Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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Anno XXIII

S. PAOLO
GENNAIO 1948

La morte del M. Giaccardo

È stata inviata a tutte le Case d'Italia la seguente lettera:
Oggi, sabato, giorno di San Timoteo Martire, alle ore 13,30, dopo confortato da tutti i carismi della Religione e dall'assistenza piissima dei Confratelli, delle Figlie di San Paolo e delle Pie Discepole, benedicendo a tutte le Famiglie Paoline, chiudeva santamente la sua laboriosa e fervorosa giornata terrena il nostro caro e dolce Fratello

SAC. GIUSEPPE TIMOTEO GIACCARDO
PRIMO CONSIGLIERE E VICARIO GENERALE

Chiniamo la fronte innanzi agli imperscrutabili disegni di Dio, il Quale ha permesso che la Famiglia Paolina fosse privata di Colui che fu fedelissimo tra i fedeli e venisse così penosamente provata.
È opinione comune che è passato tra noi vergine e santo e che portò alla tomba la stola battesimale; perciò fin d'ora prego vivamente tutti perché sia di Lui conservato gelosamente ogni scritto, vestito, memoria.

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Era nato il 13 giugno 1896, battezzato il medesimo giorno, cresimato il 13 settembre 1908; entrato in Congregazione il 4 luglio 1917; emise i voti religiosi il 5 ottobre 1921; fu ordinato Sacerdote il 19 ottobre 1919.

Si ricordino i suffragi a norma degli articoli 234 e 236: Corso Gregoriano; quattro Messe ognuno dei Sacerdoti nella Casa Generalizia; due i Sacerdoti di tutte le altre Case. Il resto come negli articoli suddetti.
Il prossimo numero sarà dedicato alla Sua santa memoria.

PER LA CHIESA
REGINA DEGLI APOSTOLI

In questo tempo molto affetto hanno mostrato i figli verso la Madre.
I Consiglieri Generali hanno dichiarato: «Occorre continuare i lavori di costruzione a costo di qualunque sacrificio».
Avevo chiesto il parere se continuare nei lavori, spese, raccolta di offerte. Si è persuasi che questo sia obbligo di riconoscenza per la promessa fatta e per la salvezza nostra in mezzo a tante distruzioni. Ed insieme sia mezzo e ricchezza e garanzia di ogni materna benedizione! «Neque volentis, neque currentis, sed miserentis est Dei».
La Casa Generalizia non può fare un bene maggiore alle Case filiali ed all'Istituto.
Dall'U.S.A. ho ricevuto offerta molto considerevole, fatta, come già altre volte, nel silenzio e pietà filiale.
Nell'occasione delle feste Natalizie sono stati parecchi quelli che mandarono «al Bambino in ossequio e per mezzo della sua Madre». E così si fece fronte alla rata mensile di Dicembre u.s. «Chi dà qualcosa a Maria riceve sempre dieci volte tanto!»
Chiediamo per la Chiesa a Maria e si dà con certa filiale devozione. Non cessiamo di chiedere in molte maniere per le altre cose in Italia ed all'Estero; e viene molto meno. Ma ognuno sa che in coscienza le offerte si spendono secondo le intenzioni dei benefattori: e non potrebbe farsi diversamente. Io non ho coscienza di aver disposto di cinque centesimi fuori della volontà di Dio.
Un grande mezzo per fortificare i vocazionari è la divozione alla Maestra, Madre e Regina.
Vi è il Patto da recitare. Lo ripeto almeno una volta per giorno. Dirizziamo bene le intenzioni alla gloria di Dio; ed a pace degli uomini! Ciò significa «vivere in Christo». Stiamo tra le braccia di Maria; poggiamo la testa su la testa di Gesù, come preghiera per pensare come Lui; poggiamo sul petto il Cuore di Gesù; baciamo le mani ed i piedi di Gesù per operare in Gesù e camminare nelle sue vie.
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Anno XXIII

