Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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Tutte le nostre forze a Dio! Siete Figlie di San Paolo. Chi ha lavorato più di lui? Ha lavorato intensamente, più di tutti gli Apostoli. E quel suo «laboravi»6, ha due significati: faticare e soffrire. E si paragonava con gli altri Apostoli. Qualcuno potrebbe dire: Ma lo diceva per vanagloria. Gli Apostoli però hanno detto tante cose che li riguardavano, ma per dovere di coscienza. Come il prete deve dire: Non fare così, ma fa’ così… e ascoltami perché ti parlo a nome di Gesù Cristo, a nome di Dio…, come Giovanni che riferisce che gli fu affidata la Madre di Gesù, non è vanagloria, ma è disposizione di Dio che si debbano dire certe cose. A un certo punto la superiora deve dire: Mi hanno messa in questo ufficio e devo compierlo. Devo far valere il diritto e il dovere che ho di disporre le cose.È obbligo di coscienza.
Adesso non vorrei che nessuna se la prendesse a male di queste cose che ho detto. Sentite, noi vi portiamo nel cuore, nelle intenzioni delle preghiere. Per parte mia io metto tutte le vostre necessità e desideri nel calice, ma arrivate a questa ambizione: essere veramente paoline! Quanti meriti avete già per ciò che avete fatto non solo negli Stati Uniti, ma anche per gli aiuti che avete dato alla Casa Generalizia e a case di altre nazioni! Fare tutto per il Signore, secondo le possibilità, sempre avanti. E se voi avete contribuito così a costruire [il santuario] della Regina degli Apostoli, lei vi manderà le vocazioni. E se voi vi sforzate a fare una casa bella7, il Signore poi vi manderà i passerotti. Il Signore, quando noi siamo buoni, non manda una cosa sola, manda la casa e intanto prepara gli abitanti, noi diciamo: i passerotti al nido.


