Anno XXXIV
SAN PAOLO
Ottobre 1959
Roma Casa Generalizia,
AVE MARIA, LIBER INCOMPREHENSUS, QUAE VERBUM ET FILIUM PATRIS MUNDO LEGENDUM EXHIBUISTI (S. EPIPHANIUS EP.)
PER UN MIGLIOR FRUTTO DEI NOSTRI NOVIZIATI
Don Ruggeri Pier Canisio aveva riassunto sul «San Paolo» Giugno-Luglio 1959 le sue impressioni su le visite ai vocazionari d'Italia.
Ora Don Franza Timoteo, Maestro dei Novizi Chierici ad Albano, riassume qui quanto hanno scritto i quindici Maestri dei Novizi delle varie nazioni.
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Con le presenti note, raccolte in collaborazione con tutti i Maestri di noviziato, si vuole soprattutto dare un indirizzo comune e sommario agli stessi Maestri, per la formazione dei novizi; di qui il titolo: «Per un migliore frutto dei nostri noviziati». Esse tuttavia non riguardano soltanto i Maestri di noviziato, ma tutti coloro che in qualche modo, direttamente o indirettamente, sono chiamati a contribuire al raggiungimento dello scopo suddetto.
Preparazione al noviziato
Uno dei motivi, e non certamente l'ultimo, dello scarso frutto che talora si ricava dal noviziato è, senza dubbio, la mancanza di preparazione al noviziato stesso, la mancanza cioè di idee chiare e quindi di buone disposizioni con cui alcuni, per non dire molti, entrano in noviziato.
È necessario perciò far precedere una buona preparazione remota e prossima. Gli aspiranti devono aver ricevuta e raggiunta una buona formazione nei suoi vari aspetti: umana, cristiana, religiosa, apostolica, così come è possibile ad aspiranti. Da tenersi presenti gli articoli 30-37 delle Costituzioni.
Abbiano perciò dato buona prova: di amore alla Congregazione, amore alla vita di pietà e studio; di avere acquistato un certo grado di delicatezza di coscienza, da essere capaci a vivere abitualmente in grazia; di senso di responsabilità e diligenza nel proprio dovere; di sincerità e docilità nella formazione, e anche il senso dell'ordine e della buona educazione. Cioè: che, dimostrato di essere veramente chiamati alla vita religiosa, desiderino realmente darsi al Signore e abbracciare l'ideale paolino. Che sentano perciò di essere già in qualche modo della famiglia paolina, di essere cioè degli aspiranti alla vita religiosa o anche al sacerdozio e non dei semplici collegiali, studenti od operai: attaccamento all'Istituto e amore all'apostolato, disposti al sacrificio e alla mortificazione; che possiedano un buon carattere. Non i falliti nella vita, i non socievoli, gli squilibrati, i ribelli, gli spiriti indipendenti, gli egoisti, i troppo chiusi ed avanzati in età.
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È necessaria poi una preparazione immediata al noviziato. Siano illuminati, almeno sommariamente, sulla natura, lo scopo e l'importanza del noviziato. Eliminare i pregiudizi che fanno vedere il noviziato per quello che non è e con un certo timore, che produce di conseguenza un senso di diffidenza o di ipocrisia. Quando si entra in noviziato con questi pregiudizi, il frutto è annullato in partenza o molto ridotto. Parlare sempre bene del noviziato, da tutti, così da farlo desiderare. È l'anno più importante della vita; vi si entra buoni cristiani per uscire buoni religiosi.
Entrare in noviziato con retta intenzione, animati dal desiderio di compiere tutto quanto è necessario per una buona formazione, in sincerità e docilità massima. Occorre che si entri in noviziato con l'ideale religioso; e moralmente certi della propria vocazione e decisi a seguirla. Il noviziato infatti non è per decidere la vocazione, ma per provarsi a viverla. Occorre entrare nel noviziato presso a poco con quelle stesse disposizioni con cui si entra negli Esercizi Spirituali: sapere cioè fin dall'inizio quello che uno vuole ottenere, mettervi le buone disposizioni di volerne trarre il maggior frutto possibile. Nel noviziato si pratica la vita religiosa, onde abituarsi; si fa per virtù quanto dopo la professione si farà per voto.