S. PAOLO
FEBBRAIO 1948

IN MEMORIAM

IL MAESTRO G. TIMOTEO GIACCARDO


Agl'inizi

Nel 1908, a Marzo, l'obbedienza mi mandava Vice-Curato a Narzole. Il Parroco era anziano ed infermiccio: poco poteva fare nel suo ministero. Notai tra le famiglie di sentimenti veramente cristiani, quella Giaccardo. Assidui alla Chiesa, amanti delle Sacre Funzioni, semplici e buoni nei loro costumi, lavoratori onesti, i membri di questa famiglia prendevano una parte importante in tutte le buone iniziative, religiose e civili, del paese, godendo la stima di tutti. Notai presto tra i fanciulli che frequentavano la Chiesa il piccolo Giuseppe (Pinotu) Giaccardo: per la sua pietà, serietà quasi superiori agli anni, amore allo studio, vivacità sempre contenuta nei limiti di una lieta innocenza. Mi facevano impressione le sue domande e risposte assennate, la corrispondenza a tutti i consigli. In breve tempo cominciò a frequentare la Comunione che divenne presto quotidiana; al mattino con un suo buon compagno (ora missionario zelante in Africa) arrivava alla Chiesa, ancora chiusa, per servire la Messa e comunicarsi.
Quando si presentò nella parrocchia un Fratello Marista in cerca di vocazioni, il bravo Pinotu fu subito indicato come uno dei fanciulli che presentavano migliori speranze.
Avevano già acconsentito lui ed i genitori: ma la Provvidenza guidò diversamente le cose: ed egli entrava nell'autunno in seminario ad Alba. Fu sempre tra i primi nei corsi ginnasiali: per pietà, studio, delicatezza, disciplina. Meditò il libretto Il Peccato veniale; ed acquistò tale delicatezza di coscienza che fuggì sempre ogni mancanza volontaria, anche minima. Da allora i Superiori notarono e fecero notare più volte, specialmente nelle adunanze di consiglio, il lavoro dello Spirito Santo nella sua anima. Era amato da tutti i Superiori e compagni, per la sua schiettezza, senno, buon tratto, condiscendenza, prontezza in qualunque servizio verso tutti.
Nei corsi di filosofia e teologia era certamente il più distinto; ebbe sempre i primi premi; gli furono affidati uffici delicati tra i compagni, costantemente. Aperto e docilissimo col Direttore spirituale, promoveva i santi discorsi, edificava ognuno.

A San Paolo

Dal 1909 al 1914 quando la Divina Provvidenza preparava la famiglia Paolina, egli ne ebbe chiaramente, pur non comprendendo tutto, come un'intuizione. I lumi che riceveva dalla SS. Eucarestia, di cui era divotissimo; la sua fervente pietà mariana; la meditazione, più che la lettura, dei documenti pontifici lo illuminavano su tutte le necessità della Chiesa e sopra i mezzi moderni di bene.
Entrò nel 1917 come maestro dei primi fanciulli raccolti nella mira di formare la Pia Società S. Paolo. E fu chiamato e rimase costantemente il Signor Maestro: amato, ascoltato, seguito, venerato entro e fuori.
Fu il Maestro che tutti precedeva con l'esempio, che tutto insegnava, che tutti consigliava, che tutto costruiva con la sua preghiera illuminata e calda. Tutto comprendeva ed a tutti la sua anima si comunicava; fatto sempre tutto a tutti; il primo, reputandosi l'ultimo; sensibilissimo, dolcissimo, delicatissimo. Scrisse si può dire in ogni anima e trasfuse se stesso in ogni cuore di Sacerdoti, Discepoli, Figlie, Discepole, Pastorelle; e di quanti lo avvicinarono, per relazioni spirituali, sociali, economiche.
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La corona della sua vita

