Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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nel regno dei cieli è chi si umilia di più. E per umiliarsi di più non c’è bisogno di mettersi a sedere laggiù in fondo al tavolo, perché può essere più umile chi siede al primo posto e può essere più orgoglioso chi siede all’ultimo posto, perché lo stimino niente. Ecco, l’orgoglio è fatto così.
Vediamo che a volte al posto del cuore c’è forse della gramigna. Quanto perciò è utile l’esame di coscienza, ma fatto bene, non superficiale, non quello che ci fa vedere le nostre virtù e disprezzare gli altri. Quando Gesù nella sua vita pubblica vedeva quella gente che si stimava, ha raccontato la parabola del pubblicano e del fariseo e il modo di pregare. Il pubblicano stava in fondo alla chiesa e pregava battendosi il petto, il fariseo [invece] stava davanti, pettoruto, tutto intento a lodarsi: «Io non sono come tutti gli altri»9.
A volte noi, fatti i nostri conti, ci crediamo quasi superiori a tutti; quando invece c’è la vera umiltà, fatti i conti, uno dice: Ma io con le grazie ricevute, chissà come mi trovo davanti a Dio!. Quando infatti il Signore mi chiederà conto dei cinque talenti datimi, può essere che l’altra sia stata fedele, abbia trafficato i suoi due e ne abbia guadagnati altri due; e invece io, con cinque ne abbia guadagnati solo quattro, perché [in me] c’è l’orgoglio, perché non corrispondo alle grazie di Dio. Allora io mi presenterò a Dio con un debito, mentre l’altra si presenta a Dio con i debiti pagati. Ci vuole l’umiltà, l’umiltà vera! Vi benedica dunque Gesù. Amiamo il Signore con tutto il cuore e il prossimo come noi stessi.


II
AMARE DIO CON TUTTE LE FORZE


La vita interiore richiede in terzo luogo che santifichiamo la volontà e quindi mettiamo in pratica la terza parte del comandamento, primo e principale: «Amerai il Signore Dio tuo con tutte le forze»1. Con tutta la mente, con tutto il cuore, si è già detto; ora con tutte le forze che significa con tutto l’essere nostro, con tutte le forze intellettuali.
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Ecco, agli inizi non si aveva nessuna idea di vita religiosa e d’altra parte si volevano radunare dei giovani e delle giovani non solo così, ma per la vita religiosa. Allora si compose la Coroncina a San Paolo in cinque punti, [e in ognuno] le grazie da chiedere per vivere [bene] la vita religiosa, per formare alla corrispondenza della grazia, e per ottenere la vittoria su tutto ciò che impedisce la vita religiosa.
La vita comune è unione di anime che si danno la mano per santificarsi. E darsi la mano significa non solo desiderare la santità delle sorelle, ma domandarla al Signore; significa [fare] come gli scalatori che vanno sui monti per quelle passeggiate tanto comuni oggi. Vi è chi precede con la fune, e se uno cade tutti gli altri che sono legati alla medesima fune lo sostengono, però potrebbero anche cadere [tutti] in un precipizio, come è già avvenuto. A volte avviene che chi ha meno buona volontà si collega con chi le è simile. E si conoscono tra di loro subito, e subito si scoprono quelle che hanno meno buona volontà: fanno amicizia e si confidano e si aiutano. E si aiutano, a che cosa? A cadere; e allora [avviene] come nel gioco dei mattoni: di lì a un po’ tutti i mattoni che stavano in piedi sono per terra, a causa di una. Quindi vedere subito e scoprire questo pericolo. Occorre domandare questa grazia.
Uno dei consigli che ho ricevuto tanto tempo fa al principio della Congregazione era questo: Quando avete bisogno del medico, cercate il miglior medico; quando avete bisogno dell’avvocato, scegliete il miglior avvocato; quando avete bisogno delle macchine, scegliete le migliori macchine; quando avete bisogno delle banche, scegliete le migliori banche. Scegliete sempre il meglio. E così nella vita spirituale: sempre cercare chi fa meglio.
Secondo: dare a Dio tutte le forze fisiche. Noi dobbiamo guadagnarci il pane con il sudore della nostra fronte come tutti gli altri uomini. Immaginare la vita religiosa come una vita di riposo o di vivere alle spalle degli altri sarebbe mancare al
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dovere di natura: «Mangerai il pane col sudore della fronte»2. Nessuna si può far santa nella pigrizia. Vedete nella costituzione Sponsa Christi 3, emanata dal santo Padre [Pio XII], per quattro volte egli insiste che tutte le suore lavorino. C’è qualcuna che dice: Ma noi abbiamo da contemplare, suore che s’illudono di passare la giornata in chiesa. Ma allora contemplate anche a mezzogiorno! Invece vogliono qualcosa da mettere in bocca, non è vero? La contemplazione è un lavoro spirituale quanto mai prezioso, ma non bisogna dimenticare che abbiamo anche il corpo, il quale ha bisogno di mangiare. Solo contemplare è trasgredire il dovere fondamentale di guadagnare il pane col sudore della nostra fronte; è tralasciare ciò che ci santifica, voglio dire: piacere e rassomigliare a Dio; ma Dio è il più attivo! Bisogna piacere a Gesù, ma Gesù ha lavorato. Ha lavorato nella sua gioventù con un lavoro faticoso e umile, ha lavorato nell’apostolato, ha lavorato e sofferto, e in tutti i modi ha veramente faticato. Ha faticato nei suoi lunghi viaggi fatti a piedi e, quando si riposava, ad esempio seduto sull’orlo del pozzo, aspettava che arrivasse la samaritana ad attingere l’acqua, perché voleva parlarle e dirle qualcosa che facesse bene all’anima sua, e la convertì.