Il Maestro dei novizi
Supposti gli articoli del Codice di Diritto Canonico, della «Sedes Sapientiae» e delle Costituzioni, circa il noviziato e il Maestro dei novizi (che ogni Maestro deve conoscere bene), è utile mettere in rilievo alcune note particolari, estratte dalle relazioni ricevute. Serviranno a meglio orientare i Maestri di noviziato circa le buone qualità che devono acquistare e circa la formazione che è da impartire ai novizi.
È da tenersi presente che il primo e vero Formatore, insostituibile, è il Divino Maestro Gesù; la grande Formatrice e Maestra, la Regina degli Apostoli; S. Paolo Apostolo formatore di tanti cristiani, Vescovi, Sacerdoti, Apostoli. Ad essi quindi devono essere affidati i nostri novizi e per questi, per la loro formazione, occorre pregare molto.
Di questi tre grandi Formatori il Maestro dei novizi è il rappresentante e il ministro, e dalla sua opera, quindi, molto dipende la buona formazione dei giovani a lui affidati. Di qui la necessità che in lui vi sia quel complesso di qualità che lo rendono idoneo a sì alta missione e più copiosi siano i frutti del suo lavoro.
La prima preoccupazione di un Maestro dei novizi dev'essere quella di ricopiare in se stesso il Modello Divino, del quale tiene le veci. È chiamato infatti principalmente a formare Gesù nelle anime, «donec formetur Christus in vobis», e questo Gesù egli per primo deve possedere perché possa comunicarLo.
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Vi siano nel Maestro dei novizi, e lavori per acquistarle, tutte quelle doti di scienza e virtù di cui parlano le Costituzioni. Ma soprattutto, e in primo luogo, deve rivestirsi dell'alta responsabilità che gli viene affidata; che voglia cioè veramente fare il Maestro di noviziato, assumendosi il gravissimo peso con piena coscienza del suo ufficio, onde preparare degni figli alla Congregazione e alla Chiesa.
Il Maestro è l'unico responsabile della formazione dei suoi novizi. In lui è necessaria perciò una adeguata cultura religiosa, capacità di governo e di educatore. Vi sia nel Maestro grande prudenza ed equilibrio, buon senso, spirito di sacrificio e volontà energica. Ma soprattutto sappia essere padre per i suoi giovani. È di grande importanza che i novizi si convincano e sentano di aver in lui un padre che li ama, si interessa di loro, e solo preoccupato del loro bene, va loro incontro; al quale si sentono portati a dire tutto con confidenza e fiducia. Essi sono più portati a vedere nel Maestro il Superiore che il Padre, spesso.
È inutile dire che il Maestro deve precedere in tutto con l'esempio, così che le sue parole e le sue istruzioni siano in perfetta corrispondenza con la sua vita, non solo in pubblico, ma anche in privato. In qualsiasi momento e su qualsiasi punto egli deve poter dire: «imparate da me» (anche se non lo esprime con le parole).
Preceda perciò nella pietà (sia di grande vita interiore e ami molto la Madonna e S. Paolo), nella pratica delle virtù, nella delicatezza di coscienza, nello spirito di sacrificio e di mortificazione, nel lavoro spirituale e di santificazione. Preceda anche nella fedeltà agli orari e nell'apostolato.
È pure necessaria, anzi indispensabile, nel Maestro una buona formazione pedagogica e una profonda e larga conoscenza dei problemi dei giovani, oltre la cultura dogmatica, morale, ascetica, liturgica e religiosa. Dedichi un tempo sufficiente allo studio e a letture formative.
I nostri Maestri di noviziato sono chiamati a formare non dei religiosi qualsiasi, ma dei religiosi paolini. È necessario perciò che posseggano il vero spirito paolino da comunicare ai novizi. Siano fortemente attaccati all'Istituto e uniti ai Superiori, che devono fare amare e seguire; siano a conoscenza del nostro apostolato nel suo sviluppo e nel suo spirito, come pure delle varie iniziative e progressi che si ottengono nelle varie Case. Di tutto questo mettano a conoscenza i novizi; così da comunicare un fattivo entusiasmo alla Congregazione.
