Anno XXXIV
SAN PAOLO
Giugno-Luglio 1959
Roma Casa Generalizia,
AVE MARIA, LIBER INCOMPREHENSUS, QUAE VERBUM ET FILIUM PATRIS MUNDO LEGENDUM EXHIBUISTI (S. EPIPHANIUS EP.)
Migliorare la formazione degli Aspiranti
Nel costante pensiero di un maggior numero di vocazioni, di una sempre miglior formazione e percentuale di riuscita:
1) In Italia si è disposta la visita agli otto Vocazionari. E' stata compiuta da Don Ruggeri Pier Canisio, anche per invito di varii Superiori. Ha parlato con i Superiori, Maestri, Chierici, Professi temporanei, Aspiranti, ecc.
2) Per i Noviziati: si è scritto ai Maestri dei Novizi per conoscere il loro pensiero per la miglior preparazione ai SS. Voti.
Don Ruggeri riassume qui i suoi pensieri e consigli, in un lungo articolo, come fu richiesto. Da notare che la sua visita ed osservazioni riguardano la parte morale e quanto è connesso.
Per i Noviziati si coordinano e riassumono i suggerimenti e consigli ricevuti (in lettere piuttosto abbondanti) per pubblicarli in altro numero del SAN PAOLO.
LA PIETÀ
Si sente la necessità di una pietà più viva, interessante, attiva, che entri nella vita; infatti anche il giovane troppo spesso prega, fa la meditazione, l'esame di coscienza, assiste alla Messa, si accosta ai Sacramenti, senza conoscere cosa siano queste cose, come farle, come inserirle nella sua vita di ogni giorno di doveri che ha con Dio. verso se stesso, verso il prossimo. Anche le nostre devozioni portano scarsi frutti di pietà e di vita paolina. Sono poco conosciute e penetrate.
Mi pare: che di pratiche di pietà ce ne siano in quantità, anche troppo, per i piccoli. Tutto ciò dovrebbe spiegare l'indifferenza con cui pregano, lo scarso frutto spirituale che ne traggono, e la facilità a tralasciare le preghiere se fossero lasciati liberi e, di fatto come avviene, quando sono in vacanza, oppure quando si presenta un cambiamento di orario. Non sono convinti che occorra tanta preghiera; non ne comprendono la necessità.
LA CAUSA? Sembra che sia soprattutto questa: la pietà non è presentata, col suo complesso di pratiche, con sufficiente conoscenza e interesse, per cui diventa una cosa meccanica e senza significato. Quando il giovane entra in casa è subito come forzato, dall'ambiente e circostanze, ad inserirsi con la massa, a fare le stesse pratiche e preghiere senza capirne niente. Se invece - gruppo a parte e senza fretta - (per questo si vede la necessità che gli alunni del primo anno siano da soli) si facesse un lavoro minuto con spiegazioni facili, si dosassero le pratiche... il giovane si avvierebbe con una certa cognizione e persuasione che muove, con cognizione e slancio, ad inserirsi nella nuova vita. Questo processo deve continuare graduale e intelligente da condurre il giovane avanti. Sarebbe una pietà ciclica, progressiva, che matura, sostiene, forma l'ossatura della vita spirituale, anzitutto dando vita e sviluppo alle virtù naturali, per formare l'uomo perfetto. Contemporaneamente e di conseguenza viene la crescita dello spirito con l'osservanza dei Comandamenti; seguiranno gli ulteriori sviluppi che la grazia, col lavoro spirituale, porterà all'anima sino alla perfezione delle virtù teologali, col corredo di tutte le altre virtù e doni: sino al «iustus meus ex fide vivit».