Il ritratto della sua anima egli ce lo lasciò nel Direttorio. In ogni pagina vi è la sua mente, la sua vita, il cuore. I Nostri lo leggeranno e vivranno un godimento spirituale. Se lo seguiranno, felici loro! saranno veri Paolini.
La lettera con cui lo presentò nel Natale 1947 al Primo Maestro è una proiezione di se stesso su la carta. Eccola:

Natale 1947


Ven.mo Padre.
Per augurio e dono natalizio Le presento, in spirito filiale, l'abbozzo del «Direttorio delle Costituzioni della Pia Società S. Paolo». Esso non contiene che un po' del patrimonio delle tradizioni dell'Istituto, che abbiamo imparato dal labbro e dal governo del Primo Maestro.
Perciò, per scriverlo, non ho avuto bisogno di aprire nessun libro, e di consultare nessuna opera, perché non c'era da inventare; ma ho solo aperto fedelmente il libro di una filiale memoria, l'ho affidato alla Madonna, e ogni giorno lo raccomandavo nella Messa.
L'ho steso con perseveranza quasi quotidiana, e perciò un po' da per tutto dove in questi mesi sono stato: a Roma e fuori, in casa e sul treno. Credo che nessuna parola, nemmeno una, non sia dettata da buona coscienza, non sia ordinata con retta intenzione, non sia animata da puro amore, da sincera carità e da pietà filiale.
Molti altri tesori contiene la nostra vita religiosa, che non sono rilevati in questo direttorio.
Se il Primo Maestro esaminandolo, lo trova fedele, proporrei di farlo uscire, quattro pagine per volta, sul San Paolo onde le case e i religiosi sampaolini lo leggano, ne mandino le correzioni e le osservazioni, e così si ritocchi, si modifichi, si renda applicabile.
Buon Natale! Benedica in me tutti i fratelli.

Suo povero T.



Il Maestro

D. Timoteo veniva chiamato ed era veramente il Signor Maestro.
Rappresentava bene il Signore: all'altare, in Confessionale, sul pulpito, nelle conversazioni, nella scuola, nelle ricreazioni, nelle relazioni, in tutto il complesso degli uffici disimpegnati e nella privata sua vita, sempre rappresentava bene il Signore, era l'Alter Christus.
Dopo una lunga discussione in cui Egli dovette opporsi con fermezza alle idee che erano state manifestate, il contradditore conchiuse: «Non mi sento di seguirLa; ma il Signore non potrebbe parlare diversamente». Più tardi lo seguì e divenne ammiratore e docile figlio spirituale.
Era il Maestro.
Aveva una grande mente: sempre in Cristo e nella Chiesa. Libri, articoli, prediche; insegnò un po' tutte le materie, secondo si presentava la necessità; sempre preparato e sempre ascoltato, sebbene fosse talora un po' alto, perché precedeva assai...
~
Il Maestro d'ogni virtù

Da quando ascoltai il primo giudizio dei Superiori del Seminario su di lui, sino ai discorsi di tutti sulla sua vita: «Su Giaccardo non vi sono appunti da fare; fa bene in tutto».
La sua umiltà, la sua carità, la pazienza, la longanimità, la dolce fermezza quando si trattava della gloria di Dio e del bene delle anime sono notissime.