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Formazione dei novizi
Il noviziato è essenzialmente ordinato alla formazione degli aspiranti per prepararli alla vita religiosa (vedi art. 55 delle Costituzioni). «Il ministero, quindi l'ufficio, il dovere, la sollecitudine, il pensiero, la cura prima e principale del Maestro dei novizi è l'educazione dei novizi alla vita religiosa» (M. Giaccardo: Direttorio).
Come formare e in che cosa formare i novizi, perché possano diventare buoni paolini? Non è possibile esaurire questo argomento: solo alcune linee generali, sempre tenendo presenti le relazioni inviate dai Fratelli.
Perché si abbia il perfetto paolino è necessario che la formazione sia completa e «unitaria», come si esprime la «Ratio Studiorum» della Pia Società S. Paolo; che abbracci cioè la «vita umana, religiosa, clericale (per gli aspiranti al sacerdozio), apostolica»; che si estenda alla pietà, allo studio, all'apostolato, alla buona educazione e allo spirito di povertà; e che tutto l'uomo, in tutte le sue facoltà, venga formato: la mente, la volontà, il cuore, tutto l'essere.
Giova che si mediti e si applichi l'indirizzo già dato dal Primo Maestro sul «S. Paolo» del novembre 1958. In particolare si formi il novizio alla vita di pietà. Che sia una pietà soda e di colore eminentemente paolino; lo spirito di pietà che lo porti a diventare un'anima di vita interiore profonda, a vivere di fede e in un costante orientamento verso l'ideale di santificazione. Un Fratello giustamente scriveva: «Secondo me il vero frutto del noviziato consisterebbe nella sincera e profonda convinzione che la nostra vita si svolge nel soprannaturale e riceve il suo valore e la sua dignità dal soprannaturale.
Fuori di quello non vi è nulla che giustifichi la nostra esistenza o valorizzi la nostra attività. Ora noi comunichiamo col soprannaturale attraverso i Sacramenti e la preghiera la quale comunica la efficacia al nostro apostolato».
Questo vale per tutti; ma in modo speciale per i novizi discepoli, i quali in una vita di pietà ben nutrita e nella chiara visione del loro ideale soprannaturale, troveranno l'intima gioia e soddisfazione nella vita di apostolato.
Inculcare la massima fedeltà a tutte le pratiche di pietà e specialmente alla meditazione, alla Visita eucaristica e all'esame di coscienza. Insegnare, guidare in queste pratiche, accertandosi che l'abbiano capite e le compiano con diligenza e amore; fino a contrarne l'abitudine e con un certo gusto spirituale.
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Una speciale importanza alla pietà liturgica: Messa con la Comunione, Vespro, le varie funzioni liturgiche secondo i diversi tempi dell'anno; che ne penetrino il significato per una partecipazione sempre più diretta e cosciente. Amare e vivere la liturgia vuol dire portare la mentalità e la vita su un piano soprannaturale in comunione coi misteri della vita di N. S. Gesù Cristo e del Suo Corpo Mistico. A questo scopo è necessario dare ai novizi la possibilità di partecipare quanto più possibile alla celebrazione di queste funzioni liturgiche, sia con le cerimonie che col canto sacro.
Possibilmente i novizi ascoltino due Messe ogni giorno. La meditazione non sia sempre predicata, ma si faccia uso di un testo e almeno una volta la settimana si lasci meditare da soli, pur sempre con la guida del Maestro. Giovano tanto l'esercizio della presenza di Dio, l'uso delle giaculatorie e la pratica del Rosario intero ogni giorno.
Affinché poi la pietà sia veramente paolina, si inculchino le devozioni proprie dell'Istituto: prima fra tutte al Divin Maestro, dando poi particolare importanza alla devozione verso la Regina degli Apostoli come via al Divin Maestro e a S. Paolo quale nostro speciale patrono. Si entrerà così nella spiritualità paolina che, per definizione del Primo Maestro, «consiste nel vivere il Cristo integrale: Via, Verità e Vita; sotto la protezione e nello spirito di Maria Regina degli Apostoli e sull'esempio di S. Paolo, che fu l'Apostolo che più perfettamente visse e interpretò il Maestro Divino».