III
LA NOSTRA VOCAZIONE



Deo gratias! Abbiamo da ringraziare il Signore per innumerevoli cose, tra le quali vi è questo soggiorno della Prima Maestra fra voi. Nella Prima Maestra voi vedete l’Italia, la Congregazione che è rappresentata con i suoi
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princìpi di vita religiosa, con i suoi ideali, con il suo apostolato, e soprattutto con l’impegno di praticare il primo articolo delle Costituzioni: attendere a procurare la gloria di Dio, attendere alla santificazione di ognuna1.
I motivi per ringraziare sono innumerevoli, ma fra questi ricordiamo i principali: Vi ringrazio di avermi creato, fatto cristiano, condotto in questa Congregazione . Dopo la grazia del Battesimo, per cui siamo diventati cristiani, la grazia della vocazione è la principale della vita, tanto più quando si tratta di una vocazione così bella, vocazione che ci fa partecipare all’ufficio stesso che ebbe Maria. Maria fu corredentrice del genere umano, cioè redense con Gesù Cristo, e per Gesù Cristo il mondo, e la vostra missione è precisamente questa: rappresentare oggi Maria innanzi agli uomini. E come è rappresentata Maria innanzi agli uomini oggi? La nostra statua, la nostra immagine di Maria rappresenta appunto la Vergine benedetta nell’ufficio, nella missione che ebbe: dare Gesù al mondo. Vedete, Maria offre il suo Gesù, il quale tiene nella sua mano il Vangelo, il rotolo del Vangelo, e con la destra indica l’atteggiamento di chi insegna, perché nella tradizione ecclesiastica dei primi secoli della Chiesa, le due dita alzate della destra indicavano non tanto la benedizione quanto l’autorità del Maestroche spiega, che presenta la sua dottrina. È l’atteggiamento del Maestro, come era presso gli antichi.
E che cosa voi dovete compiere nel mondo per rappresentare Maria, per imitare Maria? Prima [di tutto] la santità interiore e, dopo, dare Gesù al mondo per mezzo delle edizioni, cioè per mezzo dei periodici, dei libri, della radio, del cinema, della televisione. Oh, noi siamo tanto piccoli e la missione è tanto grande!
Allora, occorre che noi ci agitiamo molto? Non agitiamoci troppo, perché nessuno con il pensiero e con il desiderio può aggiungere alla sua statura neppure un millimetro. Ma ciò che abbiamo da fare in primo luogo per arrivare a compiere la missione simile a quella di Maria è la santità interiore.
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Maria non si agitava troppo, Maria entrava in sé, e nella sua preghiera, nell’adempimento della volontà di Dio in ogni istante, nella sua delicatezza di coscienza, nel suo amore a Dio, otteneva al mondo innumerevoli grazie. Infatti il primo apostolato è sempre quello della vita interiore che porta alla preghiera, che porta a dare il buon esempio e ad amare la sofferenza. Ecco, in quella sua missione di preghiera Maria fece suonare l’ora della redenzione del mondo. Mirabile vocazione! Sì, il primo lavoro è sempre quello interiore, cioè il lavoro di emendazione dei difetti, degli attaccamenti, di purificazione interna da tutto quello che è orgoglio, dalla tendenza eccessiva alla comodità, dalle cose della vita presente. D’altra parte [favorire la ] tendenza ad unirsi con Dio, con Gesù, ad unirsi sempre più con Maria, sempre meglio nell’intimità di Maria. Ecco la bella vocazione che avete! Allora per questo abbiamo da ringraziare il Signore. Qual è dunque la vostra vocazione? La vostra vocazione ha un aspetto generale e cioè la chiamata di Dio alla vita più perfetta. Il Signore sceglie fra le innumerevoli giovani, diciamo così, che vi sono nelle parrocchie, nei paesi e nelle varie nazioni, sceglie i fiori che ha creati per sé e li destina a vivere vicino a sé, cioè a vivere ritirati dal mondo e dedicati intieramente al servizio di Dio. La vocazione in generale, quindi, è una scelta che Dio fa di alcune anime predilette che chiama al suo servizio speciale, anime che egli, Dio, ha pensato, ha voluto, ha scelto da tutta l’eternità, e perciò è un atto da parte di Dio di sapienza e di amore speciale.
Questa vocazione, in generale, che cosa comprende? Comprende amare Iddio con tutta la mente, con tutto il cuore e con tutte le forze2. E sono questi tre tutto che costituiscono la verginità della mente, la verginità del cuore, la verginità del corpo, la verginità dello spirito, la verginità della volontà, la piena verginità, così che noi non mescoliamo il bene con il male, parole che vengono da Dio e parole di mormorazione, mescolanza di bene con
