Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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28. CONDIZIONI PER IL VERO PROGRESSO1



Nell’ultimo giorno degli Esercizi spirituali, tre cose [sono] particolarmente da fare. La prima è riassumere quanto il Signore ci ha detto, quanto noi abbiamo sentito di utile per la nostra anima e venire ad un proposito o a dei propositi che ci servano per l’annata spirituale che incomincia con la chiusura degli Esercizi e va fino all’apertura di un altro corso di Esercizi.
Assieme a questo ci può essere il programma di lavoro che non riguarda solamente il nostro interno, ma anche l’esterno. Il programma di lavoro per una propagandista può essere [preparato] in un modo, il programma di lavoro per una persona addetta alla redazione in un altro, [fatto] secondo l’ufficio che si ha, secondo le relazioni che si tengono, secondo le persone con cui si vive, secondo i bisogni generali o particolari di quella casa della Congregazione.
Inoltre, nell’ultimo giorno degli Esercizi pregare, onde il seme gettato nei nostri cuori dalla divina Misericordia abbia da germogliare. Certamente che ora si ha una certa buona volontà, ma se il Signore non interverrà, che cosa concluderemo? Quando sarete raccolte di nuovo per un altro corso di Esercizi, ognuna potrà esaminare il tempo, l’anno passato. Quanto ho raccolto in quest’anno? Quanti meriti? Ho mancato anche in
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questo anno. Ecco, dipende oltre che dalla preghiera, tanto dalla buona volontà. È perciò utile che stasera ci fermiamo sopra le condizioni per il progresso. Le due condizioni sono la buona volontà e la preghiera. Il seminatore divino è passato invisibilmente e anche visibilmente. Invisibilmente quando ha parlato ai vostri cuori e visibilmente quando ha parlato al vostro orecchio per mezzo del ministro di Dio. Ha seminato. Ma una parte del seme può cadere sulla strada e allora viene calpestata o beccata dagli uccelli e non porta frutto. Una parte può cadere in terreno ghiaioso, sabbioso e nasce, ma siccome non c’è umidità, ecco che di lì a poco tempo quella pianticella dissecca. Una parte del seme può cadere fra le spine le quali, appena il seme è nato, lo soffocano. E queste tre parti del seme non producono frutto. Ma una parte del seme divino è andata a cadere sopra un terreno buono ed ottimo e allora produce il frutto, quale il trenta, quale il cento per uno2.
Chiediamo perdono al Signore, perché qualche volta abbiamo lasciato cadere il seme divino sopra la strada: quando viene dimenticata la parola di Dio, quando si fa il sordo alla voce del Signore. Una parte della parola di Dio, del seme divino può essere caduta anche in un terreno ghiaioso, sabbioso: quando il cuore è svogliato, tiepido, e non sente il timore di Dio né l’amore a Dio. Quell’anima non è mossa né dalla paura di perdere le grazie, né di perdere i meriti, né dal timore dell’inferno o del purgatorio e neppure è mossa dall’amore al Signore, quell’amore che desta nel cuore un certo entusiasmo, un’attrattiva.
Vi può essere anche qualche parte del seme caduto fra le spine? Sì. Non dovrebbero mai
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esserci delle spine nel nostro cuore, ma a volte noi piantiamo tante spine nel cuore di Gesù, con tante venialità. Oh, se riflettessimo! In alcuni casi non faremmo certe cose, non diremmo certe cose, non penseremmo né desidereremmo certe cose. Le spine indicano le passioni. Il seme può nascere e può anche essere che qualche anima senta la parola di Dio con gaudio, gioia, ma perché dominata dalla passione, le spine coprono, soffocano la voce di Dio. Quando si ama una cosa, quando si ha una passione forte, che cosa succede? Succede che questa passione o queste passioni amate finiscano con il soffocare i buoni propositi, e il bene ci viene a noia, in certi momenti sembra che non si debba più apprezzare, stimare quel bene che è stato o che è da farsi. Basta una passione! Giuda ha sentito le più belle prediche che si possano immaginare, Giuda ha veduto confermato quello che Gesù diceva da strepitosi miracoli, uno dei quali la risurrezione di Lazzaro, eppure, proprio nei giorni in cui Lazzaro fu risuscitato, Giuda fece il contratto di vendita di Gesù. La passione del denaro, l’avarizia!
Ma una parte del terreno era buono e il seme cadde su quel terreno buono o anche ottimo. Può essere che abbiamo portato disposizioni buone e può essere che abbiamo portato disposizioni ottime agli Esercizi. Ed ecco che una parte di questo terreno che era buono, produce il trenta, produce il sessanta, produce il cento per uno. Può essere che nell’annata una suora guadagni il trenta di meriti, un’altra guadagni il sessanta e un’altra suora il cento per uno. Da che cosa dipende? Da due cose: che il terreno sia buono, ben lavorato e che sia inumidito, cioè sia irrigato. Che sia buono: la buona volontà; e che sia irrigato: la
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grazia e la preghiera. La grazia di Dio è simboleggiata nell’orazione, in quell’acqua vitale, prima condizione; quindi buona volontà. Occorre uscire dagli Esercizi con una letizia profonda nell’anima, con entusiasmo: In questi giorni mi sono unita di più a Dio, gli ho parlato più familiarmente, l’ho sentito vicino a me; egli, sono certa, mi ha chiamata alla santità, sono certa che mi ha preparato le grazie. Che cosa mi manca dunque?. «Pax hominibus bonae voluntatis»3, occorre che questa volontà sia conservata. Occorre che ogni mattina noi entriamo in noi stesse e ci chiediamo: Sento il fervore? Mi sento la buona volontà? Mi sento ottimista o mi sento pessimista? Mi sento la buona volontà? Mi sento leggera? Sono oppressa, oppure sento che Gesù mi attira? «Omnia traham ad meipsum»4. Cominciare la settimana con entusiasmo, con sante Confessioni e con una domenica raccolta, serena. Cominciare il mese con fervore, serenità, con ottimismo, con riconoscenza a Dio che ci dà altro tempo per arricchire l’anima nostra di meriti. Pensare che ci arricchiamo, compiendo il volere santo di Dio, ogni minuto, in ogni passo, in ogni respiro, notte e giorno, quando il nostro riposo è offerto a Dio, quando noi offriamo a Dio con atti di amore, anche il moto del cuore, anche il moto del sangue nelle nostre vene, anche i nostri respiri. Ora, tanto più, cominceremo l’annata spirituale con ottimismo, ma cominceranno a venire anche le obiezioni. Il pessimismo, lo scoraggiamento è il più brutto diavolo dell’inferno. Non lasciatelo venire vicino questo diavolo e, quando c’è, non bisogna darsi pace finché con la scopa non l’abbiamo mandato via. Non
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bisogna mai rimanere sotto l’impressione del pessimismo, dello scoraggiamento. Lo scoraggiamento è segno che il diavolo o è già entrato nel cuore o sta lì alla porta. Maria non l’ha lasciato avvicinare il diavolo. Arrivato ai suoi piedi il serpente ebbe il capo pesto dalla stirpe5 di Maria: «Ipsa conteret caput tuum»6. Salire!

