Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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CAPO II.

(1400 - 1760)


Il pilone viene trasformato in cappella. - Da un secolo e mezzo circa (1240-1400) era edificato questo pilone dedicato a Maria SS. ed a S. Giov.: la divozione verso di esso non era cessata, anzi s’era man mano accresciuta: accresciuto il concorso dei fedeli. Venne allora naturale il pensiero ed il desiderio di alzare una cappella: in essa più facilmente si sarebbero raccolti i divoti in preghiera. - Non tardarono le offerte dei buoni terrazzani ed anche dei paesi limitrofi: la cappella venne costruita. Era semplice, ma divota. Non si fece che prolungare di alcuni metri i due muri che sostenevano l’arco sovrastante il vano del pilone: quindi alzato un altro muro che serviva anche di facciata vi si pose sopra la volta o meglio una specie di soffitto coperto da «debole tetto». Questo tetto poi avanzandosi alquanto sul davanti sino a poggiare su due piccoli pilastri formava una specie
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di porticato. La facciata era ornata di una rozza statua di S. Giov. Batt. e fra un ornato in pitture si leggevano queste parole: «Inter natos mulierum non surescit major Ioanne Baptista».
In questo modo la posizione e la grandezza della cappella erano presso a poco quelle del santuario attuale: l’imagine stessa di Maria SS. e S. Giov. già prima esistente sul pilone serviva da icona: il pilone stesso era rimasto intatto, come vi rimane ancora oggi.
Ma quando avvenne questo? È impossibile precisare l’anno: ma si può dire che fu sul principio del 1400. Diverse ragioni ce lo persuadono: ne cito due soltanto.
Il padre Voersio nella sua storia di Cherasco, scritta nel 1618, quasi si meraviglia che essa sia ancora in piedi nonostante la sua antichità, dicendo: finalmente presso a Belvedere è ancora in piedi la cappella di S. Giovanni, benché alquanto disfatta.... Nell’ atto di visita del 1585 si ordinò di demolire i muri, o piuttosto le restigia dei muri
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come si esprime il decreto, tanto essa era già rovinata. Ora per ridursi a tale stato non si sarà richiesto almeno un secolo e mezzo?
La cappella viene conservata e ristorata. - Nel medesimo decreto del 1585 si voleva che in altra chiesa fosse eretto un altare sotto il medesimo titolo: e nel suolo della nostra cappella fosse posta una croce ad esimerlo da usi profani. Il decreto fu ripetuto nel 1620, ma la pietà dei Cheraschesi impedì che si eseguisse. Fecero ripetute istanze presso l’autorità legittima e tante promesse di ristorare la chiesa che poco dopo e dinuovo nel 1656 si permetteva di conservarla e si ordinava di provvederla del necessario al culto divino. Gli uomini si agitano, ma la Provvidenza li guida: e la Provvidenza voleva conservare questa Chiesa, dove poco dopo tanto avrebbe fatto risplendere la misericordia di Maria SS. Adoriamo gli imperscrutabili disegni divini e ringraziamo sempre la Bontà di Dio a nostro riguardo.
Infatti per cura del Sig. Giuseppe
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Damilano, Vice-patrimoniale di S. A. R. in Cherasco, e del Sig. Brizio Antonio nel 1670 veniva ricostruito il portico innanzi alla cappella. Nel 1672 furono riparati ed in parte rifatti i muri all’intorno, e forse nell’anno stesso rinnovate le pitture specialmente quella d’ornato nella facciata, per opera del pittore Taricco cheraschese. Nel 1686 la Marchesa Ottavia del Carretto fece dipingere un quadro rappresentante S. Giov. Batt.: quadro che allora serviva per le maggiori solennità ed ancora oggi si conserva nel nostro santuario nella cappella dedicata allo stesso santo. Il quadro onora assai l’autore, specialmente per la finezza dei lineamenti: in esso il Taricco trasfuse i suoi ottimi sentimenti di cristiano fervente e di artista distinto.
Come si coprisse la primitiva imagine del pilone. - Ho detto di sopra che nell’ edificare la cappella si era conservata come icona la primitiva imagine del pilone rappresentante a destra Maria SS. ed a sinistra S. Giov. Battista. Ora prima di andare innanzi è necessario
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parlare d’un altro fatto: l’occultamento di questa imagine tanto divota, alzandovi innanzi un sottile muro ( murostibio) e l’aver dipinto su questo una nuova imagine.
Perché mai? Alcuni dicono: dovendosi trasformare la cappella in corpo di guardia, per sottrarre l’ imagine a probabili profanazioni, si credette bene occultarla con quel sottile muro: cessato il pericolo, senza più pensare ad essa se ne dipinse una seconda.
Altri negano ciò e dicono che l’imagine fu sostituita da una seconda perché era già troppo deteriorata dal tempo. Più probabile sempre la terza opinione. Cherasco, passata alla casa Savoja fin dal 1531, accrebbe i suoi bastioni nel 1610. Ma alla morte di Carlo Emanuele I il Piemonte era preda dei francesi, spagnuoli, tedeschi, era infestato da bande di assassini, percorso da compagnie di ventura. Tra questa gente molti erano Luterani e Calvinisti, fanatici nemici del culto dei santi e della Vergine, distruttori delle immagini. Il timore che
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anche la fortezza di Cherasco venisse presa da costoro, che la nostra Chiesa fosse da essi saccheggiata o almeno cambiata in corpo di guardia e la venerata imagine profanata era gravissimo. Non potendosi questa asportare come altrove si fece, i divoti la copersero per sottrarla ad ogni insulto sacrilego. Speravano essi forse di abbattere il muro e scoprirla appena cessato il pericolo: ma non fu così. Perdutasene la memoria, o cambiatisi gli uomini, scomparso il timore, fu dipinta sullo stesso (murostibio) una nuova imagine.
La Chiesa era comunemente chiamata S. Giov. prope muros o ad fontes, il beneficio in essa fondato portava lo stesso titolo: cosicché il pittore credette dover mettere in maggior rilievo il S. Precursore che non il Salvatore.
Ma lo fece commettendo un grave errore storico. S. Giov. era rappresentato in età adulta, anzi piuttosto avanzata e Gesù come bambino di pochi giorni. Ora tutti sanno che il Precursore era nato appena sei mesi prima di G. C.
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Questo errore fu provvidenziale, poiché, come si vedrà in seguito fece che si scoprisse di nuovo la prima imagine.
Quando accadde tale fatto? - Anche qui è impossibile precisare l’anno. Ma si crede verso il 1620: certo non prima del 1617. Infatti tra il muro-stibio e la primitiva imagine di Maria SS. furono trovati alcuni millesimi: il meglio delineato portava la data del 1617.
Vi sarebbero ancora molte altre cose da dirsi, facendo la storia di questa Chiesa dalla sua fondazione sino al 1760. In parte le tralascio per non dilungarmi troppo e in parte le dirò nel capo seguente, dove parlerò della divozione dei Cheraschesi verso questa cappella.

