Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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VII
L’APOSTOLATO


Abbiamo notato che circa le vocazioni i punti, i passaggi sono tre: 1) il reclutamento, cioè cercarle, procurare che entrino; 2) la formazione buona che si dà durante il periodo che precede il noviziato e specialmente [durante] il noviziato stesso, e quindi [durante] il tempo di professione temporanea; 3) la stabilizzazione, un punto a cui prima non si badava tanto e su cui non si insisteva tanto, [perché] non basta che si raggiunga la professione temporanea e neppure la perpetua. La stabilizzazione, cioè il mettersi in quel modo di vita paolina che assicura non solo la perseveranza, ma il progresso spirituale continuo e il progresso nell’apostolato. Occorre vigilare su quel complesso di pericoli che si incontrano nel meriggio della vita che va dai venticinque, trentacinque anni, fino ai quaranta, quarantacinque. Non che dopo si sia del tutto sicuri, non si è sicuri che quando si è entrati in paradiso, tuttavia dopo che c’è già una certa stabilità, che si è sorpassato il periodo della stabilizzazione, la perseveranza è assai più facile.
Dice dunque S. Agostino che in questa età non è più il caso di proporsi il problema: Sono chiamato? Ho fatto bene ad abbracciare questo stato?1. Queste domande sono un inganno del demonio, perché se riesce a far dubitare della vocazione, fa
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perdere le forze. Infatti l’anima è come un corpo quando viene a perdere molto sangue: si indebolisce e quindi avrà meno forza a combattere. La vita è lotta, lotta per tutti, non solo fino ai venti, ai venticinque anni: la vita tutta è un combattimento2. Questo combattimento si ha contro i tre nemici: la carne, lo spirito del mondo e satana, sempre..., anche sul letto di morte ci sarà da lottare. Tuttavia occorre notare: affinché questi stati d’animo, questi travagli di spirito, in così gran numero non abbiano da succedere in quell’età, è importante scegliere meglio [le vocazioni]. Se dovessi dire una cosa o meglio esprimere un parere (non so se valga in tutto), inclinerei a dire che ora si è un po’ larghi nelle ammissioni. Vedete, gli istituti in cui si è più osservanti, gli istituti in cui non si commettono peccati, hanno più vocazioni. Si dirà che hanno più rigore, ma l’osservanza attira vocazioni. Perché è il Signore che dirige le vocazioni e le manda pur servendosi di tanti mezzi. Ora il Signore che dirige le vocazioni e le manda, pur servendosi di tanti mezzi, indirizza agli istituti dove c’è perfezione le anime assetate di perfezione; come un padre di famiglia, se ha da scegliere il collegio per suo figlio, sceglie il collegio dove i giovani sono meglio educati, meglio istruiti, meglio formati. Quindi il segreto principale per le vocazioni non è la preghiera: il primo segreto è vivere bene la vita religiosa. Allora ogni anima, ogni religiosa diviene come una calamita. La calamita esternamente non ha niente da cui appaia la sua forza intrinseca ma, messa ad una certa distanza dal ferro, lo attira.
Di conseguenza: vivere bene la vita religiosa;
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questo è il primo e principale mezzo per ottenere vocazioni, non solo numerose, ma soprattutto scelte. Scelte bene, sempre con maggior numero di qualità morali, intellettuali, fisiche. Aggiungendo anche un altro pensiero e cioè, siccome non avete soltanto la vita di perfezionamento come le claustrali, deve già manifestarsi in qualche maniera, in queste aspiranti, postulanti e novizie il germe di tendere all’apostolato.
Meglio ancora se questo senso di apostolato si manifesta prima dell’entrata nell’Istituto, affinché si sappia chi è chiamato semplicemente alla vita contemplativa e chi è chiamato contemporaneamente alla vita contemplativa e attiva.

L’apostolato! Questo è l’amore completo a Gesù, è l’amore completo a Maria, è l’amore completo a S. Paolo. S. Paolo, che cosa ha fatto nella sua vita? Che cosa ha fatto la Vergine benedetta, la nostra madre, nella sua vita? Che cosa ha fatto Gesù? Egli è veramente per noi la via. Che cosa significa la via? Il significato di via è duplice: in quanto egli è mediatore, e cioè in quanto noi dobbiamo passare attraverso lui per arrivare al Padre celeste e dargli adorazioni, ringraziamenti e soddisfazioni, riparazioni e suppliche efficaci.

