Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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5. PENSIAMO AL PARADISO*

Dopo la discesa dello Spirito Santo sembra che Maria santissima seguendo Giovanni, sia in un primo tempo, alquanto breve, rimasta a Gerusalemme, quindi si sia recata ad Efeso. In quel tempo, e precisamente dopo l'Ascensione di Gesù al cielo, e dopo la discesa dello Spirito Santo, la santissima Vergine visse giorni particolarmente desiderosi del cielo. Tutti i suoi affetti erano ordinati al Paradiso perché il suo unico desiderio era di rendersi vieppiù degna del suo Dio. A Maria santissima si possono molto a proposito riferire le parole: «Quemadmodum desiderat cervus ad fontes aquarum, ita desiderat anima mea ad te, Deus: Come il cervo anela ai rivi dell'acqua, così l'anima mia anela a te, o Dio mio»1; e si può pensare all'ardente brama che le faceva esclamare: «Sitivit anima mea ad Deum fortem vivum: quando veniam et apparebo ante faciem Dei?: L'anima mia ha sete del Dio forte e vivente; quando potrò venire a presentarmi davanti a Dio?»2; e come a S. Paolo: «Desiderium habens dissolvi et esse cum Christo: Desidero di morire e di essere con Cristo»3. Essa amava Dio con tutto l'affetto del suo cuore e bramava ardentemente di unirsi a lui.
Il desiderio del cielo è fondamentale, poiché la fede in Dio rimuneratore4 è uno dei dogmi principali, essenziali. Non per nulla S. Ignazio nei suoi Esercizi Spirituali insiste tanto sull'importanza del fine5, poiché quando una persona è ben persuasa
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di questa verità ed ha gran fede, stabilisce la sua vita in Dio solo, e tutto il resto le appare indifferente: ciò che importa è guadagnare il Paradiso.
La speranza di questo gran premio deve rallegrarci: «Laetatus sum in his, quae dicta sunt mihi: in domum Domini ibimus: Mi sono rallegrato per quello che mi è stato detto: andremo alla casa del Signore»6. E deve farci esclamare con S. Francesco: «È tanto il bene che m'aspetto, che ogni pena mi è diletto»7. Dobbiamo ordinare la nostra vita al cielo, poiché è incerto se godremo sempre buona salute o no, se avremo una vita lunga o breve, ma è certissimo che Dio ricompensa largamente il bene, anche il più nascosto. Quanti lavorano nel silenzio ed oscurità, ma con grande dedizione, applicazione ed amore! Ebbene nessuna delle loro fatiche andrà perduta, ma di tutto riceveranno ricompensa.
Il pensiero del Paradiso deve renderci coraggiosi. Vi sono giorni in cui tutto torna gradito e facile, mentre in altri tutto è faticoso e difficile; ecco che allora il pensiero del cielo ci anima, poiché Gesù ha detto: «Regnum coelorum vim patitur, et violenti rapiunt illud: Il regno dei cieli si acquista con la forza e se lo afferrano i violenti»8 e S. Paolo ancora: «An nescitis quia iniqui regnum Dei non possidebunt?: Non sapete voi che gli ingiusti non possederanno il regno dei cieli?»9. Quando il dovere richiede sforzo e rinunzia, il pensiero del premio che ci attende se è in noi vivo, ci anima, ci dà forza e ci fa vincere tutto, poiché non vi è proporzione tra il premio futuro e le presenti difficoltà: «Existimo enim quod non sunt condignae passiones huius temporis ad futuram gloriam quae revelabitur in nobis»10. È necessario quindi ricordare il Paradiso dal mattino alla sera.
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Il premio che ci dà il Signore non è come la gloria mondana che passa e non è più, no, è eterno. Lassù devono perciò fissarsi i nostri pensieri e voti. Pensiamo agli sguardi e sospiri che Maria santissima mandava verso il cielo, alla sua fede nell'eterna ricompensa e domandiamole ardore e costanza nell'adempimento del nostro dovere, anche quando costa sacrificio.
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* Meditazione stampata in CI, 6-7[1939]3. Come sottotitolo è posto: “Meditazione del Sig. Primo Maestro”. Non è stato possibile precisare ulteriormente la data oltre a quella del mese di pubblicazione. Cf Maria nostra speranza. Mese di maggio, vol. III, Roma-Alba, Pia Società S. Paolo, 1940. La presente è inserita alle pp. 153-156 con il titolo: “Nell'attesa del cielo”.

1 Sal 42-43,2.

2 Sal 42-43,3.

3 Fil 1,23.

4 Cf Eb 11,6.

5 Cf S. Ignazio di Loyola, Esercizi spirituali, Principio e fondamento, n. 23. La spiccata familiarità che il Fondatore aveva con gli Esercizi di S. Ignazio emerge nella sua predicazione.

6 Sal 122,1.

7 Questo detto, spesso citato dai Maestri di spirito, si trova in Fonti francescane: «Considerazioni delle stimmate di S. Francesco». Prima considerazione.

8 Mt 11,12.

9 1Cor 6,9.

10 Rm 8,18: «Io ritengo, infatti, che le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi».