Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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fatte, come dire? Male; in Italia direbbero: alla carlona, qualcuno dice alla diavola. Essere attenti, essere le persone delle cose ben fatte,come si diceva di una certa persona: È la persona delle cose ben fatte, anche se deve sbucciare una mela, in quel momento stava sbucciando la mela, la sbuccia bene. Vedete, particolarmente in certi tempi, occorre riflessione.
Oh, adesso, alla fine, che cosa dobbiamo domandare? La grazia di far bene l’esame di coscienza e arrivare fino al punto di acquistare lo spirito di riflessione, lo spirito anche di attenzione, voglio dire anche l’abitudine a osservare, imparare da tutto. Vi sono persone che imparano da tutto. Vi sono persone che magari passano tanti anni e hanno sempre lo stesso difetto, non l’hanno mai conosciuto; tutti gli altri ne parlano: Quella lì è fatta così, e solo lei non lo sa. E se glielo dicono dice che non è vero.
Sì, riflettere, e allora si ha la grazia di evitare innumerevoli difetti e sbagli e, prendendo tutte le piccole occasioni, di farsi molti meriti, che sono [come] i soldini che fanno le lire, che fanno le somme [grandi]. Queste sono le persone attente che raccolgono tesori per il cielo.


IV
L’APOSTOLATO


La terza pratica di pietà che serve per dare lo spirito alla Paolina è la Visita al santissimo Sacramento. Sono persuaso che siete fedeli alla Visita e che cercate di compierla sempre meglio. Vediamo però in primo luogo di sentirne il bisogno, perché non sia una pratica fatta a stento, ma una pratica viva, la pratica in cui l’anima passa un’ora come di paradiso anticipato, perché si trova a contatto intimo con Gesù, parla a Gesù, sente Gesù, riceve da Gesù. Comprendiamo che i nostri occhi, i nostri sensi non possono ora vedere, non possono sentire Gesù come lo si vedrà, lo si sentirà in cielo, ma lì vi è però lo stesso Gesù, quel Gesù che forma il paradiso, e d’altra parte questa è l’ora di anticipato paradiso per le anime
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che hanno lo spirito di Dio, mentre per le anime che non hanno lo spirito di Dio riesce un peso.
Entrare nell’intimità con Gesù, raccogliendo tutti i nostri sensi, le nostre facoltà: la mente, il cuore, la volontà, sentirne il bisogno. A chi è fedele alla pratica dell’ora della Visita è riservata una visione più profonda e un possesso più completo di Dio in paradiso e un gaudio più abbondante di Dio in cielo. Continuate quindi come fate adesso, ma soprattutto badare a questo: sentire il bisogno e la gioia e la felicità di stare un’ora a contatto diretto con il Maestro divino.
Nella Visita vi è una comunicazione veramente mirabile fra l’anima amante [e Gesù], l’anima si studia di penetrare sempre meglio che cosa è l’Eucaristia sebbene, essendo un mistero, non arriverà mai a capirlo del tutto. Sì, studiarsi di arrivare a che la giornata sembri vuota senza la Visita al santissimo Sacramento.

Bisogna anche dire che voi alle volte siete in viaggio e non avete la comodità di potervi raccogliere in chiesa, in cappella, allora supplite in altra forma, con altre preghiere; può essere che con lo sforzo maggiore che si deve fare, si ricavi anche maggior frutto e si senta maggiormente la consolazione quando si potrà di nuovo fare la Visita con comodità nella chiesa innanzi al santissimo Sacramento.