Noi allora dobbiamo dare grande peso al lavoro. Il lavoro ordinato si capisce, non quello che può guastare la salute. La propaganda e l’apostolato tecnico sono regolati da un dato numero di ore, eccetto qualche caso in cui è richiesto lo straordinario, o quando uno si sente veramente male. Se si ha la forza di fare un lavoro e non si arriva a farne un altro, si ha il dovere di fare quello per cui si hanno forze sufficienti. Quante volte giova riposarsi cambiando lavoro! Intanto ci si mette a servizio di Dio e si ristora lo spirito.

Ho detto: «Amare il Signore con tutte le forze». Abituarsi a servire il Signore con tutte le forze, tutte le forze perché, quando non ci fosse questo amore, non esiste la Figlia
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di San Paolo. Il nostro padre S. Paolo di quali esempi ha riempito il mondo! E quanto ha faticato, in quanti luoghi è stato, quanto predicava di giorno e quanto lavorava nelle notti per guadagnarsi il pane!4. E si gloriava del suo lavoro! Avrebbe potuto dire: Uso del potere che mi vien da Dio, e siccome lavoro per il Vangelo e per voi, voi dovete mantenermi; ma non l’ha voluto usare5. Vi sono poi persone che esagerano, e magari sentono mali che potrebbero farsi seri e continuano [a lavorare] per delle settimane. Bisogna curarsi! Come a mezzogiorno ci si ferma per mangiare e così poi lavorare di più di nuovo, come alla sera bisogna fermarsi e riposare perché all’indomani si lavori di nuovo, bisogna sempre essere ragionevoli. La cura del nostro corpo è cosa ragionevole, però bisogna abituare il corpo anche al lavoro. Sento dire in tante case (non dico di voi): Se vi sono lavori pesanti, sporchi, che richiedono più sacrificio, invece ci si rivolge sempre a quelle che hanno lavorato di più, che sono più abituate. Abituare anche il corpo [al lavoro]. Se si ascoltano tutti i piccoli malanni, non si è mai in salute di lavorare, perché sempre si ha qualcosa. Forse che noi non siamo figli di Adamo? Se tutti i piccoli malanni ci fermassero... Notare bene questo: «Amare il Signore con tutte le forze». Volendoci far sante, la vita comune deve proprio impegnarci a contribuire secondo le nostre attitudini.
Quando si ricevono le aspiranti, sempre vedere in che stato di salute sono, [come ] ora è comandato che si facciano visitare i chierici prima di prender Messa, perché la Chiesa non vuoledei ministri per curarli. È vero che hanno ordinato prete un generale che aveva settantatre anni, ma fu solo per dargli una consolazione, perché desiderava il confessionale dove il lavoro è anche pesante.
Occorre la salute dello spirito, ma anche la salute del corpo, e occorre la volontà di usare [bene] la salute e le forze. In generale nelle case dove si lavora, si ha già una garanzia che
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una persona laboriosa lavorerà nello spirito e lavorerà nell’apostolato. [Dare] tutte le forze fisiche al Signore, e nello stesso tempo conservarle per poter lavorare più anni per il Signore. Quindi soffrire e non morire per poter lavorare più a lungo per il Signore, e scegliere di rimanere ancora lungo tempo per portare più anime a Dio.
[Lavorare] con tutte le forze significa anche con tutta l’intelligenza, ossia mettere a servizio del Signore l’intelligenza. L’apostolato non può essere esercitato sempre allo stesso modo, [perché] l’apostolato progredisce. Occorre che noi studiamo sempre i mezzi migliori e cerchiamo le figliuole più buone per organizzare l’apostolato, per esempio la propaganda collettiva, e saper poi scegliere le opere da stampare, come stamparle e fare i libri in modo presentabile. Questo è tutto lavoro di apostolato! Per lavoro s’intende anche il lavoro della preghiera, della cucina, della sarta, e anche il lavoro della pulizia e tutti i lavori che Maria faceva.

Vi sono persone che quanto al lavoro spirituale non ne fanno quasi più, ma il lavoro principale è il lavoro spirituale. Alcune forse pensano: Ora sono arrivata alla meta! Ho i voti perpetui, non è facile che mi mandino via! Anche noi ci facciamo preti, ma il nostro lavoro comincia il giorno che prendiamo Messa. Voi vi fate religiose, ma il lavoro propriamente comincia il giorno della professione perpetua, quando si è arrivate ad avere e possedere tutte le grazie per la santificazione. Prima c’erano le grazie per la preparazione, per formare l’anima religiosa; con la professione perpetua si è arrivate sulla buona strada, sulla strada segnata da Dio, ma da lì in avanti bisogna percorrerla, e percorrerla con il lavoro interiore, intellettuale, fisico. Se alcune si risparmiano troppo, si ammalano più facilmente, perché il corpo [ha bisogno di] esercizio. Quando il Santo Padre [Pio XII] passeggia, passeggia con una certa sveltezza, quanto comporta la sua età e salute. Quando deve curare la sua salute, lo fa con una certa energia.
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9 Cf Lc 18,9-14.

1 Cf Mc 12,30.

2 Cf Gen 3,19.

3 Cf Med. varie 1955, n. 10, nota 23.

4 Cf 1Ts 2,9.

5 Cf 1Cor 9,18.