Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

Effettua una ricerca

Ricerca Avanzata

12. PROGREDIRE NELL'OSSERVANZA RELIGIOSA*

Oggi, con la Professione perpetua1, non siete voi che avete fatto il dono, ma il Signore che l'ha fatto a voi. D'ora innanzi le vostre azioni saranno più meritorie: difatti altri sono i meriti delle postulanti, altri quelli delle novizie, altri quelli delle professe temporanee, altri quelli delle professe perpetue. Voi oggi avete dunque raggiunto il più alto gradino ed a voi si dovrebbero applicare le parole della Scrittura: «Ibunt de virtute in virtutem»2. Ma vi è il pericolo di raffreddarsi, di venir meno nel fervore, di sentire pesante quella vita che si era scelta per sempre. Bisogna vigilare in modo da mantenere sempre acceso il fervore. Sono molte le suore che a trentacinque, quaranta, cinquanta, sessanta, sessantacinque anni vengono meno e domandano alla sacra Congregazione di venire dispensate dai voti. Con questo non intendo amareggiare questo bel giorno, ma dirvi solamente che vi è questo pericolo, ed ammonirvi perché siate sempre con le lampade accese e i fianchi cinti3, e non lasciate mai diminuire il fervore.
Ho qui davanti tutte professe, che più di tutte dovrebbero sentire amore alla Congregazione, perché voi ne siete la forza, voi ne siete i membri. La vostra obbedienza perciò non deve limitarsi solamente all'esterno, ma andare [alla] mente e al cuore. E voglio dire: non dovete solo porre l'opera e[s]terna, ma credere e pensare che quello che è comandato è proprio il meglio.
Vi è differenza tra un'obbedienza superficiale e un'obbedienza di giudizio. Anche negli uffici più umili si può notare
~
questa diversità; ad esempio: chi fa cucina senza mettervi la mente ed il cuore, può spendere di più e non accontentare. Quanto si dice della cucina può venir esteso a tutti gli altri uffici, anzi questa diversità si noterà sempre di più. Nell'esercizio diretto dell'apostolato, se manca la mente ed il cuore, quale differenza si noterà! Bisogna proprio che arriviamo qui: a fare le cose bene, quanto è umanamente possibile, a lavorare con la testa.
Inoltre l'amore alla Congregazione importa che tutte siate interessate perché la Congregazione possa progredire, svilupparsi, organizzarsi; perché si noti un risveglio di fervore, si verifichi un progresso in tutti i campi: nella pietà, povertà, studio, apostolato. Perciò quando si nota qualcuna che non fa bene, che manca di retta intenzione, si è in dovere di avvertire i superiori. Questo è dovere di tutte.
Chi dubita della vocazione non ha diritto di entrare nella Congregazione, [che] ha il diritto certo di rimandare quelle che hanno vocazione dubbia. Bisogna quindi essere più caute nell'accettare e più decise nel rimandare chi non fa bene, specie chi non è sincera, chi non porta il suo contributo, ma riesce solo di peso. È meglio, mi dicevano quelli della sacra Congregazione, sbagliare a mandar via qualche vocazione, che sbagliare ritenendo chi non ha vocazione.
Pregate Gesù Bambino così: È tempo che tu ci dia qualche santa! L'Istituto per andare avanti bene ha bisogno di qualche santa; chiedete a Gesù Bambino questa grazia e intanto cercate di corrispondere, di diventarlo tutte!
~

* Dattiloscritto, fogli 1 (21x31). Sull'originale il titolo è: “G.D.P.H. Parole del Sig. Primo Maestro”, pronunciate a Roma il 17 dicembre 1939. I curatori dei dattiloscritti successivi hanno aggiunto a mano il titolo: “Progredire nell'osservanza religiosa”.

1 Era il 17 dicembre. Ad Alba, a Roma e nelle varie case filiali, le suore che avevano fatto la prima professione nel dicembre 1934, emettevano la professione perpetua.

2 Sal 83,8: «Andranno di virtù in virtù» (Volgata).

3 Cf Lc 12,35.