Mai appoggiarci ai soli nostri meriti. Ai malati, particolarmente a coloro che sono prossimi a passare all’eternità, non dobbiamo mai ricordare la loro vita passata, i loro meriti, le opere buone che hanno compiuto, dobbiamo [invece] ricordare la croce di Gesù, la passione del Salvatore, le sue piaghe, il Calvario. Appoggiamoci ai meriti di Gesù
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e il nostro fondamento sarà solido: «Petra autem erat Christus»3 si applica anche qui. Il Figlio di Dio è disceso dal cielo per salvare gli uomini: ecco lo zelo nostro! Gesù ha rifiutato, come dice il Vangelo, tre persone che si offrivano per seguirlo in una vocazione come lo seguivano gli Apostoli4. Vuol dire che Gesù sceglieva. Tuttavia, in mezzo ai dodici che ha scelto, ce n’è stato uno che non ha corrisposto. Il Padre celeste ha così amato gli uomini da sacrificare per essi il Figlio suo diletto. Vediamo che cosa ha fatto il Padre celeste. Ha sacrificato il suo Figlio per la nostra salvezza. Per redimere noi così peccatori, non ha voluto dei sacrifici di tori o di agnelli, dice S. Paolo, ma ha dato in sacrificio il suo stesso Figlio5. E il Figlio ci ha amato al punto da discendere dal cielo e farsi uomo come noi e vivere una vita di stenti, in strettissima povertà, in santità ineffabile, predicando una dottrina altissima e morendo sulla croce per noi. Fino a che punto ci ha amato Gesù Cristo? Ci ha amato con parole? Ci ha amato con dei desideri? No. Ci ha amato soltanto con la predicazione? No. Ci ha amato con l’esempio lasciando a noi una eredità di virtù altissima da meditare, e ci ha amato morendo sulla croce. Contemplarlo nel Getsemani, contemplarlo nella flagellazione, contemplarlo nell’incoronazione di spine, quando prende la croce dopo che è condannato. Contemplarlo quando si trova in quelle tre ore di penosissima agonia, e quando spira e rimette nelle mani del Padre il suo spirito. Ecco come ci ama il Signore, fino a che punto Gesù ha amato le anime: sacrificandosi per loro.
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E come ha fatto la nostra vergine madre Maria? Maria è stata chiamata all’apostolato. Tutto l’apostolato si riduce qui: dare Gesù agli uomini. Dare cioè la sua dottrina; dare buon esempio, dare le nostre preghiere, dare le nostre sofferenze. Sempre, perché sia conosciuto Gesù, sempre, perché Gesù sia conosciuto dalle anime e perché le anime vivano la vita soprannaturale, la grazia: [perché] in tutte le anime viva Gesù.
Ora Maria ha dato Gesù. Maria non è uno degli Apostoli, è l’Apostola con Gesù. Fra le pure creature è l’Apostola; l’Apostola sotto Gesù e con Gesù, ma l’Apostola perché ha dato il Figlio suo al mondo. Noi quindi amiamo che la Vergine benedetta sia sempre rappresentata in atto di dare Gesù al mondo, e sia sempre rappresentata insieme al Figlio, perché questa è la gloria principale di Maria, è il segno dell’apostolato di Maria: Maria che diede Gesù al mondo.
Che cosa ha fatto S. Paolo? Fu eletto a portare il nome di Gesù ai re, al popolo ebreo e a tutto il mondo. Non solo a portare la parola: «Io gli farò vedere quanto debba patire per il mio nome»6.
Quando si arriva alla sofferenza per le anime, la sofferenza volontaria o almeno accettata con rassegnazione, allora il nostro amore per le anime non è più dubbio; quando sappiamo sacrificarci è amore vero, sincero. Ecco quello che deve guidarci nell’apostolato: l’esempio di Gesù, l’esempio di Maria, l’esempio di S. Paolo. Non si è dato un giorno di riposo S. Paolo. E in quanti pericoli si è trovato, e in quante carceri! E quante volte si è trovato naufrago sul mare, sbattuto nella tempesta.
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E finalmente egli fu vittima di amore alle anime.
Ecco, la vocazione! Non è solo attendere alla santificazione, ma attendere ancora all’apostolato. Amare Gesù, ma amare anche le anime. Il secondo precetto è simile al primo. Quando si arriva all’apostolato, l’amore alle anime, al prossimo è sicuro. L’apostolato è il fiore della carità. Che cosa, quindi, abbiamo da concludere? Che la vocazione è altissima. Potrebbe tuttavia, qualche figliuola, quando incontra difficoltà nell’apostolato, dire: Perché non vado in un convento di vita claustrale, di vita soltanto contemplativa? Allora questa tentazione non si deve subire e nemmeno assecondare.
«Dopo aver messo mano all’aratro, dice il Vangelo, non voltarti indietro»7. Il che vuol dire: dopo che avrai incominciato a seminare il grano, non voltarti indietro, semina la tua seminagione e, quando sarai al giudizio di Dio, avrai attorno a te una corona di anime che hanno ricevuto da te aiuto spirituale.