Stamattina invece parliamo un momento dell’apostolato. Che cosa significa apostolato? Già vi è stato spiegato molte volte. Apostolato vuol dire irradiare Gesù Cristo. L’apostolo è una persona che è piena di Dio, e cioè che è piena della dottrina del Vangelo, che è piena di grazia, un’anima che aspira al cielo, che ama Gesù e le anime. Ecco, l’apostola si studia di comunicare agli altri quello che essa medesima sente, prova, possiede.
L’Apostolo per eccellenza è Gesù Cristo stesso: «Habemus Apostolum et Ponteficem nostrum»1.
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Apostolato significa entrare nello spirito di Gesù Cristo e compiere da parte nostra quello che Gesù Cristo ha compiuto, specialmente con la predicazione nel ministero pubblico, nei suoi ultimi anni di vita sulla terra. L’apostolo deve avere il cuore pieno di fede, e d’altra parte pieno di verità, per arrivare a decidersi a fare qualunque sacrificio. È un’anima che ama: «Ama il prossimo tuo come te stesso»2 e come desidera essa stessa di essere salva, di andare in paradiso, così desidera che tutti vadano in paradiso e aggiunge l’opera sua; e come essa desidera di santificarsi, così vorrebbe che tutti si santificassero, e ricorre a tutti i mezzi. Gli apostolati perciò sono vari. Vi è l’apostolato della vita interiore a cui Maria diede il primissimo posto, perché quando vi è la santificazione interna, vi è molta virtù, vi è vero amor di Dio, si esercita un’influenza sopra tutti e sopra tutto. Una vita che è invisibile, ed è come dire che una persona ha il sangue buono e, quando il sangue è veramente buono, porta alimento a tutte le membra, tanto alla testa come alle mani. Il Corpo mistico di Gesù Cristo, cioè la Chiesa, riceve un grande alimento dai santi che sono la sua stessa meraviglia, anime che vivono magari dietro le grate, persone che stanno nel nascondimento, di cui nessuno parla, e che poco si mostrano, ma amano il Signore, vivono di fede, operano nel Corpo mistico, operano meravigliosamente. L’apostolato della vita interiore significa purificazione dei difetti e d’altra parte spirito vivo di fede e di speranza e di carità, a queste tre virtù che sono teologali, divine, seguono le virtù cardinali. Noi ora siamo materiali e vediamo solamente l’esterno ed elogiamo chi fa un apostolato esterno che, almeno apparentemente, porta frutti, perché si sono fatti tanti abbonamenti, si sono diffusi tanti libri, ma il Signore vede i cuori, e al giudizio le cose appariranno nella loro realtà. [Vi sono] persone di cui il mondo non fa nessun conto e operano tanto nella Chiesa di Dio, vere apostole della vita
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interiore che è il primo apostolato. Maria, finché non ebbe l’annuncio che doveva diventare la Madre del Figlio di Dio che doveva incarnarsi, compì l’apostolato della vita interiore, e con la sua preghiera e la sua fede ne fece suonare l’ora.

