Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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18. I NOVISSIMI1



Nella formazione dei religiosi e delle religiose dare un’importanza di primo piano alle meditazioni sui novissimi: «In omnibus operibus tuis memorare novissima tua et in aeternum non peccabis»2. Ciò vuol dire che nel corso dell’anno molte meditazioni, a costo di ripeterle per cinquanta anni, [dovrebbero considerare] il senso della nostra vita, la morte, giudizio particolare, paradiso, purgatorio, inferno, la risurrezione finale, il giudizio universale, l’eternità, la misericordia e insieme la giustizia di Dio. Vi sono persone oggi che vorrebbero sempre solo parlare di misericordia, di consolazioni spirituali, di conoscenza delle verità teologiche che ci portano a confidare in Dio. La confidenza in Dio deve prevalere, ma dobbiamo tener presente ciò che dice la Chiesa: «Timorem pariter et amorem: Signore, da’ a noi il santo timor di Dio e il santo amor di Dio»3, insieme, perché alle volte ci sostiene di più il pensiero del Signore che ci ama, che è misericordioso, e alle volte dobbiamo sentire il timor di Dio, cioè essere aiutati di più dal pensiero dei novissimi, dal pensiero che il peccato è rovina […]4, ci priva delle grazie, ci fa perdere i meriti, quindi un santo timore filiale. Queste verità eterne formano il fondamento del timor di Dio.
La casa si sostiene e può reggere molti piani quando ha un fondamento veramente solido. Ora, il fondamento più solido [della vita spirituale] è questo: la considerazione dei novissimi che, in altre parole, si potrebbe dire la considerazione del
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fine per cui siamo creati: «Ad quid venisti?»5, e implicitamente comprende sempre, oltre la considerazione del fine, anche dei mezzi per raggiungerlo. E quando mancano queste verità fondamentali, le persone divengono deboli, hanno più sentimentalità che sodezza, e allora occorre che noi procuriamo loro la fortezza, perché nella vita ci si trova tante volte nella necessità di esercitarla [...], per vincere noi stessi, e fortezza per resistere al male, per fare il bene, e molto bene.

La fortezza da una parte è un dono dello Spirito Santo e d’altra parte è una virtù cardinale. La fortezza si va acquistando particolarmente con la considerazione dei novissimi e, si capisce, domandandola al Signore con la preghiera.
E fra i novissimi ricordiamo stamattina la risurrezione e il giudizio universale. Verrà la fine del mondo. Di questo giorno, della fine del mondo, nulla si è potuto dire: «Non est vestrum nosse tempora vel momenta quae Pater posuit in sua potestate»6. Questa è una curiosità inutile che viene o presto

o tardi, che viene in questa maniera o in un’altra, ma viene. «Expectantes beatam spem et adventum Domini nostri Iesu Christi»7: così viviamo! Oh, la risurrezione! «Tutti risorgeremo: Omnes quidem resurgemus»8, ma non tutti nello stesso modo. Le primizie dei risorti sono Gesù Cristo e Maria, e già i loro corpi sono glorificati in cielo: il corpo di Maria veneratissimo, il corpo di Gesù risorto [...].

La morte cos’è? Separazione dell’anima dal corpo, per cui dopo non vi è più l’uomo, ma vi è da una parte l’anima e dall’altra il corpo; però l’anima ha la certezza naturale di riunirsi al corpo perché il corpo è fatto per unirsi all’anima; e solo allora sarà compiuta la vittoria di Gesù Cristo sul corpo. Nostro Signor Gesù Cristo è venuto a redimerci dal peccato e dalle conseguenze del peccato. Nel dare il castigo del peccato Dio ha detto: «Morirete»9. [Sappiamo che] per Gesù Cristo risorgeremo.
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Ecco, la redenzione è compiuta [...]. I buoni risorgeranno con corpo splendente, impassibile, spirituale, glorioso, che avrà in sostanza le qualità del corpo glorioso di Gesù. Corpo segnato [...] dagli atti di virtù esercitati. Quanto saranno splendenti le piaghe delle mani del divin Salvatore, piaghe che ci hanno salvato dal peccato! Così saranno glorificati quei piedi che hanno dato tanti passi nella propaganda: «Beati pedes evangelizantium pacem, evangelizantium bona»10. E quanto sarà splendente il corpo di Maria santissima e di S. Giuseppe! ... E i cattivi risorgeranno con un corpo deforme. Risorgerà anche il malvagio, ma [...] [il suo corpo] risorgerà per soffrire, per essere compagno dell’anima nella perdizione: «perditionem …». Non potrà morire, ma dovrà sempre soffrire pur invocando la fine, la morte; sarà segnato da tutti i peccati, dai disordini compiuti […]11.