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LA MEDITAZIONE. La pietà prende vita, forma e sviluppo dalla meditazione. Alla meditazione andrà rivolta la principale cura : per la scelta degli argomenti; per il modo di fare la meditazione. La scelta degli argomenti che debbono riguardare, in primo luogo, le verità che illuminano e danno incremento alla fede. Poi il modo di dettare la meditazione da non lasciare passivo il giovane; la meditazione dev'essere una cosa personale, perciò il Maestro non deve sostituirsi, ma accompagnare, lasciando il tempo utile alla parte principale della riflessione, esame di coscienza, proposito. Il giovane deve imparare ad inserire la verità che medita nella vita, nei suoi doveri.
LA CONFESSIONE, in genere, dev'essere più curata sia dal Maestro: parlandone di più e meglio, sia dal Confessore con opportune spiegazioni, richiami, ecc. Non bisogna aver timore di perdere il penitente, e di disgustarlo; quando fosse necessario bisogna anche ricorrere agli estremi rimedi. Sappia il giovane che se un confessore gli ha negato l'assoluzione,, presentandosi ad un altro confessore lo deve manifestare. Ogni confessore sia fermo. Occorre piena collaborazione fra maestro e confessore, nel senso che ci sia uno spirito unico nel dirigere, responsabili di avere non delle anime comuni, ma dei Paolini da formare. Inoltre l'uno e l'altro spesso si troveranno nella necessità di esortare l'anima a completare la sua apertura di coscienza presso il confessore o il direttore spirituale. Di conseguenza deve esserci stima vicendevole, poi occorre dare la massima importanza all'opera dell'uno e dell'altro. Per fare un passo avanti: vestizione, voti religiosi, ordini sacri, non basta il consenso dei superiori, ma è necessario che il candidato abbia anche il consenso del confessore, foro interno e foro esterno d'accordo. Il confessore senta vivamente la sua responsabilità e si prenda a cuore la cura e la formazione del penitente: questo non di rado manca, talvolta in misura notevole.
IL RITIRO. Al ritiro mensile occorre dare parte notevolissima ai riflessi. Il predicatore prepari il suo spirito e studi bene l'argomento. Ci sia sempre la confessione di tutti i giovani, anche se fosse stata fatta pochi giorni prima, poiché deve essere l'esame di coscienza e la confessione del mese. Questo lavoro lo fanno troppo poco; il ritiro è piuttosto subito, e spesso senza conclusione. Bisognerà farlo conoscere, preparare per tempo i giovani, migliorarlo, farlo comprendere, amare, desiderare. Il ritiro deve essere meno affrettato, meno pratiche forse, specialmente per i più piccoli; maggior tempo ai riflessi, ma non in cortile. Cosa ottima che tutti abbiano il libretto per gli appunti della meditazione quotidiana e dei ritiri.
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LA DIREZIONE SPIRITUALE. Salvo qualche caso in cui si può considerare buona, non dà i frutti sperati. Questo fatto è da considerarsi con particolare attenzione.
Alle verità divine ci si crede poco ; perchè poco si crede anche in Maria SS. La vera devozione a Maria dà in primo luogo la fede in Gesù Maestro
e al suo Vangelo. Di qui parte l'orientamento e lo sviluppo della vita, che si dirigerà a Dio e al cielo per la via della propria vocazione. Si faccia precedere, con metodo, la devozione alla Madonna.
La BENEDIZIONE EUCARISTICA dopo cena, non è sentita, è troppo pesante, per tutti, in particolare per i piccoli; non è gradita. Le orazioni a studio, con un breve avviso, il pensiero della meditazione del mattino seguente, e la buona notte - senza cantare a quell'ora nessuna lode - forma l'intimo, gioioso raccoglimento che prepara un sereno e buon riposo al giovane. Un tempo adatto e gradito per raccogliere tutta la Comunità in Chiesa, è subito prima della cena. La benedizione in questo tempo completa la giornata di attività, lascia un profondo senso di pieno nello spirito, e di allegrezza.