Una buona pietà faciliterà il lavoro del Maestro anche sugli altri punti di formazione.
Occorre portare i novizi a lavorare bene spiritualmente, nella correzione dei propri difetti
e nella pratica delle virtù. Parecchi trovano difficile la Direzione Spirituale; farne comprendere l'utilità e la necessità morale e aiutarli a superare la ripugnanza nell'aprirsi completamente al Padre Spirituale. Si formino poi alla delicatezza di coscienza, all'amore alla virtù, praticata non per opportunismo o per forza di ambiente, ma per desiderio di perfezione e costante, quotidiano impegno.
In questo senso la formazione alla pratica dei voti, sui quali è utile insistere molto e mettere nella possibilità di praticarli, creando anche, se necessario, opportune occasioni circa la povertà e l'obbedienza. E' consigliabile che, quando ne abbiano compresa la natura e l'estensione, si invitino i novizi a fare privatamente e «ad tempus» non solo il voto di castità, ma anche gli altri due.
E' pure necessario formare il novizio alla osservanza della vita comune e delle Costituzioni, allo spirito di sacrificio e di abnegazione; inculcare l'amore alla Congregazione, il rispetto e la sottomissione ai Superiori, la carità verso tutti i Fratelli.
Per il buon risultato di questa formazione non è sufficiente che il Maestro dia il necessario nutrimento a tutti nelle comuni istruzioni e meditazioni. Egli deve arrivare alle singole anime e di ogni singola anima deve formare la mente, la volontà, il cuore, ciascuna secondo le sue necessità.
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Orario e disciplina
Il lavoro di formazione non si esaurisce nella pietà e nella parte puramente spirituale; vi è pure un orario e una disciplina da esaurire, che pure ottimamente contribuisce alla formazione integrale del novizio paolino.
Su questo punto non è possibile dare delle norme comuni, nei minimi dettagli, per tutti i noviziati. Ogni noviziato ha sue esigenze particolari per ragioni di ambiente, secondo le Nazioni in cui si trova, per ragioni di apostolato ecc. E' necessario perciò che ogni Maestro sappia regolarsi e stabilire un orario e un'osservanza disciplinare secondo che stima più opportuno.
Quello che importa però è che si insista nel formare il novizio alla puntualità, al senso di disciplina, alla pratica del silenzio e del raccoglimento. Si faccia amare la disciplina, presentandola come mezzo di buona formazione e di santificazione, indispensabile soprattutto per l'esercizio dell'obbedienza religiosa. Non occorre essere troppo rigidi, ma neppure troppo larghi, mirando soprattutto a formare le coscienze e fare opera di convinzione.
Per favorire il raccoglimento e la riflessione, si è soliti osservare il silenzio durante la colazione e nel tempo di sollievo che segue, eccetto la domenica; non si permette la lettura di giornali e riviste di carattere politico o sportivo o, comunque, di carattere profano o non adatti per novizi. Cinema, radio, televisione è bene che siano limitate a circostanze particolari e con programmi del tutto sicuri. Siano anche limitate le visite di parenti e di altre persone.
Non indulgere troppo in giochi che siano troppo distraenti e facilmente appassionanti. Tuttavia le ricreazioni, possibilmente, siano movimentate e si concedano, quando è possibile, delle passeggiate.
Per la disposizione e l'osservanza degli orari e della disciplina nel noviziato responsabile è sempre il Maestro, il quale agirà però in piena armonia col Superiore della Casa, tenendo presente anche le altre necessità della casa, specialmente dove il noviziato non è completamente separato.
Studio
Vi è il pericolo che i giovani nel periodo del noviziato vengano a disamorarsi dello studio, considerandolo un dovere di secondaria importanza e attendendovi quindi con superficialità e leggerezza. Sarà compito del Maestro fare amare anche questo dovere ed esigere che vi si applichino con responsabilità e diligenza. A questo scopo è necessario anche dare una certa serietà alla recita della lezione a scuola e all'esame finale.