Subito, fin dal mattino, qualcuna però dirà: Ho fatto del male, ho commesso tanti difetti. Ecco che mi viene lo scoraggiamento. Non riesco. Non riesci? Può essere che tu abbia perduto una battaglia, e non puoi vincerne un’altra? Con il diavolo si può sempre vincere, se siamo con Maria. E se adesso possiamo, fare la Comunione, non è Gesù la nostra forza?
Ma una brutta esperienza mi opprime. Occorre allora fare in questa maniera: Servirsi del male passato per guadagnare meriti. E come si fa? Si fa così, [occorre] umiliarsi: Da me nulla posso , e l’ho provato, ma con Dio posso tutto, e lo spero. Questo vuol dire che se ho sbagliato, mi umilio di più. Gesù non aspetta altro che l’umiliazione per riempire il cuore di grazia: «Humilibus dat gratiam: Agli umili infonde la sua grazia, il Signore»7. Allora dal male si ricava il bene. Ma se vi fosse anche il ricordo dei peccati? E certamente! E non vi è un libro intiero intitolato: L’arte di utilizzare le proprie colpe ?8L’avete mai letto? Vi sono anime a cui farebbe un gran bene, come fa un gran bene leggere Le Confessioni9 di S. Agostino.
In paradiso ci sono più peccatori che innocenti. E allora? C’è posto anche per noi. C’è stato posto per S. Paolo e c’è stato posto per S. Pietro, e non ci sarà posto anche per noi? E per di più a S. Pietro Gesù ha dato la chiave proprio per aprire [il paradiso]. Quando vede arrivare un’anima che era peccatrice, non si spaventa, non la rigetta, perché non avrebbe
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potuto entrare neppure lui. E allora? Allora dirà: Hai fatto come ho fatto io, se ci sto io in paradiso, ci vieni anche tu purché tu faccia come ho fatto io. Ho pianto il mio peccato, e da quel giorno con buona volontà ho servito il Signore con gran coraggio. Se è vero, quanto si racconta, un giorno, durante la persecuzione di Roma, S. Pietro si sentì scoraggiato e stava per uscire dalla città. Il Signore lo fermò e gli disse: Quo vadis?10. Pietro allora tornò indietro con coraggio [e arrivò] fino a spargere il suo sangue sul colle Vaticano11. Là i pellegrini convengono da tutte le parti del mondo per ottenere il perdono delle loro colpe, anche per intercessione di S. Pietro, per purificarsi e quindi per trovare il paradiso aperto. Quando si è peccato si pensi così: Gesù con me è statobuono, tre volte, quattro volte più buono. È segno che mi ama proprio tanto. Io mi sono ostinato a peccare, ma lui si è ostinato a usarmi misericordia e mi ha perdonato una volta, due volte. Altri hanno avuto soltanto il Battesimo, altri saranno stati perdonati dalle loro colpe, ma poche volte, io tanto. E allora, con questo pensiero amarlo di più. Proprio oggi abbiamo recitato l’ufficio di S. Pietro e S. Paolo. Nel Breviario è scritto: «Alla triplice negazione, a tre peccati, corrispondono tre atti di amore. Diligis me? Diligis me? Diligis me plus his?12. E i tre atti di amore serviranno a riparare il triplice peccato»13. Gesù è delicatissimo. Non ha sgridato Pietro [dicendo]: Tu ne hai fatto tre grosse, ma gli ha fatto fare tre atti di amore.
Amate! «L’amore copre anche una moltitudine di peccati»14. Non è questo che disse Gesù riguardo alla Maddalena?15. Non è scritto nei libri santi? Hai peccato? Tanti atti di amore, un amore però
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umile, vero. È un amore che da una parte ha lavato l’anima, perché accompagnato dal pentimento, e dall’altra è un amore che santifica. Pietro non solamente è entrato in cielo, ma è diventato il portinaio del cielo. E la Maddalena non soltanto è andata in cielo, ma vi è andata gloriosissima. Si tratta di santificarci come siamo.
