Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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3. SULLA BONTÀ1



I. [Che cosa è la bontà]


Questa sera abbiamo da chiedere a Gesù Maestro la graziadella bontà: essere buone! È l’anno che consacriamo a Gesù Maestro. Stamane noi sacerdoti meditavamo la frase di Isaia che dice a riguardo di Gesù: «Egli non farà strepito, non griderà nelle piazze, non romperà la canna incrinata, non estinguerà il lucignolo fumigante»2; cioè quando in un’anima vi è qualcosa di bene, anche solo una scintilla, bisogna cercare di ravvivarla e non estinguerla. Ecco la bontà, bontà che deve servire a stabilire l’unità, l’unione nella Congregazione. La base dell’unità sta nei medesimi pensieri, nei medesimi sentimenti, ma quello che rende l’unione operante è la bontà. Che cosa significa essere buoni? Vuol dire pensare sempre in bene, desiderare profondamente il bene a tutti, mostrarsi premurose con tutte, condiscendenti con tutte, fin dove è possibile.
La bontà è la virtù del Maestro divino, e se quest’anno riusciamo ad imparare questa bontà da Gesù, avremo santificato l’anno. Le Figlie di San Paolo si distinguono all’esterno dall’abito, dalla divisa, e internamente dovrebbero distinguersi dalla bontà, dalla carità, perché hanno la divozione a Gesù Maestro e alla Madonna, e sono servizievoli, sempre raccolte in Dio, operanti secondo il suo precetto: «Vi riconosceranno per miei discepoli se avrete la bontà, la carità»3. Mostriamoci anche in ciò Figlie di San Paolo che è il cantore della carità.
Considerare come penitenza di Quaresima la bontà, perché tutto il giorno dobbiamo mostrarci buone, anche quando abbiamo qualche disgusto, qualcosa che ci travaglia. La bontà è da usarsi specialmente quando nascono sentimenti interiori di invidia, quando c’è diversità di carattere, ecc. Ciò che impedisce
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la bontà è solo l’amor proprio. Perché sei brutta oggi? Per l’amor proprio vivo e operante in te. Quando il cuore è già pieno di noi, non entra più la grazia di Dio e, se si va alla Comunione, Gesù non mette più la sua grazia: non ci sta più niente nella bottiglia quando è piena.

Quante persone perdono innumerevoli meriti per mancanza di bontà, [come] quando in un medesimo reparto una non vuole sottostare all’altra. La bontà non è solo un modo di parlare, un complesso di gentilezze, essa è il fiore della carità e suppone molta virtù. La bontà è umiltà di cuore: «Mettiti all’ultimo posto»4 e considera in tutte la bontà di Gesù, la sua immagine. Gesù non ha cessato d’essere buono quand’era sulla croce e pregava per i suoi crocifissori. Non si è buone se non si è umili. Se due pietre ugualmente dure si battono assieme, fanno scintille. Chi tratta bene la sorella tratta bene Gesù. Leggere nelle Costituzioni gli articoli riguardanti l’umiltà e la carità5.
S. Marcellina6, sorella di S. Ambrogio, diceva al fratello: In città tutti si lamentano perché sei troppo buono, ti commuovi davanti a ognuno che ti prega, perdoni sempre. E S. Ambrogio: Dirai loro che mi sforzo di esserlo, che desidero diventare buono come Gesù e che preghino perché lo diventi davvero.
Quando non ci danno ragione, per il nostro meglio, e noi ci offendiamo, abbiamo bontà? La bontà nasce dallo spirito di fede verso le sorelle, anche quando vogliono cose che non sembrano ragionevoli; scusare sempre finché è possibile. Quelle che zappano, su questo punto, ne sanno più di quelle che hanno studiato l’alta teologia: «Surgunt indocti et rapiunt regnum Dei, diceva S. Agostino, nos autem cum nostris litteris in profundum demergimur»7. La bontà nasce dalla mente, dalla stima delle sorelle, dal rispetto verso di loro. Ma quella ha un certo carattere... Ma se siamo buone solo con chi è buono, che merito ci facciamo? Anche i pagani, quando si tratta di fare i
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propri interessi, sono buoni con gli altri. I farisei erano diligentissimi nell’osservanza esterna, eppure non erano buoni e non furono approvati da Gesù che anzi disse: «Nisi abundaverit justitia plus quam scribarum et phariseorum, non intrabitis in regnum coelorum»8. Che merito c’è obbedire a superiori miti che non alzano mai la voce e insinuano il comando più che ordinarlo con parole forti? Che merito a usare bontà con chi l’usa con noi?