Bisogna sostenere con la preghiera e con l’aiuto quelle persone che fanno l’apostolato più difficile, più pesante, quelle che uniscono alla parola, allo zelo della diffusione, della redazione e della tecnica, anche lo zelo del sacrificio. Voi fate atti di apostolato che richiedono grande sacrificio, particolarmente quando andate tra gli operai. Questa gente è più lontana da noi, non sente più nessun altro all’infuori della suora, perché nel sacerdote vede piuttosto un avversario, quasi un rappresentante di un partito, di una politica contraria. Quanto sono avvelenate queste anime, questi
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uomini! Quanto sono avvelenati da false dottrine, da letture che fanno ogni giorno, più volte al giorno: giornali, libri, riviste; e vi sono anche le pellicole, vi è la radio e vi è la televisione. Occorre che noi portiamo a queste anime avvelenate un po’ di conforto, di rimedio. Ma fino a che punto amare? Gesù disse: «Non ho risparmiato nulla per gli uomini»8. Sia così il cuore di ogni Paolina, un cuore che ama tanto le anime e nulla risparmia per esse, che non cede mai allo scoraggiamento, si concentra in sé, riflette su tutte le anime che sono nella Chiesa. Riflette che ci sono anche diverse mansioni nella Chiesa: «Stella a stella differt in claritate»9. Le stelle più belle sono gli apostoli, si rileva dalla Scrittura10. Perciò mai arrestarsi, protendersi in avanti nell’apostolato, sia nell’apostolato collettivo, sia nell’apostolato difficile. Tutta la Congregazione preghi per queste sorelle che entrano nei campi più difficili da lavorare, perché abbiano molta grazia. Esse sono l’anello fra il popolo e il sacerdote e devono portare Gesù alle anime. Compiono l’ufficio di Maria, un ufficio umile, un ufficio silenzioso, un ufficio che gli angeli contemplano dal cielo e lo scrivono nel libro della vita. Quindi, coraggio e fiducia! Questo si riferisce tanto all’apostolato del cinema, come all’apostolato della stampa, perché sono una cosa sola.
Vi giova poi non sentire troppi consigli, o meglio non assecondare troppi consigli: chi vi dirige è l’Istituto. Sull’apostolato avete molte difficoltà e anche obiezioni da fare. Le cose non camminano
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mai tutte lisce. Se camminassero tutte in modo facile, che premio avremmo in paradiso? E vi è questo ostacolo a destra e questo ostacolo a sinistra. Vi sono quelli che fanno (usando un brutto termine) concorrenza: «…dummodo Christus praedicetur»11. Vi sono sempre difficoltà che dipendono da noi e derivano da noi, o dipendono dalle persone che avviciniamo o dall’ambiente. Se noi non trovassimo ostacoli, salveremmo il mondo? Aiuteremmo le anime a salvarsi? No! Ciò che conferma lo zelo è questo: arrivare fino al sacrificio. Ecco l’atto supremo di amore di Gesù per noi: si addossa la croce per i nostri peccati e cade sotto la croce. Poi sopra la croce viene inchiodato e sopra la croce agonizza e muore.
Sempre levare la testa in alto! Non fermarsi per le difficoltà, qualche volta sono anche vere. Gesù non ne ha incontrate delle vere? Tutto quello che diceva veniva contraddetto. Tra un gruppetto di fedeli che lo seguivano, c’erano sempre dei farisei che lo perseguitavano e cercavano di prenderlo in parola e combinavano dei tumulti per fargli dire qualche cosa che lo compromettesse, per accusarlo.
Andiamo avanti! Noi compiamo la nostra missione, il Signore preparerà coloro che la continueranno. La Chiesa non morrà, perché le porte dell’inferno non prevarranno. Anche cadessimo noi... il sangue dei martiri è stato semenza di cristiani. Sempre avanti! Le nostre pene sono sementi di vocazioni. Sempre avanti! Più avanti, man mano che passano gli anni, e sempre dire come quel martire, il quale era vecchio, stentava a camminare e andava con il bastoncino, ma quando
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vide la catasta di legno che già veniva accesa su cui doveva esser bruciato, buttò via il bastoncino e: Su, a piedi, il paradiso è vicino!. Coraggio! Vi benedica tanto il Signore in questo apostolato. Avete creduto, avete corrisposto con generosità, e il Signore non vi ha lasciate deluse. Vedete quanto bene opera la Congregazione e quanti frutti ottiene! Ma ciò che è sulla terra conta quel che conta, quello che per voi è da considerarsi più frequentemente è ciò che è eterno: il paradiso.

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1 Cf Agostino, Contra Petilianum , 2.

2 Cf Imitazione di Cristo , III, XLV, 3.

3 Cf 1Cor 10,4: «…quella roccia era Cristo».

4 Cf Lc 9, 58-62.

5 Cf Eb 10,4.

6 Cf At 9,16.

7 Cf Lc 9,62.

8 Cf Rm 8,32.

9 Cf 1Cor 15,41: «Ogni stella differisce da un’altra nello splendore».

10 Cf 1Cor 12,28.

11 Cf Fil 1,18: «…purché Cristo venga annunziato».