La Chiesa oggi si trova in tante difficoltà, in mezzo a molte persecuzioni: vi sono difficoltà esterne e sono quelle che recano meno danno alla Chiesa, ma vi sono poi difficoltà interne che sono più dannose. Vi sono però anche tante anime consacrate a Dio, piene di fede che si offrono al Signore, e la loro fede, il loro amor di Dio, la loro carità verso il prossimo ottengono mirabili frutti. Non gloriamoci troppo delle opere! «Omnis gloria eius ab intus: La sua gloria principale stava dentro»3, il suo amor di Dio, la sua fede, è detto della Madonna.
Vi è poi l’apostolato dell’esempio, e certamente le Figlie di San Paolo, andando di casa in casa, mostrandosi sempre sollecite, umili, modeste, svelte, compiono l’apostolato del buon esempio, a volte più efficace dell’apostolato delle edizioni, della stampa, del cinema, della radio. Oh, il buon esempio dappertutto, il quale è come «il profumo di Gesù Cristo: bonus odor Christi»4, che si diffonde attorno ed è una predica che colpisce e alla quale gli uomini non sentono di ribellarsi. Si ribellano magari alle parole, ma non alla predica del buon esempio, [perché] è un apostolato che si ha da compiere da tutti, in qualunque posto, particolarmente all’interno della Congregazione, in casa con l’osservanza religiosa, la carità paziente e benigna, la pietà fervorosa, la delicatezza nel parlare, e quella continua osservanza della vita comune tanto difficile: «Videant opera vestra bona…: Vedranno le vostre opere buone e glorificheranno Iddio»5. Gesù del resto fece questa raccomandazione proprio negli ultimi giorni della sua vita, cioè la vigilia della sua passione e morte: «Vi ho dato l’esempio affinché come ho fatto io così facciate anche voi»6. Accanto a certe persone non si può fare a meno che pregare, tale è la pietà che dimostrano,
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non viene la tentazione di dire certe cose, di fare certe mormorazioni, ad esempio, permettersi espressioni meno delicate. Con la modestia, con la delicatezza, [anche] senza saperlo, queste persone s’impongono con il loro buon esempio. Vi sono persone invece che non si accorgono quanto cattivo esempio danno con il loro modo di fare, di parlare, ecc. Poi vi è l’apostolato della preghiera: dove non si può far giungere la parola agli uomini, facciamo giungere la parola a Dio: Poiché voi non mi avete ascoltato, bisogna dire, io mi rivolgerò a Dio. È un’espressione che non si deve applicare alla lettera, ma serve a far capire il concetto. S. Scolastica7 voleva passare la notte presso il convento del fratello S. Benedetto8per parlare di Dio, specialmente del paradiso, sapendo che era vicina alla morte, ma il fratello non glielo permise [perché] non poteva fermarsi presso il convento. Il Signore mandò un tale temporale che le fu impossibile uscire. Allora S. Benedetto le gridò: Che cosa hai fatto, sorella?. Mi son rivolta a te, ti ho pregato, non mi hai ascoltata. Mi son rivolta a Dio e mi ha subito ascoltata9. Sentitevi legate alla Chiesa, sentite che da voi dipende molto l’avvenire religioso di questa nazione. Il Signore ascolterà più le vostre preghiere di quanto gli uomini possano pensare.
Si vedranno alle volte dei fatti che non si sanno spiegare, ma quando in una nazione vi sono conventi dove l’osservanza religiosa è in vigore, dove c’è lo spirito di pietà, dove vi sono tante anime che attirano gli sguardi di bontà del Signore, oh, allora vi è una forza occulta; ma se i conventi non sono ispirati a una vera osservanza religiosa, e non si prega sufficientemente, allora vengono a mancare tante grazie. Quindi, sentitevi legate all’avvenire del cattolicesimo in questa nazione.
Vi è poi l’apostolato della sofferenza. L’apostolato della sofferenza bisogna intenderlo bene. Non è che uno debba subito pensare al martirio, oppure a offrire la sua vita e morire presto. Il Signore vi chiede la sofferenza di ogni
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giorno, di ogni momento; il bene costa sempre fatica, richiede sempre violenza, questa è la prima sofferenza. La seconda sofferenza è l’osservanza delle Costituzioni, degli orari, l’adempimento degli uffici assegnati. La terza sofferenza è la pratica della carità vicendevole. La quarta è l’apostolato ben fatto, l’apostolato di redazione, l’apostolato di propaganda, l’apostolato tecnico.
Quindi vi sono quattro modi di esercitare l’apostolato della sofferenza senza il bisogno di morire, anzi c’è bisogno di vivere per compierli. Noi prendiamo gli esempi di S. Paolo. Sofferenza! A volte ci saranno anche sofferenze morali e sofferenze fisiche, queste poi saranno cose che il Signore concede
o permette, o vuole per i suoi fini altissimi. Ma in primo luogo c’è la sofferenza comune: ad esempio, bisogna sopportare noi stessi con tutti i nostri difetti, e nonostante che tutti i giorni combattiamo, può essere che ancora ricadiamo, e certamente tutti cadiamo, ma continua la lotta, il lavoro, la violenza che uno deve fare per vincersi.