CAPO III.

Venerazione in cui era tenuta la nostra
cappella in questo tempo.


Perché questa divozione speciale? - Questa cappella si trovava allora in luogo abbastanza discosto dall’ abitato. Ed è un fatto: in questi luoghi
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lontani dai ritrovi e dagli spettacoli, dove tacciono le ambizioni, le vanità, i rispetti umani, dove tutto spira silenzio, meditazione, raccoglimento, meglio talvolta che nelle grandiose chiese il cuore si apre alla preghiera. Qui, l’uomo e Dio comunicano più liberamente tra loro: gli insegnamenti della religione sembrano più cari al cuore, più facili alla mente.
Tutte le cose hanno il loro posto proprio: i negozi si trattano sulle piazze e nelle botteghe, la scienza si apprende nella scuola, e le divozioni nella solitudine e nel silenzio.
D’altra parte Maria SS. scelse quasi sempre come suoi prediletti i luoghi solitari e spesso anche le montagne: qui colle i suoi santuari, qui attirò le moltitudini dei divoti, qui compartì i suoi benefici più grandi.
La nostra cappella restò in questo periodo di tempo (1400-1760) uno di questi luoghi fortunati. Il mutare delle circostanze, dei tempi, degli uomini non fece punto diminuire la divozione alla
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Vergine Maria ed a S. Giovanni, anzi l’accrebbe. Ed ecco alcune prove:
Prima prova. - Per quali ragioni si innalza una Chiesa nuova? Ordinariamente per necessità dei fedeli i quali ne hanno bisogno per compiervi i loro atti di culto, per es. quando si edifica una parrocchia: ovvero per loro pura divozione: per es. quando si innalza un santuario. Ora parlando della nostra chiesa possiamo dire che essa fu edificata per pura divozione. Essa non era necessaria, giacché in Cherasco non mancavano edifizi grandiosi destinati alle funzioni parrocchiali, per queste funzioni non fu mai usata, né poteva usarsi sia perché lontana dall’ abitato, sia perché troppo piccola. Fu la sola divozione dei buoni cittadini e terrazzani di Cherasco che la volle a costo di spese gravi e di fatiche non indifferenti: fu la sola divozione che vi procurò il concorso di molti lontani venuti qui a pregare la Madre celeste.
Benedette queste persone che diedero a Maria SS. i loro denari per procurarsi
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un tesoro più prezioso in cielo! Due volte benedette perché la loro umiltà non permise che la storia ne conservasse il nome! Gesù ha detto: nel fare l’elemosina, bada che la sinistra non sappia ciò che fa la destra.
Seconda prova. - Per la stessa divozione una persona pia vi fondò un benefizio sotto il titolo di S. Giov. prope muros o ad fontes. Esso è antichissimo e probabilmente del 1400, ma non fu trovato l’ atto di fondazione. Di esso l’ atto di visita del 1585 dice: Ha in annuo reddito tre scudi d’ oro. E quello del 1667 aggiunge: Non ha alcun onere di Messe. - Non vi era onere di messe in questo beneficio; ma da tempo immemorabile si celebrava il S. Sacrifizio nel giorno della festa di S. Giovanni Battista ed in altre occasioni. La festa veniva solennizzata con premettervi una divota novena, con funzioni solenni quanto era possibile ed anche con accedere sulla sera della vigilia dei grandi fuochi.
Terza e quarta prova. - Ho già
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notato di sopra che la cappella a causa delle intemperie si era ridotta ad uno così miserabile stato, che due volte nel 1585 e nel 1620 se ne era ordinata la demolizione: la pietà dei fedeli vi si era opposta e l’autorità ecclesiastica aveva rievocato i suoi decreti nel 1656. Ora aggiungo due circostanze che dimostrano come anche in quel tempo i Cheraschesi nutrivano tanta divozione a questa Chiesa. Il Voersio, testimonio oculare e storico cheraschese molto stimato, nel 1618 lasciò scritto: Appresso a Belvedere è ancora in piedi la cappella della chiesa di S. Giovanni, benché alquanto disfatta, ma di molta divozione a tutta la terra.