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Circa le materie di studio, esse sono già state indicate dalla «Ratio Studiorum» e cioè: «religione, costituzioni, scuola pratica di apostolato, canto gregoriano, cerimonie, Vangelo, lettere di S. Paolo, libro sulla Regina Apostolorum, ascetica, liturgia». Ognuna di queste materie ha la sua importanza e nessuna dev'essere trascurata. Ma in modo particolare si dia importanza alla «Religione», per formare ai principi di fede e allo spirito soprannaturale; alle «Costituzioni», per entrare nella vita e nello spirito dell'Istituto e all'«Ascetica» per avviare le anime all'ideale di perfezione.
Per l'ascetica in particolare è utile dare di tanto in tanto qualche lavoro scritto, in classe, come esercitazione pratica circa il corredo ascetico che il novizio ha acquistato. Tutte le materie poi devono essere insegnate non solo come a titolo di erudizione, ma come a nutrimento vitale del novizio.
Circa le ore di scuola e i testi, anche in questa materia occorre adattarsi ai luoghi e alle circostanze. Come testo di ascetica è buono il Tanquerey, ma bisogna completarlo con elementi sulla nostra spiritualità; per lo studio dello Stato Religioso è anche buono il Fanfani «Catechismo sullo Stato Religioso»; come testo di religione fu già stabilito dal Primo Maestro il «Catechismo» di Don Dragone, da prendersi in tre anni. All' estero possono esserci altri autori.
Per i novizi discepoli bisogna distribuire le materie in modo che si possano prendere tutte nei due anni di noviziato. E' stato suggerito, che nel secondo anno si prenda qualche materia di specializzazione propria per discepoli, per avviarli al loro futuro apostolato.
Apostolato
Il Primo Maestro scrive: «L'amore all'apostolato è per tutti vero e necessario segno di vocazione, e salvaguardia nel periodo di gioventù, prova di vero amore a Dio e alle anime è sorgente di gioia e di merito... La neghittosità e l'indifferenza indicano che occorre avviare il giovane per un'altra strada». Occorre perciò formare il novizio anche in questo campo perché acquisti il vero senso dell'apostolato.
«Il vero apostolato, infatti, è quello che s'innesta, si immedesima, si uniforma con l'apostolato di Gesù. E' ispirato dal medesimo movente: la gloria di Dio e la pace degli uomini» (Primo Maestro). E' necessario presentare l'apostolato nello spirito del secondo articolo delle Costituzioni, perché sia compiuto con retta intenzione, spirito soprannaturale, amore, diligenza, senso di responsabilità e spirito di sacrificio. L'apostolato sarà considerato non come un lavoro comune, ma come un sacro ministero, e mai si cederà alla tentazione, specialmente da parte dei discepoli, di considerarsi dei semplici operai, preoccupati più degli interessi personali che del bene dell'Istituto e delle anime. L'apostolato, visto nella sua vera luce, porta a donarsi totalmente ed a compierlo quindi con generosità e slancio veramente apostolico.
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Bene scriveva un nostro confratello: «Con l'incanto e la bellezza dell'apostolato nostro il novizio si sentirà figlio di una Congregazione che ben può soddisfare a tutte le esigenze di un cuore giovanile, ardente di ideali e di beni».
Si abitui il novizio a santificare l'apostolato con la preghiera di offerta all'inizio, l'uso delle giaculatorie in privato e in comune e mettendo l'intenzione per l'acquisto delle indulgenze concesse alla Famiglia Paolina.
Circa poi l'orario dell'apostolato, dalle relazioni pervenute risulta che quasi ovunque si giunge alle quattro o quattro ore e mezza. Anche qui occorre regolarsi secondo le circostanze e le necessità delle singole Case. Si cerchi che tutto sia proporzionato e inquadri bene nel complesso della vita del noviziato.