Occorre dire che in comunità si sopportano molte cose, ma non si possono sopportare mancanze di carità. Esigere con bontà, la bontà, insegnare la bontà, educare alla bontà, non tollerare mancanze al riguardo.
La bontà è cosa interna, la radice della bontà è nella mente. Vi sono persone che pensano sempre bene, e si comprende anche dai loro discorsi. Se si giudica male, se si fanno sospetti e si trovano facilmente accuse, è giudicare secondo bontà? Il frutto poi si manifesta nelle opere, nelle parole. Pensare secondo bontà, e che le sorelle sono più buone di quello che pensiamo; [infatti] sostanzialmente sono tutte buone le persone che si consacrano a Dio e osservano i voti: «Chi sei tu che giudichi? Chi ti ha dato tale autorità?»9… «Non giudicate e non sarete giudicate; secondo la misura con la quale misuriamo ci sarà rimisurato»10. È difficile che chi usa carità faccia purgatorio. Se noi religiosi credessimo davvero al Vangelo in tutti i suoi versetti, anche ai più duri, allora gli altri crederebbero a noi, alle parole buone che diciamo.
Una grande missione ha questa casa11. Se ci sarà profonda bontà, quanto bene potrete spargere nel mondo! Bontà che porta ottimismo e rende capaci delle migliori effusioni della grazia dello Spirito Santo. Quanto si aspetta Gesù da questa casa! Tutte in Gesù qui nel tabernacolo. Come vi ama il Signore! E noi lo amiamo? Ci amiamo? «Sicut ego dilexi vos,
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diligite alterutrum»12, ecco la misura del nostro amore: amarci come ci ha amate Gesù, senza misura. Abolire le amicizie particolari, gli egoismi, le asprezze, le difficoltà di carattere, i campanilismi. «Che solo viva e regni in noi la carità: Sola regnet caritas»13. Che ognuna si studi di avere la bontà. Domandatela per me, io la domando per voi e vi supplico di fare bene l’esame di coscienza sopra la bontà, prima di pensiero, dell’interno, poi dell’esterno. Ognuna pensi in che cosa può essere più buona.


II. [Esercizio della bontà nell’apostolato]


Il Signore è bontà e quando pensiamo di rassomigliare a lui, dobbiamo desiderare di imitarlo nella sua bontà. [Il Padre] ci ha dato il suo Unigenito e lo Spirito Santo che infonde la sua grazia nei nostri cuori, perché ci ama, ci vuole bene, ci considera suoi figli, suoi amici. Dunque, bontà di cuore! C’è questa bontà quando siamo umili di cuore, quando c’è la mitezza, la pietà, quando desideriamo, come il cuore di Gesù, il bene di tutti: «Amerai il prossimo tuo come te stesso»14; [quindi,] più umili, caritatevoli, generosi, desiderare la santità di tutti, pregare per tutti. Nel Padre nostro preghiamo al plurale: chiediamo per noi e per tutti il pane quotidiano, il perdono dei peccati, di schivare l’inferno e il purgatorio, di non incontrare tentazioni. Tutte le preghiere della Chiesa sono al plurale: …. ora pro nobis , non pro me , libera nos, non libera me, fateci santi , non fammi santo. Amarci vicendevolmente come ognuno di noi ama se stesso. Siamo infatti membra della Chiesa, concittadini del paradiso, congregati paolini. Amarci come ognuno ama se stesso! Com’è bello questo! Siamo tutti figli di Dio, fratelli di Gesù Cristo, figli di S. Paolo. Avere cuore buono. Quella suora aveva dei difetti, ma quanto era buona! E tutti avevano da far
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risaltare qualche aspetto della sua bontà. La bontà esterna è frutto del pensare bene e del desiderare il bene.