Il Maestro nella pietà

Sapeva parlare con Dio!
In particolare: Egli viveva di pietà eucaristica;
di pietà mariana;
di pietà liturgica;
di amore alla Chiesa ed al Papa;
di carità dolce ed operosa verso i fratelli e verso tutti;
di pensieri ed aspirazioni sempre elevati;
di piena osservanza religiosa.
Vi è da confermare quanto scritto nella circolarina:
«È opinione comune che è passato tra noi un santo, un vergine, un'anima che portò alla tomba intemerata la stola battesimale».
Vicino a morte si preoccupò solo di questo: «Che si viva in carità! Così si prova la dolcezza ed il contento ed il frutto della vita religiosa».
Le sue parole, la sua scuola, il suo confessionale, il pulpito, la penna, la ricreazione, anche le minime cose riflettevano l'abbondante pietà e carità del suo cuore.
Scrisse: «Il fondamento, la sorgente, il metodo e la corona della vita spirituale religiosa della Pia Società S. Paolo, il centro attorno a cui si aggira l'essere e l'operare nostro è la devozione alla Persona di Gesù Cristo, nostro Divino Maestro, presente nel Mistero Eucaristico, e considerato sotto l'aspetto speciale di Via, Verità, e Vita». Egli viveva questi principii. A chi volesse conoscere chi incarnò tutto l'ideale del Paolino nella sua integrità si dovrebbe indicare «il Signor Maestro». Vi sono tanti testimoni quante sono le persone che l'hanno avvicinato e quanti sono i membri delle famiglie Paoline.
Lo conobbe bene S. Em. il Cardinal Schuster al quale professava singolarissima devozione. Ed il Cardinale in una conversazione in cui si parlava delle difficoltà che D. Timoteo incontrava a Roma disse: «Supererà tutto; è tanto umile e prega». Trattandosi di una questione spinosa, in altra occasione asserì: «Se D. Timoteo dice così, non discutete più; egli ci vede bene».
Il Cardinale scrisse dopo la sua morte:

Rev.mo Signor D. Alberione,
La dipartita del Teologo D. Giaccardo è per me lutto familiare, in quanto gli sono stato fraternamente dappresso nei primi stentati anni della fondazione di Roma. Oh! anni preziosi! di ricca povertà e di eroico abbandono in Dio. Giorno per giorno il corvo recava il pane quotidiano.
Ora il Teologo prega per noi. Così ci riesca di imitarlo e di seguirlo poi un dì in cielo. San Timoteo e San Paolo lo hanno accolto in loro compagnia. Beato lui!
Con umili istanze di preghiere me Le confermo, di Lei, Rev.mo Signore.


dev.mo Servo
+ I. CARD. SCHUSTER


Milano, 25 gennaio 1948.
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Don Timoteo dipinse la Sua vita e scolpì se stesso nel «Direttorio» che sarà pubblicato a puntate sul «S. Paolo».

Maestro nell'Apostolato

Egli lo sentiva, lo amava, lo sviluppava senza farsi quasi notare, poiché era un suscitatore di energie, un sostegno per i deboli, luce e sale nel senso evangelico.
Nelle Famiglie Paoline era come il cuore e l'anima. Immensa riconoscenza Gli deve il Primo Maestro, e con Lui tutti, come tutti sapevano di essere da Lui amati.
Si può dire che fu sempre il Vicario, di fatto. E certamente io mi fidavo più di Lui che di me; e sono contento di avergliene data prova innanzi ai nostri Ven.mi Superiori anche ultimamente.

CONCLUSIONE

Suffragarlo

Suffragare l'anima eletta con la stessa carità che il M. Giaccardo usava per tutti i nostri infermi e defunti. Per essi pregava ed operava, ed anche li invocava nelle quotidiane sue cure. ­ Recitare, oltre il Requiem, anche il Gloria, per ringraziare la SS. Trinità dei benefici elargiti per mezzo di lui alle Famiglie Paoline.

Imitarlo

Dal giorno che lo conobbi e che gli indicai il Tabernacolo quale luce, conforto, salvezza, la sua vita fu una continua, quotidiana ascesa: come il sole che al mattino si affaccia quasi timido sull'orizzonte, si alza sino al pieno meriggio, quando tutto illumina e riscalda... Oh! come egli preferiva dire con S. Paolo: «Sino alla pienezza dell'età del Cristo...»; «per quotidianum profectum...»!

