Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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75. PIETÀ COMUNE75
1. La vita comune cui uniformarci è in primo luogo la pietà, sia per le devozioni che per le pratiche di pietà, ed il modo e lo spirito con cui compierle.
Le nostre preghiere mettono innanzi a Dio tutto il nostro essere, mente, volontà, cuore, corpo. Esse procedono dai dogmi fondamentali della chiesa; sono indirizzate a formare il paolino religioso e apostolo, mentre sono piene di sentimento forte e pio.
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2. Due sono i fini dell'Istituto: santificazione nostra e apostolato. Le nostre preghiere sono indirizzate sempre al conseguimento di entrambi gli scopi
Appartenere ad un istituto religioso importa seguirne lo spirito di pietà, che è la sorgente di tutta la vita religiosa, seguire le preghiere e il modo di pregare; sopra le rotaie stabilite dalle costituzioni ognuno può correre più sicuramente e più velocemente; ed elevarsi nello spirito proprio a grande altezza di perfezione.
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3. Occorre che dopo abbracciata la vita comune con la professione non la rigettiamo con un modo di vivere individuale; e tanto meno che il religioso divenga molto sollecito per le cose singolari e sue particolari, e rimanga freddo e tardo alle cose comuni.
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4. Una speciosa tentazione: pregando come voglio io, prego meglio! Nella vita religiosa ha maggior frutto la preghiera comune; si verifica allora che Gesù è con coloro che pregano assieme. Tanto più che abbiamo anche abbondante tempo per la preghiera individuale, specialmente: nella visita al santissimo Sacramento.
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5. Il buon religioso riveste tutto lo spirito e nutre un sempre più stretto attaccamento al suo Istituto. Egli venera le sue costituzioni, ama e onora i suoi superiori; nutre una carità paziente e benigna con i fratelli e gli aspiranti: abbraccia con generosità le occupazioni e gli uffici, gli apostolati propri; è più di tutto ricava dalla pietà propria la luce, la forza, le consolazioni divine.
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6. - L'istituto è una società (famiglia, congregazione) che, anche come tale, deve a Dio ossequi sociali, essendo essa obbligata a riconoscerlo come sovrano, Signore, benefattore, fonte di ogni bene, autore dello stato religioso e della congregazione. Quindi il Tanquerey deduce: "Ecco perché san Paolo esortava i primi cristiani ad unirsi insieme per glorificare Dio con Gesù Cristo non soltanto con un cuore solo, ma anche con una voce sola: "Ut unanimes uno ore honorificeti Deum et patrem Domini nostri Jesu Christi" (Rm 15,6).
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7. Già nostro Signore aveva invitato i discepoli ad unirsi insieme per pregare, promettendo di venire in mezzo a loro per appoggiarne le suppliche: "Ubi anim sunt duo vel tres congregati in nomine meo, ibi sum in medio eorum" (Mt 18,20). Se ciò è vero di una riunione di due o tre persone, quanto più quando molti si radunano insieme per rendere ufficialmente gloria a Dio?
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8. Dice san Tommaso che l'efficacia della preghiera è allora irresistibile: "Impossibile est preces multorum non exaudiri, si ex multis orationibus fiat quasi una". Come infatti un padre, che pur resisterebbe alla preghiera di uno dei figli, si intenerisce quando vede tutti uniti nella stessa domanda, così il Padre celeste non sa resistere alla dolce violenza che gli vien fatta dalla preghiera comune d'un gran numero dei suoi figli.

Albano (Roma)
dicembre 1952

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75 Albano Laziale (Roma), dicembre 1952