L'APOSTOLATO
L'APOSTOLATO dovrebbe essere sviluppato anche nella parte teorica; soprattutto maggiore spirito soprannaturale. Le cause per cui l'apostolato è alquanto materializzato sono il lavoro stesso che fa stare a contatto costantemente con la materia; si è diffuso quello spirito che vede nell'apostolato un mezzo di guadagno. E' molto nocivo quel parlare spesso di soldi, di pagamenti, di debiti, di spese ecc. Anche le Librerie non sono tenute, in pratica, secondo il concetto del Fondatore per lo stesso motivo.
VARIE
LA DISCIPLINA è scarsa; occorre farne capire la necessità: crea l'ordine, la regolarità, la pace... è di aiuto alla virtù.
IL GALATEO è ad un livello piuttosto basso. E' trascurato. Molto dipende dagli educatori, in particolare dall'assistente e da coloro coi quali i giovani si trovano a contatto specialmente in apostolato. Dipende pure dal lavoro: materia, tuta, lo sporco... Occorre curare molto la pulizia, l'ordine, e una continua elevazione dello spirito. Un Chierico, perciò stesso che è tale, non può essere sempre adatto all'importantissimo ufficio di assistente. Non è educativo invitare ad un lavoro, a fare un favore, un sacrificio e ripromettersi di ricompensare con un cinema, un gelato, una passeggiata, anche se questo è utile farlo qualche volta. Si fa senza dire. Diventano egoisti, naturali, incapaci di generosità; non capiranno mai i motivi soprannaturali, l'interesse spirituale. E' del tutto negativo agli interessi dell'educazione e della formazione, al rispetto e obbedienza all'autorità, disapprovare alla presenza dei giovani, chierici, discepoli, una disposizione del Superiore, mostrarsi scontenti, agire indipendentemente. Impareranno ad essere disgustati di tutto, a mormorare, a disapprovare, a opporsi. Si tratta di formare la volontà del giovane sulla base della rinuncia, ma non per se stessa, poiché è inconcepibile, ma in vista e come necessità per una vita superiore, la vita dell'anima in contrapposizione alla vita dei sensi o anche soltanto naturale.
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Il Maestro vigili e lavori senza tregua per plasmare nei giovani il buon carattere, e prenda occasione da tutto per iniettare nell'animo il senso di responsabilità.
Da evitare le PREFERENZE. I preferiti fanno sempre una pessima riuscita. Le preferenze si possono fare in molti modi, compreso quello di accontentare le loro voglie, scusarli facilmente, concedere permessi, fare eccezioni, vedere sempre ben fatto, lasciar passare mancanze e difetti.
Le LETTURE offrono molte occasioni di male. C'è la tendenza a letture romantiche, racconti fantastici. Troppo poco è il gusto alla lettura spirituale: bisogna formarlo. I Maestri devono vigilare di più sulle letture, perchè non sia distrutto l'effetto della preghiera e dei Sacramenti.
In tutti si dovrebbe formare un senso di delicatezza e rispetto per i più giovani. C'è facilità ad essere grossolani nel modo di agire e nel parlare, ciò non va inteso soltanto nei riguardi del VI e IX, ma nei riguardi di tutte le virtù, con particolare riguardo all'obbedienza, rispetto ai Superiori (all'Autorità), alla povertà, alla disciplina, al modo di concepire la vita che inclina a disconoscere la mortificazione cristiana, con quel desiderio di accontentarsi in tutto e il più possibile. Troppo spesso si fanno discorsi e si prendono atteggiamenti che, indirettamente e anche apertamente, vanno contro lo scopo della formazione paolina per cui la vocazione viene a perdere colore, sostanza e attrattiva. E' tutta una opera demolitrice che distrugge poco a poco, anche la migliore buona volontà.
Si sa che il giovane segue, nei gusti e nelle idee, la legge di assimilazione, per cui si nutre lo spirito di tutto ciò che forma l'ambiente, giungendo poi, per conto suo, anche a conseguenze paradossali. Per questo bisogna che le persone con le quali è a contatto, ovunque, ma specialmente in apostolato, in ricreazione, si rendano conto delle conseguenze che hanno parole e frasi pronunciate senza ritegno. Intanto ci sono quelli che ridono di spiritosità di cattivo gusto, di frasi che indicano molta leggerezza.
