Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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19. IL VOTO DI OBBEDIENZA1



Questa mattina chiediamo al Maestro divino la grazia di osservare costantemente i voti, e in modo speciale quello di obbedienza. Il voto di obbedienza è fra i tre voti il più eccellente perché con l’obbedienza diamo a Dio la nostra volontà, ciò che è più prezioso, con la povertà diamo a Dio i beni esterni e con la castità diamo a Dio il nostro corpo. L’obbedienza! Che cosa significa? Obbedienza è la disposizione interna di fare sempre e costantemente il volere di Dio. Il volere di Dio si manifesta nei comandamenti, si manifesta poi con le disposizioni che vengono date in comunità, in religione, e anche attraverso le cose esterne che Dio permette o dispone.
Primo, i comandamenti. E nei [comandamenti] particolarmente occorre dire che l’obbedienza obbliga e obbliga strettamente: la preghiera, l’osservanza dei voti, la sottomissione ai superiori, la carità, ecc. Quindi le disposizioni che vengono date per mezzo dei superiori; perciò è detto nelle Costituzioni che ogni suora sia sempre pronta ad accettare ciò che viene assegnato, sebbene, qualche volta, si possa notificare a chi dispone qualche difficoltà che forse non è conosciuta, tuttavia bisogna sempre essere disposti poi ad accettare quando la disposizione è confermata2. Certamente in tutte le disposizioni troviamo qualche difficoltà; se non ci fossero difficoltà non ci sarebbe neanche la virtù perché la virtù indica appunto forza, mortificazione. Per fare solamente quel che piace a noi…, non ci si fanno meriti. Quindi, ancorché vi siano difficoltà, sottomettendoci a quanto è disposto, noi imitiamo Gesù, imitiamo la santissima Vergine, imitiamo S. Giuseppe, imitiamo S. Paolo. Inoltre molte cose sono disposte o permesse da Dio. Se vi è qualche malattia, ad esempio, questa è permessa da Dio e noi
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dobbiamo piegare la nostra volontà al volere di Dio; possono ancora venire delle contrarietà, possiamo incontrare degli stati d’animo un po’ difficili, tuttavia piegandoci al volere di Dio noi guadagniamo innumerevoli meriti: non solo quindi adattarsi propriamente agli orari e agli uffici, ma anche a tutto quello che viene da Dio permesso o disposto.

L’obbedienza è la più grande sorgente di meriti per la religiosa, perché tutta la giornata resta uniformata al volere di Dio, e qui sta la perfezione: fare ogni momento il volere di Dio; dire continuamente: Sia fatta la volontà di Dio; essere sempre pronti al sì: «Ecco l’ancella del Signore, sia fatto secondo la tua parola»3. Questa disposizione interiore, continua, di uniformità al volere di Dio cambia la vita in una strada e in una continuità di meriti. E se la vita diviene una continuità di meriti, alla fine si raccoglierà quello che si è preparato. Che cosa ci potrebbe essere di più perfetto che il volere santo di Dio? Noi possiamo avere mille difficoltà, sì, per adattarci al volere di Dio, ma queste sono appunto quelle che dimostrano il nostro vero amore a Dio, superandole e accettando ugualmente il volere di Dio, nonostante che noi vorremmo le cose diverse. Allora la via dell’obbedienza è la via sicurissima della santificazione.
Secondo, la via dell’obbedienza è quella che ci porta a vivere secondo Gesù, secondo il Maestro divino: «Erat subditus illis»4. Gesù era Dio e uomo, quindi sapeva molto più di quanto potesse sapere Maria pur [essendo] santissima, di quanto potesse sapere Giuseppe pur santo, e tuttavia «subditus illis», era soggetto a Maria e a Giuseppe. Con queste parole si riassume la vita privata di Gesù: «Erat subditus illis».
D’altra parte, anche nella vita pubblica, Gesù sempre faceva quello che voleva il Padre celeste: «Quae placita sunt ei facio semper: Faccio sempre quello che piace al Padre celeste»5. Quale invito per tutti noi: fare sempre ciò che piace a Dio. Allora un’anima che fa sempre quello che piace a Dio
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ha innumerevoli grazie, innumerevoli meriti. Anche quando si avvicinava il momento della passione, quale fu il sentire di Gesù? Gesù dice al Padre celeste: «Non come piace a me, ma come piace a te: Non sicut ego volo sed sicut tu»6. «Fiat voluntas tua»7! Quante volte i nostri modi di vedere, le nostre tendenze sono contrarie ai voleri di Dio! Ma: «Non sicut ego volo sed sicut tu: Non come voglio io ma come vuoi tu, o Padre celeste». Dobbiamo domandare al Signore questa grazia costantemente: «Sia fatta la tua volontà come in cielo e così in terra». Ecco, come Gesù ha fatto la volontà del Padre celeste. Vi è forse qualche santo che ha fatto la propria volontà per arrivare alla santità? No, ma il volere di Dio. Quanto più entra la nostra scelta, l’elezione nostra, tanto diminuisce il merito, fosse pure che scegliessimo mortificazioni grosse. Il volere di Dio ben compiuto ci santifica molto più di una cosa anche penosa, ma di nostra volontà. Ecco, sempre il santo volere di Dio! E la domanda al Signore più costante, più frequente dovrebbe essere proprio questa: Sia fatta la volontà di Dio. Signore, che io faccia sempre il tuo santo volere.