Ecco ciò che noi dobbiamo proporre: Io vorrò negare al mio corpo tutto quello che è peccato e che lo porterebbe a un eterno dolore. Voglio chiedere al mio corpo i sacrifici e le mortificazioni necessarie per procurargli un eterno godere. Ecco ciò a cui dobbiamo mirare! Il bene costa sempre; il corpo tante volte pensa a evitare la fatica, ma questa tendenza, se è disordinata, occorre mortificarla: [mortificare] gli occhi e la vista, e il tatto, e l’udito [...]. Amare davvero il corpo! Dopo la risurrezione, tutta l’umanità si raccoglierà per sentire da Gesù Cristo, giudice dei vivi e dei morti, la sentenza finale.
Tutta l’umanità si raccoglierà al suo <cospetto>, ma per sempre [...] saranno divisi <i buoni dai cattivi>. I buoni saranno alla destra con [...] i patriarchi, i profeti, gli apostoli, i martiri, i confessori, i vergini, i santi. E gli altri? Tutti quelli che avranno peccato saranno confinati alla sinistra [...]. Vi sarà la manifestazione delle coscienze, cioè verrà manifestato tutto il bene fatto da ognuno e così tutto il male. Niente sarà confuso. Si vedrà con quanta bontà il Signore ha procurato ad ognuno i mezzi per la salvezza. Allora «vedrete il Figlio dell’uomo
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venire sulle nubi a giudicare il mondo»12. Il male sarà condannato: saranno giudicati quei giudici che hanno condannato Gesù, e saranno glorificati i buoni che hanno compiuto tanti atti di virtù, atti interiori di fede, di speranza, di carità, di bontà, il lavoro spirituale: tutto sarà manifestato, tutto. Come non vi sono tenebre che coprano il male, così non vi è anima tanto umile che riesca a tener nascosto per sempre il bene: tutto verrà manifestato. Tutto sarà pubblicato, anche i sentimenti interni, i pensieri buoni. Ognuno pensi sempre: Non potrò nascondere nulla. Diceva già uno [scrittore] pagano che i delitti possono essere nascosti, ma mai essere messi al sicuro, perché la giustizia può tardare, ma un giorno la giustizia sarà fatta ai buoni che tanto hanno penato e magari sono stati contraddetti.

In varie nazioni ora ci sono in carcere cardinali, vescovi, sacerdoti, suore, perché hanno l’unica colpa di essere fedeli a Dio e ai loro doveri. Ma i persecutori opprimeranno sempre i buoni? E i nemici che hanno condannato Gesù Cristo avranno una vittoria eterna? [...]. Le ipocrisie nel mondo sono tante e qualcuno può anche mettersi la maschera, ma la maschera un giorno verrà tolta e tolta da Dio stesso. Quanta umiliazione riceviamo da queste considerazioni, ma verrà la sentenza [...], anzi la sentenza è già pronunciata nel giudizio: «Andate lontani da me, perché avevo fame e non mi avete dato da mangiare, avevo sete e non mi avete dato da bere, ero infermo e non mi avete visitato... E ogni volta che non l’avete fatto al fratello, non lo avete fatto a me». Dunque, andate all’inferno: «Et ibunt in ignem aeternum: andranno nel fuoco eterno». Ed è pure pronunciata la sentenza per i buoni: «Venite, benedetti dal Padre mio, perché avevo fame e mi avete dato da mangiare, avevo sete e mi avete dato da bere, ero in carcere e mi avete visitato, mi avete soccorso, ecc. Ogni volta che avete fatto questo al fratello, lo avete fatto a me. Venite dunque, o benedetti. Justi autem ad vitam aeternam: E i giusti andranno alla vita eterna»13. Il giudizio universale sarà fatto con l’unico criterio della carità, perché le opere di carità hanno somma importanza, e in realtà
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la carità è la virtù che rimane in eterno. L’educazione che date, l’assistenza, la correzione, il dar da mangiare, il dar da bere, il vestire, e il reclutare le vocazioni [...] è un complesso di opere di carità, è una grande opera di carità. Anche l’apostolato, espressione dell’amore alle anime che dà forza nella propaganda, è tutto un’opera di carità, tutto dimostra carità, perché l’apostolato è un lavoro per la salvezza delle anime. Allora, se la vita paolina è spesa in carità, è una vita che ha [come conclusione il paradiso] [...]. Stare liete in questa speranza: «Expectantes beatam spem et adventum Domini nostri Jesu Christi». Il Signore verrà [...], e abbiamo da attenderlo con fiducia. Quindi, non solo confessione [...], ma conversione, o cambiamento di vita. Vi sono colpe che sono da detestare [...] ecco, detestare ampiamente tutto ciò che [è male]. [...] Pensiamo spesso alla risurrezione, al giudizio universale, alla separazione dei buoni dai cattivi, alla manifestazione delle coscienze.
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1 Meditazione tenuta in Brasile il [20].11.1955 durante un corso di Esercizi spirituali. Trascrizione da registrazione su nastro magnetico: A6/an 18a ac 31b. La registrazione è molto disturbata per cui la trascrizione presenta varie lacune e parole incomprensibili. Queste nel testo sono state segnalate con il segno […], senza fare alcun richiamo nelle note.

2 Cf Sir 7,40: «In tutte le tue opere ricordati della tua fine e non cadrai mai nel peccato».

3 Oremus del Pontificale romano.

4 Originale: col pensiero che ci… di Dio.

5 Cf Med. varie, n. 15, nota 2.

6 Cf At 1,7: «Non spetta a voi conoscere i tempi e i momenti che il Padre ha riservato alla sua scelta».

7 Cf Tt 2,13: «Nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e Salvatore».

8 Cf 1Cor 15,51.

9 Cf Gen 3,3.

10 Cf Rm 10,15: «Quanto sono belli i piedi di coloro che recano un lieto annunzio di bene».

11 Originale: E allora parlerà a se stessa.

12 Cf Mt 26,64.

13 Cf Mt 25,34-46.