Gesù ha istituito l’Eucaristia sotto forma di pane e di vino. Ora il pane è formato da molti chicchi di grano, e il vino da molti acini di uva. Pregare gli uni per gli altri. Le Figlie di San Paolo desiderano15 di possedere il cuore di S. Paolo: egli avrebbe voluto portare la sua parola a tutti, aveva un cuore dilatato, amava tutte le nazioni.
Amare anche noi i due miliardi e mezzo di uomini che sono sulla terra. Pregare per tutti, per le anime del purgatorio, per la pace delle nazioni, per la Congregazione. Che il Signore ci faccia trovare le vie per portare più facilmente la Parola della salvezza. Le nostre case devono essere case della carità. Portare la carità dove c’è l’odio, moralità dove c’è il disordine morale. Chi non ha la bontà non arriva a tante cose, ha un cuore gretto, fatto alla Caino, pieno d’egoismo.
Tra gli Apostoli, prima della Pentecoste, c’erano invidie, grettezze. Oh, com’è facile che entrino in comunità le invidie, le gelosie, le simpatie! Guai alle amicizie particolari, peste della comunità, vere nemiche della carità. Vi sono preferenze da usarsi in questo senso: se una ha delle capacità bisogna darle modo di esplicarle. Non solo elogiare, ma trattar bene con le parole, saper portare una parola di conforto quando ce n’è bisogno, fare i porta-pace come quel ragazzino in una scuola: erano dodici e lui li teneva tutti uniti, sapeva smussare gli angoli e portare letizia; vivevano in un modo che dava consolazione.
Usare bene la lingua. Certe frasi, certe satire, certe critiche, rivelazioni di segreti, ecc., mai siano fra noi; certe intemperanze di parole o musi lunghi fanno male. Chi è malato faccia il bene che può, da malato. Certe volte è niente dare una mano, ma è il senso di affetto che si mostra che ha valore. Far del bene a tutti: con il sorriso, con il tacere una pena che si ha dentro, con l’insegnare a chi chiede consiglio per riuscire bene in un dato lavoro. In comunità si può fare tanto bene. Se sarete buone, quante grazie di più potete ottenere per questa casa. Il bene non fa rumore e il rumore non fa quasi mai il bene. Siete
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quasi nascoste come le viole nella siepe, che solo si fanno notare dal profumo che emanano: «Bonus odor Christi»16. Non cose grandi, ma continue. Profumo di viole, di pietà, di umiltà, di pace, di serenità. Mettendo insieme tutte le forze, quanto maggior progresso!

Apostolato fatto in bontà, che sia proprio un servizio alle anime: «Omnibus debitor sum, diceva S. Paolo, siamo debitori a tutti»17, a chi paga l’abbonamento, a chi ci ha affidati al Signore. Il Signore è stato buono con noi. Un sacerdote anziano diceva: Com’è stato buono con me il Signore, se fossi rimasto a casa sarei stato un contadinello e invece... Che cosa potete dire voi? I dottori in teologia sono chiamati servitori della verità, e noi siamo lo stesso. Dio sia benedetto! «Andate, insegnate, fatevi discepoli tutti i popoli»18. Siamo chiamate a servire le anime: specialmente i fanciulli, le donne, che sono più [numerose] degli uomini e aspettano da noi il bene. Quanto bene hanno fatto S. Teresa19, S. Caterina20 con i loro scritti. È tempo che la Chiesa abbia nel devoto sesso, gente che adoperi la penna, la pellicola, il pennello a pro delle anime. Muoverci! Comprendere, apprezzare di più il nostro apostolato. Non è entrata abbastanza in tutti i cuori la stima dell’apostolato che il Signore ci ha affidato. Vi sono altre iniziative che aspettano. Muoverci, dopo esserci consultate con il Signore, dopo che ci sentiremo di essere come la sua bocca che parla.
Vi è un terzo apostolato che appena sfioriamo. In questi giorni il Papa ha formato l’alta Commissione per il cinema, la radio, la televisione con lo scopo di dare l’indirizzo giusto, di unire e potenziare tutte le forze finora divise e sparse in questi settori21. Noi, che abbiamo questo specifico fine, pregare intanto
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secondo le intenzioni e i fini del Papa. Vi sono nel mondo ventimila sale di proiezione. Ogni anno escono tremila pellicole e di queste, duemila sono escluse; cinquecento sono per adulti con riserva e solo cinquecento sono visibili per tutti. Fra le pellicole più cattive il maggior numero è dato dalle nazioni cattoliche. Vi sono nel mondo cinquecento emittenti radio; di queste, ottanta su cento non hanno rispetto per gli ascoltatori. Possibile che tutti i mezzi del progresso debbano essere utilizzati per il male?

