta vivo tra noi. Avendo seminato molto bene, avrà ricevuto il premio riservato al servo del Vangelo.
Nella liturgia della Domenica di Settuagesima, ci rimase impressa l'antifona dopo la Comunione: «Mostra, Signore, al tuo servo una faccia piena di splendore!».
E' quello che auguriamo per il riposo della sua bella anima, vissuta in semplicità di vita per il grande premio del Paradiso!
SAC. STEFANO SPAGNOLI
Il Vicario Generale D. Zanoni scriveva dal Congo in data 12 Febbraio:«Abbiamo commemorato qui il caro D. Gino Caffarri, ricco di meriti e indubbiamente un fedele paolino, amante della Congregazione e dei suoi ideali».
Scrive D. Paolo Pazzaglini:«La scomparsa di questo caro Fratello ha lasciato un'impressione profonda, e la sua morte benedetta fa sperare di aver acquistato un buon intercessore in cielo. Mando una lettera che mi ha scritto pochi giorni prima. Non è una rivelazione, naturalmente, ma si vede che si preparava al gran passo, e il Signore lo ha chiamato in un momento particolarmente felice».
Ecco la lettera di D. Gino in data 6 Febbraio:«La mia salute è sempre la solita. Faccio tutti gli sforzi per apparire una persona normale; però, in fondo in fondo, mi accorgo sempre più che vado lentamente peggiorando. Pazienza! Stiamo nelle mani del Signore. Penso che non valga la pena scomodare il famoso specialista Barnard... Faccia pure miracoli. Il miracolo che io più desidero è che il buon Dio abbia misericordia di me!».
Scrive D. Attilio Cendron, che ricorda gli anni 1942-48 trascorsi a Cosenza:«Era molto stimato e amato dal Clero e dal popolo per il ministero pastorale-domenicale. La sua predicazione era semplice, pratica, convincente. Lavorò molto per le vocazioni.
Durante la guerra fece grandi sacrifici, esponendosi qualche volta anche al pericolo, durante i bombardamenti, per soccorrere feriti e sfollati. Quegli anni furono i più belli della sua vita sacerdotale, che ricordava con nostalgia, anche perché vissuti nella povertà e nella letizia evangelica. Come tutta la sua vita, voleva trascorrere il suo 25° di Messa nel più rigoroso silenzio. Ora la sua memoria è in benedizione».