Non stare a dire: Io sono fredda, io ho poca intelligenza e capisco poco le cose; io sono già caduta in peccati; io trovo tante tentazioni; io mi vedo mal compresa. Niente difficoltà! È il diavolo che insegna ciò che lui vuole per portarci alla disperazione. Se fai così ci perdi, ma se prendi i mezzi [suggeriti] riuscirai e ti farai grande santa.
Abbiamo bisogno ancora di essere irrigate. E chi è che irriga? Il Signore. Che cosa s’intende per preghiera? S’intendono le pratiche di pietà del mattino, la Messa, la Comunione, la Visita, le comunioni spirituali, l’Angelus, e poi alla domenica due Messe, la Confessione settimanale, i ritiri mensili, gli Esercizi spirituali. Fare bene le pratiche di pietà, queste hannouna grande importanza. È Gesù che prega per noi: perciò le preghiere liturgiche, le preghiere comuni, le letture, fatte secondo lo spirito. Pregare! Tuttavia queste preghiere possono ancora essere migliorate. Possiamo fare preghiere vitali: se al mattino si mette l’intenzione per la giornata, vuol dire che quello che si fa diviene preghiera, tutta la giornata in orazione continua: «Oportet orare et numquam deficere»16.
Vi è poi lo stato di preghiera: ritenersi sempre bisognosi dell’aiuto di Dio, umili e fiduciosi: «Humilibus dat gratiam17». Tutti si salvano con questa fiducia. Quando un’anima vive sempre diffidando di sé, tutto spera, vi è l’aumento nella fede, nella
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speranza, il dono della sapienza, del consiglio, della fortezza, del timor di Dio: è in stato di orazione. E queste anime sono ascoltate e il Signore infonde [in esse] abbondantemente l’acqua della grazia: «Si quis sitit veniat ad me: Chi ha sete, venga a me»18. È Gesù che dà quest’acqua. Egli diceva alla samaritana: «Se tu sapessi chi ti chiede da bere, saresti tu a chiedere dell’acqua a chi ti parla… Ma non hai neppure il secchio, come faresti a darmi l’acqua?... Il pozzo è profondo... L’acqua che ti darò io ti condurrà alla vita eterna»19. Vi sono anime così umili e fiduciose che sono sempre in comunicazione con Gesù, come quando ci sono due vasi pieni di acqua e tra un vaso e un altro vi è un tubo di comunicazione, se un vaso si riempie, comunica la sua acqua anche agli altri vasi. Queste anime in comunicazione continua con il cuore del Maestro comunicano alle altre l’abbondanza dei doni. Vi sono persone che sembra non facciano gran che, hanno da Dio anche pochi doni d’intelligenza, magari anche di salute, ma vivono questa vita di orazione: sono in questo stato di preghiera continua, intima, e quanti doni! Vedremo queste anime lassù nella gloria molto elevate, mentre sulla terra forse non se ne fece nessun conto. Erano semplici, non sapevano ragionare con pensieri sublimi, non avevano letto libri rari, non avevano consultato tanti metodi, avevano però questo metodo divino: umile sentire di sé e confidenza estrema in Dio. Questo è il metodo divino che non bisogna mai lasciar cadere. Il resto può servire, ma questo è realmente quel che porta il frutto: cento per uno. Il trenta è di coloro che fanno tutte le opere di pietà, ma solo quelle; il sessanta per coloro che in
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più vivono la preghiera vitale; e il cento per chi vive in questo stato di abituale orazione.
Avanti con coraggio! Tornate volentieri alle vostre case. Gli angeli vi accompagnino e vi accompagni la benedizione di Gesù. Sante! Basta anche un anno, nove mesi a farsi sante. Si racconta di un’anima fortunata che dopo la sua conversione visse solamente più nove mesi, ma è santa: passò quei nove mesi in tanta umiltà e in tanto amore di Dio, in tanta fiducia in Dio.
E allora Gesù vi benedica tanto e queste cose entrino nell’anima in modo che le portiamo sempre con noi.
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1 Meditazione tenuta a conclusione di un corso di Esercizi, del quale però non si hanno altre notizie, Roma, 28 giugno 1955.