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il male. Il Signore chiama alcune anime ad amarlo con tutta la mente, ormai senza nessun pensiero di mondo, ma pensieri di Dio, delle cose che appartengono al servizio di Dio e alla vita nuova intrapresa, al raccoglimento della mente in Dio: scelta una strada non bisogna più studiarne un’altra. Occorre raccogliersi e vedere di seguire bene la strada scelta, percorrerla intieramente fino alla fine, perché mette capo al paradiso. Non vi conduce a una bella città, ma vi conduce alla città divina, alla celeste Gerusalemme, non a una città di questo mondo, poiché la vita religiosa termina in quella bella città del paradiso che è la vostra patria, la vostra eredità, il vostro bene. Dunque [amare] Dio con tutta la mente.
Poi con tutto il cuore. Amare solo Gesù, amare solo il paradiso, non le cose che accontentano i sensi, oppure le cose che si riferiscono e solleticano il nostro orgoglio, la nostra comodità, ecc. A Gesù tutto il cuore, tutto, senza riserva, senza riserva! Quando si è dato il cuore a Dio, non bisogna più che noi glielo togliamo di mano, è stato dato a Dio in eterno, perché la professione religiosa è appunto professione di amore a Gesù, e in questo amore si può crescere quotidianamente.
La vita religiosa inoltre è in generale verginità di volontà: non mettere peccati con buone azioni, no, solo buone azioni che per voi sono l’osservanza religiosa, in sostanza l’adempimento di ciò che di giorno in giorno vi viene detto e stabilito. Che cosa desiderare ancora? Di quale cibo nutrirvi? «Cibus meus est ut faciam voluntatem eius qui misit me: Il mio nutrimento è fare la volontà del Padre mio»3, dice Gesù. Così [deve essere per] la persona religiosa: la volontà del Signore, né più in là né più in qua, con semplicità di cuore. Ecco, la vocazione in generale è la chiamata di Dio ad adempiere il primo e principale precetto: «Amare il Signore Iddio con tutta la mente, con tutto il cuore, con tutte le forze, con tutta l’anima».
La vostra vocazione poi ha delle belle particolarità che vi distinguono dalle altre suore, cioè l’apostolato
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che costituisce il secondo articolo delle Costituzioni, l’apostolato in cui date prova di carità, di amore. Avete fatto una piccola esposizione delle vostre edizioni che si presenta subito all’occhio di chi entra in casa: molto bene, molto bene! Ma come deve considerarsi? Deve considerarsi come prova di amore alle anime. Vedete, Dio è amatore delle anime. Voi fate la carità non facendo scuola come altre suore a un gruppo di fanciulli e di fanciulle, voi non fate opera di carità negli ospedali, nelle opere caritative in generale, ma la vostra carità è più squisita: date la verità. Questa è la più grande carità, perché è carità alla mente, all’anima, allo spirito. Chi nutre il corpo fa carità, ma l’uomo non è solo corpo, chi nutre l’anima fa una carità più squisita, tanto più squisita quanto è più eccellente l’anima del corpo. Ora si potrebbe dire: Ma anche chi fa scuola fa carità. Certo, fa carità in quanto nutre la mente dell’uomo di verità naturali; però, quanto più sarà buono il cibo che si dà alle anime, tanto più sarà squisita e preziosa la carità. Se nella scuola si insegna la grammatica, l’aritmetica, la geometria, ecc., voi che cosa dovete dare alle anime? Quello che è utile per l’altra vita, cioè le verità soprannaturali.
Gesù non è venuto a insegnarci astronomia o a insegnarci geografia, ma è venuto a insegnarci la via del cielo. Così fate voi. La geografia, l’aritmetica e tutte le altre scienze naturali Gesù le ha lasciate da insegnare agli uomini, ai maestri comuni, nelle scuole, e si è riservato per lui la scienza più grande, la più necessaria, la più certa, quella che giova non per vivere qui, ma quella che giova per vivere eternamente felici lassù. Se nelle scuole si formano gli ingegneri, i professori, ecc., nella scuola del Vangelo si fanno i beati del paradiso, i santi, le anime che non pensano a passare una vita felice quaggiù, ma una vita felice, eterna lassù.
La vostra carità è così alta quanto è più alto ciò che insegnò Gesù Cristo rispetto a quello che insegnano