Vi è poi l’apostolato delle edizioni, tra cui l’apostolato della stampa. L’apostolato della stampa significa portare alle anime le verità del Vangelo, portare la luce del Vangelo, le verità stesse che ha predicato Gesù Cristo, e allora la suora, ancorché non sia gran che istruita, diviene maestra, maestra della dottrina più alta, perché è quella stessa di Gesù Cristo. Bisogna che noi pensiamo che non diamo solamente un libro, un periodico, ma diamo quello che contiene il libro, quello che porta il periodico, che è Gesù Cristo stesso, Gesù Cristo Sapienza in quanto è Verità. Sappiamo quanta stampaccia c’è nel mondo, e i nemici di Dio, della Chiesa, delle anime e della società si valgono di questo grande mezzo per rovinarla. Voi, chiamate ad usare questo mezzo, lo prendete per l’altro verso, per[portare] il bene. È un apostolato che richiede fatica, e fatica in tutte le maniere: richiede fatica la redazione, fatica la parte tecnica, fatica la parte di propaganda. Ma noi
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pensiamo a ciò che ha fatto Gesù, che ha fatto S. Paolo per la salvezza delle anime. Allora, come si deve compiere questo apostolato? Prima di tutto con le intenzioni stesse che ha la Chiesa nell’approvare la Congregazione. La Chiesa nell’approvare la Congregazione che si dedica all’apostolato delle edizioni, che cosa intende, che cosa vuole? Che noi portiamo alle anime la luce con questo mezzo. Voi non avete da predicare sul pulpito, ma avete da predicare con altri mezzi: con il foglietto, con il libro, col periodico. Ecco: «Beati i passi di chi porta il Vangelo, di chi porta la pace»10. Se potessimo arrivare a tutte le famiglie noi avremmo compiuto una grande missione, e per arrivare a tutte le famiglie, si capisce, ci vogliono molte vocazioni, quindi sempre teniamo presente questo grande problema. Gesù Cristo non ha cominciato subito a predicare, ma in primo luogo ha cercato e ha raccolto attorno a sé gli Apostoli, perché voleva che i Dodici lo sentissero per poi ripetere le sue stesse parole, e fossero testimoni dei suoi prodigi e vedessero com’era la sua vita. Apostolo vuol dire testimonio: «Et eritis mihi testes»11. Vi sono persone che sono molto istruite e non comprendono l’apostolato delle edizioni, e invece vi sono persone che non sono molto istruite ma hanno lo spirito di Dio e comprendono la grande missione e come bisogna utilizzare i nuovi mezzi. Sembra che ci sia da scoraggiarsi perché non si vede frutto, ma Gesù aveva detto: «Voi seminerete e forse altri raccoglieranno»12. Il più brutto diavolo dell’inferno è lo scoraggiamento. Noi, anche se non vedessimo alcun frutto del nostro apostolato, del nostro lavoro, purché compiamo bene il nostro dovere, il premio è sicuro. Ma non ha fatto frutto, diciamo quasi compiangendoli, peggio per loro. Per chi invece ha fatto il bene con volontà, con zelo, il premio è sicuro. Guardiamo sempre a S. Paolo, negli scoraggiamenti guardiamo sempre in su, al premio eterno.
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V
IL PARADISO


Questa mattina pensiamo al paradiso e domandiamo tre grazie: 1) una fede sempre più viva in questo articolo del Credo : la vita eterna; 2) desiderare vivamente il paradiso; 3) operare costantemente per il cielo.
Queste tre grazie chiediamole specialmente [recitando] i misteri gloriosi. Questi ci ricordano quello che avverrà dopo la vita presente. Sulla terra passiamo attraverso cose liete e cose tristi, a consolazioni e a pene, attraverso a fatiche; ma finalmente si arriverà al premio.
I misteri del rosario sono quindici: i primi cinque ricordano i gaudi di Maria, gli altri cinque le prove che ebbero Gesù e Maria, finalmente ecco la corona: Gesù Cristo siede nella sua gloria alla destra del Padre. E Maria siede alla destra del Figlio, nella sua beatitudine eterna, e lassù ella, piena di grazia, mediatrice universale delle grazie, continua il ministero che aveva sulla terra: [dare Gesù], dare le grazie agli uomini.
1. Pensare al paradiso, credere sempre più fermamente al paradiso. Per salvarsi, gli uomini debbono necessariamente credere a due verità: «Che Dio esiste e che questo Dio rimunera il bene fatto e castiga il male»1. Vi sono tante persone fuori della Chiesa cattolica che sono in buona fede; e ve ne sono ancora tante che sono pagane, ma se sono in buona fede, possono avere fino a un certo punto la speranza della salvezza eterna, però non vi si arriva senza credere a questo: che Dio ricompensa quello che si fa sulla terra, e quindi la nostra vita è una prova e dopo questa prova chi è fedele riceverà il premio. Il paradiso è una conquista e il Signore non lo dà se noi non lavoriamo. Iddio ci ha creati per la beatitudine. Il Signore sulla terra ci sottopone a delle prove, anzi a una prova, e chi la supera bene va in paradiso, e chi invece non la supera bene, come può sperare il paradiso? Il Signore ci ha messo davanti due vie: la via della felicità eterna, e ci sta pure davanti la via della
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infelicità eterna.

