Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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27. DIVISA DELLE FIGLIE DI SAN PAOLO:
LA CARITÀ1


La divisa delle Figlie di San Paolo non è tanto l’abito esterno, non il velo; la divisa è un cuore conforme al cuore di Gesù e al cuore di S. Paolo, cuori che erano tutti accesi d’amore per Dio e per le anime: «Gesù mi amò e si immolò [per me]»2 e S. Paolo è ancora il cantore della carità, di quella carità che riguarda Dio e il nostro prossimo. Sono i due massimi comandamenti.
Perché la divisa delle Figlie di San Paolo è la carità? Perché la Figlia di San Paolo si impegna per tutta la vita ad amare. Non carità di vestiti che coprono la persona, ma carità di spirito, la carità massima, quella carità che è il fine dell’Istituto, della Congregazione: dare la dottrina di Gesù Cristo. La nostra perciò è professione di carità, è impegno di carità.
Di che cosa ha bisogno l’umanità per salvarsi? Di conoscere Dio e la Chiesa. Conoscere Dio e la dottrina della Chiesa è il primo passo, il passo essenziale e chiunque vuole arrivare a Dio, a salvarsi, deve credere in lui creatore, salvatore e rimuneratore che darà il premio o il castigo meritato. Queste sono le verità fondamentali. Tutta la vita delle Figlie di San Paolo è come una vita di carità. Disse un grande scrittore: Verrà un tempo in
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cui alla porta dei conventi invece della minestra si distribuirà il giornale, il libro, la parola di Dio3. E non vi pare che questo sia il tempo nostro? Ogni giorno chi maneggia la penna, chi si dedica alla tecnica, chi fa cataloghi, circolari, stampati vari, intende fare ciò che fece S. Paolo, «Doctor gentium»4, predicatore della verità. La sua vita [fu] spesa per le anime. E che cosa fanno queste suore che partono per le varie nazioni, nelle librerie e nella giornata si dedicano alle varie forme di apostolato, se non opere di carità? Perciò tutto l’apostolato vostro è opera di carità. Fate opera di carità anche quando formate le vocazioni, le aspiranti, le novizie, perché si preparano futuri apostoli. Veramente «caritatem facientes in veritate»5: facciamo carità di verità. La Messa ci ispira spesso questo: onorare il Salvatore come predicatore di pace e di verità.
Il cuore deve essere pieno di carità. Amare! E quando si ama si dà anche la vita. Abbiamo da accendere in noi il fuoco della carità: «Ignem veni mittere»6. Gesù nella Comunione accenda il nostro cuore della sua stessa fiamma d’amore.
Però la carità verso gli altri deve essere conseguenza della carità che avete tra voi. Amatevi! Esercitare la carità prima di tutto verso quelli che sono più vicini. Interpretare bene, cioè pensare bene, desiderare il bene, parlare in bene, fare del bene a tutti. E questo, continuamente. Non offendere la carità né in pensieri, né in sentimenti, parole, opere. Bisogna interpretare bene, parlare bene, pregare, fare del bene a tutti, massimamente ai vicini.
La carità è la virtù che nasce dalla fede e dalla speranza, ma la fede senza le opere è morta.
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Anche i diavoli credono, ma credono sotto il peso del castigo. Il demonio è simbolo della discordia; Gesù è predicatore della bontà. Con chi stiamo? In compagnia di Gesù o del demonio? Che cosa varrebbe se noi anche ci sacrificassimo, ma non possedessimo la carità? «Caritas manet in aeternum»7. La vita religiosa è preparazione al cielo, se si vive veramente in carità. Gesù ritiene fatto a se stesso il bene fatto agli altri, e offesa fatta a sé l’offesa fatta al prossimo. Se a Gesù volessi dimostrare l’affetto del tuo cuore, perché non lo dimostri alla sorella che è sua immagine? Volere agli altri il bene che desideriamo per noi: «Rimetti a noi…»8, non a me soltanto. [Volere agli altri] tutto il bene che vogliamo per noi, anzitutto la salvezza, poi la santificazione. Allora desideriamo la salvezza, la santità delle sorelle, poi tutte quelle consolazioni, grazie che desideriamo per noi. Quando si parla al plurale, la preghiera è più efficace, doppiamente meritoria, perché è esercizio di carità e preghiera. I nemici della carità sono tre: egoismo, demonio, esempio di altri.
1) Vi sono persone che non vedono che se stesse e vi sono persone che amano e cercano il bene di tutti. L’egoismo è ciò per cui nascono tante invidie e si conservano tanti rancori, toglie la pace, uccide. A volte l’invidia è così profonda nell’anima che ci porta a gravissimi eccessi, fino alla calunnia. La più grave mancanza di carità è far perdere la stima al prossimo. Egoismo! Quando uno rileva dei difetti, è perché li ha lui: generalmente vediamo negli altri i difetti che abbiamo noi. Tante volte abbiamo da fare l’esame su ciò che diciamo. Ciò che vedi più facilmente negli altri, pensa di averlo tu. Quando si sente
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facilmente mormorare, può venire il sospetto che quello che uno vede, lo ha lui.
2) Il secondo nemico della carità è il diavolo che sa suscitare tante discordie. Egli è tormentato nell’inferno e la compagnia degli altri demoni non porta sollievo, anzi contribuisce a rendere più acuta la disperazione. Il demonio, nelle comunità, è il nemico della pace, fa vedere come nostro male il bene che fanno gli altri. L’invidioso vorrebbe tutto il bene per sé.
3) Il terzo nemico della carità è il cattivo esempio. A volte bastano poche persone per mettere discordia; cos’è successo?È stato introdotto satana. Il diavolo fa apprendere anche quel bruttissimo difetto di mancare alla carità in parole e in opere. Nelle nazioni si parla di guerra armata o fredda perché nessuna nazione ha fiducia dell’altra. Quante famiglie in discordia, quanta gente che cerca la propria stima! Basta che ci siano due botteghe vicino perché i proprietari si odino a vicenda. Sentiamo tante mormorazioni nel mondo anche contro i sacerdoti, il Papa, le cose più sante. E se non vigiliamo, c’è sempre pericolo di prendere questo spirito del demonio.