In genere i nostri giovani sono disposti a lottare per il bene, c'è il desiderio di vivere di fede, di saper pregare, di condurre una vita spirituale perfetta; ma spesso purtroppo non trovano l'appoggio necessario, il sostegno, la guida, l'entusiasmo nelle persone che vedono, e in quelle con le quali sono a contatto, per molte ragioni, durante il giorno.
Alle nostre dilette Vocazioni dobbiamo studiarci di dare un ambiente saturo di vera e serena spiritualità. Condurre subito il ragazzo alla Madonna; imparerà a voler bene anche a Gesù.
Occorre insistere sulla delicatezza di coscienza - ad evitare il peccato veniale - a praticare ogni giorno un certo numero di mortificazioni con gioia, specialmente sui doveri e sulla virtù più difficile. Con la mortificazione sta il senso della misura, sapersi accontentare e accettare il sacrificio, la rinuncia a qualche cosa, con amore.
Spiegare bene tutte queste cose; non basta dare un avviso o insistere; il ragazzo deve capire il perché. Va da sé che i motivi devono essere, in primo luogo, motivi di fede.
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RETTIFICARE LA COSCIENZA. Vi sono coscienze ignoranti ed erronee, sul modo di ricevere i Sacramenti, sui voti religiosi, sulla giustizia, sincerità...
Si deve arrivare al punto che predomini il senso del soprannaturale in tutto, con tutti, sempre.
UNITA' NELLA FORMAZIONE
I maestri dei nostri aspiranti e chierici, debbono avere l'incoraggiamento e l'aiuto da tutti indistintamente: dal Superiore, ai singoli maestri di scuola, i quali hanno la missione di comunicare non una scienza fredda solo per la intelligenza, ma attraverso la scuola, formare il Sacerdote e il Discepolo Paolino.
I maestri hanno davanti degli alunni destinati ad essere apostoli, non sono degli studenti qualsiasi. La scuola non è una predica, ma occorre soprannaturalizzarla.
I maestri o professori, debbono sentirsi Sacerdoti anche nella scuola ; ad essi non mancano le occasioni di infondere nell'animo dei loro alunni e dei chierici lo spirito sacerdotale e paolino: dal modo con cui recitano la preghiera, al richiamo fatto con carità; dall'umiltà alla semplicità con cui spiegano le lezioni; alla precisione con cui adempiono il loro dovere. Ogni maestro dovrà inoltre seguire scrupolosamente, uno per uno, i suoi alunni, senza badare alle facce dei singoli; perciò occorre fede, pazienza, comprensione verso i meno svegli e soprattutto saperli capire e incoraggiare con paterna fortezza, quando attraversano qualche periodo critico per la loro vocazione. Ciò non significa sostituirsi al Direttore spirituale, ma essere valido collaboratore per quanto riguarda la propria parte.
Ai giovani alunni, discepoli e chierici, occorre perciò non soltanto presentare un miraggio naturale o umano, ma il fine soprannaturale per cui hanno da compiere il dovere dello studio: gli ideali della divina chiamata e dei divini ministeri ai quali stanno preparandosi anche con lo studio. Agli alunni e chierici vanno inculcate pure le virtù naturali; l'igiene le buone maniere, la lealtà, la bontà, la fedeltà alla parola data, la precisione, l'ordine, la puntualità, il controllo delle proprie azioni.
Sarebbe fatale l'atteggiamento del maestro di scuola con un contegno indifferente, freddo, sprezzante che mormora o critica in presenza degli a-lunni o chierici, che favorisce in loro divisioni, ambizioni desideri non confacenti con la disciplina religiosa ed ecclesiastica. Il chierico o il discepolo paolino come tutti gli alunni, non si formano a settori ma per intero con la cosciente e generosa cooperazione dì tutti gli educatori e formatori; infatti è da tutti che i nostri alunni devono capire la necessità della preghiera, la bellezza della vocazione, la santità richiesta dai chiamati e a coltivare l'amore e la fedeltà ai loro doveri.