Dopo la vita presente [ci sono] due stati: lo stato delle anime salvate e lo stato delle anime dannate. Sta a noi la scelta; è libera la scelta, se non fosse libera, non ci sarebbe il merito. Sono tre le prove e tutte tre ne formano una sola, ma divisa in tre parti: la prima è prova di fede, la seconda di amore, e la terza di fedeltà. Credere a tutto ciò che nostro Signore ha rivelato, a tutto ciò che c’è nel Vangelo. Credere, e con fede viva, a tutto quello che insegna la Chiesa. Credere a tutto ciò che è nel catechismo, credere alla predicazione che ci viene fatta quando questa ci comunica le verità rivelate da Dio e insegnate dalla Chiesa cattolica: «Senza la fede non si può piacere a Dio»2. Mettere alla base questa fede, e particolarmente credere al giudizio di Dio e al premio che ci attende dopo questa vita; credere che noi stessi ci prepariamo la felicità o l’infelicità eterna. Il Signore dopo la nostra morte constaterà che cosa abbiamo fatto nella vita, cioè se siamo in grazia di Dio o in disgrazia; allora non si potrà più cambiare, cioè se l’anima parte da questa vita in grazia, starà sempre con Dio, non potrà più perderla [perché] di là non c’è più la possibilità di peccare. Ma se l’anima si trova e passa all’altra vita in disgrazia di Dio, non potrà più cambiare stato, subirà i castighi che Dio ha preparato per quelli che vivono e muoiono in peccato. Credere la vita eterna, e credere che ogni nostra azione, se è buona, merita qualche cosa per l’eternità,
2. In secondo luogo la vita è una prova di amore: Dio è sommo bene e ci ha dato dei beni sulla terra, ci ha dato la salute, la vita, ci ha dato il Battesimo, ci ha dato l’istruzione religiosa, la vocazione, e tutto questo perché lo amiamo. Egli è il sommo bene, ma noi dobbiamo amarlo. Se non l’amiamo, se non lo vogliamo, egli non si darà a noi. Amare il Signore, particolarmente in due maniere: purificando sempre il cuore
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da tutto ciò che non è Dio e non piace a Dio, e d’altra parte mettere nel nostro cuore sempre più Dio e ciò che piace a Dio. Particolarmente aver sempre presenti i sacramenti della Confessione e dell’Eucaristia, la Confessione serve per purificare, l’Eucaristia, dove riceviamo Gesù stesso, ci dona Dio. La pietà nostra sia illuminata, non fatta di sole preghiere e illuminata dalla fede; una pietà che ci porti alle divozioni essenziali: la divozione all’Eucaristia, la pietà mariana, la pietà paolina. Amare il Signore! Prova di amore perché chi ha scelto la vita religiosa ha scelto Gesù: «E se tu perseveri, a nome di Dio ti prometto, [dice il sacerdote], che riceverai il centuplo e possederai la vita eterna»3.
3. La terza prova è una prova di fedeltà al Signore, cioè osservare i comandamenti di Dio, praticare la vita comune, compiere la nostra missione, l’apostolato. I comandamenti di Dio sono la base su cui poi si può costruire la vita religiosa, quindi l’osservanza dei santi voti e delle virtù, e il compimento del nostro apostolato per le anime, perché Iddio ci ha mandato sulla terra a fare qualche cosa, e quando abbiamo finito quello che egli vuole da noi, ecco che ci richiama. Egli vuole che un giorno partecipiamo alla sua stessa beatitudine, una beatitudine così grande che per ora è indescrivibile, perché è la beatitudine stessa di Dio. Oh, allora che cosa dobbiamo fare? Desiderare il paradiso e operare sempre in ordine al paradiso. Al mattino svegliandoci pensiamo: Ecco, adesso vado a lavorare la mia corona, e anche le minime azioni, quelle che sembrerebbero quasi trascurabili, possono diventare tesori per il cielo. Il Signore vede anche i sentimenti interni e i pensieri. Se sono buoni, sono meriti per la vita eterna. Nelle favole si legge di quel tale che tutto quanto toccava diventava oro4. Tutto ciò che noi facciamo di bene, tutto diviene oro, perla preziosa per il cielo. Vi sono persone che fanno le corone infilando nella catenella i grani, ma noi continuamente possiamo lavorare la [nostra] corona, una corona che sarà più bella, più
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preziosa, quanto maggiore amore portiamo a Dio. Vedete, nella Congregazione tutto quello che è disposto è bene, nulla di ciò che è disposto è male, e allora tutto si può offrire a Dio. Vi sono cose su cui noi a volte mettiamo poca attenzione, [a cui] diamo poca importanza, ma i santi non facevano così, anche le minime cose le facevano bene. Gli infelici che cercano le soddisfazioni della terra un giorno saranno delusi, la morte distacca da tutto, ma i santi in quel giorno acquisteranno tutto. I santi dalla terra hanno mandato su opere buone, opere buone, opere buone, e là troveranno tutto. Prima avevano i meriti, ma non li vedevano; da quel momento i meriti diventano [per loro] gloria eterna, premio eterno.