Di più: Giovanni Maria Grignola nel suo testamento in data 30 Marzo 1642 lasciò un legato a favore della Chiesa... Eccone le parole: Esso testatore dichiara e vuole che la sua casa vicino alle meraviglie di Cherasco e S. Giovanni resti libera e franca della medesima cappella di S. Giovanni ogni volta e quando sarà ridotta in stato di continua celebrazione.
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Obiezione. - Fu la pietà stessa che impose il nuovo sacrifizio allora gravissimo di ristorare e quasi riedificare la Chiesa negli anni che corsero dal 1670 al 1690: ma credo bene sciogliere un’obiezione. Come mai era tanto in venerazione una chiesa di cui si dovette ripetutamente ordinare la demolizione perché così rovinata? Se fosse stata così venerata e frequentata i fedeli stessi avrebbero pensato a ristorarla..... Rispondo: questo è quanto avverrebbe oggi, in tempi di pace e di relativo benessere: ma allora doveva essere ben diverso. Guerre continue tra i diversi stati, discordie infinite tra comuni e signori: e Cherasco, come piazza forte vi era quasi sempre coinvolta. La guerra è sorgente di tanti mali: diffidenza, spavento, miseria, di più: frequenti saccheggi delle case e delle messi, imposte gravissime dei principi stranieri che riguardavano l’Italia come sorgente di ricchezze, contributi per il mantenimento degli eserciti: il lavoro dei campi abbandonato, poi la carestia - la fame - la peste. In questi
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frangenti così dolorosi era naturale che il popolo ricorrresse con più fiducia ed istanze alla Madre delle grazie, ma era impossibile che pensasse o potesse spendere per la Chiesa. Nel 1630 si vendeva il grano trenta lire l’emina e il popolo languiva per la fame: come poteva egli sostenere le forti spese per questa Chiesa?
Nel tempo della miseria bastava alla divozione una misera cappella. Qui si moltiplicavano le visite, le preghiere private ed anche solenni e pubbliche; qui si ripetevano i tridui, le novene, le processioni; qui si piangeva, si supplicava, si appendevano ex-voto, si ringraziava. La cappella di S. Giovanni correva sulle labbra dei vicini e dei lontani: benché ridotta in così cattivo stato non cessava d’essere al cuore dei buoni un vero tesoro, come non cessa d’essere oggetto di venerazione al cuore del figlio la madre benché vecchia e piena d’ acciacchi.
Maria SS. da parte sua corrispose con generosità regale a tanto affetto dei Figli. La storia non ha registrate
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tutte le grazie ottenute: né credo opportuno farne una lunga enumerazione. Solo sembra conveniente citare queste parole di uno scrittore distinto:

Il Piemonte fu sotto il governo di Vittorio Amedeo I desolato dalla peste: ma Cherasco ne fu salva, e qui come in città sicura si ricoverò la famiglia reale. Una terribile guerra travagliava tutta l’Europa e portava le ben terribili conseguenze della carestia, fame, peste, stragi: ma a Cherasco si stabiliva la pace e il duca Vittorio Amedeo ne era il mediatore. Tutta l’Europa sentì i tristi effetti della falsa riforma protestante ed anche molte parti del Piemonte ne ebbero gravi danni: ma in Cherasco appunto allora incominciò a fiorire un vero spirito di pietà e di fede: ne sono prova molti splendidi edifizi sacri innalzati in quel tempo. E questi beni furono in gran parte frutto della divozione dei Cheraschesi alla SS. Vergine.

In questo modo la città si preparava a ricevere una nuova e più grande prova della bontà della SS. Vergine: ciò che vedremo nella seconda parte.
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