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i maestri comuni nelle scuole: la scienza divina, la scienza della salvezza. E non vergognarsi mai: Oh, io non ho studiato! Ma quando si è studiato bene il catechismo, quando si sa il Vangelo, quando si conosce la dottrina della Chiesa, quando si conoscono le verità che salvano, basta per voi a costituirvi vere maestre, maestre di una scienza che Gesù ha riservato a se stesso. Egli volle insegnarla e chiamò altri dicendo: «Andate e predicate quello che avete sentito»4. E mandò i suoi discepoli ad insegnare nel mondo intero. Voglio dire: questa vostra scuola, questo vostro insegnamento per mezzo dei periodici, dei libri, ecc., è immensamente più grande che non l’insegnamento di una scienza naturale in una scuola ordinaria. Quindi, la riconoscenza per la vostra vocazione deve essere più grande.
Sì, sentire il beneficio che il Signore vi ha concesso, sentire l’obbligo di corrispondere alla voce di Dio, essere santamente orgogliose della vocazione, ciò significa pensare come Maria: «Mi fece cose grandi colui che è potente, cioè Dio, perché ha considerato la nullità della sua serva»5. Il Signore ha fatto a voi cose grandi, perché ha veduto che voi eravate nulla, e ha avuto misericordia di voi e vi ha dato veramente grazie eccezionali. Perciò riconoscenza per la vocazione.
Questa riconoscenza come si manifesta? Non è una parola soltanto, ma deve essere una vita: vivere la vita paolina, questa è la riconoscenza a Dio. Il Deo gratias è qualcosa che dobbiamo dire, e tanto più sarà meritorio quanto più nasce da sentimento di amore verso il Signore nostro Padre, ma soprattutto il Signore aspetta da voi una vita paolina. Paolina: che cosa significa? Paolina significa che si vivano le Costituzioni in primo luogo, cioè si studino, si meditino, si pratichino le Costituzioni, si prenda tutto quell’indirizzo, tutto quel complesso di insegnamenti, di usi, di modi di pregare che avete trovato in Congregazione, [così da] pensare come la Congregazione, cioè essere strettamente uniti alla Congregazione: nella
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vite il ramo per dare frutto deve essere unito alla vite stessa, tagliato non serve, secca e può essere buttato nel fuoco. Essere strettamente unite alla Congregazione! Essa è stata voluta da Dio non come la pensiamo noi, ma quale è stata voluta da Dio! Più vivrete intieramente lo spirito paolino, più sarete sante e felici perché, una volta abbracciata una vita, si può farsi sante solamente col vivere bene questa vita, e viverla il meglio possibile.
Pensare come la Congregazione, amare ciò che la Congregazione ama, compiere le opere della Congregazione, vivere sempre più nello spirito di S. Paolo, del Maestro divino e della Regina degli Apostoli: ecco la vita paolina!
Abbiate sempre una grande sete di voler conoscere e sapere che cos’è lo spirito paolino: è lo spirito della Congregazione, e per questa sete fare tesoro di ogni parola buona che viene detta, di ogni insegnamento che viene dato, di ogni suggerimento che ricevete, far tesoro di tutto, perché la vostra vita si compone di piccole cose. Come si compone di piccoli minuti il tempo della nostra esistenza, così la nostra vita spirituale si compone di piccole cose che messe tutte assieme formano la vita paolina. Occorre avere questa delicatezza, questa attenzione: sempre l’occhio rivolto a Dio, sempre l’orecchio pronto a sentire, sempre il cuore pronto a ricevere, sempre le mani pronte ad operare in letizia, con l’occhio al cielo, sotto lo sguardo di Maria Regina Apostolorum per cui avete lavorato, e sempre più interessate a quelli che sono gli interessi della Congregazione. Ad esempio, come siete state interessate al Santuario Regina Apostolorum, così ora [siate] interessate alla costruzione della vostra casa, che deve essere veramente il giardino dove fioriranno rose e viole e gigli, e da dove Gesù vorrà illuminare le anime, perché lui è luce e vuole per mezzo di noi illuminare gli uomini.
Riconoscenza [quindi] per la vocazione, amore alla vocazione, vivere la vocazione, viverla sempre meglio. È questa la via sicura per il paradiso dove terminerà questa vita, terminerà
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6 1Cor 15,10: «Ho faticato».

7 Don Alberione allude alla casa di Boston inaugurata il 15 giugno 1956 che accolse la comunità di Derby, e divenne casa provinciale, di formazione e sede delle varie attività apostoliche. Cf Il nostro atlante , Figlie di San Paolo, Boston, p. 363.

1 Cf Costituzioni della Pia Società Figlie di San Paolo , ed. 1953.

2 Cf Mc 12,30.

3 Cf Gv 4,34.

4 Cf Mt 28,19-20.

5 Cf Lc 1,48-49.