2 Cf Mt 13,3-8.

3 Cf Lc 2,14: «Pace in terra agli uomini che egli ama».

4 Cf Gv 12,32: «Attirerò tutti a me».

5 Si è sostituito il termine “piede” con “stirpe”, in linea con l’interpretazione messianica attuale di questo testo.

6 Cf Gen 3,15: «E [la sua stirpe] ti schiaccerà la testa».

7 Cf Gc 4,6.

8 Cf Tissot Giuseppe, L’arte di utilizzare le proprie colpe, Società San Paolo, Alba 1944.

9 Le Confessioni di S. Agostino (iniziate nel 397 e terminate circa nel 400) è un’opera autobiografica, ma anche di filosofia, di teologia, di mistica e di poesia; lapiù letta e studiata, oggi, tra le opere agostiniane.

10 Quo vadis? Sienkiewicz Henryk (1846-1916) titola così il suo romanzo chefa riferimento all’episodio ripreso dal libro apocrifo Atti di Pietro. Durante la persecuzione dei cristiani ordinata da Nerone, Pietro sta lasciando Roma per evitare ilmartirio, quando sulla via Appia gli appare Gesù che cammina in direzione opposta, verso la città. “Quo vadis, Domine?”, gli chiede l’apostolo. “Vado a Roma per essere nuovamente crocifisso”, gli risponde Gesù.

11 È certo che S. Pietro venne a Roma e a Roma subì il martirio, circa l’anno 64 durante la persecuzione di Nerone. Le esplorazioni archeologiche fatte nell’ambitodell’altare della Confessione della basilica Vaticana, hanno confermato la tradizione che indica in quel luogo il sepolcro di Pietro.

12 Cf Gv 21,15-17.

13 Cf Breviarium Romanum, Vigilia dei Santi Pietro e Paolo apostoli, Lectio IX, Omelia di S. Agostino dal Trattato 123 su Giovanni , n. 5.

14 Cf 1Pt 4,8.

15 Cf Lc 7,47.

16 Cf Lc 18,1: «Necessità di pregare sempre, senza stancarsi».

17 Pr 3,34: «Agli umili concede la grazia».

18 Cf Gv 7,37.

19 Cf Gv 4,10-11.14.