Alcune difficoltà
Da più parti, specialmente dove il Noviziato non è del tutto separato, si è fatto notare una difficoltà di ordine ambientale, per la mancanza di buon esempio da parte di confratelli. Che fare? Dove la casa del noviziato è completamente a sé, questo inconveniente si può ovviare, applicando da parte dei Superiori l'art. 40 delle Costituzioni. Ma dove questo non è possibile? Non c'è che da esortare tutti i cari Fratelli a sentirsi anch'essi responsabili della buona formazione dei futuri membri della Congregazione e contribuire all'opera del Maestro con la preghiera e il buon esempio. Mettere poi in guardia i novizi stessi dagli esempi non buoni, invitandoli a guardare e seguire quelli buoni. Molto vale la formazione di una coscienza retta e delicata e una personalità forte in Cristo, che non si lascia influenzare dagli esempi degli altri, ma in tutto si ispira ai princìpi sani ricevuti e alle convinzioni acquistate.
Una seconda difficoltà riguarda la Direzione Spirituale. Si dice: «La Direzione Spirituale è resa difficile se il Maestro è pedante o sa di poliziotto nella disciplina». E' vero! Evitare perciò questi atteggiamenti. Il Maestro segua i suoi novizi sempre e dappertutto. Ma la sua presenza sia gioiosa, piacevole e desiderata, come quella del padre in mezzo ai suoi figli. Corregga, se necessario, ma senza gridare, cercando piuttosto di convincere.
Si fa pure notare che il Maestro dei novizi non sia sovraccarico di altre occupazioni e preoccupazioni, affinché possa dedicarsi completamente al lavoro di formazione già così impegnativo in se stesso. Il Maestro di noviziato sia innanzitutto e soprattutto Maestro di noviziato: è nello spirito delle Costituzioni (art. 46).
Una difficoltà particolare presentano i noviziati di discepoli (per i due anni) e quelli doppi: chierici e discepoli, per la programmazione delle scuole. Sarebbe bene che il lavoro fosse diviso con qualche altro Fratello, almeno nelle materie che non si possono fare insieme ai due gruppi.
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Anche per i novizi occorre sottolineare quanto è stato pubblicato per gli aspiranti, circa cioè la collaborazione tra il Maestro e il Confessore, specialmente circa il problema della purezza, che non sempre può esaurire il Maestro da solo. Il Confessore deve assumersi la sua parte di responsabilità circa l'avvenire dei suoi penitenti.
Altro punto importante. La formazione dei novizi perché sia completa deve iniziare e fondarsi su una buona educazione umana e civile. Occorre perciò che nelle case di noviziato vi siano tutti quegli accorgimenti necessari che facilitano il mantenimento dell'ordine e della disciplina, l'osservanza dell'igiene e della pulizia e le varie norme di galateo.
Ammissione alla Professione
Terminato l'anno di noviziato, se il giovane è giudicato idoneo, lo si ammette alla professione religiosa. Occorre escludere coloro che non danno sufficiente affidamento; ogni volta infatti che si ammettono elementi dubbi si finisce col constatare molto presto il loro insuccesso, a danno anche degli altri.
Come giudicare questa idoneità? Occorre che il novizio abbia dato prova di avere acquistate idee chiare e convinzioni profonde circa la natura della vita religiosa e dell'ideale che si propone e di volervi mirare; che abbia imparato a lavorare spiritualmente; abbia raggiunto un certo grado di vita interiore e acquistato il vero spirito di pietà, amore alla liturgia e canto sacro, ed entrato nella spiritualità paolina, coltivando una grande devozione al Divin Maestro, alla Regina degli Apostoli e a S. Paolo. Che abbia inoltre dato prova di saper vivere in perfetta castità, povertà e obbedienza; che abbia dimostrato amore all'Istituto e all'apostolato, spirito di mortificazione e distacco dal mondo e dai parenti; che abbia dato prova di senso di responsabilità nel proprio dovere e delicatezza di coscienza.
Si spieghino poi bene i vari requisiti elencati nella domanda di ammissione, così che il novizio possa sottoscrivere questa domanda con piena coscienza degli impegni che si assume con la professione religiosa.