Contemplarlo

Contemplarlo con S. Paolo in adorazione innanzi alla SS. Trinità, in cui onora Gesù Maestro non più nascosto nel Mistero Eucaristico, ma svelato nella Sua gloria. Considerarlo nel momento in cui la Madre Maria lo venne ad accogliere.
Pensare alle tre sue stole:
la stola battesimale: «accipe vestem candidam»;
la stola sacerdotale: che onorò come il vero homo Dei;
lastola di gloria: accanto al suo amatissimo S. Timoteo.
«Amavit eum Dominus et ornavit eum; stolam gloriae induit eum».

***

Prego conservare di Lui le lettere, gli scritti, gli oggetti.
Prego comunicare i particolari edificanti della Sua vita.

SAC. G. ALBERIONE

***

IN MEMORIA
del M. D. Timoteo Giaccardo

Apriamo la sottoscrizione per l'Altare delle Anime Purganti da erigersi nella Chiesa Regina Apostolorum, a Roma. Sarà il segno tangibile e pio della riconoscenza, dell'amore, della venerazione e del suffragio per il caro e dolce Fratello che riposa in Cristo:
N. N. (Brescia) L. 15.000
N. N. (Udine) 10.000
N. N. (Svizzera) 14.000
N. N. (Roma) 20.000
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La malattia

Il Signor Maestro lasciava trasparire da qualche tempo un po' di spossatezza, denunciava a chi lo interrogava dolentia generica nelle ossa e particolare difficoltà nelle articolazioni delle gambe. Dietro ripetute insistenze di alcuni Confratelli, fatte per vincere la sua ritrosia ed il timore di offendere la povertà, accettò che si fornisse il suo studio di una stufa elettrica. Si sperava, in tal modo, di ovviare ai suoi inali, combattendo il freddo della stagione e l'umidore dei locali di recente costruzione.
Latente in lui era invece una grave malattia, la leucemia, la cui prognosi è infallantemente letale.
Il 12 Gennaio, volle ancora celebrare e fu quella la sua ultima Messa.
Il Dottor Teodonio e il Prof. Liberti, che assistettero amorevolmente e premurosamente fin dai primi giorni di degenza il caro Infermo, iniziarono le cure contro i reumatismi e la lombaggine, mentre provvedevano all'esame del sangue.
La rivelazione della leucemia acuta che si ebbe dall'esame, con la dura sentenza, di più o meno prossima morte, portò in tutti noi la più dolorosa costernazione.
Non si voleva credere all'ineluttabile. Si invitò a consulto il Prof. Antonelli, Ordinario di medicina generale all'Università di Roma. La sentenza ebbe purtroppo nuova conferma.
Il più sereno alla notizia fu il caro Signor Maestro che ripetè da quell'ora sino all'ultimo istante di vita la offerta totale di sé al Signore, con calma edificante, con generosa e pronta disposizione alla Volontà divina. Accettò obbediente tutte le cure, anche le più umilianti e dolorose, si assoggettò alle trasfusioni del plasma e del sangue, alle iniezioni di penicillina e di fegato.
Giovedì 22, verso le 17, ebbe a patire un forte collasso e fu un penoso allarme per la casa. Si pregò intensamente da tutti e in tutte le cappelle. Si domandò al Signore, per mezzo della Vergine, il miracolo. Il processo di morte parve allora prodigiosamente arrestarsi, ed il Signor Maestro in quella stessa sera accolse tutti i Paolmi, l'uno dopo l'altro, nella camera delle sue sofferenze, in una sfilata di amore e di addio. La scena ebbe del biblico, in una cornice di semplice e familiare santità sampaolina, in un profumo di mistici fioretti, sulle sponde dei due regni.
Diede la mano a tutti, benedisse, fece raccomandazioni, accettò commissioni per l'al di là, gradì gli auguri per il suo prossimo S. Timoteo.
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La morte