Mezzi per accrescere sempre più il grado della carità.

1. Ad ogni momento si richiede l’esercizio della carità, perché siamo sempre a contatto con gli altri e possiamo avere pensieri, parole, azioni buone o cattive. In comunità si è in continuo esercizio di carità. Si mettono insieme le preghiere. Pregare gli uni per gli altri. Nelle Comunioni portare tutti nel proprio cuore, le intenzioni delle sorelle, dei fratelli, del Primo Maestro, che sono sempre intenzioni di vantaggio per la Congregazione.
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2. Tutto mettiamo a servizio della Congregazione, amare la Congregazione, le opere. L’amore è fatto non solo di parole, ma di opere: chi ha dieci, porti dieci, chi otto, porti otto, chi uno, porti uno. E chi dovesse morire, muoia con l’intenzione di offrire la vita per la Congregazione. C’è sempre occasione di esercitare la carità, anche da malate si possono offrire le sofferenze per le sorelle, per la Congregazione.
3. Mezzo per la pratica della carità è la Visita, dove noi contempliamo il Maestro divino che ci amò e ci portò dal cielo i più grandi doni. Nella Visita meditiamo la carità di Gesù per noi. E pensiamo: «In questo vi conosceranno che siete miei discepoli, [se avrete amore gli uni per gli altri]»9. Poi non deve mai mancare l’esame e il dolore: sulla carità di pensiero, di sentimento, di parola, di opere.
4. Dobbiamo esercitare la carità positiva. Studiare come possiamo amare meglio.

La Congregazione chieda al Signore che ci sia carità collettiva: che si amino le persone, le vocazioni, le opere. Domanda collettiva! Il Signore infonda in tutti fortemente il vero amor di Dio. A volte si crede di amare e si odia. Saper fare qualche sacrificio. Non si mostri carità per le più simpatiche, ma per le più bisognose. Per le malate, le scoraggiate che vivono nel dubbio, intervenire, dire una parola buona. Quando vi è una persona tentata, scoraggiata, se nella conversazione c’è una nota che la spinge sempre di più allo scoraggiamento, si fa la parte del diavolo. [Invece] amare, incoraggiare, sostenere. Gesù cercò la pecorella smarrita: ecco, come si ama!
Ciascuna ha certamente qualche cosa su cui esaminarsi. Da una parte ringraziare [Dio] per quello che si possiede, poi crescere in amore. Non solo dire: … che vi ami sempre più , ma: che vi ami sopra me stessa .
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1 Meditazione tenuta a Roma il 27 giugno 1955.

2 Cf Gal 2,20.

3 Cf Borgna G., Il Re dei tempi. Mano alla Stampa , Premiata Scuola Tipografica Michelerio, Asti 1914, pp. 106-107; cf Alberione G. Donec formetur Christus in vobis , p. 46.

4 Cf 1Tm 2,7: «Maestro dei pagani».

5 Cf Ef 4,15: «…vivendo secondo la verità nella carità ».

6 Cf Lc 12,49: «Sono venuto a portare il fuoco sulla terra».

7 Cf 1Cor 13,8: «La carità non avrà mai fine».

8 Cf Mt 6,12.

9 Cf Gv 13,35.