Dopo il noviziato
Una buona formazione ricevuta nel noviziato sembrerebbe dover essere sufficiente perché il neoprofesso cammini nel fervore dell'osservanza religiosa. Ma non è così! E' vero che il noviziato serve a gettare le fondamenta e molto dipende dalla solidità di queste fondamenta la stabilità dell'edificio religioso. Ma se l'edificio, pur avendo buone fondamenta, per mancanza di accorta assistenza, viene elevato con materiali non buoni e si lasciano dei vuoti nei muri, viene su debole e a un certo punto è destinato a crollare.
Il neoprofesso si può considerare come una pianticella che ha gettate le radici, ma perché possa crescere e svilupparsi ha bisogno di essere assistita e coltivata.
Assicurarsi che dopo la professione venga continuato il lavoro spirituale e di formazione, iniziato nel noviziato.
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È necessario innanzitutto che lo stesso neoprofesso si convinca che con la fine del noviziato non è terminato il lavoro di formazione, è cominciato! Va continuato e sviluppato con lo stesso impegno di prima e in tutta la sua ampiezza, sotto la guida del nuovo Maestro di spirito. Nel noviziato egli ha solo imparato a camminare. A questo scopo è utile che il giovane esca dal noviziato con un programma ben chiaro e impegnativo, preparato negli ultimi mesi con l'aiuto del Maestro.
Da parte dei Maestri si continui a guidare e assistere i neoprofessi, dando e sviluppando il medesimo indirizzo che hanno ricevuto nel noviziato. L'uniformità di indirizzo, il quale deve sempre ispirarsi allo spirito dell'Istituto e agli insegnamenti dei Superiori Maggiori, ha grande importanza in tutto il corso della formazione; viceversa il giovane si disorienta e si trova a disagio ad ogni cambiamento di Maestro.
Accompagnare i giovani professi ed aiutarli con amorevolezza paterna nella pratica dei voti e nell'osservanza delle Costituzioni e della vita comune. Non lasciarli soli e liberi di se stessi, anche se è necessario affidare loro posti di fiducia; osservino la disciplina con consapevolezza e senso di responsabilità. I neoprofessi, passato il primo fervore, ben presto verranno a trovarsi alle prese con nuove difficoltà, di ordine spirituale, morale e disciplinare, causate forse dal riaccendersi delle passioni, da una certa autosufficienza così naturale ai giovani, o per ragioni particolari di ambiente ecc. Hanno allora bisogno della guida del Maestro che da buon padre, con cuore affettuoso e mano ferma, li aiuti ad affrontare e superare tali difficoltà.
Anch'essi, i neoprofessi, hanno bisogno di sentirsi amati, compresi, sostenuti dal Maestro e da quanti altri collaborano alla loro formazione. Evitare perciò la durezza di trattamento e ogni cosa che in qualche modo possa generare sfiducia e gettarli nello scoraggiamento. Tanto più questo trattandosi di discepoli.
Si dia invece da tutti il buon esempio. È il modo migliore per aiutarli a vivere nel fervore della professione e farli perseverare. L'ambiente ha sempre tanto influsso sull'animo e sulla condotta dei giovani professi. Un ambiente di poco fervore, di noncuranza e poca osservanza religiosa, distrugge in breve tempo, o almeno riduce molto, il frutto del noviziato.
I neoprofessi si rimettano al proprio nuovo maestro confidandosi candidamente.
Per i discepoli in particolare è necessario che durante il triennio di voti annuali possano seguire fedelmente la vita comune, nell'orario, nelle scuole che ad essi bisogna fare e soprattutto nelle pratiche di pietà. Anche per essi vale quanto scriveva un Confratello, con le cui parole chiudo: «Continuare con costanza e con tanta cura la formazione umana, cristiana, spirituale, religiosa, (sacerdotale), apostolica ed intellettuale dei neoprofessi dopo il noviziato, anche a costo di qualche apparente temporaneo danno nell'apostolato. Quante vocazioni di più avremo, quanto maggiore il risultato in quantità e in qualità!».
SAC. FRANZA TIMOTEO
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