Allora, desiderare il paradiso! Vi sono alcuni che desiderano poco il paradiso, altri che lo desiderano tanto. Ricordiamo S. Paolo: «Cupio dissolvi et esse cum Christo»5, e quando siamo stanchi, quando vengono le piccole prove, le fatiche, quando l’obbligo costa, quando dobbiamo dir di no alle passioni, e quando dobbiamo rinnegarci in qualche cosa che il cuore vorrebbe, pensiamo al paradiso. Il pensiero del paradiso risolve tutti i problemi. Ancora pochi anni di lavoro e poi: paradiso eterno! Questi anni possono esser di più e possono essere di meno, se saranno di più avrete ancora tempo per lavorare sempre meglio la vostra corona. Avanti dunque con coraggio!
Che cosa fai tu sulla terra? Bisogna sempre poter rispondere: Lavoro per il paradiso. Quali sono i desideri dell’anima tua? Desideri di bene. Sempre così. E allora, noi avremo una morte serena, entreremo in quella beatitudine per cui si è tanto lavorato, faticato. Si sentirà che Gesù ci aspetta. S. Francesco d’Assisi è morto recitando il versetto: «I santi mi aspettano in paradiso»6. Morte serena, morte che è un preludio di quel gaudio eterno che il Signore ci ha preparato.
Questo pensiero [ci accompagni]: purificarci e formarci; purificarci e acquistare virtù. Ogni giorno sia veramente ordinato, tutto ordinato al cielo.
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1 Cf Eb 4,14: «Abbiamo un grande e sommo sacerdote».

2 Cf Mt 19,19.

3 Cf Sal 44,14 (Volgata).

4 Cf 2Cor 2,15.

5 Cf Mt 5,16.

6 Cf Gv 13,15.

7 Scolastica (480ca.-547), sorella di S. Benedetto, si dedicò alla vita monastica a Cassino.

8 Benedetto da Norcia (480-547), fondatore del monachesimo occidentale (Montecassino).

9 Cf Breviarium Romanum , Memoria di S. Scolastica, 10 febbraio, dai Dialoghi di S. Gregorio Magno, papa, II Nocturno, Lectio V.

10 Cf Is 52,7; Beatitudini delle propagandiste , cf CVV 118.

11 Cf At 1,8: «E mi sarete testimoni».

12 Cf Gv 4,38.

1 Cf Eb 11,6b.

2 Cf Eb 11,6a.

3 Dal Rituale della Pia Società Figlie di San Paolo , per la professione religiosa; cf Mt 19,29.

4 Nella mitologia greca si legge che Mida, re di Frigia, aveva chiesto agli dei di trasformare in oro tutto ciò che toccava e, per non morire di fame, chiese di ritornare normale.

5 Cf Fil 1,23: «Desidero di essere sciolto dal corpo per essere con Cristo».

6 Cf Sal 142,8; Breviarium Romanum, 4 ottobre, II Nocturno, Lectio VI.