Tutto quanto fu detto per i maestri di scuola, vale nella misura richiesta, per i maestri di reparto, per i Direttori di Riviste, per tutti coloro che hanno responsabilità diretta o indiretta nel dare a Dio, alla Chiesa e alla Congregazione, religiosi e sacerdoti secondo il Cuore del Maestro Divino.
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Nella unità della formazione, gli educatori favoriscono la formazione graduale della personalità, mentre una educazione distaccata dallo spirito dell'Istituto o divisa, crea nel giovane molto disagio e sfiducia perciò disorientamento. L'aspirante, il discepolo il chierico devono vedere perfetta unità negli educatori per cui sia la disciplina, come l'apostolato la cultura, o la vita spirituale sono un tutt'uno Ci deve essere quindi piena armonia, ognuno al suo posto e tutti per il medesimo grande fine: formare dei Paolini perfetti.
Tutto ciò è sempre stato il pensiero e la volontà
precisa del Primo Maestro: unità nella formazione per evitare dispersioni di forze e ottenere risultati corrispondenti ai gravi sacrifici di ognuno e dell'Istituto.
I Maestri di scuola, i Direttori dei periodici, i Maestri di apostolato, sentano la loro divina missione e siano la luce il sale, la guida sicura. E' quanto il Signore vuole da noi, e corrisponderà a tutto il lavoro che il Fondatore ha svolto e sta svolgendo per il bene di tutti e della Congregazione. Seguiamo il Primo Maestro con mente docile, con cuore fiducioso con volontà piena e decisa. Il Signore sarà con noi.
NOTE SULL'EDUCATORE
CHI È L'EDUCATORE.
L'educatore è, per suo specifico ufficio, un crocifisso. Il maestro non può scostarsi dall'esempio del Divino Maestro e Pastore che ha dato la vita per le sue pecorelle. Il Maestro la dà giorno per giorno, momento per momento. Egli quindi non è per godere il ragazzo, ma è per servirlo con pieno disinteresse, pronto a sopportare ogni umiliazione e sofferenza per ognuno di essi e per loro amore. Il Maestro è appeso alla croce del suo specifico ministero da tre chiodi : il chiodo del distacco da sé, lavorare solo per il bene loro, senza ripromettersi consolazioni e in umiltà. Dal chiodo della mortificazione di tutto se stesso: tempo, riposo, sollievo... E' il sacrificio della sua anima e del suo corpo, come il sacrificio di Gesù. Dal chiodo dell'amore, che tutto dona, nulla risparmia.
Chi non si sente di vivere su questa croce, con gioia, non solo con rassegnazione, non sarà vero maestro, sarà piuttosto come un impiegato che cerca di fare il suo dovere, ma senza dimenticare se stesso. Egli deve associare la fortezza del padre alle premure e al sacrificio della madre. Un maestro non può e non deve allontanarsi dal suo gruppo durante il giorno, o la sera mandarli a dormire e poi concedersi quello che non si concederebbe se fossero presenti questi figlioli. Questa vita così intesa e vissuta la esigono i giovani, i chierici, i discepoli, e con ragione, perchè là vita del maestro non è più sua, appartiene ad ognuno di essi.
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CONOSCERE.
Si dice sempre: «bisogna conoscere il giovane» ! E' vero ! ed è cosa assai difficile, per due motivi: per la persona dell'educatore, poiché coi pregi ha pure i suoi difetti, specialmente i difetti di carattere, per cui non è possibile che possa esser la forma adatta per tutti. Secondo, per la persona stessa del giovane che presenta le difficoltà proprie dell'età che sono un miscuglio di contraddizioni. Essendo così, per ottenere un risultato buono nella formazione, occorre che il maestro impieghi il tempo necessario: bisogna intrattenersi a colloquio col giovane. Bisogna stare sempre assieme, specialmente in ricreazione e a passeggio. Deve avere delicata pazienza: spesso il giovane annaspa, apparentemente si ferma in bagattelle... Ci vuole un viso sempre sereno per ispirare fiducia. Occorre molto tatto e grande prudenza. Molto poi dipende dall'intelletto d'amore che fa intuire per cui si mette il giovane, dolcemente, nella disposizione di parlare.