Pregare perché siamo deboli di fronte agli avversari. Ma se c’è Dio con noi, vinceremo come Davide vinse [Golia] con un semplice sasso e la fionda. Sono problemi ardui e difficili questi. Pensiamo che ogni minuto milioni di anime sono in pericolo; certi spettacoli sono dati solo per far denaro. Pregare perché chi fa l’apostolato sia puro, innocente, guardi solo Dio. Parlare a Gesù di questi suoi interessi, raccomandare questi bisogni nelle adorazioni. Aver compassione di tanta gente: migliaia e milioni di anime vengono scandalizzate da spettacoli immorali. Intendercela con Gesù per mezzo di Maria. Forse che la redenzione sia inutile per tante anime? Che il sangue di Gesù sia stato sparso invano?
In Quaresima non digiuni, ma bontà, la bontà di Gesù; tutte le mortificazioni che richiede la pratica della bontà.
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1 Ritiro, tenuto a [Grottaferrata], nel pomeriggio del 2.3.1955. Due meditazioni, in dattiloscritto, carta vergata, fogli 8 (21x29,5).

2 Cf Is 42,3.

3 Cf Gv 8,31.

4 Cf Lc 14,10.

5 Cf Costituzioni della Pia Società Figlie di San Paolo, ed. 1953, artt. 169-175.

6 Marcellina (c. 327-397) sorella maggiore di S. Ambrogio, vergine consacrata.

7 Cf Le confessioni , VIII, 8: «Sorgono gli ignoranti e rapiscono il cielo e noi con il nostro sapere…, ecco dove ruzzoliamo…».

8 Cf Mt 5,20: «Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei fari-sei, non entrerete nel regno dei cieli».

9 Cf Rm 14,10.

10 Cf Lc 6,37-38.

11 La casa di Grottaferrata, acquistata nell’ottobre 1943, perché fosse la casa delle scrittrici, dopo essere stata luogo di convalescenza, noviziato, studentato, nel 1952 fu destinata alla redazione del settore catechistico.

12 Cf Gv 13,34: «Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri».

13 «Sola regni la carità». Cf Breviarium Romanum , Conversione di S. Paolo apostolo, 25 gennaio. Versetto dell’inno dei primi Vespri.

14 Cf Mt 22,39.

15 Originale: Hanno la prerogativa.

16 Cf 2Cor 2,15: «Il profumo di Cristo».

17 Cf Rm 1,14.

18 Cf Mt 28,19.

19 S. Teresa d’Avila (1515-1582), monaca carmelitana, maestra di vita spirituale. Tra i suoi scritti ricordiamo Il Libro della mia vita, Castello interiore, Cammino di perfezione, Fondazioni. Fu dichiarata Dottore della Chiesa nel 1970.

20 S. Caterina da Siena (1347-1380), terziaria domenicana. Operò per il ritorno del Papa da Avignone a Roma. La sua dottrina mistica è espressa nelle oltre trecento lettere e specialmente nel Dialogo sulla divina provvidenza. Fu dichiarata Dottore della Chiesa nel 1970.

21 Cf Med. varie, n. 2, nota 10.