Il Signore ci esaudisce quando noi chiediamo di fare la sua volontà, non quando chiediamo di fare la nostra volontà o che le cose succedano come vogliamo noi. No! Il Signore dovrebbe esaudirci, quando abbiamo dei capricci, oppure vogliamo cose che sono contrarie a lui? Ma a noi parrebbe [bene] così, a noi piacerebbe così. Chiediamo [invece] che sia fatta la volontà di Dio, chiediamo di avere la grazia di compiere la volontà di Dio. Sono queste le preghiere che il Signore esaudisce: non quello che vogliamo noi, ma «sicut tu: come vuoi tu». Ecco! Come si ha da fare l’obbedienza? Con la mente: capire bene il comando, la disposizione; capire perché il Signore permette questo o quello; e se non lo capiamo bisogna che lo facciamo lo stesso e diciamo: Se lo permette il Padre celeste, se lo vuole lui, è segno che è meglio e io facendolo guadagno un grande merito. Che arriviamo a capire fino lì, almeno: capire che il volere di Dio è il meglio. La religiosa non ha da scegliersi il
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bene da fare, perché è già designato nelle Costituzioni oppure, caso per caso, da chi guida la comunità. La religiosa non ha da scegliere il bene da fare, ha da accettare il bene che è stabilito, che è comandato, che è disposto. Quante volte si confondono le cose! Notare particolarmente che se la novizia non arriva a comprendere questo punto, non è in grado di fare i voti, cioè non è meglio il bene che io giudico migliore, ma quello che è disposto diviene il migliore, il maggior bene. Capire con la mente, metterci tutta la nostra intelligenza per eseguire le cose come sono state disposte. Poi amare la volontà di Dio, qualche volta anche con le lacrime agli occhi, ma [basta che] il cuore e la volontà siano con Dio, perché il senso non sempre segue l’intelligenza.

Oltre l’intelligenza e il cuore, [nell’obbedienza] metterci le forze: Sì, voglio compiere esattamente quello che è stato disposto. Se ci è assegnato un ufficio, cercare di compierlo il meglio possibile, se c’è da adoperare una macchina in tipografia…, se hai da fare la cucina, se hai da insegnare nella scuola, se hai da studiare e stare attento alle lezioni, se hai da pregare: in quello che è disposto mettere le forze, impegnarsi. Impegnarsi, perché ciò che è stato disposto sia eseguito nel miglior modo. Gesù pure fu obbediente, fino alla morte, anche ai carnefici che gli ordinarono di stendersi sulla croce: «Factus oboediens usque ad mortem, mortem autem crucis: Ed essendo stato obbediente, fu esaltato sopra tutte le creature»8. Quando noi siamo obbedienti possiamo avere fiducia che saremo esaltati nella gloria celeste.
Sottomettersi, qui è l’umiltà: «Chi si umilia sarà esaltato»9. L’umiltà! chi si umilia sarà esaltato e chi si esalta, e invece crede di fare da sé o come pensa o come crede meglio, sarà umiliato, perde i meriti e quel grado di gloria in cielo, che avrebbe potuto raggiungere.
Chiediamo che nella comunità regni sempre l’obbedienza, perché nell’obbedienza è la forza dell’Istituto. Essere tutte unite per conseguire veramente il fine della Congregazione, cioè
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la santificazione propria e l’apostolato. L’obbedienza rende la Congregazione robusta, forte e assicura i frutti per le anime e i frutti dell’apostolato. Non cessiamo mai di insistere su questo punto [cominciando] dalle aspiranti, perché non è facile arrivare a capire come l’obbedienza si debba compiere in comunità. Il valore dell’obbedienza è che la forza della Congregazione sta proprio nella sottomissione e nell’uniformità a quanto viene disposto: l’obbedienza alle Costituzioni, l’obbedienza alle disposizioni date e l’abbandono nel volere santo di Dio per tutto quello che al Signore piacerà di disporre a nostro riguardo.
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1 Meditazione tenuta a San Paolo (Brasile) durante gli Esercizi spirituali il 23.11.1955. Trascrizione da registrazione su nastro magnetico: A6/an 18a ac 32a.

2 Cf Costituzioni della Pia Società Figlie di San Paolo, ed. 1953, art. 135.

3 Cf Lc 1,38.

4 Cf Lc 2,51: «Stava loro sottomesso».

5 Cf Gv 8,29.

6 Cf Mt 26,39.

7 Cf Mt 6,10.

8 Cf Fil 2,8-9.

9 Cf Lc 14,11.