AMARE.
«Bisogna amarli», si dice. Quanto sopraddetto è già un prodotto dell'amore. Tuttavia si può ancora dire questo, che l'amore è composto di due fattori essenziali: uno è umano, la bontà; esser buoni, e qui dipende molto dalle doti naturali. E' una bontà che vuol dare, senza voler ricevere. L'altro elemento è divino: è il più efficace, è quella bontà che viene dalla fede, dallo spirito soprannaturale, dalla pietà. E' così che si vedono in quei giovani i gioielli di Dio; anime per le quali si sono occupate le tre Divine Persone; dei chiamati da formare alla più alta vocazione: fare dei santi e degli apostoli. Aver cura di custodire questi figlioli per la responsabilità che si ha davanti alla famiglia ; e anche per la responsabilità civile.
E' la fede viva che ci dà l'amore di carità. Mentre un amore con fede scarsa, senza una ferma visione soprannaturale, può prender vie traverse, e la rovina sarà grande. Da notare che in qualche deviazione più o meno grave è relativamente facile cascarci prima o poi se non si è più che attenti. Ed è immensa carità che ci sia qualcuno ad aprirci gli occhi per tempo prima di trovarsi nel burrone.
LE DIFFICOLTÀ.
Da notare poi che i nostri giovani vengono a trovarsi presto con le due note difficoltà proprie dell'adolescenza: la passione del cuore, che li rende ammalati di amore; poi c'è l'orgoglio che li rende anche presuntuosi. Non sono cattivi, anche quando fanno le bizze e sono scontrosi; bisogna prenderli e insegnare loro ad amare. Così facendo il loro cuore darà l'amore di Dio, del prossimo e ai doveri. Bisogna anche insegnare loro a guidare la superbia propria dell'età, e risulterà un giovane umile, ubbidiente, docile, rispettoso. Lavoro da farsi molto per tempo e in continuità. Purtroppo invece ques-te due tendenze son troppo spesso trascurate, sia dal confessore, che dal maestro. Per questo motivo si perdono molte vocazioni e quelle che vanno a-vanti, spesso diventano, ad un certo punto, sviati nel cuore e nella mente, con tutte le tristi conseguenze del caso.
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LA GRAZIA.
Riguardo allo scarso risultato che si ottiene nel lavoro per le vocazioni, mi sembra di poter dire questo, oltre a diverse altre cause da considerare e togliere il più possibile: si lavora prevalentemente da soli, con le proprie forze. Si tiene il posto principale per sé. Mentre chi veramente opera è la grazia, è Dio. Bisogna che ci mettiamo in un atteggiamento interiore di viva fede e profonda umiltà: c'è Dio, la grazia, lo Spirito Santo, la Regina degli Apostoli che operano; io, ognuno di voi, di noi è il collaboratore, è lo strumento. Badiamo a non invertire i termini e l'ordine: metter sé al posto di Dio. In teoria non lo facciamo certo, ma in pratica è molto facile, se non ci controlliamo bene.
I maestri col loro gruppo. I giovani vogliono vedere il loro maestro a pregare con essi, in ginocchio nei banchi assieme, li vogliono vedere raccolti. Maestri anche nella pietà con l'esempio. Bisogna impostare il ragionamento e la formazione tutto sul piano soprannaturale: si vedranno e capiranno meglio le cose. Si comprenderà pure che il maestro deve pregare molto, fare quella rinuncia e affrontare sereno quella sofferenza, perchè la grazia fluisca in quelle anime. Se non si farà così, ci sarà meno grazia oggi, meno domani, il reparto decade.