Mezzogiorno del sabato. Recitiamo col Maestro l'ultimo Angelus. La sua mano stringe quella del Sacerdote. Egli sente la preghiera e prende parte mentalmente; le sue labbra baciano il Crocifisso. Il Primo Maestro rinnova l'Assoluzione generale.
Il respiro è difficile, il polso vien meno, il freddo invade il corpo dell'Infermo, gli occhi si fanno vitrei.
Assistiamo in ginocchio al santo trapasso dell'anima del migliore dei figli della Congregazione. Sono le 13,30 quando il Signor Maestro esala l'ultimo respiro. I Chierici e i giovani escono dai refettori, e levano gli occhi, come ogni giorno a quell'ora, verso le tre finestre dell'appartamento del Vicario Generale.
Di corridoio in corridoio, di piano in piano, di cortile in cortile, di casa, in casa, da una famiglia sampaolina all'altra, passa in un'ombra di tristezza, col singulto del pianto, la sacra solenne parola: «È morto!»
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I funerali

Rivestita degli indumenti sacerdotali, la cara Salma venne trasportata nella piccola Cappella di Casa Generalizia, dove a turni, giorno e notte, si succedettero le rappresentanze delle varie comunità, per pregare, vegliare e tributare gli ultimi segni di affetto.
La notizia della morte comunicata dai giornali cattolici di Roma, nella mattinata della Domenica, richiamava verso l'Istituto numerose testimonianze di cordoglio da parte di Cooperatori, di Amici e di Benefattori.
S. E. Rev.ma l'Abate di S. Paolo, che già il sabato sera aveva fatto visita alla Salma ed espresso le condoglianze e la promessa di suffragi propri e della Comunità Benedettina, accoglieva benevolmente la domanda nostra di poter svolgere le esequie e la Messa in Basilica.
Giungevano frattanto da varie Case i Confratelli Sacerdoti e le Superiore delle Figlie di S. Paolo e delle Pie Discepole, per testimoniare ancora una volta la riconoscenza e l'amore che li legava al Caro Defunto.
La mattina del 26, verso le ore nove, si snodò il corteo funebre da Grottaperfetta a S. Paolo.
La bara, portata a spalla dai Sacerdoti, dai Chierici e dai Discepoli, ondeggiava in continuato suono di canti e di preghiere sopra le lunghe file delle bianche cotte del numeroso Clero e i neri veli delle Suore delle Comunità femminili.
Le scuole elementari della Parrocchia del Buon Pastore, l'asilo delle Colline Volpi e Tranvieri, il Collegio delle Ancelle del Santuario e l'Istituto delle Suore di S. Anna intervennero con una numerosa rappresentanza ai funerali e alla Messa.
L'ingresso del corteo nella Patriarcale Basilica per il quadriportico della facciata principale, segnò il trionfo dell'umile Sacerdote Sampaolino.
Egli che amava «le processioni belle», «le belle processioni», fu l'oggetto in quella sua ultima passeggiata terrena sulle spalle valide dei suoi figli, di una processione quale non si sarebbe immaginata mai da vivo.
In fondo; alti nell'aureo catino, Cristo e gli Apostoli luminosi nella diffusa luce dei riflettori, parlavano a noi, ancor pellegrinanti tra le tentazioni e le miserie terrene, della buona accoglienza che si prepara ai servi fedeli in cielo, più festosa, più (gioconda, più radiante di quanto arte e mosaico secolare possano figurare.
La S. Messa e l'Assoluzione alla Salma ebbero termine alle ore 11. Il Primo Maestro pronunciò brevi e commosse parole di addio al suo primo Collaboratore e ricordò per nostra edificazione i tre gradini di virtù che il caro Estinto in vita aveva salito: la obbedienza, la carità, la pietà.
Il corteo si ricompose e seguì il carro funebre per un lungo tratto della via Ostiense.
Alle 12, il Primo Maestro al Campo Verano benediceva, per l'ultima volta, la bara che veniva collocata nel loculo della Pia Società,, nella Cappella dei Trapassati, accanto a quella di D. Manera, di D. Santacaterina, di D. Restelli e del Chierico Pelliccia.

Sac. P. L. Occelli

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