CAUSE.
Le cause esterne non mancheranno, ma la vera causa è un'altra, viene specialmente dallo strumento attraverso il quale il Signore fa passare le sue grazie ai singoli affidati alle proprie cure. Bisogna sentire che avere in consegna questi giovani, vuol dire aver in mano l'avvenire della Congregazione, della Chiesa, di una schiera di anime che attendono la salvezza.
L'augurio e la preghiera nostra sia questa: santi maestri, veri confessori; che tutti sentiamo l'ansia e il dovere d'interessarci vivamente della formazione dei Nostri. Ansia e preoccupazione che è anzitutto del Primo Maestro e a cui con devozione di figli dobbiamo unirci.
PENSIERI
1) E' cosa necessaria risolvere la questione del riposo pomeridiano. Vi è chi proibisce di leggere, perché vuole obbligare a dormire. Ma c'è sempre chi non dorme e non dormirà mai in questo tempo e allora, non avendo altro da fare fantastica. La lettura controllata di un buon libro, eviterebbe l'occasione prossima.
2) Occorre regolare anche il bagno che è un'altra causa di mancanze. Bisogna scegliere il tempo più adatto: in mattinata e possibilmente prima di colazione.
Stabilire un ordine: a scaglioni, entrare e uscire assieme; fissare il tempo: 10-12 minuti; un'assistenza continuata: essere in loco e dare i segnali richiesti per la regolarità.
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E' poi necessario abituare il giovane a compiere queste operazioni e simili, con la massima semplicità e naturalezza, con rispetto al proprio corpo, tempio di Dio, e ad avere la più grande riverenza per la presenza di Dio e dell'Angelo custode.
3) Per i giovani del primo e secondo anno, c'è chi propone
un regolamentino semplice e a base di domande e risposte, per avviare meglio in questo periodo. Per i giovani degli anni successivi, sino alla vestizione,
un regolamento più nutrito e adatto. L'idea pare buona, perchè il primo testo interessa appena venuti e subito dopo; il secondo testo costituisce una novità per i più adulti e lo terranno assai più in considerazione. Un volumetto unico, in breve tempo, perde la sua importanza per il giovane. Dividendolo in due parti, divengono brevi, ed è più facile accettarli.
4)
Per avere un'atmosfera di famiglia, per entrare in maggiore confidenza col giovane, un modo semplice potrebbe essere quello di chiamarlo col suo nome di battesimo, anziché col cognome; specialmente quando si parla con lui in privato.
5) Quando viene l'onomastico di un ragazzo il maestro lo dica alla sera al gruppo per gli auguri, per la Messa e la Comunione del suo giorno onomastico. Questa gentilezza e preghiera favorisce la
stima fra loro, lo spirito di famiglia, l'amore fraterno.
6) Da più parti ho sentito Discepoli che han manifestato il desiderio d'introdurre l'abitudine di esser chiamati col nome di professione, anziché col cognome. E' un ricordarsi di quello che si è; può esser uno stimolo a vivere con più gioia e fervore la vita di consacrati, a sentire la propria dignità.
7) Cosa ottima affidare
tutte le scuole di catechismo e religione al maestro, liberandolo piuttosto da altre scuole. Per il maestro è un'occasione assai propizia per completare molti punti di formazione da dare al giovane. Dare a questa scuola un tempo e importanza principale, quale merita. Attualmente le scuole di Catechismo e di Religione non rispondono sufficièntemente allo scopo.
Per le vacanze: premunirli dai pericoli, specialmente esortando i giovani a frequentare i Sacramenti della Confessione e Comunione ; a vivere con la famiglia e con i Sacerdoti della Parrocchia; evitare i pericoli di spettacoli, compagnie, località mondane, ecc. Giova munirli di un formulario per il resoconto delle vacanze, scritto dal Parroco (possibilmente) e spedito in lettera chiusa al Superiore dell'Istituto.
Sac. Pier Canisio Ruggeri
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